The Hell' Spot 3

Sep 06, 2008 16:03



In realtà avevo già postato 2 giorni fa, ma LJ ed io litighiamo spesso e sono stata costretta a cancellare il post =_____=" Spero che ora funzioni...

Titolo: The Hell' Spot
Gruppo: Arashi, News, Kattun, Toma (s.p.a XDDD) - precisazione: News, Kattun (che poi ce n'è uno solo) e Toma sono personaggi secondari che non appaiono tutti subito.
Pairing: allora... Ohmiya (NinoxOhno) per ora può bastare.
Rating: PG-13
Genere: angst (scusatemi!), noir-giallo, AU
Disclamers: i personaggi citati non mi appartengono, la ff sì.
Note: credo, fino ad ora, la mia migliore AU. Per una totalità di 39 pagine di Word scritte... è finita! E l'ho scritta praticamente tutta d'un fiato... ne sono molto soddisfatta.


Capitolo 3.

Si sedette pesantemente sulla sedia del suo studio e attese.

Erano le 9:55, mancavano solo 5 minuti alle 10. Si sperava che il contatto che Masaki gli aveva inviato fosse puntuale. Odiava aspettare.

Spense la sua terza sigaretta del giorno: una appena uscito di casa, una in coda sulla Meiji, una lì nel suo studio. Aveva anche chiesto a Mary di andargli a comprare un altro pacchetto, quello era quasi finito. Almeno però, l’aveva recuperato dal sedile dell’auto. Ohno, la sera prima, aveva rischiato di sedercisi sopra.

L’orologio a pendolo che Satoshi gli aveva assemblato con stravaganti pezzi di legno colorato e che aveva appeso alla parete di sinistra, suonò le 10 con una lenta melodia.

Come per incanto,  fuori dalla porta dal vetro smerigliato, apparve la sagoma di una persona che (dopo essere stato ricevuto da Mary, non dimentichiamocene) bussò. Qualche colpo non troppo forte, quasi delicato.

-Avanti- disse, e si schiarì la voce. Troppo tempo che era in silenzio.

La porta si aprì ed entrò un uomo. Aveva circa la sua età. Era alto, forse un po’ meno di Masaki, era completamente vestito di nero, dalle scarpe lucide ai pantaloni di tela jeans, molto stretti sulle gambe, dalla maglietta alla giacca di pelle. I lunghi capelli corvini erano chiusi in una piccola coda sulla nuca e anche gli occhi erano scuri. Entrò piano, come se si muovesse dentro un acquario: gesti lenti, sinuosi, precisi.

Sembrava di guardare un quadro, un quadro dalla perfezione assoluta, da mozzare il fiato.

-Buongiorno- salutò, sedendosi alla sedia di fronte alla sua.

-B-buongiorno…- borbottò lui, leggermente a disagio.

Come poteva non mettergli soggezione una situazione simile, un soggetto simile?

L’uomo sorrise, assottigliando le labbra rosse, muovendo gli occhi per studiare la stanza. Poi si posarono su di lui.

-Sa per che cosa sono venuto, vero?- chiese.

Annuì, l’uso della parola finito chissà dove.

-Mi presento, allora… mi chiamo Kage- disse lentamente l’uomo. Sembrava soppesare ogni parola che diceva, con grande eleganza.

Attese.

-Ma sono certo che si sia reso conto che mi sono presentato con il mio nickname- rise e continuò: -Il mio vero nome è Jun, giusto per il suo interesse personale. Faccio il barista all’Hell’ Spot. Quanto sa del locale?-.

-Abbastanza, credo…- rispose. Si sentiva scomodo sulla sua sedia. Si mosse un po’: era davvero difficile guardare quella persona, Jun… guardarlo dritto negli occhi.

-Conosco Cute, deve essere stato abbastanza esaustivo. E’ solito parlare tanto… non trova?- scherzò.

Chi era Cute? Ah, beh… poteva immaginarlo, con un nickname del genere… Masaki. Rimase tuttavia affascinato da come Kage aveva pronunciato la parola “esaustivo”. Mai al mondo sarebbe riuscito ad arrivare ad una parola del genere con tanta classe.

Ne era assoggettato. Cercò di riemergerne.

-Trovo- sospirò -Posso farle qualche domanda…?-.

-Dammi del tu. Facciamolo entrambi- sorrise Kage.

Annuì.

-Chiedimi tutto quello che vuoi sapere, poi toccherà a me. Non ti preoccupare, non ci metto nulla- il sorriso che fece dopo aver detto queste parole, lo rassicurò abbastanza.

Si sentiva all’improvviso meno scomodo.

-Chi è il proprietario del locale?- domandò.

-Non posso dirtelo- disse Jun, poi scoppiò a ridere -Scusa! Per ora non sei socio e quindi non puoi sapere nulla a riguardo. In ogni caso non potresti sapere niente di lui anche quando sarai socio… ecco, non… non lo so bene neanche io. Quindi non posso dirtelo- spiegò.

-Come fai a non saperlo? Tu come ci sei entrato?- chiese ancora, stupito.

-Io sono solo un barista, sono stato ingaggiato. Insieme ad altri due- rispose semplicemente Jun con un’alzata di spalle.

Nino restò confuso, poi mormorò: -Sì, ma… chi ti ha ingaggiato?-.

Jun scosse la testa.

-Sono stato chiamato da una società in cui lavoro, tipo una comunità di camerieri e baristi. Mi hanno detto che c’era un lavoro per me e ho accettato. Il giorno dopo mi hanno spiegato per telefono le regole del locale e mi sono presentato. Tutto qui. Solo, il mio nick è stato scelto da loro-.

-Loro chi?-

-Gli organizzatori-

-Chi sono?-

-Ti ho già detto che non lo so- fece Jun. Sembrava fosse un po’ scocciato.

Lasciò perdere.

-Hai finito con le domande?- chiese il barista, accavallando le gambe e incrociando le dita su di esse. Sempre un gesto più elegante dell’altro.

Annuì piano, studiandolo attentamente, per la prima volta da quando Kage era entrato: il viso faceva intuire che avesse qualche piccolo tratto occidentale, per gli zigomi alti e gli occhi dal taglio più grande. Gli occhi… scuri ma dai riflessi nocciola, profondi e magnetici. La pelle candida, il collo da cigno, le spalle ampie, l’abbigliamento molto curato. Aveva anche le unghie dipinte di nero.
-Bene, allora posso iniziare…- sussurrò Jun.

Infilò una mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette, chiedendo se potesse fumare. Nino acconsentì, ancora in silenzio.

Si accese una sigaretta molto lunga e sottile e la fumò in silenzio per qualche istante, come se si stesse preparano.

-Iniziamo… come ti chiami?- chiese.

-Ninomiya Kazunari- rispose, abbassando un po’ lo sguardo.

-E che nickname hai scelto di usare all’interno del locale?-

-Jocker…- mormorò.

Jun stortò un po’ la testa, divertito. -Perché?- chiese, forse solo come curiosità personale.

-Quando ero al liceo ero bravo a fare i giochi di magia con le carte… mi chiamavano così- spiegò, senza particolare interesse.

-Ti dovrai creare un personaggio fittizio, credi di essere pronto o hai bisogno di una mano?- chiese ancora il barista, facendo uscire il fumo dalla bocca.

-Grazie, ma faccio da solo- borbottò.

Jun fece ancora una pausa, poi disse che gli avrebbe fatto domande più “personali”.

-Famiglia?- chiese.

-Madre, padre e sorella maggiore, ma non abito con loro-

-Abiti da solo? Hai una compagna?- chiese Kage.

Era arrivato il momento del test, anche per lui.

-Abito con il mio ragazzo- chiarì.

Ci fu un veloce lampo negli occhi dell’uomo, che però mantenne un’espressione neutra. Non riusciva a capire se fosse sorpreso, se non avesse capito o se ne fosse divertito. Si limitava a fissarlo.

Fine del test, livello dell’individuo: incomprensibile.

-E poi sei un detective… entri al locale per delle indagini?- domandò Jun, facendo cadere la cenere della sigaretta nel posacenere sul tavolo.

Nino restò qualche istante in dubbio su cosa rispondere: andava bene dire di sì? Per quel che ne sapeva, l’assassino poteva essere anche lo stesso Kage. Poteva essere uno degli altri due baristi, che sarebbero stati informati. Poteva essere chiunque che Jun poteva facilmente far scappare. Tuttavia, Masaki aveva detto di fidarsi e rispondere sinceramente…

Forse aspettò un po’ troppo, infatti Jun sorrise e scosse la testa.

-Lascia stare, credo di aver capito…- disse -Non devi preoccuparti, è come se non sapessi nulla… le informazioni che mi dai oggi non vengono scritte e archiviate o nient’altro… e io ho una memoria molto breve. Inoltre non ho proprio nessun interesse a dirlo in giro-.

Nino sospirò.

Sperando che fidarsi dell’uomo non lo avrebbe messo nei guai.

-Ok, credo di aver finito. Ti ho torturato abbastanza- scherzò Jun spegnendo la sigaretta -Sei sopravvissuto, visto?-.

-Non ero agitato…- mormorò.

Invece lo era eccome. Tirò un altro silenzioso sospiro di sollievo.

Il barista gli fece firmare con il nickname un foglio per l’iscrizione e rimase sorpreso di doverlo fare con una penna qualunque e non con il sangue. Jun rise educatamente alla battuta.

-Puoi venire al locale (che apre sempre a mezzanotte) anche a partire da oggi. Ti ci abituerai. E per i giorni in cui si tengono feste o riunioni a cui devi partecipare, ti arriverà qui in studio una lettera da parte mia- spiegò Jun.

-Come raggiungo il locale?- chiese Nino, ricordandosi all’improvviso che non l’aveva chiesto.

Jun rise, poi rispose: -Ma come, non l’hai ancora capito?-.

Una pausa.

-Terzo piano sotterraneo dell’hotel Sheraton, ovviamente. Entra dal retro-.

Si alzò dalla sua sedia, infilò una mano in tasca e con l’altra andò ad aprire la porta dello studio. Si girò ancora a guardare Nino, sorridendo.

-Benvenuto- sussurrò, uscendo.

Appena si chiuse la porta, Nino sprofondò nella sua sedia.

Quel Kage… aveva qualcosa di eccezionalmente attraente, in sé.

E poi il soprannome stesso… gli scappò un sorriso. Ombra. Era perfetto davvero.

Sospirò e tornò al lavoro, chiedendo a Mary di andare a prendergli un caffè.

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