Meet Me in Dublin - capitolo 4

Sep 15, 2013 15:52

HUZZAH!
Sono tornata dalla Germania (i deliri, gente! I deliri! XD), mi sono incontrata con alcune delle mie puccissime utenti per il cosplay che porteremo a Lucca *FUFUH* e ho finito di scrivere il capitolo 6! Non contenta, ho approfittato della mattinata di pioggia per iniziare anche il 7, ovvero il capitolo di "transizione" *__* Da qui in poi le cose si fanno intense ed interessanti :D
Eccomi quindi a postar postare!

Titolo: Meet Me in Dublin
Gruppo: Kanjani8
Genere: AU
Pairing: per ora nessuno
Rating: dal PG al PG-13, principalmente per il linguaggio
Disclaimers: i personaggi e i luoghi descritti non mi appartengono
Ringraziamenti: a genki_ya per la magica città che mi ha fatto scoprire nell'ospitarmi a Dublino, due anni fa
Note: appena tornata da un viaggio a Dublino avevo iniziato a scrivere le poche frasi che corrispondono all'incipit di questo capitolo.Terminata Reach, il mio desiderio di scrivere qualcosa riguardo ad una share-house (dopo aver vissuto in una per un anno intero) e il ricordo dell'Irlanda mi hanno aiutato a sviluppare soggetto e trama di MMID.
Ogni capitolo ha un suo personaggio ed un suo punto di vista e si procederà "a cerchio" nello sviluppo della storia.
NB! Le battute sono principalmente scritte in inglese ed italiano, anche se ci sono parole e frasi in giapponese e francese; le lingue straniere sono sempre in corsivo, mentre l'italiano preceduto da (*) indica il fatto che il dialogo sia in giapponese o in inglese (a seconda delle nazionalità dei due dialoganti) ma che sia tradotto per facilitarne la lettura. Nel caso vi accorgiate che per qualsiasi lingua ci sia il bisogno di riportare la traduzione a parte, fatemelo sapere! Una nota particolare: alcune battute di Maru, Yoko e degli altri personaggi non-anglofoni sono VOLUTAMENTE sbagliate dal punto di vista grammaticale!
Note aggiunte: dialogando con gkj e lalois ieri pomeriggio mi sono resa conto di non aver spiegato il fattore "psicologico" che sto dando alla fanfiction, quindi approfitto del cut per aggiungere qualche delucidazione su questo aspetto. Per prima cosa c'è da dire che non sono assolutamente una studentessa di psicologia o un'esperta sull'argomento, ma solo che baso le mie ricerche sui personaggi sul libro e le lezioni di "Psicologia del personaggio" avute a scuola di regia e sceneggiatura (cinematografica). In spiccioli, la teoria del mio professore prevede che ogni personaggio di ogni storia possieda una "ferita" che generi il conflitto che muove la sua storia, le sue azioni e caratterizzi il suo carattere ed il suo modo di agire e pensare. A scuola abbiamo studiato i vari tipi di ferita e le varie forme in cui si possono manifestare nella tipologia di ogni personaggio. Ho applicato queste regole ai miei di personaggi e per ognuno di essi ho creato un background (che verrà rivelato man mano, al procedere della fict) che giustificasse il loro carattere e la loro ferita. Questo per dire che ognuno di loro agisce per un motivo verso uno scopo e che ognuno ha la propria ferita pulsante ancora aperta, che necessita di cure. E anche per giustificarmi, in parte, se qualcosa di quello che scrivo non si capisce del tutto: sto ancora imparando e questo lato della psicologia (quella "di finzione") è davvero difficile da comprendere fino in fondo XD

Capitoli precedenti: capitolo 1 - Subaru, capitolo 2 - Yoko, capitolo 3 - Hina



CAPITOLO 4 - MARU.

Questa è la mia fuga da casa.

Questa è la mia conquista della libertà e dell'indipendenza, l'inizio del grande viaggio, la partenza definitiva.

Dublino era solo una delle tappe, divenuta poi “casa” nel tentativo di riaffondare le radici nel terreno, di capire la propria direzione, di fare pace con il passato e con le cose in sospeso lasciate alle spalle.

Ma anche in questa terra straniera, la fuga continua.

Maru uscì dalla propria stanza in tempo per salutare Yoko, diretto al lavoro.

Con una barretta di cereali ed un po' di succo di frutta rubato dal brick di Ryo, si piazzò come al solito sul divano, un vecchio lettore CD portatile al fianco e le cuffie già posizionate sulle orecchie.

-Tom's sister Maria has a cat- disse ad alta voce, ripetendo quello che la lezione odierna di Speed Learning aveva appena pronunciato dal CD con un accento British perfetto. Fece saltare di spavento sia Subaru che Shingo, seduti al suo fianco sul divano, l'uno a leggere il proprio quotidiano sportivo e l'altro intento a sistemare un raccoglitore pieno di spartiti musicali scritti a mano, fino a qualche secondo prima immersi in un piacevole silenzio mattutino.

-Maria's cat is black- aggiunse, come la signorina del CD aveva prontamente specificato: -It's name is Candy and it's sleeping on the chair- terminò la descrizione, arrotolando la lingua in modo assurdo sulle consonanti difficili e facendo inevitabilmente ridacchiare gli altri due coinquilini presenti.

-Hi, Maria! My name is... insert your name...- esclamò Maru, prima convinto e poi leggermente perplesso. Quando si rese conto dell'errore stoppò il CD, portò leggermente indietro e ricominciò il dialogo da capo: -Hi, Maria! My name is Maru and I like your cat Candy!- articolò fiero, lanciando un occhiata a Hina che annuì incoraggiante. Poi Maru si rese conto che il dialogo proseguiva e riprese velocemente fiato per continuare a parlare con Maria: -Hi... Maru, thank you! But, where is Candy? Have you seen my cat?-.

Rimase perplesso qualche istante e sia Hina che Subaru stavano per intervenire quando, con un gesto della mano, rispose alla difficile domanda: -Candy is sleeping on the chair!-.

-Who the fuck is Candy?- chiese interdetto Ryo, arrivato in quel momento dalla propria stanza e ancora mezzo assonnato nel proprio pigiama composto unicamente da un paio di boxer neri.

-It's Maria's cat!- risposero in coro i tre occupanti del divano, per poi scoppiare a ridere.

Richiamato dal trambusto, Tacchon scelse esattamente quel momento per aprire la porta verde della propria stanza e ritrovarsi di fronte Ryo in mutande, piazzato nel bel mezzo del corridoio a grattarsi un fianco nudo.

Il francese lanciò uno strano, acuto grido e tornò velocemente da dove era venuto, chiudendo la porta a chiave. Shingo rise come un dannato: -Da domani tutti nudi in salotto, almeno il ragazzino non viene a rompere...- mormorò in italiano fra sé e sé, asciugandosi le lacrime da risata con il dorso della mano.

La mattinata trascorse tranquilla fra tv e Speed Learning. Subaru sembrava piuttosto interessato alle lezioni di inglese sul CD e gravitò tutto il tempo nei dintorni del divano per ascoltare gli esercizi del coinquilino coreano; Shingo uscì prima del solito senza lasciare loro qualcosa di pronto per pranzo; Ryo uscì poco dopo con già la divisa di Starbucks addosso, dicendo che quel pomeriggio avrebbe coperto due turni e quindi avrebbe lavorato fino a tardi; Tacchon evitò accuratamente le zone comuni della casa e uscì per andare a lezione verso mezzogiorno, sgusciando via talmente veloce che Maru non riuscì a salutarlo.

Sospirò, deluso: voleva potergli dimostrare i propri progressi prima della partenza.

-I go pack my things- dichiarò poco prima di pranzo il coreano, facendo per alzarsi dal divano.

Subaru alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e chiese: -Are you... leaving?-.

Maru annuì: -I go three days in Madrid-.

-Where is Madrid?- chiese ancora Subaru, aggrottando la fronte.

-In Spain!- esclamò felice il coreano, alzandosi e sparendo nella propria stanza, lasciando aperta la porta arancione. Subaru adocchiò il lettore CD di Maru rimasto al suo fianco e tornò a leggere il proprio libro, ascoltando distrattamente il coinquilino fischiettare o fare strani versi mentre metteva a soqquadro la propria stanza in cerca delle cose necessarie per la partenza. Finì il capitolo appena in tempo per alzarsi, stiracchiarsi e ciondolare fino al corridoio, curioso di lanciare qualche occhiata alla stanza del coinquilino.

La finestra era spalancata sulla prima giornata di tepore primaverile e pallido sole della settimana, la prima da quando Subaru si era trasferito a Dublino; la stanza era molto più incasinata e stipata di oggetti di quanto non potesse già essere quella del cantante e tutte le mensole e i ripiani della libreria erano cariche di oggetti ed oggettini colorati molto probabilmente provenienti da tutte le parti del mondo che Maru aveva visitato nel corso degli anni.

-You can come inside!- esclamò con un enorme sorriso Maru, chino sopra la propria valigia a scavare fra gli strati di vestiti già accumulati dentro.

Subaru si decise a varcare la soglia, le mani dietro la schiena e l'andatura incerta: si fermò a studiare la prima fila di souvenir riconoscendo una gondola veneziana per averla vista in un locale a Osaka e un dollaro americano dentro una teca.

-You been to many country...- considerò, senza curarsi di star usando un inglese o un accento corretto: in quanto collega asiatico, Maru era uno fra i due nella sharehouse che riusciva a capirlo anche quando non si impegnava.

-I like travel! I go when I can and... no work- disse altrettanto scorrettamente il coreano, rovistando nel cassetto della biancheria. Subaru sollevò un sopracciglio, riponendo sullo scaffale la conchiglia delle Hawaii che stava rimirando: -You... work? Where?- anche se la domanda esatta sarebbe dovuta essere when, dato che il coinquilino sembrava essere perennemente a casa, almeno per quando il giapponese aveva potuto osservare.

-Travel agency- disse Maru con una alzata di spalle, chiudendo la valigia con decisione: -Done!- esclamò convinto, facendo poi per uscire dalla stanza. Subaru si era girato per seguirlo ed era rimasto sorpreso nel vedere che a lato della porta, su un treppiedi simile a quello che Subaru voleva comprare per la propria chitarra, c'era un basso color legno.

-You... play???- domandò stupito, indicando lo strumento musicale.

Maru sorrise e gli annuì, accarezzando distrattamente il manico del basso a quattro corde e la tracolla bianca di pelle con delle note musicali nere sopra: -I love music, too- disse, solenne.

Subaru gli sorrise di rimando, felice della scoperta inaspettata: -We play together some time?- chiese, timidamente. Maru annuì convinto, sollevando un vecchio telefono cellulare grigio dal comodino: -Soon-.

Si separarono per il pranzo: Subaru optò per fare finalmente una spesa sostanziosa e riempire di cose utili il proprio ripiano del frigo e della dispensa, mentre Maru rimase in casa e si scaldò del cibo coreano che aveva cucinato qualche giorno prima ed era avanzato. Quando Subaru rientrò con i sacchetti colmi di cibo, lo trovò intento a spruzzare su di sé e sui mobili di tutta la casa un profumo maschile in una strana bottiglietta azzurra.

-What is that?- chiede, perplesso: aveva intuito a malapena lo scontro del giorno prima fra Shingo e Tacchon riguardo al profumo per ambienti e non voleva capitare in mezzo ad un'altra assurda battaglia.

-For Tacchon- disse convinto Maru, finendo di spruzzare con uno sguardo soddisfatto: -He say I stink so when I eat corean food I use this- spiegò, mostrando l'etichetta del profumo al giapponese che intravide qualcosa in una lingua sconosciuta: -It's French perfume, so I think he likes!- esclamò, riponendo il profumo su un mobiletto di legno a fianco del divano, sotto il paralume della lampada.

Subaru sospirò, appoggiando i sacchetti sul tavolo della cucina e cominciando a sistemare i propri acquisti, tenendo da parte le cose che aveva comprato per pranzo: -You're very good, Maru- gli disse come complimento, mentre il coreano si sedeva sul divano e cominciava a giocare con il telefono cellulare grigio, guardando distrattamente i cartoni animati in televisione.

Dopo il pranzo, Subaru si ritirò nella sua stanza per un riposino: pensava fosse impossibile che il jet-lag durasse così a lungo, ma per tutta la settimana non aveva fatto altro che sentirsi sempre stanco ed assonnato, quindi si concesse qualche ora a letto tentando di smaltire il sonno arretrato.

Rimase qualche istante sdraiato sul letto, le braccia piegate all'indietro coi palmi delle mani dietro la testa e lo sguardo rivolto al soffitto bianco della stanza: la finestra chiusa proiettava ombre e luci dai tagli netti dove i raggi del sole bianco pomeridiano riuscivano a penetrare tra le persiane e le tende. L'aria era ferma, la casa silenziosa fatta eccezione per il lontano e quasi indistinguibile ronzare degli elettrodomestici in cucina e della televisione accesa. Maru cominciò a parlare e Subaru chiuse gli occhi, concentrandosi su quel suono: sembrava una conversazione al telefono e stava parlando nella propria lingua.

Il cantante non aveva la minima conoscenza di coreano, quindi si concentrò soltanto sul tono usato: Maru, che solitamente usava un tono di voce alto ed un'intonazione decisa e squillante, ora parlava a voce bassa, sfruttando le tonalità più cupe del proprio timbro. Sembrava ansioso, insicuro... rispondeva brevemente a lunghe domande e sospirava di tanto in tanto.

Subaru si era ormai già addormentato quando dal salotto giunse il primo singhiozzo.

La conversazione al telefono era durata una ventina di minuti circa ed era terminata da ormai un bel po' di tempo... un'ora? Di più? Quanto tempo era rimasto a fissare il vuoto di fronte a sé?
La televisione era stata dimenticata accesa su un canale che stava trasmettendo televendite di ogni tipo, il cellulare giaceva sul divano al suo fianco, la luce del sole fuori dalla finestra si era angolata a tal punto che attualmente lo colpiva sul viso e si rifletteva sulle pareti del salotto al suo fianco in strisce arancioni sul bianco della vernice. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, appoggiate sulle cosce coi palmi rivolti verso l'alto, ferme in quella posizione da troppo tempo.

Le lacrime si erano asciugate, ma rimaneva la fastidiosa sensazione del loro passaggio sulle guance, come scie indelebili. Per non parlare dello stato d'animo: scosso, come ogni volta che decideva di telefonare.

Triste, deluso, arrabbiato con se stesso, solo.

Terribilmente solo.

Pensò alla presenza di Subaru nell'appartamento e sospirò: anche se sospettava il giapponese si fosse addormentato già da un po', odiava il pensiero di poter farlo preoccupare presentandoglisi davanti così conciato. Si alzò e raggiunse il bagno per sciacquarsi il viso e osservarsi per qualche istante nel grande specchio sul lavandino, tentando di concentrarsi: aveva dei coinquilini a cui voler bene, un viaggio da godersi e persone da salutare... doveva reagire.

Doveva mettere da parte tutto il resto.

Subaru si svegliò in tempo per vederlo trascinare la valigia verso l'ingresso ed indossare un paio di scarpe da ginnastica: -I will be home in three days, Subaru! Do not worry, ok?-.

Il neo-coinquilino si limitò a grattarsi il pizzetto con ancora gli occhi mezzi chiusi e uno sbadiglio assonnato prima del saluto: -Have a nice trip, Maru-.

Annuì con un nuovo sorriso e agitò la mano in aria, mentre apriva la porta di casa e raggiungeva il pianerottolo lasciandosi Subaru, ancora sbadigliante, alle spalle.

Raggiunse la strada sollevando il trolley di peso sulle scale e si diresse subito verso est, passando di fronte al piccolo negozio di alimentari all'angolo e salutando l'anziana proprietaria con un gesto, attraverso la vetrina.

Più procedeva in quella direzione, più le strade si facevano ampie e trafficate: a quell'ora del pomeriggio i marciapiedi non erano ancora pieni di gente, ma qualche turista era sempre in giro e quella zona della città era molto frequentata per i palazzi e la presenza del Trinity College.

Attraversò ad un paio di semafori e vide fra gli alberi i muri chiari e le alte colonne dell'ingresso dell'università: svoltò nella direzione opposta ed entrò con passo deciso allo Starbucks di College Green, sempre e comunque pieno di clienti. Ryo sollevò lo sguardo dal tavolino che stava pulendo non appena lo vide entrare e gli sorrise, facendogli un cenno del capo: -Leaving already, Maru?-.

-Yes! I have plane to catch, but I am here looking for Tadayoshi- spiegò il coreano, guardandosi attorno: una piccola coda di turisti all'unica cassa aperta, due persone in attesa del proprio ordine vicino alla penisola di legno al lato più interno del bancone, qualche ragazza che stava decidendo se comprare delle tazze in esposizione, una coppia in abiti da lavoro seduti agli sgabelli di fronte alla vetrina e qualche studente solitario ai tavolini, chini sui propri libri.

-He's down there, in the armchair... as usual- indicò l'americano, con un'alzata di spalle.

Maru si avvicinò al coinquilino francese facendo lo slalom fra gli altri clienti con la valigia: arrivò sul fondo del locale, dove vicino alla parete c'era la poltrona preferita di Tadayoshi per studiare o leggere in tranquillità. Il francese lo vide arrivare mentre beveva un sorso del proprio caffè e roteò gli occhi: -What, now?- domandò, con tono scocciato.

-I go three days in Madrid- disse subito il coreano, continuando a sorridere.

-Just three days? Why not some more? So I can rest the entire week...- commentò il francese, vedendo avvicinarsi anche Ryo, incuriosito come sempre dai loro discorsi.

-I wanted to say hello to you before going, but you was fast today...- continuò a dire imperterrito Maru, ignorando gli sbuffi di Tadayoshi e gli sguardi che lanciava ai fogli sul tavolo, come se tornare a studiare fosse un'attività che non poteva attendere oltre.

-Aren't you always, Tacchon...- commentò sarcastico Ryo, lanciando uno sguardo al più giovane che lo guardò malissimo, senza dire nulla.

-I also want you to know I have a new perfume!- esclamò Maru, facendo segno verso il proprio collo: Ryo si affrettò ad annusarlo, aggrottando la fronte. Ci pensò su, poi annunciò: -It's very faint, but I think it's the gayest perfume I've ever smelt!-.

-Yes! It's French!- esclamò Maru, chiaramente non avendo capito il commento dell'americano, il quale scoppiò a ridere facendo girare un paio di clienti e borbottare qualcosa al suo collega dietro il bancone.

Tadayoshi era livido: raccolse le proprie cose in fretta e colpì Ryo in pancia con un libro per farlo smettere di ridere, poi lanciò uno sguardo gelido a Maru e sibilò un qualche insulto in francese prima di scappare fuori dal locale.

-Oh, man! He's such a douche!- commentò Ryo smettendo lentamente di ridere e riordinando il tavolino appena liberatosi, riportando la tazza sporca e ancora mezza piena dietro al bancone. Maru lo seguì, ancora confuso da quello che era appena successo e leggermente abbacchiato: aveva sbagliato qualcosa?

-Maru, don't make that face, c'mon! He's not worth it, dude!- gli gridò Ryo dalla postazione di fianco alle macchine del caffè, dandogli le spalle. Il coreano ritrovò il sorriso non appena incrociò lo sguardo con quello del coinquilino, che gli si avvicinò, lo straccio per pulire i tavoli ancora in mano: -You're ok, right?-.

-Yes- annuì con convinzione, per poi fare un passo indietro: -I go now. See you in three days!-.

-See ya, man! Have a nice trip!- salutò Ryo, facendogli l'occhiolino.

Maru tornò sulla strada e si guardò attorno: Tadayoshi era ovviamente sparito, forse tornato al college per studiare in biblioteca o, dato il tempo favorevole, su una panchina del parco. Sospirò, proseguendo con il proprio bagaglio verso la fermata dell'autobus: il sole cominciava a scendere, la via a popolarsi.

Fra chi tornava a casa o andava al lavoro, Maru partiva per il proprio viaggio.

Link per questo capitolo: - Starbucks in College Green (un luogo pieno di ricordi! XD Qui con Gaia ho scritto la scaletta finale di Reach)
- Il profumo usato da Maru, LeMale (sono un'ignorante di profumi, ho preso il primo che mi è capitato! XD).

r: pg, g: kanjani8, gnr: long fict, gnr: au

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