YAKUZA-CHAN

Sep 11, 2012 09:40

Anche se ho solo un commento (soooooob! *capicci*) posto il secondo capitolo! Yoshhhhhh!

TITOLO: Yakuza-chan (Tatsu mi ha fatto notare che Mamoritai non centrava assolutamente nulla quindi non mi ha lasciato uare il titolo, nemmeno offrendogli della lasagna ç_ç)
AUTRICE: Jinny
GENERE: polizesco (??), vagamente angst qui e li, pare mentali
FANDOM: Arashi & Kanjani (& apparizioni fugaci)
PAIRINGS: Yoko/Jun, Ohmiya
RATING: pg-17 (fosse un film e fossimo in america avrebbe il bollino rosso +18, povera me °-°)
NOTE: il titolo fa cagarissimo °-°
RINGRAZIAMENTI: a Vampiretta e Harin che se la sono sciroppata in anteprima
DISCLAIMERS: Nessun Johnny mi appartiene, ma sono stufa di questa situazione, inizio a sentire la necessità di avere almeno un Aiba, ecco
GIA' POSTATI: 1



Satoshi si accasciò su una sedia, tremando forte. Era riuscito a ridurre le fratture ed aveva steccato le gambe del giovane in maniera che non le muovesse. Gli antibiotici sembravano fare effetto, almeno per ora. Insieme a Masaki aveva spostato il ragazzo sul proprio letto, era riuscito a preparargli una flebo, aveva sistemato gli antidolorifici, poi aveva ripulito l’ambulatorio …

“Sei una mezza sega.” Gli aveva scritto Masaki

<< Fanculo, sono un pediatra, io! Secchi arti da bambini, no maledetti muscoli allenati!>> borbottò. Masaki sorrise. Poi tornò a guardare il giovane steso sul letto. Satoshi sbuffò e gli si avvicinò, togliendogli la sciarpa. Masaki lo guardò, tranquillissimo. Satoshi controllò la cicatrice sul collo

<< Respiri senza problemi, adesso?>>

Masaki annuì. Poi prese il blocchetto

“Sono almeno sei mesi che non ho problemi”

Satoshi fece una smorfia

<< E prima?>> chiese, preoccupato. Masaki si strinse nelle spalle

<< Avresti dovuto andare in ospedale …>>

“Quelli come me non vanno in ospedale.” Scrisse Masaki, con espressione seria. Satoshi sbuffò

<< Ne deduco che ammazzi ancora la gente …>> disse. Masaki si strinse nelle spalle. Satoshi fece per dire qualcosa, ma Masaki scrisse in fretta

“Se ti può consolare, erano tutti delle merde. Hai l’ambulatorio in questo quartiere. Quanti dei bambini che ti arrivano ridotti male sono qui perché i genitori non li vogliono portare in ospedale? E quanti di loro credi siano tuoi pazienti per colpa di quelli che ammazzo?”

<< Detta così non capisco se mi stai facendo un favore o se mi stai togliendo lavoro.>> borbottò Satoshi. Masaki rise silenziosamente

“Non lo so. Ti salvo dall’ammazzare i bastardi che li riducono in quel modo?”

Satoshi fece una smorfia

<< Ok.>> concesse Satoshi. Poi guardò il viso del ragazzo a letto

<< Non mi dici nemmeno come si chiama? Sai che non andrò dalla polizia. Ne tantomeno da quei mostri che l’hanno ridotto in questo modo …>>

“Un po’ li ho tolti di mezzo, ma i piani alti ci sono ancora tutti. Meno sai, meglio è …”

Satoshi guardò Masaki. Non sapeva praticamente nulla di lui. Sapeva che per vivere ammazzava la gente, e che non aveva avuto nessuna scelta alternativa. Sapeva che tre anni prima qualcuno l’aveva abbandonato al suo ambulatorio con otto pallottole conficcate nel corpo ed una nona che gli aveva attraversato la gola, e non aveva idea di come fosse riuscito a salvarlo. Ma ce l’aveva fatta …

Il giovane sul letto iniziò ad agitarsi. Satoshi andò alle fiale degli antidolorifici. Doveva aumentare la dose, se non voleva che il dolore facesse quello che lui stava impedendo alle tossine di fare … il ragazzo spalancò gli occhi con un grido, stringendo convulsamente le lenzuola. Masaki gli fu subito accanto, prendendogli la mano. Il giovane strinse con tutte le sue forze, mentre un altro grido gli usciva, disperato. Satoshi aumentò la dose degli antidolorifici e, dopo poco, le urla si trasformarono in gemiti, poi il ragazzo si addormentò di nuovo

<< Serve qualcosa di più forte …>> mormorò << Di solito i pazienti in questo stato vengono tenuti in coma farmacologico, ma non ho i mezzi necessari …>>

“Devo prenderti qualcos’altro?” scrisse Masaki. Tremava, notò Satoshi

<< Non posso monitorarlo qui. Ma tu non vuoi che lo trovino. E ho come il presentimento che la polizia al momento sia l’ultimo dei tuoi problemi …>>

Masaki fece una smorfia. Rimase per un attimo con la penna sul blocchetto, poi la mosse in fretta

“Quando per tutti sei morto, hai un bel po’ di problemi in meno.”

Satoshi lo guardò, cercando di capire che espressione avesse. E vide di nuovo le lacrime. Passò un braccio attorno alle spalle di Masaki, cosa che non gli sarebbe riuscita se l’altro fosse stato in piedi, e lo strinse a sé.

“Sarebbe stato meglio se fossi morto quella notte. Tutti quelli che mi circondano, finiscono per soffrire.” Scrisse, con la mano che gli tremava. Satoshi scosse la testa

<< Questo …>> iniziò, indicando il ragazzo sul letto << Sarebbe successo comunque. Solo che adesso sarebbe il nono morto, invece di essere qui. In un letto. Relativamente al sicuro.>>

Masaki lo guardò, poi si nascose gli occhi con una mano. Il fatto che singhiozzasse in silenzio, fece sentire Satoshi come se qualcosa di gelato gli stesse scendendo lungo lo stomaco. Lo abbracciò stretto

<< Ce la farà. Non perderai il tuo amico.>> disse, deciso. Masaki gli si aggrappò con tutte le proprie forze, e Satoshi notò che erano parecchie

<< Mi fai male così, però …>> mormorò, e Masaki strinse un po’ meno. Poi si staccò del tutto, sospirando

“Sei una mezza sega, te l’ho detto.” Scrisse Masaki, ridendo, ovviamente in silenzio, tra le lacrime

<< Hey! Io sono piccolo!>> protestò Satoshi. Masaki gli scompigliò i capelli, con un sorriso dolce. Poi incrociò le braccia sul letto, vi posò la testa e, dopo poco, si addormentò. Satoshi prese il futon dall’armadio e lo stese a terra, per poi sdraiarsi, completamente vestito.

Kimitaka si passò le mani sul viso e si rese conto di essersi addormentato. Si guardò attorno, accorgendosi che in ufficio erano rimasti solo lui ed un inspiegabilmente serio Kazunari. Si soffermò a guardarlo. Poteva quasi passare per un adolescente, con quell’espressione preoccupata …

<< Ben svegliato.>> gli disse, senza nemmeno girarsi a guardarlo

<< Che mi sono perso?>> chiese Yuu, alzandosi dalla propria scrivania e raggiungendo l’altro. Quello gli passò un plico di foto. La scena del crimine come l’avevano trovata

<< Non può essere un emulatore.>> mormorò. Kimitaka fece per ribattere, ma guardando le foto si ammutolì

<< Quando sono arrivato la, ero troppo … sconvolto … e adesso che l’ho detto puoi prendermi in giro per i prossimi due anni … ma …>>

Kimitaka trattenne il fiato vedendo le immagini, e si morse forte le labbra

<< Lo troveremo, Yokocho.>> disse Kazunari, girandosi per la prima volta a guardarlo. Kimitaka annuì, ma le foto gli caddero dalle mani. Kazunari si alzò e lo portò fuori dall’ufficio, ai distributori automatici nel cortile. Kimitaka si accese una sigaretta ed iniziò a camminare avanti ed indietro, cercando di smettere di tremare. O di tornare a vederci non sfuocato. Rinunciò e si accucciò a terra, una mano sulla fronte, l’altra che stringeva convulsamente la sigaretta. Sentì le mani di Kazunari sulle spalle e si calmò un po’. Pian piano tornò a vederci. Buttò la sigaretta, ormai distrutta, e si rialzò

<< Quindi tu credi …>> iniziò, ma Kazunari gli fece segno di tacere. Kimitaka seguì il suo sguardo, vedendo la figura che avanzava verso di loro

<< Sakurai, fanculo, ci hai fatto prendere un colpo!>> sibilò poi. Il giornalista si avvicinò, facendo una smorfia

<< Mi sono quasi commosso vedendo le foto …>> disse.

<< Immagino.>> borbottò Kazunari. Prese tre lattine di caffè al distributore, poi i tre uomini salirono di nuovo nell’ufficio. Kimitaka raccolse le foto da terra, e le posò sulla scrivania di Kazunari, attorno alla quale si sedettero tutti e tre

<< Un emulatore?>> chiese poi Kimitaka a Sakurai, che scosse la testa

<< Nessuno riesce a far fuori quindici persone in un colpo con un mitra. Sei, forse una decina. Ma quindici … ci riusciva solo lui …>> borbottò, sorseggiando il caffè

<< Sho …>> lo chiamò Kazunari.

<< Tre anni che non vedo tanti cadaveri tutti assieme. >> disse << Tre anni che non vedo una cosa fatta con tanta freddezza …>>

<< Quindi adesso diventiamo Ghostbuster?>> chiese Kimitaka. Sho fece un mezzo sorriso

<< Penso vi convenga, si. Gli Hashimoto si sono persi il loro nono cadavere, e si sono trovati quindici dei loro ammazzati con lo stile di uno che dovrebbe essere morto. Dovrete essere più veloci di loro.>>

<< E attenzione allo scalino …>> disse Kazunari, imitando la voce delle scale mobili della metropolitana. Gli altri due risero, loro malgrado

<< Che cagata di yakuza è uno che si chiama Hashimoto?! E’ ovvio che poi uno sbaglia apposta a dirlo!>> sbottò Kimitaka, scuotendo la testa

<< Cercate il fantasma e troverete anche il vostro amico.>> disse Sho. Kimitaka lo guardò, per la prima volta in realtà da quando lo conosceva.

<< Tu mi sembri un po’ troppo interessato al fantasma …>> disse.

<< Disse l’uomo che piangeva per il giovane yakuza …>> ribatté Sho, senza abbassare lo sguardo

<< Ok, ok, stiamo andando troppo sul personale, ragazzi.>> li rimproverò Kazunari, accigliandosi. Gli altri due abbassarono il viso

<< Dopo tre anni che si fa credere morto, che si aspetta?>> mormorò ad un tratto Sho

<< Credo che si aspetti che continui a crederlo morto, Sho-chan.>> rispose Kazunari. Sho alzò il viso, poi fece una smorfia

<< Hai ragione.>> disse, con un mezzo sorriso << Uscirmene con queste cose, devo essere proprio stanco …>> mormorò. Poi sbuffò

<< Domattina faccio un giro di telefonate. Sento se qualcuno ha visto movimenti sospetti questa notte … >> disse << A voi viene in mente nessuno di cui Matsumoto potesse fidarsi più di voi? O … o di cui si potesse fidare … Aiba …>>

<< Speravamo nei contatti di un certo giornalista che lavora per i servizi segreti …>> disse Kimitaka, massaggiandosi le tempie doloranti ed iniziando a camminare avanti ed indietro.

<< Domattina il certo giornalista saprà qualcosa di più. >> disse Sho << Ora andiamo tutti a dormire.>>

Gli altri due annuirono.

Prima di uscire dall’ufficio, Kimitaka guardò un’ultima volta le foto, sentendosi ribollire di rabbia. Non aveva potuto fare nulla per Jun. E non poteva nemmeno togliersi lo sfizio di prendere quei bastardi uno a uno, perché ora erano cadaveri …

“Che nervi!” pensò.

g: kanjani8, gnr: angst, gnr: pare mentali, g: arashi, r: nc-17, gnr: polizesco, gnr: au

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