Titolo: Look at the future with a smile
Fandom: Hey! Say! JUMP
Rating: Nc-17
Genere: Fluff, slight!Angst, slight!Death
Pairing(s): Yamada/Nakajima; Yamada/Yabu
Wordcount: 2614
fiumidiparolePrompt: Cioccolato, Cimitero, "Amatevi finché l'amore non vi ucciderà." e
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Disclaimer: I fatti narrati non si basano su avvenimenti reali e sono senza scopo di lucro. I personaggi non mi appartengono ed io non intendo in alcun modo offenderli o dare una rappresentazione vera del loro carattere.
Note: Storia scritta per la tabella Snack Dolci di
diecielode, la tabella Halloween di
think_fluff, la tabella Horror Party della
crea_mchallenge e per il set personale di
cameraoscuraIntroduzione: //
Essere felice, negli ultimi tempi, per Yamada era diventato impensabile. La famiglia continuava a dirgli di sorridere, che poteva essere lui al posto del suo ragazzo in quella bara, ma ancora, non poteva immaginare di vivere una nuova vita in solitudine, pensando a quell'unica felicità che era riuscito a trovare, strappata via senza un perché.
Era il giorno di San Valentino quando sorrise per l'ultima volta.
Si svegliò all'alba, non aveva lavoro quel giorno, ma gli era necessario svegliarsi a quell'ora. Scese dal letto e si diresse in bagno. Si guardò allo specchio con aria dubbiosa e poi sorrise, pensando al giorno che gli si presentava. Si vestì in fretta e scese in cucina dove si legò un grembriule intorno alla vita e cominciò a tagliuzzare quel cioccolato destinato alla sua persona speciale.
Sorrise al pensiero del momento in cui glielo avrebbe dato, arrossendo leggermente.
Prese un pentolino dove sistemò quei pezzettini marroni e accese il fuoco, aspettò che il composto si sciogliesse e vi affondò una fragola e un'altra e un'altra ancora, per un totale di trenta fragole al cioccolato.
"Forse mi sono lasciato prendere la mano" Si disse, notando la grande quantità di dolci.
"Ma così potremmo dividerle!" Continuò poi, sorridendo felicemente.
Aspettò tre ore che il tutto si indurisse, realizzando quel cioccolato speciale per lui ed il suo ragazzo che era già in ritardo, come suo solito.
Guardò fuori la finestra notando la pioggia che cadeva dal cielo, colpendo duramente la strada e gli ombrelli dei pochi pedoni presenti.
"Kota, dove sei?!" Chiese preoccupato, guardando le lancette dell'orologio che continuavano a scorrere lentamente.
"Forse dovrei chiamarlo?"
Prese la cornetta del telefono e compose il numero di Yabu, ma non ricevette risposta.
Compose il numero ancora e ancora, ma l'altro non rispondeva.
"Forse lo ha lasciato a casa..." Si disse, cercando di tranquillizzarsi.
"Sì, deve essere così!" Continuò, voltandosi nuovamente verso la finestra, ma in quel momento le fragole che aveva preparato con tanto amore caddero a terra, rompendo il cioccolato che avevano intorno.
Si abbassò per raccogliere il tutto, ma i suoi movimenti vennero interrotti dallo squillo del telefono.
"Yamada-san?" Chiese una voce sconosciuta.
"Sì?"
"Sono Takada Umi, chiamo dall'ospedale, volevamo informarla che c'è stato un incidente...." Tutto ciò che quella donna disse dopo furono solo chiacchiere che Yamada non aslcoltò, lasciò scivolare la cornetta, scivolando a sua volta a terra, lasciandosi andare in un pianto, che durò per molto, anche al cimitero, davanti quella bara che lenta veniva calata nella buca, troppo profonda e lontana per i suoi gusti.
Lasciò scivolare una rosa, rossa, come quelle che gli aveva regalato al loro primo appuntamento. Insieme ad essa gettò nella buca anche una fragola, quella stessa fragola al cioccolato che non era riuscito a dargli, per poi osservare gli uomini che ricoprivano il tutto, separandolo per sempre da quel corpo troppo freddo per riservargli ancora calore.
Rimase solo in quel luogo mentre fissava quel nome sul marmo grigio "Yabu Kota" Ogni lettera lo trafiggeva come una lama.
Si allontanò solo verso sera, quando la pioggià incessante cominciò a farsi più intensa.
aprì la portiera della macchina e si sistemò sul sedile, pronto a tornare in quella casa troppo grande per viverci da solo.
"Viviamo insieme!" Gli aveva detto Yabu sorridendo.
"Ormai sono tre anni che ci frequentiamo e vederti solo poche ore al giorno non mi basta!" Continuò mettendo il broncio.
"Va bene!" Si affrettò a rispondere Yamada, celando la sua vera felicità.
"Allora il giorno di San Valentino mi trasferirò da te, come regalo!"
Il suono di un clacson lo riportò alla realtà. Era fermo in un ingorgo di macchine. Guardò la pioggia che batteva sul vetro, chiedendosi se anche Yabu si era trovato in quella situazione quel giorno.
Guardò la corsia accanto, notandola vuota e senza esitazione fece inversione ad u, ma una macchina gli venne incontro, colpendolo in pieno. L'ultima cosa che vide fu la forte luce dei fari della vettura e poi tutto buio.
bip... bip... bip...
Si svegliò con un suono alternato fastidioso che gli riempiva le orecchie.
Guardò intorno quella stanza bianca.
"Sono morto?" Sussurrò, fissando il soffitto.
"Quasi effettivamente!" Rispose una voce appartenente ad un ragazzo di cui non si era accorto.
"Chi sei?" Gli chiese, notando il camice bianco che gli scendeva fino alle caviglie.
"Nakajima Yuto, sono il dottore che si prende cura di te... ben svegliato!" Rispose con un sorriso. Era nostalgico, una persona che gli sorrideva, che lo accarezzava...
"Quanto ho dormito?" Chiese ancora, notando le ferite quasi totalmente rimarginate.
"Sei mesi..." Rispose l'altro sedendosi su una sedia, lasciandolo sorpreso.
"Adesso dobbiamo fare dei controlli" Annunciò il dottore predendo una cartella, bianca anch'essa.
"Come ti senti?" Chiese poggiando una mano sulla sua fronte, afferrando poi una luce per passargliela davanti agli occhi.
"Bene, molto riposato..."
Il controllo durò cinque minuti e l'unico dolore che sentiva era un forte mal di testa.
"Bene Yamada-san-"
"Yamada-san?" Chiese il paziente "Sono io?"
Il dottore lo guardò perplesso "Non ricordi chi sei?" Gli chiese, sedendosi nuovamente, ricevendo un segno di negazione come risposta.
"E Yabu Kota? Ricordi di lui?"
"Perché dovrei?" Chiese, sentendo crescere la tristezza nel suo cuore.
"La tua famiglia ha detto che potresti aver fatto un gesto sconsiderato per amore..." Cercò di spiegare il medico.
Yamada cominciò a ridere divertito "Chi si ucciderebbe per amore?" Chiese fra le risate, facendo diventare serio il dottore.
"L'amore può uccedere se profondo..." Disse, provando pietà per il ragazzo seduto nel letto che inconsciamente piangeva fra le risate.
"Quindi Nakajima-san? Potrò uscire presto?" Erano passati quattro mesi dal loro primo incontro, ma Yamada non aveva riacquistato la memoria, ma questo non gli creava problemi, infatti aveva stretto una grande amicizia con il suo medico che aveva solo due anni più di lui.
"Facciamo gli ultimi esami domani mattina, poi potrai andare via..." Rispose mentre lo accompagnava alla sua solita passeggiata pomeridiana. Secondo Yuto, infatti, per recuperare la memoria doveva uscire, parlare con altre persone... Ma Yamada, in fin dei conti, non voleva ricordare, ogni volta che un ricordo gli si presentava nella mente, gli faceva male, lo faceva sentire triste e, sicuramente, non voleva questo. Dopotutto, poteva basare la sua vita sul futuro, concentrandosi su quei sorrisi che Yuto gli mostrava ogni giorno, sul calore che le mani del medico gli trasmettevano quando lo toccava per controllare come stava. Solo questi piccoli momenti, gli facevano desiderare di correre verso il futuro, un tempo dove il suo cuore batteva per Yuto e nessun altro. L'amore che il dottore gli aveva descritto 'assassino', in fin dei conti non era male, lo faceva ridere, divertire, imbarazzare, lo faceva sentire vivo. E questo era sufficiente.
"Ma se domani vado via, noi non ci vedremo più..." Sussurrò tristemente.
"Non è così, dobbiamo vederci per i controlli settimanali! Non è ancora finita!" Rispose il dottore sorridendo.
"Non è ciò che intendevo..."
"Cosa?" Si guardarono per un minuto, forse di più, circondati solo dal rumore del vento che portava l'inverno.
"Mi piaci, Yuto-kun..." Disse, incurante dell'imbarazzo che quelle parole gli avrebbero causato.
"Anche tu Yama-chan, sei una bella persona!"
"No, non intendo questo..." Spiegò, arrossendo "Penso di amarti..." Disse, riempendo quelle parole con tutti i sentimenti racchiusi nel suo cuore.
Yuto rimase per qualche secondo stupito dalla dichiarazione, ma poi sorrise, abbracciando il più piccolo.
"Ti ringrazio per queste parole, Yama-chan." Sussurrò, baciando i capelli castani del più basso "Ma tu non provi per me questi sentimenti..." Spiegò, sciogliendo l'abbraccio.
"Non è vero!" Urlò il paziente "Non puoi dire una cosa del genere"
"Posso, invece..." Continuò malinconico, allungando una mano verso la guancia del più piccolo "Mi hai rifiutato in passato, quindi non puoi amarmi adesso, il tuo cuore non appartiene a me, come fa intendere quel 'penso '..." Concluse, tornando in ospedale.
Passato. Quella parola era ancora presente, quella parola che adesso gli impediva di avere un futuro felice con Yuto. Era serio quando aveva pronunciato quelle parole, lo aveva fatto richiamando tutti quei sentimenti che erano nati nel suo cuore in quel periodo.
"Voglio andare al cimitero" Disse alla sua famiglia una mattina. Era uscito dall'ospedale da quasi un mese, la sua famiglia non se la sentiva di lasciarlo vivere da solo, quindi era tornato a casa dei genitori. Continuava a vedere Yuto ogni settimana, ma ogni volta che tentava di parlare con il dottore di 'quell'agomento', quest'ultimo lo congedeva, scrivendo l'appuntamento per la settimana prossima, ma questo non aveva fermato Yamada, che aveva capito che doveva fare i conti con il suo passato per poter essere felice in futuro.
"Sei sicuro?" Gli chiese sua madre, facendogli venire la voglia di rifiutare, ma aveva bisogno di sapere. "Sì"
Il cimitero era deserto, solo qualche signora anziana che andava a salutare l'anima dei cari che l'avevano abbandonata troppo presto. Quando raggiunse il sentiero principale, le sue gambe gli si mossero da sole, guidandolo fra quelle tombe grigie, facendolo fermare davanti ad una in particolare.
'Yabu Kota' diceva la scritta. La foto di quel ragazzo sorridente fu come una lama per il cuore di Yamada. Cominciò a piangere mentre i ricordi di quel 14 febbraio indondavano la sua mente, facendogli male.
Aveva amato quella persona così tanto che pensare di averla dimenticata lo uccideva.
Si poteva amare così tanto? Sì, glielo aveva detto Yuto il primo giorno che si sono parlati... Già, quando si svegliò dall'ospedale, perché prima non aveva mai incontrato Yuto, allora, come aveva fatto a rifiutarlo? Come poteva essere sicuro che non lo amava e soprattutto, come poteva il suo sentimento per quel medico essere persino superiore alla sofferenza della morte dell'amore della sua vita?
Tutti questi interrogativi gli fecero girare la testa, fino a fargli perdere i sensi.
Si svegliò nuovamente in ospedale, con una persona in lacrime accanto che pregava mentre gli stringeva la mano
"Yuto-kun..." Sussurrò appena riconobbe il volto della persona.
"Sei sveglio?! Grazie al cielo! Pensavo di doverti vedere di nuovo su questo letto per mesi..." Disse stringendolo fra le sue braccia.
Fu allora che notò dei segni sui polsi del più grande, cicatrici che segnavano quella pelle pallida. Yamada gli prese una mano e la passò sulla vecchia ferita, facendogli venire i brividi.
"Come te li sei fatto?" Chiese preoccupato.
"Mi avevano detto che non c'era speranza per la persona che amavo..." Disse, guardando la mano del più piccolo che lo accarezzava gentilmente.
"Hai pensato di ucciderti?" Gli chiese, ma Yuto non rispose, rimase solo fermo in silenzio.
"Cosa gli è successo?" Continuò a chiedere, pentendosi subito di aver fatto quella domanda quando notò lo sguardo ferito del dottore.
"Ha avuto... un incidente stradale..." Disse, sospirando.
"E adesso..." Continuò Yamada, prendendo una pausa per valutare se fare la domanda o meno "...e adesso sta bene?"
Yuto alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi, perdendosi in quell'infinità scura per qualche secondo.
"Tu stai bene?" Chiese.
"Sì" Rispose Yamada un po' sorpreso "Io sto bene..."
Yuto sorrise malinconicamente "Allora sì, sta bene..."
Yamada si prese qualche secondo per comprendere quello che era appena successo e poi afferrò il colletto del dottore, unendo le loro labbra in un bacio appassionato, sempre più profondo ed intenso.
Si staccarono solo quando ebbero bisogno di aria.
"Non mi pare di averti mai rifiutato" Cominciò a dire il più piccolo ansimando "Non mi pare neanche di conoscerti..."
"Mentre studiavo all'università, per permettermi gli studi, lavoravo come commesso ad un negozietto in centro, vicino all'Axton Park, in quel negozio c'era un ragazzo che veniva sempre, era davvero carino, me ne innamorai subito, ma quel ragazzo era felice con il suo fidanzato, io non ero niente in confronto a colui che riusciva a fargli fare quei sorrisi stupendi..." Disse, ricordando quei tempi.
"Rividi poi quel ragazzo di cui ero innamorato quando venne all'ospedale per controllare il suo fidanzato; morto. Pensai di consolarlo, ma qualche giorno dopo lo rividi, su una barella, con il dieci per cento di possibilità di salvezza..." Prese un lungo respiro prima di contuinuare "Sono cinque anni, Yamada Ryosuke, sono cinque lunghi anni che sono totalmente innamorato di te..." Continuò, accarezzando la guancia del più piccolo che ascoltava la storia in silenzio.
"Ma il tuo cuore non mi appartiene, è già occupato totalmente dall'amore per qualcun altro" Concluse, alzandosi dalla sedia per dirigersi fuori dalla stanza.
"E' vero..." Cominciò a dire Yamada, bloccando i suoi passi.
"E' vero che il mio cuore è occupato dall'amore per Kota, ma nel mio cuore c'è posto anche per te!" Disse, lasciandosi uscire delle lacrime.
"Non posso dirti che dimenticherò Yabu, perché questa sarebbe una bugia, l'ho amato con tutto me stesso e sono felice di averlo fatto, ma questo non significa che non ami anche te!" Urlò, piangendo.
"Ti stai confondendo Yama-chan, tu pensi di amarmi, ma non è così..."
"Se permetti decido io cosa provare o no!" Disse, alzandosi dal letto per dirigersi verso l'altro.
"Ti amo Yuto... Non lasciarmi anche tu..."
Quell'ultima frase fece salire i sensi di colpa nel cuore del più grande che lentamente si voltò verso il paziente che gli era troppo vicino. Si baciarono ancora, lentamente e poi sempre più velocemente e disordinatamente. I baci di Yuto si spostarono lungo la mascella, mordendola dolcemente, spostandosi poi al collo, lasciandovi vari segni. Gli tolse il pigiama bianco dell'ospedale, assaporando quel petto e quegli addominali scolpiti che aveva bramato per troppo tempo. Gli tolse i pantaloni dedicandosi alla sua erezione, sentendolo gemere silenziosamente il suo nome.
Mentre lo leccava, con una mano lo preparava, aumentando il piacere del più piccolo che stringeva il lenzuolo bianco.
"Yuto..." sussurrò gemendo appena "Ti voglio..."
Bastarono quelle parole per far spostare l'attenzione di Yuto dal membro dell'altro alla sua bocca, che baciò avidamente mentre lo penetrava, lentamente, consentendogli di abituarsi alla sua presenza.
Cominciò a muoversi, aumentando gradualmente la velocità, finché entrambi non raggiunsero l'orgasmo.
Era la mattina di San Valentino, Yamda no doveva lavorare, ma si era comunque svegliato presto. Doveva fare una cosa molto importante. Si diresse in bagno, osservando il suo riflesso. Sulla sua fronte c'era ancora la cicatrice dell'incidente, Yuto gli aveva detto che non se ne sarebbe andata, ma andava bene così, gli ricordava la sofferenza che aveva dovuto passare per essere felice.
Salutò la foto di Yabu sul comò mentre sceglieva i vestiti da mettere, chiedendo aiuto all'ex ragazzo che, ovviamente, non gli avrebbe dato consiglio. Scese in cucina dove si legò un grembiule in vita e cominciò a tagliare i pezzi di cioccolata, per realizzare quel dolce destinato alla sua persona speciale. Mise a sciogliere il tutto in un pentolino dove affondò le fragole, realizzando il suo speciale dolce di San Valentino. Aspettò tre ore che la cioccolata si indurisse sperando di vedere apparire il suo fidanzato dalla porta, già troppo in ritardo.
Cominciò a preoccuparsi. Il tutto era uguale, troppo uguale a quel San Valentino di qualche anno prima. Alzò la cornetta del telefono digitando il numero di cellulare di Yuto. Uno squillo, 2, 3, 4... nessuna risposta. Chiamò nuovamente, ma ancora niente.
"Yuto..." Sussurrò, cominciando a farsi prendere dal panico. Guardò fuori la finestra, osservando la pioggia intensa che si abbatteva al suolo, facendo un caos assurdo.
"Dove sei..." Continuò a dire. Si avvincinò al telefono per ricomporre il numero del ragazzo, ma mentre ci si avvicinò urtò le fragole che caddero a terra, facendo rompere la cioccolata.
Yamada scivolò lungo lo scaffale della cucina, cominciando a piangere. Non voleva soffrire, non ora, non di nuovo.
Si stava abbandonando hai singhiozzi quando la porta della casa si aprì, facendo entrare uno Yuto Nakajima completamente bagnato e con quattro scatoloni in mano.
"Scusami, c'era traffico, quindi ho tardato un p-" Non fece in tempo a finire la frase che appena posò le scatole si ritrovò la figura minuta fra le braccia.
"DOVE HAI IL TELEFONO!! PENSAVO TI FOSSE SUCCESSO QUALCOSA!" Urlò, colpendo il petto del più alto con i pugni, mentre continuava a piangere.
"Mi dispiace, penso sia finito in qualche scatola e non l'ho sentito..." Si scusò, accarezzando la testa del fidanzato.
"Non farmi mai più preoccupare!" Gli disse, dopo essersi calmato.
"Non preoccuparti! Io tornerò sempre da te, per sempre..."
La felicità che Yamada aveva trovato si basava sicuramente sulla tristezza del passato, ma la sola presenza della persona che amava era sufficiente a farlo andare avanti, facendogli guardare il futuro con un sorriso.