[Originale] Void- Soul 2: Rise and Fall

Jun 12, 2009 16:11

Titolo: Void
Titolo del Capitolo: Soul 2- Rise and Fall
Fandom: Originale
Personaggi: Toga Shiraishi, Goni Onoe, vari personaggi secondari
Pairing: Nessuno per ora
Parte: 3/?
Rating: NC-17
Rating del Capitolo: PG-13
Conteggio Parole: 2076
Riassunto: "Toga fece un respiro profondo; l’odore di cloro e disinfettante gli penetrò affondo nelle narici e nei polmoni: lo assaporò sulla lingua, trattenendo il fiato per qualche istante.
Poi si tuffò."
Disclaimer: Tutto ciò appartiene alla sottoscritta e alla mia mente perversa. Grazie.
Avvertenze: La pubblicazione di questo racconto in altra sede, senza il consenso dell'autrice, è assolutamente vietata.
Note:
1. Secondo capitolo della mia prima fiction originale. Spero vi incuriosisca abbastanza da continuare a leggere xD. Un grazie a chi ha letto e commentato i precedenti capitoli. ^_^ Vi amo
2. Il titolo è ancora provvisorio, non mi convince a 100%, ma per ora è il meglio che ho xD.
3. Sono presenti situazioni violente che potrebbero disturbare qualcuno. Nulla di tremendo, ma meglio avvertire prima, no? In questo capitolo è presente un pò di linguaggio colorito.
4. I Commenti Sono Sempre Amore. Quindi, per favore, perdeteci 5 secondi se leggete xD.

Prologo- Soul 0
Soul 1- Broken Mirror



I - Breathing One More Time
Toga fece un respiro profondo; l’odore di cloro e disinfettante gli penetrò affondo nelle narici e nei polmoni: lo assaporò sulla lingua, trattenendo il fiato per qualche istante.
Poi si tuffò.
L’acqua fredda della piscina lo avvolse, accarezzandogli la pelle; riemerse e si godette la sensazione.
L’acqua gli colava sul viso, i capelli bagnati gli coprivano gli occhi: fece un altro respiro profondo e cominciò a nuotare.
Nuotare era sempre stata la sua passione: prima dell’incidente era stato nella squadra di nuoto, aveva vinto gare, partecipato ai campionati nazionali; aveva smesso dopo la morte dei suoi genitori e non aveva tenuto nessuna delle medaglie che aveva vinto.
Ma nuotare lo faceva sentire vivo, lo faceva sentire ancora umano, quando il desiderio di vendetta ed il dolore gli facevano dimenticare tutto il resto, così aveva continuato a farlo.
Andava in piscina ogni sabato mattina; sua zia conosceva il custode, che gli aveva dato il permesso di usarla per un’oretta anche se avrebbe dovuto essere chiusa.
Chiuse gli occhi e rimase a galleggiare nell’acqua, godendosi la pace e il silenzio.
- Il costume da bagno ti dona, sai Tocchi?-
Si voltò di scatto verso le grosse finestre che illuminavano il lato destro della piscina, vicino alla corsia dove si trovava lui.
Goni se ne stava appoggiata ad una di esse; indossava un tailleur nero e scarpe col tacco, i capelli neri erano sciolti sulle spalle, sorridente e perfetta come sempre, forse troppo.
- Che ci fai qui?-
Senza volerlo, arrossì: vedere Goni era, la maggior parte delle volte, un’attività che gli era abbastanza fastidiosa, vederla mentre era mezzo nudo era a dir poco orribile.
- Solo un salutino veloce, Tocchi! Oh, sei così carino tutto rosso ed imbarazzato! Viene voglia di abbracciarti fino a farti soffocare!-
Decise che uscire dall’acqua sarebbe stato peggio, così si limitò ad appoggiarsi al bordo.
- Piantala con queste cazzate e dimmi perché sei qui!-
Il sorriso di Goni si allargò.
- Ok, Tocchi! Certo che parlare con te non è affatto divertente!-
Ebbe per un attimo l’impulso di uscire dall’acqua e gettarla in piscina, ma qualcosa, non seppe dire precisamente cosa, gli fece intuire che non poteva.
Goni sembrava quasi… incorporea. Un velo appoggiato alla finestra.
- Non sei davvero qui, vero?-
Gli occhi di Goni si allargarono appena per la sorpresa.
Battè le mani, quasi fosse felice e stupita al tempo stesso dalla realizzazione di Toga.
- Ma che bravo, Toga! Ogni giorno un nuovo progresso, sono così fiera di te!-
- Se non sei qui, dove sei?-
- Lontano da Tokyo, ho… degli affari da sbrigare. Quindi mi servi a lavoro oggi!-
Toga sorrise malignamente.
- E’ da considerarsi uno straordinario, Goni. Voglio il doppio per oggi. -
Goni sembrò genuinamente stupita da quel repentino scambio di ruoli; di solito era lei a tenere le redini; tentò di ribattere, ma Toga fu irremovibile.
- Il doppio o niente, Goni. Non sprecherò il sabato senza avere nulla in cambio e tu non vuoi che quelle povere anime continuino a vagare, senza nessuno che le raccolga, vero? -
- Sei un piccolo bastardo, Toga!-
- Ho avuto un’ottima maestra. -
Goni rise, la sua risata irreale riempì la piscina; si chiese se qualcuno oltre a lui potesse sentirla.
- E va bene. La lista è sul tuo cellulare. Mi aspetto un lavoro coi fiocchi, visto quanto mi costi!-
Lo disse divertita ed un genuino sorriso fece capolino, per un attimo, anche sul viso di Toga.
- Contaci. -
Goni scomparve, così com’era apparsa.

Rimase in piscina ancora per una mezz’ora, assaporando i suoi ultimi momenti di libertà per quella giornata e riflettendo su quanto era accaduto: era la prima volta, in due anni, che aveva una percezione così limpida e precisa dei poteri di Goni.
La donna poteva sembrare frivola e inaffidabile, ma, dietro quella maschera, Toga riusciva a percepire un potere tutt’altro che trascurabile.
Non sapeva quasi niente di lei, niente che potesse davvero aiutarlo ad inquadrare la donna o a capire di più su di lei, ma la cosa che più lo sorprese, fu di non essere affatto spaventato o preoccupato da questa ignoranza.
Gli sembrava che fosse il modo giusto di gestire il loro complicato rapporto d’affari: Toga accettava Goni come capo e Goni lo rispettava come uno dei suoi collaboratori migliori.
A volte aveva avuto la tentazione di chiedere a Goni quante altre persone come lui ci fossero, ma il desiderio di sentirsi speciale e “diverso” era stato più forte.
Toga non voleva essere come gli altri ed la consapevolezza di non esserlo lo faceva sentire bene.
Troppo per rinunciarvi.

La piscina era piuttosto distante dalla pensione, per questo Toga, per andare e tornare, prendeva l’autobus.
Mentre lo aspettava, diede un’occhiata alla lista: vi erano segnati 6 nomi, meno del solito, ma, purtroppo, gli indirizzi erano molto lontani gli uni dagli altri.
Mentalmente ricordò che aveva ancora 10 colpi per Malcom e, visto che Goni non c’era, avrebbe dovuto farseli bastare.
L’ipod, che portava sempre con sé, gli riversava nelle orecchie musica ad alto volume, così non si accorse che qualcuno lo stava chiamando.
Quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla, scattò all’indietro, sulla difensiva: il ricordo del passato non alimentava solo il suo desiderio di vendetta, ma anche, forse soprattutto, la sua paranoia.
Si rilassò quando vide che era solo Yukino Fujikawa; insieme a lei c’era un ragazzo che non conosceva, o semplicemente non ricordava, ma che si preoccupava di tenerle un braccio stretto attorno alle spalle, quasi vedesse in Toga una minaccia.
Gli venne da ridere, ma si trattenne.
- Shiraishi-kun! Che combinazione incontrarti!-
Yukino aveva il suo solito ed eterno sorriso stampato in faccia; Toga non sapeva cosa dire, quindi restò in silenzio.
- Matsuda-kun e io stavamo andando a fare una passeggiata, tu cosa fai qui?-
- Niente d’importante. -
Cercò di essere il più vago possibile, sperando che i due se ne andassero.
- Vai dalla tua ragazza, Shiraishi?-
Rivolse la sua attenzione a Matsuda, che gli rivolse un sorriso complice, mentre Yukino abbassava lo sguardo.
- Ci conosciamo?-
Matsuda strinse un po’ più forte la presa sulla spalla di Yukino.
- Siamo nella stessa classe, sono seduto dietro di te. -
- Oh. Non ti ho mai notato. -
Il ragazzo si morse il labbro, cercando di trattenere la rabbia, mentre Yukino spostava lo sguardo dall’uno all’altro.
L’autobus arrivò in quel momento; Toga salì senza rivolgere un’altra parola o un ultimo sguardo ai due.
- Oh! Shiraishi-kun!-
Yukino cercò di attirare la sua attenzione, senza riuscirci.
- Quel bastardo! Gioca col fuoco. -
La voce di Matsuda era minacciosa e arrabbiata.
- Matsuda-kun, andiamo, su!-
Yukino riuscì a di distrarlo, almeno per il momento, e sperò che la faccenda non avesse nessun seguito.
Sull’autobus, Toga cercò di ricordare se aveva mai parlato con quel Matsuda, ma non riuscì proprio a focalizzare l’immagine del ragazzo o di nessuno dei suoi compagni di classe; se Yukino Fujikawa non fosse stata così dannatamente irritante ed onnipresente, avrebbe dimenticato anche lei.
Sorrise a sé stesso.
L’unica persona di cui aveva bisogno.

II- Last Bullet
Toga entrò nella propria stanza e sospirò, appoggiandosi alla porta; lasciò cadere il borsone che aveva portato con sé in piscina e si massaggiò le tempie.
Una settimana di lavoro era già abbastanza stressante e il pensiero di dover passare anche il sabato pomeriggio a correre da una parte all’altra di Tokyo non lo confortava affatto.
Visto che, secondo lui, aveva abbastanza tempo per fare tutto, decise che sarebbe uscito subito dopo pranzo; intanto andò a farsi una doccia.
L’acqua tiepida gli accarezzava la pelle, i capelli neri gli si appiccicavano agli occhi chiusi, mentre l’acqua continuava a scorrere, lenta, serena, incurante del mondo circostante.
Appoggiò la fronte contro le piastrelle della doccia, fredde contro la sua pelle, gli occhi stretti, come se non volessero vedere altro che il buio.
Sentì un dolore sordo salirgli nel petto, caldo e doloroso come il pianto disperato al quale non si era mai abbandonato.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma le ricacciò indietro con uno sforzo di volontà.
Non avrebbe pianto.
Non era il momento di piangere; la vendetta lo attendeva e solo allora, forse, questo terribile dolore che aveva nel petto sarebbe finalmente scomparso.
O, per lo meno, avrebbe finalmente pianto tutte le lacrime che aveva sempre ingoiato.

Dopo pranzo, Toga disse alla zia Satchiko che sarebbe rimasto in biblioteca tutto il pomeriggio per delle ricerche e di non preoccuparsi se avesse fatto tardi.
- Non studierai troppo, caro? Hai ottimi voti, potresti riposarti ogni tanto!-
Si sforzò di sorriderle.
- Oggi devo proprio uscire zia, non preoccuparti. -
Era un pomeriggio caldo, la primavera era appena esplosa in tutto il suo vigore e le strade erano piene di gente, quasi tutte coppie e famiglie, che avevano deciso di concedersi una giornata di svago.
Scivolò tra tutte quelle persone come un’ombra, silenzioso e guardingo come sempre, il fedele Malcom nel borsone, pronto ad entrare in azione.
Si diresse verso la metropolitana e verso la propria “vittima numero 1”.

Le anime antiche sono le più facili da colpire: dopo qualche anno la coscienza di sé comincia a svanire e le reazioni al pericolo diventano quasi nulle; basta puntare e fare fuoco.
Se anche l’anima di accorgesse dell’arma, non avrebbe “fisicamente” la prontezza di riflessi per spostarsi.
Il discorso era completamente diverso per i morti recenti, specialmente quelli apparentemente stronzi ed agili come Shinji Hirota, stupratore e assassino.
Toga si aggirava per i vicoli di Bunkyo, protetto dall’invisibilità dell’incantesimo di Goni: le case tutte uguali lo confondevano e rischiava di perdere di vista, di nuovo, Shinji; quel bastardo gli era già sfuggito due volte ed ignorava quanti proiettili avesse ancora.
Shinji era l’ultimo della lista: voleva tornare a casa, dormire e maledire Goni fino allo sfinimento.
Ne aveva abbastanza di correre dietro ai fantasmi.
Avvistò di nuovo Shinji e gli sparò, ma il bastardo si spostò appena in tempo, rifugiandosi nei giardini Koishikawa.
Gli corse dietro, sudato e stanco; il borsone era pesante e, data la stanchezza, lo rallentava. Si stava facendo buio e se lo avesse perso nei giardini non lo avrebbe mai più ritrovato.
Maledisse i morti recenti e si addentrò nei giardini.
A quell’ora, quella zona del parco era deserta.
Si guardò intorno e vide Shinji appoggiato ad un albero, fluttuante ed incorporeo.
- Smetti di scappare, figlio di puttana!-
L’anima di Shinji Hirota gli rivolse un sorriso storto e maligno.
Premette il grilletto, ma il percussore scattò a vuoto.
- Merda!!-
Non aveva più proiettili!
Non poteva chiamare Goni, non poteva abbattere Shinji, e il bastardo continuava a guardarlo con uno strano sguardo che gli fece venire i brividi.
Arretrò di un passo, ma inciampò su una radice, cadendo per terra.
La fredda risata di Shinji lo fece incazzare ancora di più; si chiese se picchiarlo “a sangue” con Malcom sarebbe servito a qualcosa.
Invece di fuggire, Shinji gli si avvicinò, mentre Toga, ancora seduto tra le foglie, pensava a cosa fare.
- Sai, se fossi ancora vivo, tu saresti proprio il mio tipo! Sarebbe fantastico violentarti e poi farti a pezzi. -
- Fottuto pervertito! Andrai all’inferno come meriti!-
- E come mi ci manderai? Mi hanno parlato di quelli come te e di te, soprattutto. Senza proiettili non puoi farmi un cazzo, ragazzino. Chissà se io posso fare qualcosa a te invece!-
Teneva ancora stretto Malcom, anche se gli era completamente inutile in quel momento; non aveva mai sbagliato, né si era mai trovato così vicino ad un fantasma.
Si chiese anche lui se avrebbe potuto fargli del male.
Non ebbe mai la risposta.
Qualcosa saettò nell’ombra, attraversando l’anima di Shinji.
Tutto si fermò, proprio come quando i proiettili di Malcom colpivano l’anima.
Shinji resto completamente immobile per alcuni istanti.
- Me…rda…-
L’anima si rimpicciolì, fino a diventare una specie di biglia azzurra e luminescente, che restava a mezz’aria, senza cadere.
Toga scattò in piedi, pronto a difendersi da qualsiasi cosa fosse uscita dall’oscurità da cui era venuto il colpo, ma l’unica cosa che sentì fu una voce.
- Chissà se io ero il suo tipo. -
Un ragazzo sorridente gli venne incontro.
Si avvicinò alla luce lampione, che illuminò i suoi capelli castano chiaro e i suoi occhi verdi.
Aveva ancora in mano una spada scintillante.

Continua...

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