Titolo: Era estate, pioveva
Fandom: La Torre Nera
Personaggi: Roland di Gilead, il suo ka-tet
Beta:
ellepi Genere: introspettivo, angst (ma solo un po’)
Warnings: lieve accenno a rapporti omosessuali
Rating: verde
Wordcount: 1156
Note: scritta per la
Criticombola di
Criticoni con il prompt 80 - Era estate, pioveva, più un prompt datomi dalla mia
ellepi : Roland, flashfic, tabacco. Non è una flashfic, ma Elli me l’ha abbuonata lo stesso XD tanto meglio.
Riassunto: Nel tempo di una sigaretta, Roland pensa al suo Ka-tet.
Una pioggerellina fine scendeva ormai da ore tanto da obbligarli a trovare un riparo per la notte se non volevano ritrovarsi fradici.
Era estate e la stagione delle piogge era arrivata con ferrea precisione, sorprendendoli ancora in cammino per la Torre Nera.
Il tempo, lì, era infido; la pioggia perdurava per giorni e giorni senza dar tregua, soggiogando anche la volontà più ferrea.
Roland di Gilead lo sapeva. Era per questo che, avvistata una grotta, aveva guidato il gruppo appena fuori la Via del Vettore per ripararsi.
Erano riusciti ad accendere un fuoco d’emergenza per scaldarsi almeno un po’, spogliandosi degli abiti bagnati e coricandosi subito, stremati e infreddoliti. Jake si era arricciato accanto a lui, sotto la coperta, con Oy accucciato lì vicino. Eddie si era stretto tra le braccia Susannah e li aveva avvolti nella coperta, posandole un bacio sulle labbra e accarezzandole il seno.
Roland non poteva vederlo ma sapeva che era andata così. Conosceva abbastanza Eddie da anticipare ogni sua mossa o pensiero, e conosceva bene la risatina maliziosa di Susannah. La stessa che aveva sentito innumerevoli volte mentre facevano l’amore, convinti che anche lui fosse addormentato, come Jake.
La sua mano andò per istinto al sacchetto del tabacco, incontrandone però solo una manciata. Fece una smorfia di disapprovazione mentre l’ammucchiava nella cartina. Non sarebbe stata una sigaretta soddisfacente.
Pensò che avrebbe dovuto procurarsene dell’altro il prima possibile mentre accendeva e inspirava la prima boccata. Guardò il tabacco bruciare più intensamente mentre aspirava ancora e rilasciare poi un sottile filo di fumo.
Espirò ad occhi chiusi, ascoltando il lento respirare dei suoi compagni di viaggio. Jake mugolò e gli si strinse di più addosso, facendogli allontanare la sigaretta per non infastidirlo. Eddie e Susannah erano stati così seri e sicuri - adulti - che non se la sentiva di riproporre al piccolo un tiro.
Tirò un'altra boccata di tabacco e sbuffò il fumo verso l’alto, mentre lì accanto sentiva Eddie muoversi e stringersi a Susannah, che mugolò in risposta e lo strinse a sé.
Susannah sapeva sempre cosa fare e soprattutto come farla per bene. Era una donna dall’istinto del grande pistolero. Prima agire e poi pensare; lasciare che il corpo reagisca di conseguenza, più veloce della mente. Si lasciava guidare dal cuore e dall’istinto, come le aveva insegnato lui stesso, sia nella vita privata che durante le sparatorie. Ma dopotutto Roland lo sapeva meglio di chiunque altro: pistoleri lo si è per la vita e in qualunque sua sfaccettatura. E Susannah aveva tutte le carte in regola per diventare un ottimo pistolero. Ce l’aveva nel cuore.
Roland sospirò fissando senza realmente vederla la pioggia che continuava a scendere imperterrita, dando alla natura un aspetto ovattato, fatto di contorni imprecisi e sfocati.
Eddie si agitava spesso durante la notte e sembrava non ci fosse altro modo per calmarlo che tenerlo stretto contro il proprio petto. L’aveva sperimentato lui stesso mesi e mesi prima, quando Susannah ancora non esisteva, quando non esistevano neanche Odetta e Detta, prima ancora di incontrare la Regina delle Ombre. Aveva imparato a calmarlo senza che lui neanche se ne rendesse conto, accogliendolo tra le sue braccia mentre era profondamente addormentato, ragionando che probabilmente era un qualcosa che aveva fatto anche Henry prima di lui, prima della Scimmia in groppa che lo aveva schiacciato.
Di solito Roland in quei momenti si accendeva una sigaretta e rimaneva fermo contro di lui a fumare, sentendolo respirare quietamente e chiedendosi come potesse quel suono rilassarlo così tanto.
La verità era che lo sapeva, lo aveva sempre saputo.
La verità era che anche il semplice stare accanto a Eddie in quei momenti, lo riportava ad altre notti passate in compagnia dell’unico uomo a cui si fosse mai legato. Cuthbert sembrava rivivere in quel giovane ragazzo proveniente da quello sconosciuto mondo chiamato New York, dove i pistoleri erano assopiti sotto strati di pigrizia e lardo, dove zucchero e carta abbondavano come lui non avrebbe mai creduto possibile, dove esistevano medicine miracolose come il Cheflet.
Aspirò di nuovo da quella che sarebbe stata la sua ultima sigaretta per molto tempo e si godette il sapore del tabacco scendere per la sua gola e aprirgli i polmoni, espirando poi con calma.
La pioggia continuava a battere incessante e rendeva quella notte più buia di quanto non fosse. L’aria fredda penetrava sotto la pelle e si attaccava alle ossa e ai muscoli, rendendoli doloranti e rigidi.
Ravvivò le fiammelle del bivacco e rimboccò la coperta attorno al corpo acerbo di Jake. Lui mugolò e gli afferrò la camicia in un pugno, stringendosi ancora un po’ contro il pistolero. Roland sorrise come poté con la sigaretta stretta tra le labbra e gli passò la mano tra i capelli ancora umidi di pioggia, liberandogli la fronte. Quel bambino gli aveva rubato il cuore e lui non poteva che esserne più felice e addolorato al tempo stesso. Sapeva di essere l’unica ragione di vita per Jake e che Jake era l’unica ragione per cui lui non aveva perso il senno. Perché Jake era forte e coraggioso e aveva affrontato l’impossibile pur di ricongiungersi a lui, nonostante Roland l’avesse già sacrificato una volta per la Torre.
La sigaretta continuò ad accorciarsi, trasformandosi in sottili strisce di fumo e cenere, e Roland di Gilead a ripensare alla sua vita, passata e presente.
Di tutto quello che aveva fatto solo la Torre aveva importanza. La Torre Nera era lo scopo ultimo della sua intera esistenza, del suo legame con tre pistoleri stranieri e un bimbolo.
Si chiese se il suo Ka-teh avesse mai potuto esistere al di fuori della Torre e si rispose che non gli interessava realmente, perché se vista dalla prospettiva della Torre, anche la morte di Alain e Cuthbert era accettabile.
Gli ultimi tiri della sigaretta sembrarono più brevi di tutti gli altri, come se quella volesse finire e lasciarlo senza null’altro con cui rilassarsi, senza null’altro dietro cui nascondersi.
Uno starnuto lo fece voltare e vedere Oy che scuoteva la testolina e starnutire di nuovo.
Gli venne da ridere.
Eccolo lì l’ultimo tassello del suo ka: un bimbolo ancora capace di relazionarsi a gli esseri umani, ancora capace di parlare.
Oy inclinò la testa di lato, fissandolo curioso con i suoi occhi cerchiati d’oro, facendolo sorridere per quanto sembrasse - per quanto fosse - intelligente. Coraggioso e leale come non credeva più possibile dalla notte dei tempi, da quando il mondo era andato avanti. Eppure lo aveva visto con i suoi occhi lanciarsi nel pericolo senza alcun timore, pur di salvare Jake, il suo adorato padroncino.
Roland guardò per l’ultima volta il mozzicone tra le dita della sua mano sana e poi lo gettò, seguendone la scia rossa tra la vegetazione. Si stese con il bambino accanto a lui, pronto finalmente per riposarsi; Oy uggiolò e chiuse gli occhi, poggiando la testa sulle zampe.
Fuori la grotta il lumicino della sigaretta si spegneva sotto l’attacco battente della pioggia.