Title: ‘Only just begun, it's been fun (We were blind, deaf and dumb)’
Author:
jen_jmBeta: nessuno
Pairing: Zlatan Ibrahimović/Gerard Piqué
Rating: PG-13
Category: slash
Word count: circa 700
Warnings: linguaggio, angst
Disclaimer: se mi appartenessero-- meglio che non finisca questa frase. Non sono miei.
Author’s Notes: titolo preso in prestito agli Alkaline Trio - Scritta per il prompt 40. Angst della Maritombola di
maridichallengeSummary: “Te ne vai davvero?”
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“Te ne vai davvero?”
La voce di Gerard è quasi un sussurro ma Zlatan la sente fin troppo bene nella stanza silenziosa. Sono rimasti solo loro due e sinceramente non si sarebbe aspettato che proprio lui trovasse il coraggio di fronteggiarlo così a caldo, ma forse avrebbe dovuto.
“Non ho voglia di parlarne ora,” gli risponde senza guardarlo, fingendo di cercare qualcosa nell’armadio.
“Io sì,” insiste Gerard e lo raggiunge in pochi passi, bloccandosi però non appena gli arriva davanti. Non sa nemmeno lui se vuole colpirlo o mettersi a piangere, vuole solamente che Zlatan si volti a guardarlo negli occhi. E quando lo fa, Gerard capisce che no, non lo vuole colpire. “Perché?”
“Anche se te lo dicessi non potresti cambiare le cose.” Zlatan vede la delusione negli occhi del ragazzo al tono secco e distaccato della sua risposta, e spera di averlo ferito abbastanza da mandarlo via. “E non ho voglia di parlarne, comunque.”
“Cazzo, Zlatan, piantala con queste puttanate,” scoppia Gerard piantandogli le mani sul petto con l’intenzione di spingerlo indietro, ma tutto quello che ottiene è che lui gli afferri i polsi con forza.
“Smetti di fare la ragazzina,” sbotta Zlatan, ma non lascia la presa nemmeno quando si rende conto che gli sta facendo male. “Non sono affari tuoi quello che faccio.”
“Sei un bastardo,” mormora Gerard con gli occhi quasi lucidi. “Sono diventati affari miei quando hai deciso di trascinarmi in questo casino, di scoparmi una notte sì e l’altra anche.”
“Allora non avresti dovuto lasciarti scopare,” risponde l’altro con freddezza, e lo lascia andare di scatto. “Va’ via.”
Gerard lo guarda incredulo e cerca di dire qualcosa, poi scuote appena il capo e si volta per non lasciargli intravedere le lacrime pronte a scendere. Non vuole dargli la soddisfazione di vederlo piangere, non vuole fargli capire quanto quella sua decisione e quel suo atteggiamento lo abbiano ferito. Non vuole fargli sapere quanto tenga davvero a lui; eppure una parte di lui lo vuole, evidentemente, perché si volta immediatamente a fronteggiarlo invece di dirigersi verso la porta come sa che dovrebbe fare.
“Perché te ne vai?” Questa volta il suo tono è più pacato, ma in qualche modo più deciso, e per la prima volta da quando è entrato nella stanza, Zlatan evita il suo sguardo. Il silenzio che segue non può essere più lungo di pochi secondi, eppure Gerard si sente come se fosse lì in attesa di una sua risposta da mesi. E forse, in qualche modo, è così. “Non me ne frega niente se non hai voglia di parlarne, Zlatan, ho diritto a delle cazzo di risposte.”
“No che non ne hai diritto,” sbotta Zlatan senza alzare lo sguardo dal borsone mezzo pieno appoggiato sul letto. “E se davvero le vuoi, vai a chiederle al vostro amato allenatore.”
“Non mi interessa cosa dice lui, voglio sapere la verità e la voglio sapere da te,” insiste Gerard, facendo qualche passo deciso nella sua direzione.
“La verità è che se rimango io, se ne va lui,” ammette Zlatan rassegnato e furioso, e finalmente incontra il suo sguardo.
“Lascia che se ne vada,” mormora Gerard, sentendo lo stomaco farsi pesante come un blocco di cemento rinforzato.
“Credi che non sia quello che voglio anch’io?” Zlatan gli si pianta di fronte e i pochi centimetri che rimangono a separarli sembrano anche troppi in quel momento. “La società non è disposta a perdere lui per tenere me. E non posso dare loro torto, non ho niente qui.”
“Hai me,” protesta Gerard, posandogli una mano sul braccio, solo per trovarsela respinta un attimo dopo.
Zlatan afferra il borsone senza nemmeno premurarsi di chiuderlo e quando si volta, esita solo per un attimo. Con un gesto quasi tenero appoggia le labbra contro la fronte di Gerard, che gli afferra la maglietta con una mano e serra gli occhi. “Non sei abbastanza,” mormora piano, lasciando che quelle parole scivolino tra di loro come una lama. “Scusami.”
Gerard riapre gli occhi solo quando sente la porta della camera chiudersi dietro a Zlatan e fa del suo meglio per bloccare le lacrime che gli appannano la vista. Quando vede la maglia di Zlatan abbandonata sul letto senza cura, capisce che non ha speranza di riuscirci.
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A/N: sì, è semplicemente un atto di crudeltà gratuita fine a se stesso. E che fa male solo a me, probabilmente. *cade* Chissà, magari scopro di non essere sola al mondo nell’amarli tanto insieme. <3