Title: ‘You’re the finest thing that I’ve done (The hurricane I’ll never outrun)’
Author:
jen_jmBeta:
lisachanoandoPairing: (past) Mario Balotelli/Davide Santon, (established) Mario Balotelli/Marko Arnautović
Rating: R/NC-17
Category: slash
Word count: circa 1,000
Warnings: pr0n, angst, future!fic (ma speriamo anche di no XD)
Disclaimer: se mi appartenessero-- meglio che non finisca questa frase. Non sono miei, punto.
Author’s Notes: il titolo viene da Hurricane dei The Hush Sound.
Scritta per il p0rn fest @
fanfic_italia con il prompt RPF Calcio (Inter FC), Davide Santon/Mario Balotelli, ritorno
Summary: "Speravo che Deki si sbagliasse su di voi,” ammette con un filo di voce, facendo un passo in avanti. “Dimmi che si sbaglia.”
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Mario è ancora sveglio quando il suo cellulare vibra sul comodino, annunciandogli l’arrivo di un sms. Lo prende in mano lanciando un’occhiata all’ora, sorpreso di scoprire che il messaggio viene da un numero non inserito in rubrica, ma che lui conosce fin troppo bene.
‘Vieni ad aprire’ È tutto ciò che c’è scritto e Mario esita per diversi secondi, sentendo lo stomaco contorcersi alla realizzazione che lui è lì a casa sua, fuori dalla sua porta.
La sensazione aumenta quando si volta a guardare il ragazzo addormentato al suo fianco nel letto e la sua espressione rilassata e serena lo fa già sentire in colpa. Nonostante ciò si alza, cercando di fare piano per non svegliarlo, e si chiude la porta della camera da letto alle spalle. Quando raggiunge quella di ingresso, guarda nello spioncino e fa un profondo respiro prima di aprire.
“Ehi,” mormora Davide a mo’ di saluto, spostando il peso da una gamba all’altra. A Mario non serve notare quel particolare per capire che è nervoso, agitato, glielo legge in faccia come ha sempre fatto.
“Sono le tre del mattino,” risponde lapidario il ragazzo, ma non riesce ad infondere quella venatura di fastidio che vorrebbe far risultare nella sua voce. “Che ci fai qui?”
“Posso entrare?” chiede Davide facendo un passo verso di lui, ma si blocca quando l’altro non si sposta.
“No,” risponde lanciando un’occhiata verso il corridoio. “Marko sta dormendo.”
“Oh.” Davide abbassa lo sguardo per pochi secondi, poi lo guarda di nuovo, incerto e un po’ pentito. A quell’espressione Mario sente il cuore stringersi e non può fare a meno di rimangiarsi quel divieto - come ha sempre fatto, quello non è cambiato tra di loro, Davide chiede e Mario non può far altro che dare - e fare un passo di lato per lasciarlo entrare.
Rimangono comunque nella piccola anticamera, davanti alla porta ora chiusa, uno in pigiama e l’altro con appena jeans e maglietta, nonostante ottobre sia quasi finito. “Perché sei qui?”
“Mi hanno offerto di tornare,” informa Davide, esitando solo un secondo.
“Perché sei qui?” Lo ripete, come se quella risposta non fosse sufficiente. E non lo è, non dopo quello che è successo tra di loro. Non dopo che, tre anni prima, Davide se n’è andato senza guardarsi indietro; per ambizione o per paura, Mario non l’ha mai saputo, ma ora crede di intuirlo.
“Speravo che Deki si sbagliasse su di voi,” ammette lui con un filo di voce, facendo un passo in avanti. “Dimmi che si sbaglia.”
“Perché dovrebbe fregartene qualcosa?” sbotta Mario irritato, appoggiando la spalla al muro. “E lascia Marko fuori da questa storia.”
Davide accetta quella reazione e quel risentimento in silenzio, con un piccolo cenno d’assenso che lo fa sembrare quasi il ragazzino che lui conosceva bene. Vorrebbe cacciarlo fuori, mandarlo al diavolo e dirgli che è tardi, che non gliene frega nulla se lui vuole tornare. Invece rimane zitto, con il cuore che gli brucia nel petto anche quando incontra ancora il suo sguardo e Davide lo bacia. Ed è esattamente come lo ricordava, solo più amaro.
Sente il muro contro entrambe le spalle adesso e non fa nulla per respingerlo, nemmeno quando si ricorda che Marko - quello che adesso è il suo ragazzo e che lui ama, porco cazzo - è in camera da letto e potrebbe uscire da un momento all’altro. Cerca di convincersi a spingere via Davide, ma la sensazione di averlo di nuovo tra le braccia è stupenda e atroce allo stesso tempo. C’è qualcosa nel suo petto che si sta spezzando, qualcosa che ha impiegato tre anni a rimettere insieme e non è solamente il suo cuore; è una parte di lui, quella che a Marko non apparterrà mai, ma che Davide non ha più il diritto di reclamare.
“Dade.” Il soprannome gli sfugge dalle labbra quando lui inizia ad accarezzarlo tra le gambe, ed è troppo facile lasciarsi andare a quel tocco così familiare. E Mario lo fa, ricambia con la stessa frenesia, con gli occhi e le labbra serrati dal senso di colpa che gli sta lacerando le viscere lentamente, ma non abbastanza perché riesca a fermarsi.
Ed è anche il primo a venire, con ancora i pantaloni al loro posto, perché sa che sentirlo sulla pelle sarebbe troppo, sarebbe crudele, e si sta già facendo del male a sufficienza. Davide viene schiacciandosi contro di lui, con il viso sepolto nel suo collo per nascondere le lacrime. Mario le sente comunque sulla pelle e lo stringe a sé, ma non riesce a dire nulla.
“Voglio tornare,” mormora Davide dopo diversi secondi di silenzio. “Lasciami tornare.”
“E’ tardi, Dade,” risponde Mario, rompendo quell’abbraccio in modo un po’ troppo brusco ed è forse l’unica cosa giusta che ha fatto finora. “Va’ via.”
Davide trattiene il fiato a quelle parole e si asciuga frettolosamente le guance, cercando di ritrovare un minimo di contegno. Socchiude le labbra per dire qualcosa, ma si ferma quando Mario apre la porta e distoglie lo sguardo, determinato a non guardarlo. Davide se ne va senza una parola, lasciandosi dietro il profumo dell’acqua di colonia che Mario ricorda perfettamente. Non appena chiude la porta, si dirige in bagno e si infila nella doccia, deciso a non lasciare nessuna traccia evidente di quello che è appena successo.
Si trova un pigiama pulito e torna a letto, sollevato nel ritrovare Marko nella stessa posizione in cui l’ha lasciato; quando è sotto le coperte gli si avvicina e gli bacia la spalla nuda, sentendo gli occhi bruciargli un po’ mentre preme le labbra contro quella pelle dal sapore così diverso del quale però sa di non poter fare a meno. Il ragazzo apre appena gli occhi e sbatte le palpebre confuso, cercando il suo sguardo nella camera buia.
“Ti amo,” gli mormora Mario all’orecchio prima che lui abbia la possibilità di chiedere cosa c’è che non va. Marko gli sorride e si volta sul fianco, accoccolandosi contro di lui con la testa sulla sua spalla, e Mario può quasi credere che non sia cambiato niente.
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A/N: tutta questa storia è ispirata da Hurricane dei The Hush Sound. Qui trovate
il testo e qui
la canzone <3