[Slam Dunk] Our life is gonna change (26)

Feb 01, 2015 17:19

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"Hana?"

"Nh?"

"Posso?"

"Nh!"

Ayako era andata a trovare il cugino nella dependance: non si era fatto vedere molto in casa e l'aveva visto strano, per cui doveva indagare. Sicuramente doveva essere successo qualcosa con il fratello o, meglio, per colpa del fratello: quei due non gliela contavano giusta, sembrava che fossero tornati indietro ai primi tempi della loro convivenza quando semplicemente si ignoravano.

"Che ci fai qui?" chiese la riccia, vedendolo steso sul divano che rimirava il soffitto.

"Niente!" rispose lui senza scomporsi.

"Hana, tutto bene?" domandò avvicinandosi.

Hanamichi si strinse nelle spalle, senza per altro muoversi neanche per guardarla e rispose: "Sì, certo!"

Ayako arcuò un sopracciglio confusa e si avvicinò a lui, facendogli scendere giù le gambe per potersi sedere al suo fianco, Sakuragi si rimise dritto, sul volto un'espressione pensierosa e non le prestava attenzione.

"Sì, dillo a qualcun altro! Hai litigato con Kaede?" andò dritta al punto, sapendo benissimo che entrambi conoscevano la risposta.

"Mh..."

"Ehi, Hana... già devo interpretare mio fratello e solo dopo anni di esercizio riesco a intendere qualcosa dai suoi mugugni, ma non voglio ricominciare tutto da capo con te!" lo rimproverò.

Hanamichi si rivolse a lei, sospirando: "Non lo so..."

"Come non lo sai?"

"Non lo so! Sono giorni che ormai non ci parliamo. Kaede sta sempre per conto suo, a mala pena ci salutiamo in casa... io di sicuro non farò il primo passo!" si impuntò, posando la testa all'indietro sulla spalliera del divano.

"Allora, vedi che avete litigato? Cosa è successo?" chiese ancora la cugina.

Il rosso non rispose subito e, a dire il vero, non aveva neanche intenzione di parlare con Ayako: non che non si fidasse di lei, ma in realtà non c'era nulla da dire. Non sapeva neanche lui come stessero le cose con la volpe e prima di parlare con lei voleva parlare con lui.

Parlare con Rukawa: magari!

Era proprio perché voleva parlare con lui che adesso stavano in quella situazione.

Ayako, dal suo silenzio, capì che non era il caso di insistere: ormai quei due erano grandi e dovevano risolvere da soli i loro problemi, se lei si fosse intromessa, sapeva che avrebbe potuto complicare le cose e non se la sentiva di costringerlo a confidarsi.

Gli diede una pacca affettuosa sulla coscia e disse: "Senti, perché non esci con me? Ken e io ci vediamo in centro, mangiamo qualcosa e poi un giro, che dici?"

Hanamichi sorrise: "No, ti ringrazio, sarei di troppo e poi non ne ho molta voglia!" declinò l'invito.

"Ma dai, che dici... non abbiamo di certo intenzione di appartarci" disse allegra, facendo arrossire leggermente Hanamichi a quella prospettiva: era pur sempre la cugina. "E poi non saresti solo, a dire il vero mi ha chiamato Akira chiedendomi di uscire con lui e Mitsui" disse contenta.
Pensava che gli avrebbe fatto bene vedersi con i suoi due migliori amici.

Hanamichi la guardò confuso: "Sendo?"

"Sì, ha trovato Ken molto simpatico e voleva replicare l'uscita" disse felice.

"Ne... ne sei sicura?" chiese ancora Hanamichi, il cuore che per un momento aveva accelerato la sua corsa.

"Hana?!" lo scrutò lei dubbiosa.

"È stato proprio Sendo a chiederti di uscire? Quando?" domandò di fretta il rosso: doveva sapere.

"Poco fa... mi ha telefonato a casa, ma che hai?" domandò la ragazza.

"Io... io... Kaede..." si interruppe, alzandosi e, prendendo in mano il cellulare, scorse l'elenco delle ultime chiamate, portandosi l'apparecchio all'orecchio.

Ayako osservava i suoi movimenti, cominciando a preoccuparsi per davvero, aveva nominato Kaede, ma lei non capiva.

"Sendo? Sì, sono io... ascolta, tu oggi... eh? No, no... no... sì lo so, me l'ha detto, cosa? No, assolutamente, perché?"

Ayako partecipava a quel piccolo monologo di risposte, scrutando il volto di Hanamichi che si irrigidiva e sconvolgeva mentre ascoltava le parole del suo interlocutore.

"Non siete insieme?" aveva domandato Akira, fermando momentaneamente l'auto e prendendo in mano il cellulare che Mitsui gli reggeva all'orecchio durante la guida.

"No, io... sapevo che doveva vedersi con te!" rispose il rosso, sedendosi su uno degli alti sgabelli posti davanti alla cucina a penisola. Ayako si alzò a sua volta dal divano, raggiungendolo.

"Mmmh l'ho invitato, chiedendogli se gli andasse di vederci, anche con te ovviamente, ma mi ha fatto intendere che avevate altri programmi, ma io avevo capito che li aveste insieme... Hana, ma che sta succedendo?" di nuovo quella domanda e Hanamichi, nuovamente, non aveva risposte da dare, cominciando seriamente a porsi da solo quell'interrogativo.

"Non lo so, Akira, io... non lo so... grazie comunque..." chiuse la chiamata, prima ancora che Sendo potesse porgli altre domande.

Ayako lo guardava seria e, in preda al panico, domandò al cugino il perché di quello scambio di battute.

Hanamichi non capiva, guardò la ragazza con espressione triste: Kaede gli aveva mentito. Aveva mentito a lui e a Sendo, usando entrambi, l'uno come alibi per l'altro.

Forse, però, quello che Kaede non aveva calcolato era stato il fatto che Sendo, nonostante il suo no, non avesse lasciato perdere e avesse chiesto alla sorella di uscire con loro: era un piano fragile e rischioso, un errore di calcolo troppo stupido per uno come Rukawa, ma a che cosa stava pensando quando aveva mentito a entrambi?

Hanamichi, quel pomeriggio, era andato da lui, nonostante il suo orgoglio e l'intento di non cedere per primo, per chiedergli di uscire, non una partita al campetto, non allenamenti in palestra, un’uscita, solo loro due. Come non facevano da troppo tempo, avevano perso di vista qualcosa nel loro rapporto negli ultimi tempi, ma Sakuragi non voleva comunque arrendersi.

Solo che Rukawa l'aveva guardato senza alcuna espressione, anzi, a ben pensarci non l'aveva neanche guardato informandolo che avesse già preso un impegno con Sendo. Ma era una bugia.

Ayako osservò il cugino e lesse sul suo volto tanta tristezza: gli si avvicinò e gli circondò le spalle in un abbraccio, cercando di confortarlo, mentre lui si lasciava stringere, riflettendo sul comportamento del suo ragazzo.

***

"Kaede, ben arrivato, sono contenta che mi abbia chiamato!" Yuna Rukawa aveva fatto accomodare il figlio al proprio tavolo, dove aveva preso posto in una delle caffetterie del centro di Shibuya più rinomate del posto.

"Sono sorpresa, ammetto che ho davvero creduto che non l'avresti fatto" ammise, mentre osservava Rukawa sedersi di fronte a lei.

Il ragazzo annuì soltanto: "Nh..."

Una cameriera si avvicinò al tavolo per prendere l'ordinazione del nuovo arrivato e un altro aperitivo per la giovane donna.

Non dovettero aspettare molto perché venissero serviti e, solo dopo che la cameriera si fu allontanata, Yuna riprese a parlare.

"Sei veramente un bellissimo ragazzo... hai molti dei miei lineamenti e... da quello che ho potuto notare fin da subito, da tuo padre hai preso il carattere" sorrise, in un modo che, nelle sue intenzioni, voleva essere forse un po' ironico, ma Kaede non le diede soddisfazione alcuna.

"Come mai sei qui?" chiese senza preamboli.

Lei parve preparata a quella domanda, perché bevve con calma un sorso di liquido rosso e rispose: "Lavoro... hai visto anche tu la sfilata, stiamo girando un po' in tour per il Giappone per promuovere nuovi talenti del nostro Paese..." voleva aggiungere altro, ma non ne ebbe modo.

"Coma mai sei qui, cioè, perché hai voluto vedermi? Per quale motivo mi sei venuta a cercare..." riformulò specificatamente la domanda, aggiungendo con se stesso '… solo adesso...'

La modella sorrise: "Volevo vedere come stavi... sono passati tanti anni, Kaede... una madre non può sentire la mancanza del proprio figlio?" domandò, ponendo se stessa come la vittima della situazione, non le piaceva il cipiglio con il quale si stava rivolgendo a lei e si mise immediatamente sulla difensiva.

"Hai ragione... sono passati troppi anni... diciotto per la precisione... non ti pare di essere arrivata in ritardo?"

"Kaede! Non mi pare modo di rispondere, questo... io ho avuto dei problemi che tu neanche immagini, io..." tentò di giustificarsi, ma Kaede la interruppe, pacato: sapeva che quello non fosse luogo per delle scenate, cosa di cui, a ogni modo, non aveva alcuna intenzione di fare. Non ne valeva la pena, per lei.

"Tu? Non dubito che abbia avuto problemi, ma non mi interessa. Il tuo problema principale, a suo tempo, doveva essere un neonato di cui prenderti cura, non stare dietro ai capricci di una ragazzina adolescente viziata e senza alcun senso di responsabilità!" le rinfacciò.

La donna lo osservò, impreparata assolutamente a quella risposta, non credeva davvero che le si potesse rivolgere in quel modo. Certo, non che si aspettasse che l'abbracciasse o la perdonasse, ma che capisse almeno, quello sì.

"Kaede io non so cosa ti abbiano detto tuo padre o quella donna..." esordì amara con tono insinuante.

"Lascia stare Miyako, lei non si interessa di te, per cui la cosa non ti dovrebbe riguardare. E papà, lui non ha mai detto una parola cattiva contro di te, neanche quando ha saputo che fossi in città..."

"Gliel'hai detto?" chiese stupita.

"Sì... e mi ha dato la libertà di agire come meglio credessi, perché... sai cosa mi ha detto? Lei è tua madre" disse, prima di guardare oltre la vetrata e sorridere sardonico. "Tzè..."

"Cosa ci fai qui, dopo tutti questi anni, mamma? Perché sei tornata? Cosa vuoi da me?" chiese di nuovo, tornando a guardarla.

"Io voglio recuperare il tempo perduto, Kaede... conoscerti, so cose di te che..."

"Tipo?" chiese lui.

"So che sei un grande giocatore di basket. Li leggo i giornali, sai. Mi informo su di te, tramite internet, i miei genitori sono ancora qui, tuo nonno... non sei mai andato a trovarlo..."

"Lui non ha mai fatto in modo di interessarsi a me e, sinceramente, non è di lui che avevo bisogno quando ero più piccolo. Non è di una madre con i sensi di colpa ciò di cui ho bisogno adesso e... sai, penso che neanche allora abbia mai sentito realmente la tua mancanza" disse serio, perché voleva che capisse come si era sentito, voleva che percepisse quanto il suo comportamento l'avesse ferito e non fosse disposto a perdonarla. In realtà, si era sempre sentito in qualche modo diverso, rispetto ai suoi coetanei, per quanto mai nulla gli avessero fatto mancare Haruihiko e Miyako, c'era un qualcosa di sottile e profondo che infastidiva il suo cuore.

"Io non pretendo che mi perdoni subito, ma vorrei spiegarti quello che io... in quel momento non ero pronta... tu devi capirmi!"

"Io? Io non ti capirò, perché tu non stai facendo niente per capire me. Non sai quanto mi sia costato chiamarti, per sentirmi dire cosa? Ti sei resa conto che, anche adesso, stai mettendo te stessa prima di tutto, prima di me? Hai detto che sei tornata per me, ma ti stai solamente giustificando, ti sei resa conto che stai pensando ancora a te stessa, a salvarti la faccia?"

La donna lo guardò schiudendo le labbra, colpita dalle sue parole, ma senza comprendere e Kaede seppe anche questo, lo lesse nel suo sguardo: "Umpf... mamma, non mi hai detto la cosa più importante e ancora non ci arrivi" fece una pausa, nella quale lei lo guardò confusa e allora Kaede si spiegò: "Non ti sei scusata..." le disse, con un piccolo sorriso rassegnato.

"È... è questo che vuoi, Kaede?" chiese lei, pronta a tutto, se fosse stato quello a riaccendere la sua speranza di ricongiungersi al figlio l'avrebbe fatto.

Rukawa scosse il capo: "No, io non voglio che ti scusi... era solo un appunto. Io non voglio niente da te!" le disse, guardandola negli occhi uguali ai propri, e non riusciva a leggervi niente e, in un lampo incoerente, pensò che non voleva somigliarle così tanto, sperava davvero con tutto se stesso che i suoi occhi, nonostante il suo carattere chiuso, riuscissero a parlare per lui.

E pensò ad Hanamichi, ai suoi occhi che esprimevano ogni volta emozioni diverse, tante emozioni: i suoi occhi caldi che lo avvolgevano con uno sguardo, i suoi occhi che, negli ultimi giorni, gli dicevano quanto fosse ferito e deluso, anche deluso, dal suo comportamento.

"Kaede, mi dispiace davvero, a mia discolpa posso solo dirti che ero giovane e ho fatto un errore..."

Rukawa si portò una mano davanti al viso facendole cenno di tacere: con le sue scuse lo stava solo irritando più di quanto già non lo fosse. Aveva pensato davvero che incontrarla gli avrebbe fatto bene, era andato lì con tutte le buone intenzioni di ascoltare la sua versione, invece ogni parola che usciva da quelle labbra sottili e leggermente lucide di trucco serviva solo a farlo indispettire. Non provava niente, niente per lei, perché? Pensò ancora ad Hanamichi, forse aveva ragione a definirlo una kitsune artica a volte: sorrise dolcemente tra sé, solo lui poteva riuscire a farlo sorridere in un momento del genere, infondendogli una calma assoluta capace di tenerlo compostamente seduto su quella sedia impedendogli di lasciar perdere tutto. Hanamichi, in un modo o nell'altro, era sempre vicino a lui: era stato uno stupido a non parlargli e a tenerlo fuori dai propri pensieri in modo ostinato.

Rivolse nuovamente la sua attenzione alla donna: "Anche papà era giovane... ma si è preso le sue responsabilità e, comunque, ti ho già detto che non mi interessa. Per me puoi anche tornare là dove vivi adesso e non cercarmi mai più. Faresti un favore a entrambi, anzi sarebbe proprio l'unica cosa giusta che potresti fare per riparare alle tante sbagliate" rincarò ancora su di lei.

Si alzò, senza aver consumato la propria ordinazione, e lasciò qualche spicciolo sul tavolo, allontanandosi senza neanche salutarla.

Yuna si riscosse e lo raggiunse prima che uscisse fuori dalla porta: "Kaede, aspetta!" lo fermò, trattenendolo per un braccio. "Io non mi arrendo, sappilo... voglio ricominciare, sono disposta a tutto per te, prendi!" gli mise in mano un biglietto di forma rettangolare, piuttosto spesso, ripiegato in due.

"Questo è per te... mi hanno offerto un contratto di lavoro, Kaede. Mi trasferisco tra qualche mese, finito il tour promozionale: parto e vorrei che tu mi raggiungessi, quando vuoi, anche se non subito... voglio il tuo bene per quanto mi è possibile. Voglio essere presente nel tuo futuro" disse, lasciandogli andare il braccio, prendendo la mano candida e posandone sul palmo il foglio, facendo in modo che lo chiudesse in una stretta.

Kaede la guardò per un istante e poi andò via senza più niente da dire.

***

"Non è ancora tornato?"

"No..." Ayako scosse il capo, preoccupata: erano le nove di sera e Kaede non era ancora rientrato, mancava da diverse ore ormai. La ragazza si trovava in salotto con Hanamichi, il quale girava per la sala impaziente.

"Forse dovremo dirlo ai tuoi genitori..." propose il rosso e in quel momento Miyako fece capolino nella grande stanza.

"Dirmi cosa?" chiese con un sorriso che le si congelò sul volto non appena vide le loro facce.

I due ragazzi si guardarono l'un l'altro e Ayako le disse: "Forse è il caso che ti sieda, vado a chiamare papà" e sparì nel corridoio.

Hanamichi rimase solo con la zia e si sedette su una poltrona, mordendosi l'interno delle labbra indeciso.

La donna stava per chiedere spiegazioni, ma vide la figlia con il marito raggiungerla, l'uomo le si sedette accanto confuso e guardò i due giovani.

"Ragazzi, oddio... che succede, che sono quelle facce?" chiese allarmata Miyako.

"Mamma, nulla di preoccupante, speriamo, ma dobbiamo dirvi una cosa. Ka..."

"Dov'è Kaede?" chiese la donna, accorgendosi solo in quel momento dell'assenza del suo silenzioso bambino.

"Ecco, noi... non lo sappiamo... è uscito e... io credevo fosse con Sendo, mi ha detto che doveva vedersi con lui, ma ho sentito Akira e, a quanto pare, Kaede a lui ha detto di avere già un impegno con me" spiegò il rosso.

"E allora, dov'è?" si affrettò a chiedere la donna.

"Non lo sappiamo... mi dispiace, forse è colpa mia, abbiamo avuto delle discussioni ultimamente e... non so quanto questo possa c'entrare, ma la volpe non mi sembra tipo da sparire così..." espose il rosso.

Era proprio questo che voleva evitare! Situazioni come quella erano ciò che tanto aveva temuto durante quei mesi in cui si tormentava sulla legittimità o meno della loro relazione, ma quella volpe indisponente gli aveva assicurato che non avrebbero avuto problemi, invece... invece eccolo lì: quella baka kitsune era scomparsa senza avvisare nessuno lasciando lui e la famiglia preoccupatissimi.

"Non colpevolizzarti, Hanamichi" la voce dello zio era tranquilla e, con quella frase, catalizzò su di sé l'attenzione di tutti.

"Sai dov'è nostro figlio, Haruhiko?" intuì Miyako.

"Sì... adesso, penso di essere io a dovervi delle spiegazioni... premetto che ho saputo solo poco fa dove fosse, ma Kaede mi ha chiamato. Sta bene" rassicurò tutti. "Ha incontrato Yuna..." disse e sul volto dei presenti passò un lampo di consapevolezza e stupore.

"La... la madre della volpe?" domandò Hanamichi, senza neanche rendersi conto del modo affettuoso con cui aveva chiamato il suo ragazzo, sebbene il quesito che stesse ponendo avesse una tono greve.

Lo zio annuì: "Mi ha detto di averla rivista, qualche sera fa... immaginavamo entrambi che avrebbe tentato di incontrarlo, ma non sapevamo quando. E quel giorno è stato oggi..."

"Ma come è possibile, come ha fatto a trovarlo e... può farlo? Cosa gli ha detto? Kaede cosa ti ha...?" Miyako era nel panico, il marito le prese una mano per tranquillizzarla.

"Sta bene... Kaede sta bene, non mi ha detto nulla... ha chiamato per non metterci in allarme... tarderà ancora, credo che nonostante tutto sia rimasto scosso dall'incontro, sebbene mi abbia assicurato che non avrebbe più dovuto avere problemi" informò.

"Aspettiamo che sia lui a parlarci... dobbiamo avere fiducia in nostro figlio" le disse, prendendola per le spalle e la donna annuì, incoraggiata e rassicurata dalle parole del suo grande amore.

Ayako si lasciò andare sulla poltrona, sospirando di sollievo: doveva chiamare anche i loro amici per rassicurarli a sua volta.

Hanamichi, invece, si era estraniato dalla conversazione: ripensava a quei giorni di tensione, alla sua pressione nei confronti di Kaede, quegli sbalzi d'umore improvvisi.

Ecco qual era la ragione. Si sentì uno stupido per non essere riuscito a sostenerlo e stargli vicino, invece, non aveva fatto altro che renderlo ancora più nervoso e pensieroso.

'Kaede...'

Senza dire una parola, presa al volo la giacca pesante, uscì di corsa di casa.

Miyako, spaventata dal suo improvviso movimento, aveva cercato di richiamarlo, ma la figlia e Haruihiko avevano sorriso comprendendo come il rosso si sentisse e dove stesse andando.

L'avrebbe trovato e, che lo volesse o no, gli sarebbe stato vicino, fosse solo standogli semplicemente accanto, ma non se ne sarebbe andato, avrebbe passato anche tutta la notte in silenzio, accanto a lui, ma Kaede non sarebbe riuscito ad allontanarlo da sé: doveva far capire a quella stupida volpe con chi aveva a che fare!

Il Tensai non prendeva ordini da nessuno e, soprattutto, un Tensai innamorato era capace di compiere anche l'impossibile.

L'avrebbe trovato e gliel'avrebbe ricordato personalmente.

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Hanamichi correva a perdifiato per le vie di Tokyo alla ricerca di Kaede.

Non aveva la minima idea di dove il ragazzo potesse essere, ma non si sarebbe fermato finché non l'avesse trovato: il cuore gli batteva forte nel petto e il fiato rincorreva veloce l'aria fredda della sera.

Dopo poco, però, fu costretto a fermarsi: sentiva la gola secca e faticava a respirare, così non andava bene. Doveva usare al meglio le sue energie e ragionare. Cercò di calmarsi, proseguendo a camminare per la strada dritta davanti a sé, con una mano posata sul fianco e premeva su di esso: gli faceva male la milza.
Se quel gorillone avesse visto in che condizioni era ridotto dopo appena dieci minuti di corsa, era sicuro che l'avrebbe rimproverato: Akagi aveva fama di essere molto severo come capitano e giocatore e, spesso, le rare volte in cui si era unito a loro per qualche uscita, era solito dargli consigli e informarsi sui suoi progressi.

A grandi respiri, Sakuragi riprendeva fiato, portando nuovamente il battito del proprio cuore a un ritmo normale e pian piano anche il dolore che sentiva pungente al fianco svanì. Si fermò e si portò due dita alle tempie: "Pensa, Hanamichi, pensa! Tu sei il Tensai, dove può essersi cacciata quella baka kitsune?"

Immaginò che il cugino ricercasse la pace e ne avesse bisogno, per pensare, magari.

Un campetto da basket? Scartò subito l'ipotesi: quello, probabilmente, era il primo posto in cui eventuali ricercatori sarebbero andati a controllare e Rukawa non si sarebbe fatto trovare tanto facilmente.

Escluse i posti affollati e quelli in cui avrebbe potuto rischiare di incontrare i suoi amici.

Il luogo del loro primo appuntamento?

Sulla torre di Tokyo: forse, osservare la città dall'alto gli avrebbe dato un senso di potenza e controllo, cosa che in quei giorni pareva aver perso, non era un'ipotesi da scartare. Nonostante i vari turisti, quel luogo era sempre molto silenzioso, come se i visitatori non volessero disturbarsi a vicenda.

Spinto da questa sicurezza, svicolò a un incrocio, affrettando leggermente l'andatura, ma poi si fermò nuovamente, colto da un improvviso pensiero, riflettendo su qualcosa che lui stesso aveva detto: forse Rukawa era seriamente andato nel luogo della loro prima uscita, ma proseguire verso il centro non era esatto.

Quella baka kitsune!" sussurrò al vento con un leggero sorriso, facendo nuovamente dietro front e cominciando a correre con maggior considerazione delle proprie azioni: il posto scelto non era molto distante da dove si trovava.

In poco tempo si trovò nei pressi del parco e, ancora una volta, rallentò il passo, osservandosi attorno, percorrendo attento il viale alberato, illuminato da diversi lampioni dalla luce soffusa, posti a una discreta distanza l'uno dall'altro.

Trovò un piccolo varco tra due siepi e s'infilò nel parco, seguendo il ciottolato di strada bianca, addentrandosi cauto. Il cuore batteva leggermente più veloce, mentre respirava piano per calmarsi, vedendo in lontananza una figura solitaria seduta su un'altalena. Con i piedi puntati per terra, le mani a reggere le fredde catene, oscillava piano, mentre fissava l'erba sotto di sé: l'aveva trovato.

Hanamichi arrestò il passo, osservandolo da lontano, e sorrise tra sé: anche in quella circostanza era assolutamente bellissimo. Adesso che ci faceva caso, quando l'aveva visto uscire quella mattina non si era soffermato a pensare che non indossasse affatto un abbigliamento adatto per uno scontro di basket: camicia bianca a maniche lunghe e sopra di essa un morbido pullover senza maniche di colore nero, così come i jeans scuri. Posata sul braccio, una giacca scura: si era vestito bene per incontrarla, mostrandosi a lei in tutta la sua splendida figura, come a dimostrare che anche senza la sua presenza era diventato qualcuno, un ragazzo forte, un uomo rispettabile e sicuro di sé.

'Kaede, ti conosco meglio di chiunque altro e ti capisco più di quanto tu creda!' pensò tra sé.

Si intenerì a guardarlo: era un immagine molto bella nel complesso, ma che aveva un sottofondo di malinconia. Kaede aveva un aria così triste, aveva scelto di affrontare tutto quello da solo, non confidandosi con nessuno.

Dapprima Hanamichi aveva creduto che fosse per mancanza di fiducia nei suoi confronti, ora, vedendolo, capiva che non era per quello, ma, semplicemente, perché Kaede, e lui lo sapeva bene, era fatto così. Voleva risolvere tutto da solo, non voleva far preoccupare lui, né voleva che i suoi restassero in pensiero: con il suo modo di comportarsi quella donna aveva fatto soffrire molte persone e Kaede, sicuramente, non voleva permettere che accadesse di nuovo.

Ed era ammirevole da parte sua, ma, indubbio era che fosse comunque una stupida volpe: ad Hanamichi non interessava di soffrire sapendo la verità, perché all’oscuro di tutto sarebbe rimasto comunque in pensiero e questo la volpe avrebbe dovuto capirlo.
Perché è logico che le persone che si amano e tengono l’una all’altra vogliano essere partecipi e, specie nei momenti difficili, tutti hanno bisogno di un supporto, qualcuno con cui poter essere se stessi. Anche stando in silenzio l'uno accanto all'altro, semplicemente. Sakuragi per tanti anni aveva avuto Yohei e adesso aveva Kaede e, cosa più importante, Kaede aveva lui e avrebbe fatto bene a tenerlo sempre a mente.
Mosse un passo e poi un altro, raggiungendolo con calma, attraversando il morbido manto verde, fermandosi davanti al ragazzo.

Rukawa vide l'ombra di una testa allungarsi alla luce di un lampione, fermarsi davanti alla punta delle sue scarpe e alzò il volto: Hanamichi, mani nelle tasche dei pantaloni, lo osservava con un sorriso che non era uno dei suoi soliti, sembrava triste e tenero allo stesso tempo.

Per lui? Si domandò il moro.

Si guardarono intensamente, poi, Hanamichi fu il primo a rompere il silenzio, spostandosi e sedendosi sull'altalena libera.

Con calma, domandò: "Quindi, oltre a nascondermi le cose, adesso mi menti pure, kitsune?"

Rukawa si volse verso di lui, ma Hanamichi non lo guardava, fissava dritto davanti a sé.

Kaede voleva dire qualcosa, ma ancora una volta fu Sakuragi a parlare: "Come stai?" chiese, volgendosi a guardarlo.

Il moro si stupì di quella domanda e rimase un attimo sconcertato.

"Tuo padre ci ha detto dove sei stato... mi spiace, forse avresti voluto stare da solo, ma io dovevo venire" gli disse.

"No... non mi dispiace che sia qui" confessò ed era vero.

"Perché non me hai parlato?"

"Non volevo mentirti..."

"Lo so, volevi proteggermi, ma non capisco lo stesso, ti avrei capito, Kaede, e sostenuto."

"Lo so... ma era una cosa che dovevo fare da solo... non volevo... avere altri pensieri. Non capire male, ma se avessi saputo cosa andavo a fare avrei fatto stare in pena anche te e..."

"Sono rimasto in pena comunque, Kaede... e non solo io..." gli disse.

Kaede annuì e interruppe il contatto dei loro occhi.

"Mi dispiace, davvero, Hana. Mi sono concentrato su me stesso, ma era una cosa che dovevo fare... e dovevo farla da solo. Non è stato facile. Mi rendevo conto che anche tra noi stava cambiando qualcosa, ma ogni volta che volevo parlarti, e ho pensato di farlo, davvero, succedeva qualcosa che..." fece una pausa e poi riprese a parlare.

"L'altro pomeriggio al campo, ricordi?"

Rukawa alzò il viso nuovamente verso di lui e Hanamichi annuì.

"Quando sei andato a prendere le bibite, al tuo ritorno ero intenzionato a dirti tutto... ma poi è arrivata lei..."

"Io sono stato via pochissimo!" si scompose il rosso, smettendo di dondolare avanti e indietro.

"Mh... infatti, non si è trattenuta. Inoltre, non era la prima volta che la vedevo. L'ho riconosciuta il giorno dello spettacolo alla sfilata..."

Hanamichi ricordò perfettamente il modo in cui Kaede gli si era rivolto quella sera: tutto era cominciato da lì.

"Mi ha lasciato il suo numero... ci ho pensato molto, non vi vedevo alcun motivo per incontrarla, non mi interessava quello che aveva da dirmi. Ero intenzionato a ricambiarla con la sua stessa moneta. Si era disinteressata di me e perché io, adesso, avrei dovuto darle un’opportunità?" ripeté ad alta voce quei pensieri che l'avevano tormentato per tanto, stringendo i pugni sulle corde di ferro dell'altalena.

"Ma tu non sei come lei..." disse Hanamichi e Rukawa sorrise appena.

"Esatto, Hana, è quello che ho pensato... è per questo che sono andato da lei e ho voluto vederla. Per capire, dovevo capire il perché delle sue scelte, cosa che, comunque, non è stata in grado di darmi, oltretutto..." si volse verso di lui, rendendolo partecipe dell'esito dell'incontro. "Non ha fatto che giustificarsi con me, ha nuovamente pensato solo a se stessa... e la cosa peggiore è che ho dovuto farglielo notare, da sola non ci è arrivata" disse, con una punta di risentimento.

"Kaede..." lo richiamò Hanamichi dopo che ebbe finito di parlare. "Ma cosa voleva da te?" domandò: in fondo ancora questo non gli era chiaro, se era andata a cercarlo ci doveva essere un motivo.

Kaede recuperò il biglietto che la madre gli aveva messo in mano, posando poi la giacca sulla costruzione dell’altalena.

"Cos'è?" chiese il rosso, aprendo il foglio piegato e sbarrò gli occhi nel leggere a chi fosse intestato quel biglietto aereo. Si volse verso Kaede, senza riuscire a pronunciare nulla.

"Vuole che vada con lei... mi ha detto che vorrebbe recuperare il nostro rapporto ed essere presente nel mio futuro" citò con una punta di disprezzo.

Come aveva osato chiedergli una cosa del genere? Come? Dopo quel triste e inconcludente incontro che avevano avuto? Kaede se lo chiese ancora una volta. Credeva forse di riuscire a comprarsi il suo affetto e, soprattutto, che lui fosse così poco maturo da cascare nella sua rete, solo per seguire la via più facile? Quanto non lo conosceva, allora.

"Kaede, tu che le hai detto?" Hanamichi pose quella domanda con un tono di voce urgente e preoccupato, anche se dentro di sé sapeva benissimo che non poteva avere accettato.

"Doaho!" Rukawa lo rimproverò con lo sguardo e, con voce seria, puntualizzò: "Ovviamente non ho risposto niente e me ne sono andato. È lei che mi ha seguito, usando questa come ultima arma, suppongo. Ma non ho intenzione di partire... quando sarà, lo farò solo per i miei meriti e quando deciderò io!" disse risoluto.

Hanamichi sospirò apertamente e gli tese nuovamente il biglietto che Rukawa rimise in tasca per non doverlo più vedere.

Ci furono ancora attimi di silenzio tra loro, poi Rukawa smise di oscillare e guardò Hanamichi, richiamandolo a sé: anche lui era pensieroso adesso.

"Hana?"

Il rosso si volse verso di lui e vide che il cugino gli tendeva una mano; guardò Rukawa che incurvò appena le labbra e, facendogli un cenno del capo, gli disse: "Vieni qui..."

Sakuragi si alzò, lasciando che la tavola di legno dondolasse appena per i movimenti del suo corpo che si sollevava e posò la mano su quella del moro che la strinse: il suo tocco era insolitamente caldo, nonostante la temperatura esterna.

Hanamichi avanzò e Rukawa lo fece sedere sulle proprie gambe: con un braccio gli cinse la schiena e allungò il volto per baciarlo.

Hanamichi si chinò su di lui, schiudendo leggermente le labbra che Kaede assaporò dolcemente con le sue, sfregandole in un incontrarsi lento e delicato. Si baciarono a lungo in quel modo, con tocchi fuggevoli, le labbra di Hanamichi erano morbide e calde e Kaede fu invaso dal profumo del suo corpo, mentre il rosso, finalmente, alzava le braccia a cingergli il collo, così Kaede poté abbracciarlo completamente, circondandogli la vita.

Si separarono, guardandosi negli occhi, affrontando un muto dialogo e, stavolta fu Kaede che parlò per primo: "Mi dispiace, Hana... scusa" gli disse in modo sentito, mentre faceva posare le loro fronti una contro l'altra.

"Lo so, Kaede... smettila di scusarti... anzi, forse ho esagerato anche io l'altra volta a dirti che le tue scuse non sono credibili, ma ero arrabbiato. Ci sono rimasto male per come mi avevi trattato. Ora capisco molte cose, ma..." gli mise un dito sulle labbra, accarezzandogliele qualche attimo, impedendogli di interromperlo: adesso aveva lui qualcosa da dirgli.

"Io capisco perché l'hai fatto, Kaede... davvero. Lo sapevo ancora prima che tu me lo spiegassi, ma se dovessi avere qualche altro problema, voglio che tu me ne parli. Se poi vorrai affrontare la questione da solo, per me andrà bene, ma vorrei starti vicino il più possibile, non ti imporrò la mia presenza. Permettimi, però, almeno di sostenerti e starti accanto. Potrei essere il tuo alibi" gli disse. "Se tu sei preoccupato e non parli con me, il nostro legame si incrina e io divento triste, Kaede. Se tu sei triste, anche se con me non attaccherà mai, passi inosservato perché tutti penseranno che sia il tuo carattere e ti lasceranno tranquillo. Io no, invece, io non so fingere, mi si legge in faccia, ahimè... e se sono triste faccio preoccupare tutti. Ma se tu mi parlassi e io fossi a conoscenza di quello che ti accade intorno, allora ci riuscirei, saprei fingere per te e sarei tuo complice. Va bene, kitsune?" chiese con un sorriso, chinandosi a sfiorargli ancora le labbra con le proprie.

Kaede sorrise e lo strinse maggiormente a sé, posandogli i palmi delle mani sulla schiena, infilandole sotto la stoffa spessa della giacca, lasciandole però sopra i vestiti. Hanamichi si strinse a lui, schiudendo le labbra, stavolta per venire baciato davvero. Con un mugolio sommesso lo chiamò e Kaede aprì appena la bocca, prendendo un labbro del compagno tra le proprie, baciandolo delicatamente, solleticando le gengive e i denti con la lingua, non accontentando subito il suo ragazzo che si muoveva impaziente, cercandolo.

Hanamichi con le mani gli tirò appena i capelli, sbuffando contro quel bacio inesistente e Kaede si decise ad accontentarlo, divertito dal suo modo di reclamarlo e, anche senza aver bisogno di staccarsi da lui per rimproverarlo, Hanamichi seppe come farsi ubbidire. Presto, Sakuragi sentì la lingua di Kaede intrufolarsi nella sua bocca e gli andò subito incontro con la propria, desiderosa di quel contatto: si persero in quel bacio lento e umido, cercando quasi di unirsi in quel modo, le bocce si rincorrevano e assaporavano ghiotte le labbra.

Quando si fermarono per respirare, rimasero vicini. Hanamichi schiuse gli occhi e si passò la lingua sulle labbra, tirandole indentro, mentre vedeva la bocca di Kaede lucida della propria saliva: deliziosamente, Hanamichi arrossì appena e passò il pollice sulle labbra di Kaede per ripulirlo, chiedendogli implicitamente scusa per quel contatto intenso.

"Mmh?" il moro lo osservò sorpreso, scuotendo la testa, poi disse: "Mi sei mancato..."

Hanamichi ridacchiò: "Eheh, il Tensai è insostituibile!" gongolò felice, sfiorando le punte dei loro nasi.

"No, mi è mancato il mio doaho!" smontò il suo entusiasmo il moro.

"Ah sì? E allora, anche a me è mancato il mio volpino" gli baciò il naso perfetto, "mi è mancato il tuo morbido pelo..." continuò, passandogli una mano tra i capelli, mentre l'altra sfiorava in una carezza del dorso la guancia morbida e il collo, "questo musetto tenero..." aggiunse, baciandogli le labbra.

Rukawa roteò gli occhi, alzandoli verso l'alto.

"Hanamichi, non sono un animale!"

"Awh, sì che lo sei! Sei la mia deliziosa volpetta. Sei una tenera, in questo momento stranamente chiacchierona, dolce e affettuosa volpe dai bellissimi occhi azzurri" aggiunse dicendo le prime cose che lo ispiravano.

"Doaho... stai facendo quella stupida vocina che fai quando vedi qualche gatto che ti piace e che vorresti portarti a casa" lo riprese. Conosceva perfettamente quell'intonazione strascicata e cantilenante che il rosso usava spesso quando vedeva qualche animale carino e battuffoloso, come era solito definire.

"Aawwhh, Kaede, ma sono così beeeellliiii" si illuminò, parlando con lo stesso tono, forse appena più accentuato adesso, strascicando le vocali e aggiungendo doppie sull'ultima parola: non era colpa sua se aveva un animo sensibile e sentiva il bisogno di esternare questi suoi sentimenti.

Kaede scosse la testa e Hanamichi rise, abbandonandosi contro il suo petto.
Restarono così ,abbracciati ancora per un po', prima che Hanamichi sbirciasse l'ora sull'orologio al polso della volpe e decisero di rientrare a casa, mano nella mano.

***

Le luci in casa erano tutte spente, segno che i suoi erano andati a dormire e avrebbero rispettato il suo desiderio di volere tranquillità almeno per quella giornata: Kaede sapeva però che, il giorno successivo, avrebbe dovuto spiegare molte cose. Ma non era preoccupato, perché avrebbe avuto accanto Hanamichi e forse non sarebbe stato poi così difficile affrontare nuovamente quelle vicende.

Sakuragi aprì la porta della dependance e la socchiuse dietro di sé: doveva salutare Kaede e lasciarlo entrare in casa, ma la sua mano era ancora saldamente intrecciata alla propria.
Il moro osservò il compagno stranamente silenzioso e si avvicinò per augurargli la buonanotte con un bacio e lasciarlo andare. Si sporse verso di lui, ma Hanamichi chinò il capo, impedendogli di raggiungere le sue labbra. Kaede, confuso da quel gesto, cercò di scorgere la sua espressione. Hanamichi non lo guardava negli occhi e sembrava fosse combattuto o che avesse paura: non riusciva a capirlo.

"Hana, cosa...?"

"Kaede..." lo interruppe Sakuragi sollevando il viso e stringendo forte la sua mano. "I... i... io... io..." voleva dire qualcosa, avrebbe tanto voluto dire qualcosa, ma non continuò.
Kaede lo scrutava attento, percorrendo con iridi veloci tutto il suo viso: dal tremore delle labbra schiuse, in attesa di parlare, al rossore delle sue guance. Quella luce densa nei suoi occhi e, infine, il modo spasmodico con cui lo stringeva, tutto gli suggeriva che Hanamichi avesse ancora bisogno di lui.

Rukawa allungò una mano, posandogliela sulla guancia, che scottava sotto il suo tocco, passando il pollice sullo zigomo, muovendo le altre ad accarezzarlo vicino all'orecchio.

Kaede pensò di aver capito il motivo di quelle strane reazioni e lo guardò con convinzione, discorrendo ancora senza aver bisogno di udire il suono di quelle parole.

Hanamichi non abbassò mai lo sguardo, ma resse quello intenso della volpe: vide nuovamente Kaede avvicinare il volto al suo, e fare un passo avanti, mentre lui indietreggiava di uno, posando le spalle contro la porta, aprendola appena un po' di più.
Rukawa lasciò passare una mano dietro la sua nuca, guidando la testa in avanti, sporgendosi per baciarlo.

Catturò le sue labbra, in modo dolce e prepotente, annullandosi in quel contatto: ormai, Hanamichi era entrato in casa e la porta si chiudeva alle spalle di Kaede.

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