Titolo: Starting from that time I gained your heart (Peter Pan - EXO-)
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggi: Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Ariyama
Rating/Genere: nc-17/ AU, romantico, fluff
Warning: slash
Wordcount 8.381
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
diecielode per la tabella Snack salati con il prompt ‘Cracker’ e per la
500themes_ita con il prompt ‘Estraneo misterioso’.
Della serie:
Love at first sightDisclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
Snack salatiTabella:
500themes_ita “Kei, io vado!”
Yamada bussò alla porta della camera del coinquilino avvisandolo di essere quasi pronto per uscire, mentre tornava in cucina per finire di preparare lo zaino.
“Allora, i quaderni li ho, i libri pure… mmmh astuccio. Sì! Ho tutto!” Yamada richiuse lo zaino e prese la giacca, infilandosi la tracolla su una spalla, aprendo la porta di casa, infilandosi un auricolare.
“Yama-chan aspetta!” lo fermò Kei prima che uscisse, precipitandosi in cucina, ma l’altro guardò l’ora, storcendo la bocca.
“Kei, non posso, il bus passa tra cinquanta secondi, devo scappare. Scusami!” gli disse, senza neanche ascoltare cosa l’altro avesse da dirgli, scendendo di corsa le scale.
Kei rimase allora sulla soglia della porta, sbuffando, abbassando il braccio con disappunto: “Ti avevo preparato il bento, scemo!” disse, ormai all’aria, stringendosi nelle spalle. “Va beh, la prossima volta impara, vorrà dire che me lo mangerò io!” si disse, richiudendo la porta e conservando il pranzo al sacco.
Yamada arrivò alla fermata dell’autobus giusto in tempo per vedere il mezzo fermarsi e tirò un sospiro di sollievo.
“Safe!” mormorò tra sé, riprendendo fiato per la corsa fatta e salendo con calma. Fortunatamente, la fermata non era così distante da casa sua e poteva permettersi quei piccoli ritardi ogni tanto. Nonostante la sera prima fosse andato a dormire abbastanza presto, in previsione della giornata di studio che aveva deciso di passare in biblioteca, quando la sveglia aveva suonato l’aveva spenta rigirandosi dall’altra parte, confidando che si sarebbe alzato entro pochi minuti. Pochi minuti che erano diventati trenta, costringendolo a dover fare tutto di corsa.
Prese posto in una seggiola singola, rilassandosi, ascoltando la propria musica, riordinando le idee e facendosi un programma mentale di quella che sarebbe stata la sua giornata: aveva un esame di lì a fine mese e per quanto non fosse così indietro con lo studio, necessitava di dedicarsi solo ed esclusivamente a quello e di certo a casa non ce l’avrebbe fatta, troppe distrazioni in qualsiasi parte della casa si fosse messo a studiare.
Prese il cellulare, mandando una mail a Kei, scusandosi per come era scappato di furia e l’altro gli rispose con un testo pieno di faccine che lo fecero sorridere.
Quando riconobbe i palazzi vicini alla biblioteca, Yamada si preparò a scendere, vedendo che insieme a lui vi erano anche altri studenti che dovevano avere avuto la sua stessa idea e sperò comunque di trovare una postazione ideale per concentrarsi sul suo studio individuale.
Entrò nella palazzina e iniziò a spostarsi trai corridoi e le sale, cercando un posto tranquillo, sedendosi a un tavolo dove c’erano pochi ragazzi che studiavano, saltando una postazione per non disturbare il ragazzo accanto a lui e sistemandosi, pronto a iniziare a studiare. Dispose tutto ciò che gli serviva sul banco e aprì il libro, iniziando a leggere, distratto però quasi subito da un movimento alle sue spalle, ma finse di ignorarlo, continuando a leggere ed evidenziare, prendendo poi appunti e facendo degli schemi sul quaderno.
“Ops” si scompose solo un istante quando per la furia di cancellare un errore la matita rotolò lontano da lui, fermata prontamente da due dita. “Scusa” disse, accennando un sorriso al ragazzo che l’aveva fermata e gliela rese, spingendola di nuovo a rotolare verso di lui. “Grazie” mormorò a bassa voce per non disturbare i presenti e ritornò al suo quaderno.
Quando guardò l’ora, Ryosuke si accorse che da quando aveva iniziato a studiare erano passate tre ore abbondanti e confrontando la quantità di pagine che aveva scritto poteva dirsi soddisfatto di quella mattinata di studio, sentiva che se avesse continuato con quel ritmo, avrebbe affrontato l’esame con uno spirito molto più positivo rispetto al solito.
Posò la matita sulla scrivania, facendo una pausa e guardandosi attorno, molti studenti erano rimasti come lui intenti a studiare, altri se ne erano andati e c’erano poche persone che consultavano i libri di testo presenti in biblioteca. Guardò al proprio fianco e la sedia accanto alla sua era ancora vuota, ma il ragazzo che c’era quando era arrivato, e che gli aveva passato la matita era ancora lì.
Distolse lo sguardo, appena prima di farsi sorprendere a fissare in modo poco educato e iniziò il capitolo successivo. Lesse solo poche righe quando la propria pancia emise un piccolo lamento e Yamada spalancò gli occhi, imbarazzato.
Si portò la mano allo stomaco che sentiva avrebbe nuovamente protestato e cercò di concentrarsi di nuovo sui libri: non poteva assolutamente permettersi di avere fame, non quando stava procedendo così bene e soprattutto non in un luogo come la biblioteca dove tutti l’avrebbero sicuramente sentito.
Per sua sfortuna, non era di certo una cosa che poteva controllare e quando all’ennesimo brontolio, vide alcune teste sollevarsi in sua direzione, si scusò accennando con il capo, vedendo anche il ragazzo di fianco a lui che lo guardava e gli sorrise, prima di tornare al suo da fare.
Di fretta, Yamada prese il cellulare, mandando un messaggio di SOS a Kei con un lapidario: ‘Ho fame!’
La risposta del coinquilino fu immediata: ‘Ben ti sta!’ diceva solo.
‘Kei!’
‘Stamattina non mi hai ascoltato, avessi aspettato un attimo avresti avuto il bento che avevo preparato per te con tanto amore’ sottolineò, giusto per farlo sentire in colpa e rimarcare il concetto.
‘Scusami, Kei, ero in ritardo e… perché non mi hai ricordato del pranzo?’
‘Io cosa ne potevo sapere che te ne saresti scordato!’ gli rispose a tono, aggiungendo poi. ‘Non hai con te qualche caramella? Perché non ti prendi qualcosa alle macchinette?’ consigliò.
‘No, non ho nulla e stamattina ho lasciato a casa il portamonete, non posso comprarmi niente!’ spiegò.
‘Ho tanta fame…’ gli scrisse, inserendo una faccina piangente e disperata.
‘Torna a casa allora, preparo anche per te’ digitò Kei.
‘Ma sono a buon punto, volevo stare qui ancora un po’ e poi tu hai lezione, non ce la farei comunque a rientrare per tempo’ si dispiacque, guardando l’orario e constatando che in effetti non sarebbe mai arrivato in tempo.
Kei gli rispose con uno smile scoraggiato e Yamada lo salutò, dicendogli di non preoccuparsi per lui che si sarebbero visti a casa quella sera a cena, se fosse sopravvissuto ai crampi, facendo ridere Inoo dall’altra parte.
Si guardò intorno ancora una volta, notando che nessuno più faceva caso a lui e pensando di essere riuscito ad avere la situazione stomaco sotto controllo, prese la matita per tornare a scrivere, quando ancora la sua pancia protestò.
“Ah!” sospirò a bassa voce, lasciandosi andare con la testa sul libro, arreso alle circostanze: sarebbe tornato a casa per pranzo.
Con la coda dell’occhio avvertì del movimento e vide una mano avvicinarsi e spingere qualcosa in sua direzione: un pacchetto di cracker ancora intatto.
Sollevò la testa, guardando il ragazzo che prima stava seduto di fianco a lui ora in piedi che gli sorrideva.
“Prendili” parlò pianissimo e Yamada si affrettò a negare.
“Oh no, io…” esclamò con un tono di voce normale per la sorpresa, scusandosi quando gli venne intimato di fare silenzio. “No, grazie, io non posso accettare” rettificò, bisbigliando.
Il ragazzo gli sorrise, chinandosi appena per parlargli vicino all’orecchio, discretamente: “Prendili, sono ancora sigillati, stai studiando da ore e hai bisogno di energie” gli consigliò. “A me tanto non servono, torno a casa a mangiare” gli spiegò e Yamada si volse verso di lui, sorpreso, trattenendo inconsciamente il fiato trovandosi con quel viso e quel sorriso vicinissimi al proprio volto.
“Gr… Grazie” riuscì solo a bisbigliare di rimando, incapace di aggiungere altro.
Il ragazzo si allontanò e Yamada prese la confezione di snack, spostandosi fuori dall’aula studio per non disturbare gli altri mentre mangiava e approfittando per prendere un po’ d’aria: in un istante la stanza gli si era come ristretta addosso e aveva bisogno di riprendersi.
*
“Allora come è andata?”
Quando Kei rientrò in casa, Yamada lo accolse con un sorriso, mentre apparecchiava il tavolo per la cena.
“Scusami, Ryo-chan, sono esausto, hai preparato tu?” gli disse, poggiandosi contro lo stipite della porta, passandosi una mano sugli occhi.
“Sì, alla fine sono rientrato presto, mi sono riposato dal mio studio e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere tornare a casa e lasciarti coccolare. Sembri stanchissimo!” gli fece presente.
“Non è che lo sembro, lo sono, lo sono. Questo corso è interessante, ma quattro ore al giorno non è proprio fattibile!” si lamentò.
“Dai, pensa che è solo per due mesi!”
“Lo so, ma avrei preferito l’avessero diviso meglio…” commentò, stringendosi nelle spalle e guardando in cucina, vedendo la pentola sul fuoco. “Faccio in tempo a farmi una doccia?” chiese, valutando se fosse meglio mangiare prima o dopo.
“Vai pure, riprenditi, cambiati e poi mangiamo!”
“Sicuro che puoi aspettare?” lo prese in giro Kei, sapendo quanto l’altro fosse goloso e quando era affamato non c’era niente che lo potesse fermare.
“Sì, sì, vai! Non morirò di certo perché aspetto dieci minuti!” rise, stando al gioco e Kei si voltò per andare al bagno, tornando poi sui suoi passi. “Ah, Ryo-chan, ma alla fine oggi come hai fatto per quel piccolo inconveniente in biblioteca?” gli chiese, ricordandosi dato il tema del discorso.
“Ah, quello! Sono sopravvissuto, ma è stato oltremodo imbarazzante, tutti continuavano a guardarmi!” disse, arrossendo al ricordo e Kei rise. “Vado e poi mi racconti per bene. Sono fuso!” aggiunse poi, mentre si allontanava, facendo ridere Yamada.
*
“Ryo non sbriciolarmi sul lenzuolo, per favore!” Kei rimproverò il più piccolo il quale si era seduto sul suo letto, con l’inseparabile scatola dei biscotti.
“Sì, sì, lo so, sto attento!” gli disse l’altro, incrociando le gambe e tendendo un dolce all’amico.
“No, grazie, mi sono lavato i denti” gli spiegò, coricandosi di fianco e piegando un braccio a reggersi la testa. “Allora, mi dici cosa è successo in biblioteca? Come hai fatto a scordarti il pranzo e i soldi?”
“Mi sono svegliato tardi! Non era mia intenzione. Ma sono stato salvato da un estraneo misterioso” disse, enfatizzando le ultime due parole, guardando Kei sollevando un sopraciglio.
“Misterioso estraneo?”
“Sì!” annuì Yamada prendendo un altro biscotto. “Era un ragazzo che era seduto vicino a me tutto il tempo… carino, ti dirò” commentò, facendosi pensieroso e Kei a quell’affermazione si illuminò, avvicinandosi a lui, posandogli una mano sul ginocchio.
“Oh, oh, interessante!”
“Cosa?” Ryosuke lo guardò per un istante, poi scosse la testa e le mani, riponendo la scatola di latta. “Oh no, no, no. Non farti strane idee, Kei. Io vado lì per studiare, non certo per conoscere altri ragazzi!” chiarì.
Kei lo guardò allusivo e poi scoppiò a ridere, voltandosi sulla schiena.
“Lo so, lo so, ti prendevo in giro. Domani ci torni?” domandò, chiedendogli dei propri programmi.
“No, domani ho un ricevimento con il professore, quindi studierò un po’ a casa. Ti faccio compagnia!” gli disse, vedendolo sbadigliare e annuire distrattamente, conscio che presto non sarebbe stato più così presente nella conversazione.
“Mettiti a letto, Kei-chan, sei stato messo a dura prova oggi!” rise, prendendolo un po’ in giro, rimboccandogli le coperte.
“Mh” mormorò il più grande e Yamada sorrise, spegnendo la luce prima di uscire dalla stanza. “Buonanotte, Kei” lo salutò, chiudendosi la porta dietro le spalle e ritirandosi a sua volta per il meritato riposo.
*
Qualche giorno dopo, Yamada era tornato in biblioteca, aveva provato a studiare a casa, ma come rendeva quando si trovava in aula studio, avvolto nel completo e totale silenzio non sarebbe mai riuscito a fare tra le quattro mura di casa. In realtà, gli piaceva proprio l’atmosfera che trovava quando entrava in biblioteca e si sentiva come più incentivato, la calma e la pace, le luci delle lampade da tavolo, il rumore dei fogli dei libri, il profumo stesso della carta gli infondevano maggiore concentrazione.
Era arrivato lì da quasi un’ora prima che si accorgesse che un posto più in là rispetto a lui c’era lo stesso ragazzo della volta scorsa, colui che gli aveva ceduto i suoi cracker, il quale in quello stesso istante si era girato verso di lui e gli aveva sorriso, guardandolo, salutandolo con un cenno del capo.
Yamada ricambiò, appena imbarazzato nel ricordare la situazione, riprendendo a leggere, ma distraendosi subito dopo, guardando il ragazzo con la coda dell’occhio: d’improvviso aveva perso completamente la propria concentrazione e si sorprese diverse volte a tendere l’orecchio per cercare di capire dai suoi movimenti cosa stesse facendo e svariate volte si era ritrovato distratto a guardarlo di nascosto.
Era davvero bello quel ragazzo, si ritrovò a pensarlo ancora: poteva vedere solo il suo profilo e i suoi lineamenti lo avevano subito colpito, più di quanto volesse dare a vedere anche a se stesso. I capelli gli cadevano appena sulla fronte e indossava gli auricolari, probabilmente aveva registrato la lezione o la musica lo aiutava a concentrarsi. E fu in uno di quei momenti in cui lo osservava che il ragazzo dovette accorgersi del suo sguardo perché si voltò sorprendendolo e lo guardò con fare curioso, negli occhi un implicita domanda e Yamada scosse la testa, scusandosi e sorridendo a disagio.
Tornò al proprio libro quando, nel momento stesso in cui si volse di nuovo appena per guardarlo, vide qualcosa scivolare verso di lui: un foglio di carta sul quale c’era una domanda.
Hai fame? chiedeva e Yamada sollevò di scatto la testa, guardando l’altro che lo osservava a sua volta, negando con la testa. Questi però si mise un dito davanti alla bocca suggerendogli di fare silenzio e indicò la carta, invitandolo a rispondergli.
No… scrisse solo, spingendo di nuovo il foglio verso di lui, lasciandolo scivolare sul tavolo, vedendo l’altro scrivere qualcosa e poi renderglielo.
Allora perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia?
Ryosuke aprì appena la bocca, portandosi una mano sugli occhi per essersi fatto sorprendere nonostante avesse cercato in tutti i modi di non darlo a vedere.
Scusami, non sono stato molto educato.
Spinse di nuovo il foglio verso di lui e vide la ragazza davanti a loro sollevare lo sguardo e guardare entrambi con rimprovero, probabilmente anche quei piccoli movimenti da parte loro la infastidivano.
Allora il ragazzo sconosciuto, prima di rendergli il foglio, dopo aver scritto qualcos’altro, si alzò, spostandosi sulla sedia libera di modo da trovarsi vicino a lui, facendogli leggere la sua risposta.
Pensavo ti stesse disturbando la musica spiegava, indicando le cuffiette e Yamada scosse la testa, prendendo la penna dalle mani dell’altro e scrivendogli.
No, affatto. Volevo ringraziarti per i cracker dell’altra mattina. Avevo dimenticato il pranzo e non avevo spiccioli per le macchinette lo informò.
A me tanto non servivano affermò in risposta, guardandolo poi e Yamada gli sorrise, annuendo.
Erano buonissimi e mi hanno permesso di finire il capitolo prima di rientrare a casa. Ho un esame tra qualche settimana gli disse, chiacchierando con lui in quel modo.
Ti va di fare una pausa adesso? Ho un po’ di fame! gli propose lo sconosciuto.
Sì, tanto ormai mi sono deconcentrato e per ringraziarti ti offro qualcosa da bere, ci stai? Propose seguendo un’idea improvvisa e l’altro annuì, prendendogli di nuovo dalle dita la penna, sfiorandogli in quel modo le nocche e confermando anche per iscritto.
Sì.
Yamada sorrise e si alzò, prendendo il cellulare, infilandolo in tasca e chiudendo i libri, lasciando in ordine ma al contempo occupata la postazione per riprendere poi lo studio, uscendo dall’aula, lasciandosi andare a un sospiro soddisfatto, stiracchiando le braccia.
“Ci voleva!” disse l’altro, imitandolo e poi fermandosi a guardarlo. “Non ci siamo ancora presentati” notò, allungandogli una mano che Yamada strinse.
“Arioka Daiki” si presentò.
“Yamada Ryosuke, piacere!”
“È tutto mio!” gli rispose l’altro, educatamente.
“Cosa prendi?” chiese Yamada, mentre camminavano verso le macchinette e l’altro ci pensò su, prima di rispondere, osservando quanto veniva loro offerto dal distributore automatico.
“Un caffè andrà benissimo. Oggi non riesco a svegliarmi, sono troppo poco concentrato” ammise.
“Spero non sia colpa mia e dei miei sguardi” rise Yamada, tendendogli la lattina, prendendo per sé un succo di frutta e qualcosa di dolce da mangiare, così da poterla dividere con l’altro.
Arioka rise con lui: “No, no, anzi, io forse ho distratto te. Eri assorto quando sono arrivato, sembrava che non ti fossi accorto di essere circondato da altre persone” gli disse.
“In effetti quando trovo il giusto ritmo mi isolo completamente, stavolta sono sicuro che l’esame andrà bene, me lo sento!” disse, fiducioso nelle sue capacità, tendendo all’altro un biscotto.
“Grazie!” gli sorrise Daiki, sedendosi sulle scale antincendio, imitato da Yamada. “Che esame è?” domandò per fare conversazione.
“Letteratura straniera. In realtà non sono molto bravo nelle lingue, ma questo è diverso, anche se devo esporre in una lingua che non è la mia l’argomento mi interessa. Non è grammatica, insomma” cercò di spiegarsi e Daiki annuì.
“Sei già a metà dell’opera se parti con questo spirito!”
“Vero? Lo dice sempre anche Kei quando mi vede studiare svogliatamente. Ma ci sono materie che proprio non mi piacciono. Questa è semplice, anche se con alcuni passaggi faccio fatica” ammise, accartocciando la confezione ormai vuota e aprendo il succo di frutta.
“Se vuoi ti posso aiutare a studiare” si offrì Daiki.
“Mh?” Yamada, con la cannuccia tra le labbra, lo guardò sorpreso.
“Ho notato il libro di testo. Sei con Miyamura-sensei?” domandò e Yamada annuì.
“È molto bravo, ma precisissimo” rivelò.
Ryosuke concordò con lui: “Ho seguito un esame e hai ragione. Ho notato anche io. Hai già dato questo esame?” si informò.
“Sì, l’anno scorso, ma mi ricordo abbastanza, come dici tu la lezione è interessante e lui è particolarmente bravo a invogliare gli studenti e fargli amare la materia. Se hai bisogno di una mano di aiuto volentieri” si offrì ancora.
“Davvero?”
“Sì!”
“Ma il tuo studio?” volle sapere. “Non voglio rallentarti” spiegò.
“Non ti preoccupare. Vedo che sei abbastanza indipendente, per cui io posso studiare il mio, poi se trovi difficoltà mi puoi chiedere” decise. “Ti va?”
Ryosuke lo guardò e poi sorrise: “Volentieri, allora. Accetto l’aiuto!”
“Possiamo vederci sempre qui in biblioteca. Possiamo metterci nei tavolini esterni. Ho provato qualche volta e non si sta male!” propose Daiki e Yamada annuì entusiasta.
“Allora siamo d’accordo. Quando vuoi iniziare?” chiese Daiki, alzandosi, vedendo che anche l’altro aveva finito.
“Pensavo di venire a studiare qui tutti i giorni, per cui quando vuoi tu” diede a lui la scelta.
“Per me va bene anche domani.”
“D’accordo!” assentì Yamada, entrando di nuovo per primo quando Daiki gli tenne aperta la porta cedendogli il passo.
Quando tornarono al tavolo, Yamada prese posto, vedendo invece Daiki controllare il telefono e poi ritirare le sue cose.
“Vai già via?” domandò piano.
Daiki annuì: “Sì, devo vedere dei colleghi per pranzo. Scrivimi il tuo numero” gli chiese, allungandogli il foglio che prima avevano usato per chiacchierare e Yamada segnò la propria mail.
“Ti scrivo dopo per mandarti la mia e ci accordiamo per l’orario, scusami ma scappo. A domani, Ryosuke” gli disse, sorridendogli e Yamada annuì, salutandolo con un cenno della mano, restando a osservarlo fino a che non lo vide sparire dalla stanza, perdendosi un istante nei propri pensieri, senza soffermarsi su come l’avesse fatto sentire il fatto che Daiki l’avesse chiamato per nome e riprese a studiare.
*
“Ryosuke”
Daiki richiamò l’attenzione dell’amico che stava già studiando per conto suo e il più piccolo si voltò, sorridendogli.
“Daiki!” lo chiamò.
“Scusami, sono in ritardo!”
“No, affatto!” lo tranquillizzò Yamada, vedendolo sedersi di fronte a lui, posando la borsa sul tavolo, accomodandosi esausto. “Avevo lezione stamattina e il professore l’ha tirata troppo per le lunghe!” spiegò.
“Lo so come vanno queste cose e non ci sono problemi, davvero, mi hai avvisato, per cui ero preparato” gli disse, indicando il cellulare che aveva vicino ai libri, sott’occhio. “Sono venuto comunque prima, me la sono presa comoda e mi sono fatto un giro a cercare il manuale che ci ha consigliato il sensei!” gli illustrò la propria giornata.
“Ah, accidenti, perché non me l’hai detto? Ti avrei prestato il mio, ci sono scritti anche degli appunti che magari ti possono tornare utili, la prossima volta te lo porto!” gli disse e Yamada lo ringraziò.
“Sto morendo di fame, però, ti spiace se faccio uno spuntino, prima di iniziare?” chiese Arioka, prendendo dalla borsa un pacchetto di cracker e Yamada sorrise nel vedere la sua merenda.
“Ne vuoi uno?” gli offrì l’altro porgendogli la confezione e il più piccolo scosse il capo.
“No, grazie, però, aspetta, non li aprire” gli consigliò. “Se ti va…” propose, prendendo un involto di stoffa e aprendo il proprio bento, mostrandolo all’altro. “Possiamo dividerci questo, ce n’è in quantità per un esercito!” disse, ridendo e mostrando all’altro il secondo fondo della scatola.
“Quante cose buone!” Daiki si sporse a osservare le pietanze, sentendo un piacevole languorino. “L’hai preparato tu?” volle sapere, mentre Ryosuke gli porgeva un tovagliolo e gli dava metà del suo pranzo e le bacchette.
“Ah no, io non ho tempo… o meglio, ne avrei, ma sono troppo pigro per farlo. Me l’ha preparato Kei” disse, sovrappensiero, scrutando attento il contenuto per decidere da cosa iniziare.
Arioka si fermò allora, prima di iniziare a mangiare, dubbioso.
“Mh, ma sei sicuro di volerlo dividere con me? Questo ragazzo non si offenderà se lo mangio anche io?” chiese e Yamada, con le guance piene di riso lo ascoltò stranito, prima di spalancare gli occhi e scuotere la testa.
“Ah, no, no! Kei è solo il mio coinquilino, non è nessuno di importante!” spiegò di fretta. “Cioè!” scosse la testa, correggendosi. “Lui è importante per me, siamo molto amici, ma non c’è nient’altro! Insomma, quello che voglio dire è che… oh,uffa!” si portò le mani tra i capelli e Arioka rise della sua confusione, allungando una mano a sfiorargli il braccio per fargli capire che avesse compreso il suo discorso.
“Ok, ok, ci sono, ti sei spiegato benissimo!” gli disse, sorridendo. “Non succede nulla di male se dividi il tuo pranzo con qualcun altro!” riassunse.
“Scusami!” Yamada abbassò il capo, sospirando.
“Non è successo niente! Sei nervoso? Ti agito, per caso?” gli domandò e Yamada negò di nuovo, troppo in fretta perché l’altro potesse credergli, ma non glielo fece notare. “Assaggiamo la cucina di Kei!” disse, ringraziando per il cibo e iniziando a mangiare, conversando del più e del meno concentrandosi maggiormente sulle materie di studio e l’università.
“Va bene, adesso però bando alle ciance, sei un pessimo insegnante Arioka-kun, mi distrai!” scherzò Yamada, facendo spazio sul tavolo e guardandolo divertito da sotto in su.
“Senti un po’ chi parla, non è che da solo non trovassi interessante contemplare l’aria!” lo rimproverò e Yamada storse la bocca offeso, prendendo la gomma e lanciandogliela.
Arioka la prese al volo e la ripose sul tavolo, indicando all’altro i libri: “Studia!” ordinò, prendendo i propri appunti e le dispense, pronto a sua volta a lavorare. “Se hai bisogno dimmelo!” si offrì, ricordando la sua promessa e Ryosuke annuì, continuando a sottolineare e scrivere qualcosa su un quaderno.
Daiki lo osservò mettersi a lavorare seriamente e sorrise, scuotendo poi il capo, aprendo il proprio libro.
“Daiki?” lo chiamò dopo un po’ Yamada.
“Mh?” l’altro finì di scrivere e sollevò lo sguardo verso di lui.
“Sentì, qui non ho capito, in sostanza qual è la differenza?” disse, allungandogli il libro di testo e indicandogli la riga e, dopo un veloce sguardo al paragrafo, Daiki sorrise.
“È più semplice di come appare. Questo libro non è il massimo della chiarezza” aggiunse, prendendogli di mano la matita e inserendo alcune virgole tra le frasi, di modo che anche nella lettura assumessero un altro ordine, depennando qualche termine. “Se non fai caso a questo ti torna?” gli disse, leggendogli personalmente le correzioni e Yamada spalancò la bocca, annuendo.
“Così sì!” affermò, aggiungendo uno schema al proprio quaderno e riprendendo il libro. “Grazie!” gli disse, sorridendogli.
“L’autore del saggio si perde in inutili aggiunte che confondono anziché esplicare” gli spiegò e Ryosuke annuì, tornando a leggere e disturbandolo poi un altro paio di volte, prima di decidere che per quel giorno avevano studiato entrambi a sufficienza.
“Basta, non ne posso più!” disse, allungandosi sul tavolo e dando forfait per primo, poggiando le mani aperte sul quaderno dell’altro che stava continuando a sottolineare.
“Basta, Dai-chan, smettila anche tu!” consigliò, rubandogli il quaderno.
“Ehi!”
“Per oggi basta!” ripeté ancora il più piccolo, sorridendogli.
“Va bene, va bene!” affermò Arioka. “Ho capito, sei stanco!”
“Perché, tu no?” Yamada lo guardò con fare interrogativo e l’altro annuì con il capo.
“Sì, in effetti sì!” concesse.
“Aaah, Dai-chan, non vale!” si lamentò ancora Yamada, ritirando le proprie cose. “Così fai passare solo me per scansafatiche!” recriminò.
Daiki rise: “Ma io non ho detto nulla di tutto ciò, né l’ho pensato!” appuntò, richiudendo la tracolla. “Andiamo?” chiese. “Da che parte vai?”
“Mh, potrei andare a piedi, ma non ho voglia di camminare” disse il più piccolo, sbrogliando le cuffie dell’i-pod che si erano attorcigliate, magicamente e misteriosamente, nella tasca della giacca. “Mi voglio rilassare. Tu da che parte?” gli rigirò la domanda.
Daiki lo guardò e sorrise: “Prendo anche io l’autobus, ma possiamo sedere distanti se vuoi ascoltare la musica!” gli disse.
“Ah, no, no, se facciamo la strada insieme, non importa. Mi fa piacere se mi fai compagnia!” gli sorrise di rimando.
“Tu ne fai a me.”
Si avviarono insieme alla fermata e si sedettero vicini, aspettando che l’autobus ripartisse e Yamada si voltò verso il più grande.
“Posso chiederti una cosa?”
“Aiuto, che serietà, dimmi! Posso non risponderti?” mise le mani avanti Arioka, scherzoso.
“Andiamo, non è niente di che! Mi domandavo cosa ascoltassi la volta scorsa in biblioteca” gli chiese.
“Ah, sì, era musica, ogni tanto mi piace avere un sottofondo, mi aiuta a concentrarmi” spiegò.
“Davvero? E non ti distrae?”
Arioka scosse il capo, prendendo il proprio i-pod dalla tasca della giacca e prestando all’altro un auricolare per fargli sentire cosa ascoltasse e Yamada si avvicinò a lui, poggiandosi con la propria contro la sua spalla, guardandolo sorpreso.
“È una suonata di musica classica!”
“Esatto, rilassante, vero?” chiese Daiki, prendendogli una cuffietta e ascoltando a sua volta la melodia, avvicinando il volto a quello del più piccolo per non tendere il filo.
Ryosuke si voltò appena, sorpreso per quella vicinanza e annuì, non riuscendo a spostarsi però per non essere in imbarazzo, da una parte avrebbe voluto farlo, perché quello che iniziava a sentire quando Daiki gli stava vicino lo confondeva, dall’altra invece, desiderava restare il più a lungo possibile in quel modo, per riuscire a sentire ancora il suo profumo.
“Ah!” sussultò poi d’un tratto, scostandosi da Arioka e tendendogli le cuffie. “Scusami!” gli disse, alzandosi e premendo il pulsante per prenotare la fermata. “Io scendo qui!” spiegò. “Grazie, ci vediamo…”
“Aspetta!” lo fermò l’amico. “Devo scendere anche io!” gli rivelò e una volta usciti dal pullman si guardarono divertiti.
“Non dirmi che siamo vicini di casa e non lo sapevamo?” commentò Ryosuke ridendo, indicando all’altro la propria via, vedendolo che lo seguiva.
“Direi di sì, ma non ci siamo mai incrociati evidentemente!”
“Che caso e dire che abito qui da un anno buono, ormai!” gli disse Yamada.
“Io sono qui da quando ho iniziato l’università, ma non esco molto e comunque sono solito farmi i fatti miei, non mi piace spettegolare” aggiunse.
“Neanche a me!” concordò con lui Yamada. “Il mio palazzo è…”
“Quello!” dissero all’unisono, indicando lo stesso edificio e scoppiando poi a ridere. “Non dovremmo mai raccontarlo a nessuno o penseranno che ci siamo inventati tutto!”
“La cosa è surreale!” concordò con lui Daiki. “Prego!” gli disse quest’ultimo, cedendogli il passo e prendendo le chiavi. “Io sono al terzo piano!” gli rivelò, mentre salivano le scale.
“Io al quarto!”
“Ah!” si ricordò Arioka, infilando la chiave nella serratura e voltandosi a guardare Yamada, prima che continuasse a salire. “Il manuale!” esclamò. “Ti va di entrare?”
Ryosuke ci pensò un attimo e poi annuì, seguendolo in casa.
“Non è ordinatissimo, ti avverto!” lo preparò Daiki, ridendo.
“Ah, non ci farò caso! Vedessi camera mia. Un vero bazar. Qualche giorno Kei chiamerà mia mamma per lamentarsi di come mi ha tirato su!” rise, mentre si accomodava in cucina e Daiki gli serviva da bere.
“Scommetto che lui è un tipo molto ordinato” provò Daiki e Yamada annuì.
“Molto, da cosa l’hai capito?”
“Non lo so, dal modo in cui ha confezionato il tuo bento, forse. Si vede che è stato fatto con amore e attenzione” gli spiegò.
“Sì, in effetti, siamo molto uniti, è stata una fortuna per me trovare uno come lui.”
Daiki lo guardò e sorrise, indicandogli con un cenno della testa di seguirlo: “Ti presto il libro” gli disse, mostrandogli la propria stanza.
“Permesso!” parlò Yamada, in qualche modo un po’ vergognoso di entrare in modo così familiare in quell’ambiente e vide Daiki prendere il volume da uno scaffale. “Eccolo!” gli sorrise Arioka, tendendoglielo.
“Grazie!” rispose Yamada, iniziando a sfogliarlo, vedendo che, come l’altro già gli aveva accennato, era stato molto sfruttato per il suo studio. “Te lo renderò presto!” assicurò. “E ne farò buon uso!” assicurò.
Daiki scosse la testa e sorrise: “Tienilo finché ti è utile, a me non serve!” precisò.
“Adesso sarà meglio che vada!” disse Yamada e Daiki lo accompagnò alla porta.
“Mi raccomando riposati!” suggerì Daiki, ridacchiando.
“Intendo farlo, adesso mi farò un bagno, poi mi metterò il pigiama e a letto presto dopo una bella cenetta!”
“Ottimo programma!” concordò con lui Daiki, facendogli cenno di vittoria. “Ci vediamo domani per studiare?” chiese, prima che l’altro se ne andasse.
Ryosuke lo guardò e annuì.
“A domani buonanotte!”
“A domani, sensei!”
*
‘Non so niente!’
‘Certo come no!’
‘Daiki!’
‘Yamada!’ Daiki scrisse il cognome dell’amico per fargli capire quanto fosse serio quel suo rimprovero, inserendo poi una faccina. ‘Andrà benissimo, vedrai’ cercò di tranquillizzarlo.
Ryosuke lesse quelle poche righe e sospirò, alzandosi in piedi e camminando fino alla finestra dove si affacciò per prendere un po’ d’aria: era nervoso. Il giorno tanto atteso dell’esame era arrivato e la fiducia che aveva avuto in quell’ultimo periodo durante il suo studio era venuta completamente a mancare.
Era vero che non poteva dire di non sapere nulla, ma in quel momento non riusciva a ricordare una sola delle nozioni apprese e si sentiva nel panico più totale.
Quando il cellulare vibrò di nuovo, ancora con una mail di Daiki, Yamada sorrise, leggendo il testo.
‘Ci sei? Tocca a te?’
‘Non ancora’ scrisse. ‘Dai-chan, ho trovato, fammi una domanda!’ chiese.
‘Che ore sono?’ gli rispose l’altro e Yamada ridacchiò.
‘Non una domanda così. Una domanda sull’esame! Chiedimi la prima cosa che ti viene in mente!’
‘Non ti chiederò niente. Stai tranquillo e vedrai che al momento opportuno saprai rispondere a tutto!’
‘Ne sei sicuro? Sicuro, sicuro?’
‘Sicurissimo, abbiamo studiato insieme, sei preparato e anche se non ti avessi aiutato saresti comunque andato alla grande.’
‘Hai troppa fiducia in me!’
‘Qualcuno deve pur averla. Ryosuke, stavo pensando una cosa’ stuzzicò la sua curiosità, distraendolo.
‘Cosa?’
‘Dal momento che ti ho fatto da maestro e passato i miei appunti, nel malaugurato caso che non dovessi passare l’esame, ti risarcisco’ affermò.
Yamada gli inviò una faccina divertita, domandando delucidazioni.
‘Potrei offrirti una cena…’
‘E se lo dovessi passare?’
‘Te la offro lo stesso, ma per festeggiare’ spiegò.
‘Se lo passo, sarò io a invitarti a cena, per sdebitarmi’ lo corresse e sentì poi la porta dello studio del professore aprirsi e un ragazzo uscire. ‘Daiki, tocca a me. Ti scrivo dopo’ digitò in tutta fretta, riponendo il cellulare in tasca e prendendo un bel respiro poi prima di entrare quando venne chiamato.
Quasi un’ora dopo Ryosuke uscì dalla classe con un atteggiamento differente da quello con il quale era entrato: sembrava completamente un’altra persona. Era rilassato e sorrideva, felice dell’esito dell’interrogazione, affrettandosi a uscire dall’istituto, digitando velocemente una mail da inviare a Daiki mentre scendeva le scale.
Stava per raggiungere il cancello d’uscita quando, riponendo il telefono in tasca, vide Daiki in persona camminare verso di lui sorridendogli.
“Dai-chan!” lo richiamò Yamada, affrettando il passo. “Ti ho appena mandato un messaggio! Passato!” gli disse, saltando quando gli fu vicino, sbilanciandosi per abbracciarlo e senza pensare a quello che stava facendo, seguendo solamente un istinto naturale, si tese verso il suo viso baciandolo sulle labbra: non era stato che un contatto breve e molto veloce, ma che costrinse Yamada a scostarsi dal più grande e scusarsi in fretta.
“Mi dispiace! Mi dispiace, Daiki, scusa, non lo so perché l’ho fatto. Non ho pensato ed è stato un riflesso… ti prego, perdonami!” gli chiese, inchinandosi in avanti, mortificato e oltremodo in imbarazzo.
Daiki rise e lo prese per le spalle, tranquillizzandolo.
“Ryosuke, non ci pensare, non sono arrabbiato” affermò Arioka, prendendogli poi le mani nelle sue. “Io sono contento!” gli disse e Yamada lo guardò un attimo dubbioso.
“Sei contento? Per il bacio o per il mio voto?” volle chiarire.
“Per il bacio” rispose d’istinto Daiki e poi rise. “E anche per il voto, ovviamente” aggiunse.
“Oh!” si sorprese Yamada, sorridendo. “Quindi un po’ ti piaccio?” chiese Ryosuke, rilassandosi, felice per quello che l’altro gli aveva detto.
“In realtà mi piaci un po’ più di un po’, ma sì!” confessò Daiki e Yamada sorrise ancora più ampiamente, facendo un piccolo salto.
“Ah, oggi deve essere il mio giorno fortunato! È un sollievo, perché io non sapevo se sarebbe stato un problema se mi fossi innamorato di te. Non so come è successo, ma è successo. Non volevo dirtelo così. In realtà dovevo ancora capire bene cosa provassi, ma quando ti ho visto, mi è venuto d’istinto di baciarti, non mi aspettavo di trovarti qui, quindi mi hai colto di sorpresa” parlò seguendo quei suoi pensieri e Daiki gli strinse le mani, tirandolo per avvicinarlo a sé.
“Ma cosa devo fare per farti fare silenzio?” lo prese in giro, scivolando con le braccia a cingergli la vita.
Ryosuke abbassò il capo, colpevole e gli mise le mani sulle spalle: “Davvero non lo sai?” lo provocò e Daiki si sporse a baciargli la punta del naso, scendendo nella fossetta sopra il labbro, prima di posare la bocca sulla sua in un bacio più deciso rispetto al primo.
Quando si separarono, Ryosuke sorrise a Daiki, prendendolo per mano e muovendo il braccio avanti e indietro: “Ti va di venire a cena a casa?” propose. “Per ringraziarti per il tuo aiuto e per festeggiare” elencò, guardandolo.
Daiki lo osservò, notando che fremeva per una sua risposta positiva e lo tenne un po’ sulle spine, prima di annuire.
“Mi hai promesso una ricompensa, se ben ricordo, se avessi passato l’esame!” disse, vedendo Yamada sorridere.
“In effetti, ricordo anche io, te l’ho scritto, per cui hai le prove!” rise, incamminandosi con lui verso casa, facendo una passeggiata e deviando un istante al combini vicino per comprare da bere.
“Prendiamo anche il dolce?” chiese Daiki, curiosando nel bancone e Yamada gli si avvicinò contento, sbirciando da sopra la sua spalla, addossandosi al più grande.
“Uh, vedi qualcosa con le fragole?” gli disse.
“C’è quella torta” gli indicò Daiki e Yamada lo guardò con gli occhi che gli brillavano.
“Sembra una delizia!” disse, sentendo già l’acquolina in bocca e Arioka rise.
“Va bene, dai, quella la prendo io!” affermò, chiedendo il proprio ordine alla commessa e Yamada gli strinse il braccio, felice.
“È il mio premio perché sono stato bravo, vero?”
“Assolutamente sì!” annuì Arioka, prendendo la sua confezione e guardando Yamada. “Non avevo idea che ti piacessero così tanto le fragole?”
“Oh sì, mi piacciono moltissimo! Lo sai però che esistono persone allergiche?”
“Non ne conosco, ma sì” gli rispose Daiki.
“Ma sarebbe una tragedia!” si sconvolse Yamada, avviandosi alla cassa dopo aver preso quello per cui erano entrati. “Io non so come facciano e poi penso che non potrei mai stare con una persona a cui non piacciono le fragole o non le possa mangiare!” commentò, parlando tra sé seguendo un filo di discorso suo e Daiki gli prese di braccia le bottiglie, posandole sul nastro, rispondendogli: “Meno male allora che questo non è il mio caso!”
Yamada lo guardò e si imbarazzò appena, sorridendogli e passando avanti a lui per imbustare e poi pagare il proprio conto.
Quando salirono in casa, Yamada si annunciò al coinquilino.
“Kei, sono tornato!” disse, cambiandosi le scarpe e guardando Daiki quando non sentì risposta.
“Forse non è rientrato” commentò l’ospite.
“Kei, ci sei?” provò di nuovo Yamada, lasciando Daiki in cucina e andando a controllare in camera di Inoo. “Kei-chan?” chiamò, aprendo la porta e sbirciando dentro. “No.”
“Non c’è?” domandò Daiki quando Yamada tornò in cucina e il più piccolo scosse la testa.
“Gli mando una mail per sapere dov’è e a che ora torna, così gli dico anche che abbiamo ospiti a…” si interruppe in finire di frase quando Daiki lo prese per un braccio, tirandolo contro di sé, approfittando per baciarlo. Ryosuke si sedette su di lui, stringendolo in collo e ricambiando il bacio, lasciandosi andare a un sospiro soddisfatto quando si separarono. Gli sorrise, passandogli le mani tra i capelli, baciandolo ancora, sentendo le mani di Daiki scivolare dalla sua schiena ai fianchi, facendosi strada sotto i vestiti in una carezza più intima. A sua volta, seguendo il proprio istinto, Ryosuke scivolò con le labbra sul mento e la gola, soffermandosi sul collo, appena dietro l’orecchio, stringendo piano la pelle tra le labbra.
Daiki chiamò piano il suo nome, stringendolo contro di sé e Yamada sorrise, agitandosi poi sulle sue gambe, staccandosi di colpo da lui, infilandosi una mano in tasca.
“Pronto?” rispose, portandosi il cellulare all’orecchio e sorridendo a Daiki, scusandosi, passandogli due dita sul punto in cui prima aveva posato le labbra, sorridendo colpevole del leggero arrossamento. “Kei, stavo per scriverti, dove sei?” chiese, mentre si sedeva più comodo su Daiki, poggiandosi contro di lui, facendosi stringere.
“Passato! Con un ottimo voto” fu felice di fargli sapere e sentì Kei dall’altra parte esultare con lui. “Ah, a proposito, a che ora rientri? Volevo festeggiare e ho comprato il dolce. Inoltre ho invitato Daiki per ringraziarlo del suo aiuto” lo informò, guardando il diretto interessato e sporgendosi per avere un bacio.
Arioka lo accontentò e poi scosse il capo.
“Che ti ha detto?” gli chiese, quando lo vide chiudere la conversazione.
“Sta arrivando e ha detto che non vede l’ora di conoscerti. Prima di rientrare ha detto che passa a comprare carne e verdure per il nabe, ti va?” propose.
Daiki annuì soddisfatto: “Festeggiamo in grande, proprio!” esclamò e si tese verso di lui, baciandogli una guancia, alzandosi. “Allora vado a casa a farmi bello!” gli disse, avvicinandosi alla porta.
“Eh? Mi lasci solo?” si imbronciò Yamada.
Arioka sorrise: “Non tarderò” promise, scoccandogli un bacio sulla guancia e uscendo dalla porta.
Ryosuke allora ne approfittò per andare a sua volta a darsi una rinfrescata e mettersi comodo, aspettando poi il rientro di Kei.
Quando sentì la porta aprirsi, Yamada corse incontro al coinquilino il quale si congratulò subito con lui, passandogli poi le buste della spesa, affinché le sistemassero insieme.
“Allora, quando viene Arioka-kun?” gli chiese Kei, mentre lavava le verdure e Yamada apparecchiava.
“Non dovrebbe tardare, gli ho scritto che stavamo iniziando a preparare!”
“Ryo!”
“Cosa? Io ho fame, Kei-chan e la prospettiva della nostra cenetta mi stuzzica troppo!” ammise e Inoo rise, prendendolo in giro.
“Non troverai mai un fidanzato lo sai, se pensi solo a mangiare!” lo rimproverò scherzoso e Yamada si strinse nelle spalle, fingendo di non dare troppo peso alle sue parole in quel momento.
Il campanello suonò pochi istanti dopo e Yamada corse alla porta ad aprire, accogliendo Daiki e richiamando il coinquilino.
“Kei, è arrivato!” disse, facendo accomodare il loro ospite.
Inoo si asciugò le mani e si presentò al nuovo arrivato.
“Molto piacere, signor maestro” lo salutò scherzoso. “Sono Inoo Kei, il coinquilino di Ryo-chan. È un piacere conoscerti, grazie per averlo aiutato.”
“Arioka Daiki, il piacere è mio. È stato un bravo allievo!” disse, guardando il più piccolo, il quale si era spostato, indicandogli poi una sedia. “Accomodati, adesso finiamo di preparare e accendiamo la pentola!” gli disse, lanciandogli qualche occhiata furtiva quando Kei era distratto e ridacchiando poi tra sé, cercando di non farsi scoprire dal più grande.
“Quindi è stata davvero una fortuita coincidenza che tu vivessi proprio qui sotto, neanche nei drama accadono queste cose!” commentò Kei, mentre mangiavano.
“Infatti, vero?” concordò con lui Yamada, mentre prendeva la sua seconda porzione e Kei gli dava un leggero colpetto al braccio.
“Comportati a modo!”
“Ho fame!” rispose semplicemente il più piccolo e Inoo guardò Daiki scusandosi con lui per i modi del coinquilino.
“Non ti preoccupare per me, conosco bene Ryosuke quando ha fame!” lo prese in giro.
“E questo cosa vorrebbe dire? Tu da che parte stai?”
“Ah, immagino, mentre studia poi gli viene ancora più fame, deve averti chiesto una pausa ogni mezz’ora!” Kei si schierò con Daiki, facendosi affettuosamente beffe di Yamada.
“Non è vero! Sono stato bravissimo a contenermi!”
“Ma se la prima volta che l’hai visto ti ha dovuto cedere i suoi cracker!” gli ricordò Kei e Yamada protestò.
“Kei-chan!”
I due ragazzi più grandi risero, osservandolo imbarazzarsi e Daiki lo guardò addolcendo l’espressione, scontrando discretamente il ginocchio con quello del più piccolo, sotto al tavolo.
“Oh, avanti, avete finito, lumache?” li riscosse Ryosuke, alzandosi per iniziare a sparecchiare. “Adesso voglio il dolce, me lo merito!” pretese, spostandosi in cucina, per prendere dei piatti puliti.
Arioka lo seguì, portando con sé le stoviglie usate, mentre Kei prendeva dal frigorifero la torta e disponeva i piatti puliti.
Yamada si voltò per osservare cosa stesse facendo Kei e, assicuratosi che non stesse facendo caso a quanto succedeva in cucina, si sporse a baciare velocemente Daiki sulle labbra.
“Resti dopo che Kei si ritira in camera, potremmo vedere un film?” gli chiese sottovoce.
Arioka gli sorrise e annuì: “Volentieri! Ah, aspetta… giusto per capire, non gliel’hai detto?” domandò e Yamada arrossì leggermente.
“Di noi?” chiese, sorridendo per l’espressione che aveva usato, trovando che usarla lo facesse sentire incredibilmente bene. “Per ora no… magari gli parlo tra qualche giorno” gli disse, guardandolo da sotto in su e Daiki lo aiutò a portare le posate in tavola.
“È davvero bella, Yama-chan!” gli disse Kei, prendendo il coltello da portata per disporre una fetta a ciascuno.
“Sembra soprattutto buonissima. Kei, mi regali la tua fragola?” gli chiese il più piccolo, allungando due dita verso il frutto, ma Inoo lo intercettò, colpendogli il dorso con il cucchiaio che stava usando per aiutarsi a impiattare.
“Cattivo” si offese Yamada. “Daiki, mi… ehi!” si scompose, vedendo l’altro ritirare il proprio piatto per impedirgli la medesima mossa. “Antipatico! Io sono quello da premiare, perché non mi volete dare le fragole?” protestò, rubandone allora una dalla torta, aggiungendola a quella che già aveva per sé.
“Sei impossibile!” ridacchiò Kei con fare esasperato. “Se continui così…”
“Sì sì” lo precedette Yamada. “Non troverò un fidanzato, me l’hai già detto!” ripeté, ma la cosa al momento non lo turbava assolutamente: lui aveva la sua torta. E Daiki. Ma questo a Kei, ancora, non era dato a sapere.
“Daiki è stato un piacere conoscerti, ma devi scusarmi se non resto ancora con voi, ma sono un po’ stanco e domani ho di nuovo lezione presto!” si scusò, mentre, dopo aver dato una mano a sistemare in cucina, precedeva i due, ritirandosi.
“Tranquillo, è stata una piacevole cena anche per me!” assicurò.
“Ah, Kei!” lo richiamò Yamada. “Daiki si ferma ancora con me, vediamo un film, ma terrò il volume basso!” gli spiegò, avvisandolo e il più grande annuì.
“Non c’è problema, lo sai che quando sono sfinito non sento nemmeno le cannonate! Buon film allora” gli disse e poi sorrise ai due, salutandoli, ritirandosi in stanza.
E non appena la porta si chiuse alle spalle di Kei, Daiki prese Yamada per i fianchi, attirandolo contro di sé per baciarlo, facendo ridere il più piccolo.
“Dai-chan!” lo riprese a bassa voce. “È appena andato via!” gli disse, fingendosi distaccato, ma allacciandogli le braccia al collo, assecondandolo. “Andiamo” gli disse, poi tirandolo per un polso, portandolo nella propria stanza. “Siediti pure sul letto e non badare al disordine, anzi, prima quando sei andato via ho anche un po’ sistemato, ma non è servito a molto” ammise, prendendo il telecomando e accendendo la spia dello schermo, sedendosi sul letto dove sentì Daiki abbracciarlo da dietro, per la vita, tirandolo contro di sé.
“Non hai intenzione di vedere un film con me, vero, Arioka-kun?” lo stuzzicò Yamada, ridendo a bassa voce, infilandogli una mano tra i capelli.
“Perché tu sì?” volle sapere il più grande. “Mi hai davvero chiesto di rimanere per vedere un film insieme?” chiese per conferma e Yamada lo lasciò un po’ sulle spine, prima di rispondergli.
“No, cioè, non proprio, volevo stare un altro po’ con te, per cui ti ho proposto un programma, ma possiamo anche fare diversamente, se hai idee alternative” affermò, sdraiandosi sui cuscini, attirando Daiki verso di sé, lasciandosi baciare.
“Ti ricordi che questo pomeriggio siamo stati interrotti?” gli chiese Arioka, infilandogli di nuovo la mano sotto ai vestiti e Yamada sospirò, rabbrividendo per quel tocco. “Pensavo che potevamo riprendere da dove siamo stati fermati” propose, scivolando con le labbra sul suo viso e lasciando scendere la mano ancora di più verso il basso, accarezzandogli una coscia da sopra i pantaloni, spostandosi verso il centro, dove prese in modo sensuale ad accarezzarlo vicino all’inguine.
Ryosuke sospirò, tendendosi verso quel tocco, inarcando la schiena e socchiudendo gli occhi a guardare Daiki; a sua volta lasciò scivolare le dita attraverso lo scollo della maglietta, carezzandolo alla base del collo, graffiandolo appena sentendo le sue attenzioni di volta in volta più invasive.
“Daiki…” mormorò con voce roca, fermandolo per le spalle, scostandolo da sé e scivolando meglio disteso sul materasso.
“La mia mi pare una valida alternativa al film, vero?” lo provocò Arioka, sorridendo maliziosamente e Ryosuke lo guardò con fare ironico, allungando le braccia slacciandogli i tre bottoni della maglia e chiedendogli di sfilarsela, dopo che Daiki salì cavalcioni su di lui.
Il più piccolo si fermò un istante a osservare l’altro, passandogli le mani sulle spalle e le braccia, deviando sul torace e lo stomaco, sentendo la sua pelle calda: si tese, mentre Arioka si abbassava su di lui e gli ricoprì il petto di baci, risalendo sul collo, cercandogli poi la bocca, sollevando i fianchi quando Daiki, con un gesto deciso gli prese l’elastico dei pantaloni, facendoglieli scivolare insieme alla biancheria, lungo le gambe.
Ryosuke li calciò via dal letto, sorridendo quando l’altro lo guardò arcuando un sopraciglio e sfilandosi a sua volta anche la maglietta, ribaltando poi le loro posizioni, sistemandosi tra le gambe di Daiki.
“E adesso cosa vorresti fare?” lo provocò Arioka.
Yamada non rispose, limitandosi a slacciargli piano i jeans, lasciando scivolare con lentezza la zip e abbassandogli appena la cinta di modo da poterlo sfiorare con la mano attraverso la biancheria. Lo guardò, soddisfatto nel vederlo sospirare e trattenere un gemito, mentre approfondiva il contatto, decidendosi a spogliarlo per riuscire a muoversi meglio con le sue carezze, restando entrambi nudi, studiandosi dapprima con lo sguardo e poi in un incontro di labbra e mani, pelle contro pelle.
Yamada rotolò di fianco, lasciandosi di nuovo stendere sul materasso, infilandosi sotto le lenzuola, aspettando che Daiki lo raggiungesse, sistemandosi poi su di lui; si lasciò baciare, prendendogli poi una mano e bagnandogli le dita, portandosele alla bocca, giocando a passare la lingua sulle falangi, guardandolo negli occhi, mentre esaustivo gli chiedeva con lo sguardo cosa desiderasse.
Daiki allontanò la mano, portandola sul suo sedere, cercando di prepararlo, mentre era scomparso completamente sotto le lenzuola, accarezzando il suo sesso con una mano e posandovi poi sopra le labbra, stimolandolo e distraendolo mentre si faceva spazio in lui.
Ryosuke gli strinse le spalle, intrecciando le dita dietro la sua nuca e stringendogli i capelli, decidendo da sé il ritmo del proprio piacere, fino a che non ne ebbe abbastanza di quella tortura e lo allontanò da sé prima che potesse lasciarsi completamente andare.
Daiki fece nuovamente capolino e Yamada ridacchiò, pettinandogli con le dita i capelli scomposti, prendendogli le guance, baciandolo con passione, mentre lo sentiva entrare in lui e spingersi lento, fino a fermarsi, attendendo paziente.
Arioka si scostò dalle sue labbra, facendo solo una pausa, prima di riprendere a baciarle, e tornando a stringere il suo sesso nella mano, muovendosi una prima volta in quel corpo caldo che l’accoglieva.
Si fermò di nuovo, vezzeggiando Yamada di carezze e baci ripetendo dopo un po’ lo stesso movimento, riuscendo a strappare all’altro un piccolo gemito di piacere e iniziando a muoversi con sempre più intensità dentro di lui, fino a che non lo sentì completamente partecipe, abbandonarsi al piacere e sciogliersi nella sua stretta, permettendogli poi di raggiungere a sua volta l’orgasmo poco dopo di lui, stretto nel suo calore.
Con attenzione, Daiki si stese al fianco di Ryosuke, svicolando via da lui e stringendolo tra le braccia: il più piccolo sorrise, abbracciandolo e sospirando di beatitudine.
Daiki lo strinse, circondandogli le spalle e baciandogli la fronte. Quando Yamada sollevò la testa verso di lui, si tese per dargli un bacio sulle labbra e gli sorrise, sentendosi incredibilmente felice.
“Non avremmo corso un po’?”
“Dici che abbiamo bruciato le tappe?” domandò divertito Daiki, tirandogli indietro i capelli e Yamada annuì. “Tu lo volevi?” gli chiese il più grande.
“Sì” mormorò Ryosuke con tono quasi dolce.
“Anche io, per cui direi che è giusto così e poi ormai ci frequentiamo da tempo, no?” la buttò sullo scherzo, spingendolo a distendersi e sistemandosi su di lui.
“Visto che adesso sei libero dallo studio, ti va di fare qualcosa insieme domani?” propose Daiki.
“Un appuntamento dici?” si illuminò Yamada, sollevandosi su un gomito e guardandolo.
“Esatto!”
“Mh, allora abbiamo bruciato le tappe sì!” rise il più piccolo e Daiki si sedette sul materasso, guardandolo con una buffa espressione.
“Dettagli!” sminuì, scendendo dal letto e cercando la biancheria per rivestirsi.
“Te ne vai di già?” chiese Yamada, inginocchiandosi sul letto, coprendosi con il lenzuolo.
“Sì, vado a dormire a casa, sarebbe un problema se domani Kei mi vedesse sgattaiolare via per colazione” ridacchiò, allacciandosi i pantaloni e poggiando le mani sul letto, sporgendosi per baciare il fidanzato. “A meno che non voglia venire tu giù con me!” gli propose maliziosamente. “Io vivo da solo!” appuntò.
Yamada ridacchiò, allacciandogli le braccia al collo, baciandolo in modo passionale.
“Ti accompagno alla porta” gli disse senza farsi tentare da quell’allettante proposta, indossando la biancheria e i pantaloni del pigiama, scortando Arioka all’ingresso, cercando di fare il meno rumore possibile.
“A domani, Dai-chan!”
“Buonanotte, Ryo, a domani” lo salutò il più grande, concedendo a entrambi un ultimo bacio.