Titolo: Love at first sight
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggio: Yaotome Hikaru, Inoo Kei, Arioka Daiki, Yamada Ryosuke
Pairing: Hikanoo; Ariyama
Rating: PG-13
Genere: AU, fluff
Warning: slash
Wordcount: 10.962
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la community
10disneyfic per il Set Mix con il prompt “Fulmine” e per la
500themes_ita con il prompt “benedire l’unione” .
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
Set MixTabella:
500themes Kei suonò ripetute volte al citofono senza ricevere alcuna risposta da parte del suo coinquilino, per cui, sospirando leggermente infastidito, aprì da sé il portone d’ingresso e osservò sconsolato la tromba di scale che si preparava a fare, carico di buste della spesa. Non si sarebbe mai abituato, nonostante abitasse in quel palazzo da un anno e mezzo ormai, continuava a domandarsi a cosa stesse pensando quando aveva firmato il contratto, consapevole che, ogni volta, avrebbe dovuto fare quattro piani di scale a piedi, poiché l’edificio era sprovvisto di ascensore.
Salì piano i primi gradini, sentendo già l’affanno crescere e il cuore aumentare i battiti; forse, ponderò, sarebbe stato meglio non fare tutte quelle scorte o aspettare Yamada per andare insieme dopo pranzo a fare la spesa. Eppure era strano che non gli avesse risposto, gli aveva detto che l’avrebbe aspettato per pranzare insieme e che se avesse avuto bisogno sarebbe sceso a dargli una mano, invece doveva essere uscito.
Bell’amico! Pensò, salendo al secondo piano, cambiando il peso delle buste da una mano all’altra, mero tentativo di illudersi che in quel modo avrebbe sentito meno la fatica; si portò un braccio sulla fronte, sentendosi velocemente accaldato per la camminata e la salita; nel fare quel movimento, non prestò più molta attenzione a quello che stava facendo, finendo per mettere un piede in fallo su un gradino, sbilanciandosi pericolosamente all’indietro. Si volse di scatto, lasciando andare una busta per tentare di reggersi alla ringhiera, sentendo anche questa scivolargli dalle dita: era pronto all’impatto con il suolo quando si sentì tirare in avanti e ritrovare l’equilibrio, mentre un sottile profumo di dopobarba gli invase i senti.
“Tutto bene?” domandò una voce, preoccupata.
Kei batté le palpebre confuso, scostando il capo dal petto contro il quale era stato attirato, sollevando lo sguardo, incrociando quello di un ragazzo dai capelli castani, il quale gli sorrideva.
“Tutto a posto?” domandò nuovamente quello, scendendo due gradini per raggiungerlo, accertandosi delle sue condizioni e Kei annuì semplicemente, prima di ritrovare l’uso della parola.
“Eh? Ah, sì, sì… credo di sì. Grazie a te!” aggiunse. “Io stavo…”
“Stavi per cadere, l’ho visto. Meno male che scendevo proprio in questo momento, altrimenti avresti fatto la fine di quelle uova!” scherzò, per stemperare la tensione per lo spavento e Kei voltò il capo verso il punto indicato dal ragazzo, osservando la propria spesa fuori dalla busta e la confezione di uova, ormai completamente inservibili.
“Oh no!” disse, voltandosi di scatto e scendendo un gradino, poggiando il piede su un pomodoro, schiacciandolo e sbilanciandosi di nuovo all’indietro, ma salvato prontamente di nuovo dall’altro ragazzo che, scendendo di un passo, lo prese da sotto le braccia, rimettendolo dritto e restando dietro di lui; Kei sentì il petto del ragazzo aderire alla sua schiena e un leggero calore attraversargli i vestiti, facendogli accelerare i battiti del cuore, inspiegabilmente.
“Vuoi proprio farti del male oggi, eh?” scherzò il ragazzo, ridendo. “Aspetta qui!” gli consigliò, scendendo velocemente lui i gradini rimasti e rimettendogli la spesa nella busta, risalendo e tendendogli i manici bianchi.
“Ecco, tieni!” disse, mostrandogli quel sorriso che Kei trovava bellissimo, nonostante i canini leggermente sporgenti.
“Gra… grazie… scusami!” riuscì solo a dire Kei, guardando il macello che aveva combinato e che avrebbe dovuto pulire presto.
“Figurati! Sta’ attento però. Ti aiuterei a portare la spesa, ma sono di fretta” si offrì gentilmente, ma Kei scosse il capo, gesticolando con le buste.
“No, no, scherzi, non importa, anzi, grazie e mi dispiace averti trattenuto” si affrettò a dire.
“Di niente… buona giornata!” lo salutò, scendendo le scale e salutandolo con la mano.
“Anche a te, ciao…” ricambiò Kei, ancora stordito, vedendolo sparire dalle scale.
Si ravvide poi quando sentì un rumore provenire dal quarto piano e una voce più familiare, stavolta, chiamarlo.
“Kei-chan?”
Sollevò la testa e vide Yamada sporgersi dalla ringhiera, salì velocemente le ultime rampe rimaste e notò l’aspetto dimesso del giovane coinquilino.
“Ryo… allora c’eri” sbuffò.
“Eri tu che hai citofonato prima?” gli chiese questi, prendendogli una busta di mano ed entrando in casa, seguendo il più grande.
“Mi dispiace” si scusò, chiudendosi la porta alle spalle. “Ero in bagno e non…”
“Ciao, Dai-chan!” urlò Kei, mentre entrava in cucina. “Lo so che sei qui, per cui puoi anche uscire dalla camera!”
Yamada spalancò la bocca, posando la busta sul tavolo, vedendo Kei prendere dall’armadio della cucina un rotolo di carta assorbente.
“Ciao, Kei-chan!” lo salutò un altro ragazzo, entrando nella sala, ridendo e sedendosi su una sedia, vicino a Yamada.
“Come hai fatto?” chiese Ryosuke a Kei, ma guardando Daiki, il suo ragazzo, il quale si strinse nelle spalle, allargando le gambe, attirando Yamada per i fianchi facendogli spazio; lo abbracciò in vita, posando la guancia contro la sua pancia, mentre questi gli circondava le spalle.
“Non sono scemo come sembro, è da un po’ che va avanti, no? Non capisco solo perché non me l’abbia detto prima, invece di usare fallimentari stratagemmi, come distrarmi mentre Daiki esce di nascosto da casa nostra o uscire come un ninja dopo cena dopo che mi hai detto che eri stanco e ti saresti ritirato perché volevi dormire. Ah e poi…” si volse, guardandolo, avvicinandosi a lui, mentre Daiki rideva, nascondendo il viso contro la sua maglia, “hai la maglietta al rovescio, sei tutto spettinato e quello è un succhiotto!” elencò, poggiandogli il dito contro la pelle del collo.
Yamada si portò una a mano a coprire il segno, mentre Daiki rideva sempre più forte.
“Cosa ridi tu? Guarda che è colpa tua! Mi distrai in continuazione! E mi stai sempre dietro! È logico che se ne sia accorto!” lo rimproverò.
“Io te l’avevo detto di dirglielo. E se non vuoi che ti giri più attorno basta dirlo!” finse distacco, spingendolo via da sé.
“No! No!” si affrettò a rettificare Yamada, abbracciandolo in collo, facendo nuovamente ridere Daiki che tornò a stringerlo.
“Dei miei!” sbuffò Kei, sollevando gli occhi al cielo.
“Non volevo nascondertelo, ma è che stiamo insieme da poco e non sapevo come…”
“Sei mesi me lo chiami poco tempo?” domandò il più grande.
“Beh… ma quello che c’entra, quello era perché ci stavamo conoscendo e poi dovevamo vedere come andava e…”
“Avete fatto sesso in questi sei mesi? Dopo che lo fai cinque volte per me state insieme. E poi una volta vi ho visti e non sembrava molto una cosa destinata a non sfociare in niente” commentò.
“Che razza di regola è? E poi… cosa?” urlò Yamada, tirando i capelli al suo ragazzo che non la smetteva di ridere, stavolta in modo decisamente più rumoroso.
Quel discorso aveva un che di surreale, Ryosuke stentava a crederci.
“Non è colpa mia!” si giustificò Kei. “Dovevi accertarti che io non fossi in casa!” si strinse nelle spalle, colpendolo sulla testa con il rotolo e mettendogli poi in mano uno smacchiatore.
“Che cosa è?”
“Per colpa tua sulle scale sono quasi caduto e ho rotto le uova, bisogna pulire!” gli disse, spostandosi per sistemare la spesa nelle buste. “Secondo piano!” lo indirizzò, muovendo poi una mano facendogli cenno di sbrigarsi.
“Eh?” Yamada guardò Daiki sconvolto e questi si alzò, baciandogli una guancia. “Andiamo, ti aiuto io!” si offrì, trascinando fuori il ragazzo che aveva iniziato a borbottare contrariato.
*
“Kei-chan?”
Yamada bussò alla porta della camera del più grande, accostandola quando gli fu dato il permesso di entrare, si affacciò trovando l’altro sdraiato sul letto che leggeva; la stanza era avvolta nella penombra, le tapparelle abbassate e la stanza illuminata dalla poca luce della lampada sul comodino.
“Studi?” gli chiese, non volendo disturbare e Kei scosse il capo.
“Iniziavo a leggere il programma per vedere cosa devo fare. Entra pure!” lo invitò, sedendosi sul letto e spostando il libro.
Yamada sorrise e chiuse la porta, prima di avvicinarsi e salire sul letto del coinquilino, stendendosi accanto a lui.
“Mi spiace Kei per averti tenuto all’oscuro di quello che stava succedendo con Daiki, ma mi sembrava troppo bello per essere vero e non volevo che, insomma…”
“Ho capito, stai tranquillo, non mi sono offeso. Anzi, sono felice per te, mi piace Daiki, siete una bella coppia!” gli disse sincero.
“Abbiamo la tua benedizione, allora?” scherzò Yamada, vedendo Kei annuire in modo solenne.
“Assolutamente!”
Yamada ridacchiò, poi abbassò appena lo sguardo: “Ecco, volevo anche dirti che mi dispiace che ci abbia sorpresi…” arrossì.
“Figurati, non sono rimasto a guardare… quando me ne sono reso conto sono uscito” ammise, scompigliandogli i capelli affettuosamente.
Yamada annuì e poi allungò un braccio sotto la coscia di Kei, per fargli distendere le gambe, usandole come cuscino per la testa.
“Me le fai le coccole?” gli chiese, guardandolo con un sorriso, facendo ridere l’altro.
“Non c’è Daiki per questo?” lo prese in giro, mentre gli posava comunque le mani sulla fronte e gli premeva leggermente le dita sulle tempie, muovendole in modo circolare.
Yamada chiuse gli occhi, rilassandosi sotto il tocco gentile di Kei; gli piaceva quando l’altro si prendeva cura di lui, era bravo a mandare via la stanchezza e a farlo rilassare, la prima volta che era successo, Yamada si lamentava di una forte emicrania dovuta allo studio e quando Kei l’aveva visto frugare nella cassetta del pronto soccorso per cercare qualcosa che ne alleviasse il dolore, l’aveva intercettato, proponendogli un rimedio naturale.
Inizialmente era stato scettico, non credeva possibile che ci sarebbe potuto riuscire, invece quando Kei gli aveva chiesto di stendersi e poggiare la testa sulle sue gambe, proprio come quella sera, e aveva iniziato a massaggiarlo, Yamada si era sentito pian piano meglio.
Adorava quei momenti, gli infondevano sensazioni piacevoli e lo facevano sentire sereno.
Kei osservò il volto del più piccolo, rilassato e tranquillo e gli tolse gli occhiali da vista, poggiandoli sul letto, chiudendogli le mani a coppa sugli occhi, scivolando via di nuovo in una carezza verso la fronte, sentendolo sospirare.
“Non ti addormentare!” gli intimò divertito, accarezzandogli i capelli, vedendo l’altro annuire.
“Mhmh” mugolò.
“Le ultime parole famose, Ryo” scherzò, pizzicandogli una guancia e vedendo l’altro aprire gli occhi.
“Eddai!”
“No, ogni volta poi finisce che mi occupi il letto e sei pesante da riportare in camera!”
“Ma il tuo letto è grande, ci stiamo anche in due!” obbiettò, “Sei cattivo, Kei-chan!” mise il broncio.
Kei rise.
“Cosa direbbe Dai-chan se ti vedesse adesso?” lo stuzzicò e vide Yamada sollevare gli occhi su di lui.
“Lui lo sa che sono innamorato di lui. E poi tu sei tu. Non potrebbe mai succedere nulla” gli sorrise e vide il volto di Kei scurirsi un istante.
“Ah!” si sollevò a sedere di scatto, spiegandosi. “Non volevo dire che non mi piaci Kei o altro. Sono sicuro che tu saresti un perfetto fidanzato, ma-”
La risata di Kei lo costrinse a fermarsi e il più grande gli mise le mani sulle spalle.
“È per questo che mi piaci e che ti voglio bene, Yama-chan!” gli disse Kei. “Non hai capito, non mi hai offeso o altro, stavo solo pensando a una cosa” gli disse, scuotendo il capo.
“E cosa? Non doveva essere bella, perché ti sei intristito!” commentò il più piccolo, mentre Kei lo faceva stendere di nuovo su di sé, riprendendo ad accarezzargli i capelli.
“Non è importante, lascia stare” minimizzò, ma Yamada gli fermò una mano, interrompendolo.
“Sì, invece, parlamene. Se vuoi, io ti ascolto” si offrì, lasciandolo andare, sentendo di nuovo quelle mani su di sé.
“Sei innamorato di Daiki?” gli chiese Kei.
“Mh, sì…”
“Come hai capito di esserlo? Nel senso come… come ti sei sentito?”
“Mmm” Yamada ci pensò un attimo, poi rispose. “Non lo so… è successo per caso, quando ho scoperto che oltre ad abitare nello stesso palazzo frequentavamo la stessa università abbiamo iniziato a uscire come amici. Daiki, essendo mio sempai, mi ha aiutato molto a preparare esami che aveva già dato, mi consigliava, credo che sia successo tutto in modo molto graduale” spiegò.
“Quindi è una cosa nata con il tempo? O ti piaceva già?” volle sapere Inoo.
Yamada ci pensò su.
“Non direi… per lo meno, che mi sia piaciuto subito quello sì, però ho sviluppato pian piano la mia dipendenza da lui, ma è una cosa di cui non ne ho avuto coscienza, ne ho preso atto nel momento in cui quando non era con me mi mancava, anche se avevamo passato tutto il pomeriggio insieme e ci eravamo salutati da poco. Mi rendevo conto che quando stavo con lui stavo bene e quando invece eravamo separati ero a disagio” elencò, ricordando il periodo in cui si era pian piano reso conto di stare provando per Daiki qualcosa di più profondo della semplice amicizia.
“Quindi è così che lo capisci…” mormorò tra sé Kei e Yamada lo guardò perplesso.
Il più grande sorrise e gli permise di alzarsi, raggomitolandosi poi con le ginocchia al petto gli chiese: “Tu ci credi nel colpo di fulmine?”
Yamada lo guardò un istante, pensandoci su, poi rispose.
“Sì. Non posso dire che quello che sia successo a me lo sia, te l’ho detto, però di certo qualcosa mi ha colpito subito. Perché?” domandò poi, conscio che quella chiacchierata non avesse realmente come punto focale il suo rapporto con Daiki, ma vi fosse sotto dell’altro.
“Mh… ecco io credo di essermi innamorato!” confessò.
“Eh? Quando? Chi è?”
“Non lo so…” Kei scosse il capo. “Non ho idea né di chi sia, né come si chiami. Stamattina, mi è successa una cosa strana, ricordi le uova che ho rotto?” gli disse.
Yamada fece un cenno d’assenso con il capo senza interromperlo.
“Beh, stavo per ruzzolare io giù dalle scale insieme a loro se non fosse che un ragazzo che scendeva mi ha afferrato prima che cadessi” riassunse.
“Ma è uno del palazzo?” chiese Yamada, attento.
“Non lo so, non credo, non l’ho mai visto, magari era amico di qualcuno ed era qui in visita” suppose, stringendosi nelle spalle.
“E non gli hai chiesto come si chiamava? Che aspetto aveva?” lo interrogò, sedendosi sulle ginocchia, in attesa.
“Non so niente. Non ne ho idea!” gesticolò Kei. “Non gli ho chiesto come si chiamava, a mala pena credo di averlo ringraziato, ho fatto una figuraccia dopo l’altra, ma…” fece una pausa e Yamada restò in attesa, allora Kei gli prese un polso e si portò la mano dell’amico al petto, sul cuore.
Ryosuke sollevò su di lui uno sguardo sorpreso.
“Batte velocissimo!”
“Vero? Batteva così anche stamattina quando ero con lui” ammise arrossendo, lasciandogli andare la mano. Yamada, intenerito, gli si avvicinò e lo abbracciò.
“Sai una cosa? Credo proprio che il tuo sia un colpo di fulmine!” sorrise.
*
Quando la sveglia suonò, Kei la spense mugolando infastidito, odiandola un po’; non aveva voglia di alzarsi, non ricordava di aver mai dormito così male e si sentiva troppo stanco. Non aveva voglia di andare a lezione, però doveva, il professore era abbastanza pignolo e sul voto all’esame incideva anche il numero di presenze alle sue lezioni, per cui si costrinse ad alzarsi; si rigirò nel letto, sorridendo quando trovò a un palmo dal proprio viso quello di Yamada, beatamente addormentato.
Eppure l’aveva avvertito di non appisolarsi! Pensò, salvo poi scuotere il capo e ammettere che in fondo la presenza dell’altro accanto a sé non era mai fastidiosa, anzi, a volte avrebbe anche dovuto ringraziarlo perché gli stava così vicino, come la sera precedente, quando aveva ascoltato i suoi dubbi e insieme avevano parlato a lungo del ragazzo misterioso di cui Kei si era innamorato.
Gli accarezzò i capelli, cercando di destarlo, sebbene sapesse quanto avesse il sonno profondo se neanche la sveglia l’aveva turbato e accostò il volto al suo, soffiandovi sopra, passandogli un dito sulle labbra, giocando con quello inferiore, divertito nel vedere poi Yamada voltarsi infastidito e sollevare una mano per eliminare quella fonte di disturbo.
Kei ridacchiò, lasciandolo e riprendendo ad accarezzargli la testa, scuotendolo poi per una spalla.
“Ryo…” si decise infine a chiamarlo.
“Dai-chan…” mormorò l’altro in risposta e Kei lo guardò dolcemente.
Inoo lo chiamò con maggiore convinzione, vedendolo poi aprire gli occhi e guardarlo confuso, ancora mezzo addormentato.
“Buongiorno tesoro, è stato bellissimo!” mormorò con voce suadente, vedendo Yamada spalancare gli occhi di scatto e mettersi a sedere, indietreggiando velocemente, cadendo dal letto.
“Ahia!” si lamentò, con la schiena contro il pavimento e le gambe sul materasso.
Kei rise, gattonando verso di lui e tirando fuori la lingua.
“Scherzo, scemo!” lo prese in giro.
“Kei… non sei divertente di prima mattina!” lo rimbrottò il più piccolo, sollevandosi e restando seduto sul pavimento, grattandosi la testa.
“Non ti preoccupare, l’hai detto anche tu, non può succedere nulla, ci sarebbe un notevole conflitto di interessi!” gli spiegò per farlo stare tranquillo e Yamada prima lo guardò qualche secondo confuso, poi fece un’espressione buffissima, quando comprese di quali interessi stesse parlando l’altro, che divertì non poco il più grande.
Si alzò in piedi, scompigliando i capelli scuri di Inoo con entrambe le mani e uscendo dalla camera.
“Vado a preparare la colazione, tu preparati, scemo!” lo riprese a sua volta.
Kei si distese di schiena sul materasso, lasciando penzolare la testa fuori dal letto e annuendo da quella strana posizione.
“Grazie!” urlò quando Yamada si chiuse la porta alle spalle, rimettendosi composto e iniziando a prepararsi.
“Io vado!” salutò Kei, uscendo di casa e scendendo velocemente le scale, per recuperare quei pochi minuti di ritardo che aveva accumulato.
Saltò gli ultimi due gradini giungendo al pian terreno e correndo verso il portone, spalancandolo e andando a sbattere contro qualcuno.
“Oooh!” esclamò, indietreggiando, ma tenuto in piedi da due mani che si strinsero alle sue.
“Attento!” lo riprese una voce che Kei riconobbe immediatamente, tanto che sollevò sorpreso lo sguardo, incredulo.
“Oh, ma sei tu!” lo stesso ragazzo del giorno precedente lo guardò con un sorriso. “Dovremo smettere di incontrarci così, però!” scherzò e Kei mentalmente si disse che l’altro aveva ragione, anche perché quello che ci faceva delle pessime figure era sempre e solo lui.
“Buongiorno!” gli sentì dire, mentre lo lasciava andare.
“Buongiorno” rispose Kei, inchinandosi leggermente.
“Devi uscire?” gli disse quello, facendogli spazio, tenendogli aperto il portone con il piede e Kei notò che indossava una tuta da ginnastica e che aveva il fiato leggermente accelerato e il volto arrossato.
E di nuovo lo trovò bellissimo, come quel sorriso così particolare che gli rivolgeva.
Annuì, non riuscendo a fare altro.
“Devo andare a lezione” gli disse, ridestandosi immediatamente, cercando di ritrovare la calma, ignorando il proprio cuore che aveva di nuovo iniziato a battere furiosamente.
“Allora non ti trattengo, buona giornata!” gli disse, cedendogli il passo.
Kei tenne il portone con una mano, sfiorando distrattamente le dita dell’altro che le ritirò subito, procedendo verso le scale. Kei si volse a guardarlo e vedendolo salire i primi gradini lo richiamò a sé.
“Ah, scusa!”
Il ragazzo si volse e lo guardò sorridendo, in attesa.
“Io mi chiamo Kei!” gli disse, sentendosi emozionato per una cosa così semplice.
“Piacere, Kei!” gli disse l’altro e Inoo sorrise e fu quasi convinto che il battito del proprio cuore si potesse udire riecheggiare per tutto il palazzo. “Devo andare! Arrivederci!” gli disse, confuso, senza dargli tempo di presentarsi a sua volta, correndo alla fermata.
*
“Cosa hai fatto?”
“Lo so, lo so, sono un’idiota!” fece ammenda Kei, abbassando la testa, prendendo l’onigiri e guardandolo con fare annoiato.
“Non volevo dire questo!” si scusò con lui Yamada, dall’altra parte del telefono. “Solo avresti dovuto chiedergli il suo, non dirgli il tuo nome” disse, con un tono leggermente divertito nella voce.
“O so” borbottò Kei, masticando il riso e prendendo un sorso di tè, lanciando uno sguardo annoiato al libro che aveva aperto davanti, sfogliandone le pagine. “Questa roba non mi entrerà mai in testa!” si lamentò il più grande con l’altro, chiudendo il volume e finendo di pranzare; era uscito dall’università dopo quattro pesantissime ore di lezione e si era accomodato al bar vicino alla facoltà per mettere qualcosa nello stomaco, prima di rimettersi a studiare. Non che avesse avuto chissà quale concentrazione quella mattina, perché aveva pensato tutto il tempo al ragazzo misterioso e poi aveva voglia di sfogarsi con l’amico per raccontargli di quella sua geniale presentazione.
“Torni a casa? O hai ancora lezione?” chiese Ryosuke, distogliendolo dai suoi pensieri.
“Vado in biblioteca, a casa mi distrarrei troppo facilmente o mi apposterei davanti alla finestra per vedere se effettivamente va e viene dal nostro palazzo come fosse casa sua” fece dell’autoironia.
“Non fatico a immaginare la scena, ti dirò” gli rispose la voce divertita del più piccolo e Kei non poteva dargli tutti i torti.
“Sembro un povero pazzo!” rise Kei, finendo il proprio pranzo e conservando le proprie cose nella borsa.
“Ci vediamo direttamente stasera!” lo informò, prima di chiudere.
“Ah, aspetta, Kei-chan” lo richiamò l’altro.
“Mh?”
“Non tardare stasera!”
“Perché?”
“Ho invitato a cena Daiki e ci sarà anche un ospite. Suo fratello, dice che vuole presentarmelo” mormorò e Kei che lo conosceva bene immaginava fosse arrossito.
“Wow, siamo già a questo punto?” lo prese bonariamente in giro Kei, sentendolo mormorare di disappunto.
“Lo pensi anche tu, vero? Io non volevo, gliel’ho detto che non voglio, ma ha insistito, mi ha minacciato!” gli disse.
“Ah sì?”
“Sì, ha detto che non mi avrebbe più portato in quel bellissimo negozio dove fanno quei dolcetti buonissimi!” gli disse con tono sconvolto. “Ti pare? Non può farlo! Sarebbe una cattiveria gratuita!” si indignò e Kei sorrise.
“Yama-chan, è una cosa molto bella invece e sono sicuro che gli piacerai tantissimo. Ma non credo che io potrei fare molto, anzi, meglio se non ci sono!”
“Ma cosa dici, Kei! Io voglio che tu ci sia, tu ci hai dato la tua benedizione per quest’unione e… e poi è solo suo fratello!”
“Piuttosto, Dai-chan ha un fratello?”
“A quanto pare, ha un anno in più di lui, ma studia in un’altra città e non si vedono mai, e… insomma, me lo vuole presentare e io mi vergogno da morire! E se poi non gli piaccio?” si disperò, facendo sorridere Kei che iniziò a camminare, avviandosi verso la sua metà.
“Sono sicuro che gli piacerai, invece!”
“Ma i fratelli sono persone gelose di quelli minori. Magari pensa che io non sia abbastanza per Daiki e magari è vero e-”
“Ryo!” lo riprese Kei. “Non iniziare. Tu sei la persona che Dai-chan ha scelto e…”
“E…?” Yamada lo spronò a continuare, ma dall’altra parte ottenne solo silenzio. “E? Kei-chan? Pronto? Mi senti? Ma è caduta la linea?” parlava da solo. “Keeeei-chaaaan?” riprovò.
“Ryo!” la voce allarmata di Kei mise in allarme anche il più piccolo.
“Cosa? Che succede?” si preoccupò.
“È qui! È lui!”
“Dove? Chi?” gli chiese confuso Yamada dall’altra parte.
“Lui, Ryo. Ti devo lasciare!”
“Eh? Kei, no, che cosa fai?”
“Lo seguo. Devo andare adesso, ci vediamo stasera!” lo salutò, lasciando il più piccolo a parlare da solo.
Si infilò il cellulare in tasca, sistemandosi la borsa a tracolla, camminando piano, cercando di restare abbastanza vicino al giovane, ma senza dare nell’occhio: doveva seguire le sue mosse e poi decidere come agire.
Doveva parlargli, possibilmente senza fare ulteriori figure che l’avrebbero reso ancora più scemo ai suoi occhi; vari scenari d’azione si erano figurati nella sua mente, ma li aveva scartati uno dopo l’altro.
Percorsero diversi metri quando Kei vide il ragazzo fermarsi e guardarsi intorno leggermente spaesato; stava per farsi vedere, fingendo di capitare lì per caso, ma quando mosse il primo passo lo vide sollevare un braccio e fare cenno verso qualcuno.
“Yuuyaaaan!” chiamò, allungando sulle vocali.
Kei guardò in direzione della persona alla quale il ragazzo si stava rivolgendo e vide un ragazzo alto e molto bello accelerare il passo verso di lui, abbracciandolo quando si rincontrarono. Li vide chiacchierare e salutarsi entusiasti, dandosi delle pacche sulle spalle e notando come non avessero ancora smesso di mantenere un contatto fisico tra loro. Vide il ragazzo misterioso sorridere con tutto il viso, scompigliando i capelli dell’altro e chiacchierando, ancora sul marciapiede, prima di decidere la meta e tornare indietro, verso di lui: si nascose allora contro il muro e quando gli passarono di fianco, fortunatamente senza accorgersi della sua presenza, li sentì parlare e il ragazzo del mistero affermare in modo dolce.
“Mi sei mancato, Yuuyan!” e a quell’affermazione il cuore di Kei perse un battito e poi un altro quando l’altro rispose.
“Anche tu, moltissimo! Non vedevo l’ora di rivederti!”
*part2*