Titolo: Ma ni au nara I wanna hold ya (Se c’è ancora tempo vorrei abbracciarti) [One in a million - Yamashita Tomohisa-]
Fandom: RPF - Hey! Say! JUMP
Personaggio: Yaotome Hikaru, Yabu Kota, Inoo Kei
Pairing: Hikabu, Inoobu
Rating: R
Genere: AU, angst
Warning: slash, !dethfic
Wordcount: 2.227
fiumidiparoleNote: la storia è scritta per la
think_angst per il set Dialoghi con il prompt “Nessuno ti ha obbligato a metterti con me” e per la
500themes_ita con il prompt ‘i venti del cambiamento’.
Inoltre quanto segue è un piccolo prequel di
questa storia.
Disclaimer: I protagonisti di questa storia non mi appartengono, non li conoscono personalmente e i fatti di seguito descritti non hanno fondamento di verità. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Tabella:
DialoghiTabella:
500themes Hikaru sollevò lo sguardo dal libro quando sentì Kota inginocchiarsi accanto a lui e posare un bicchiere di tè sul tavolo sul quale il ragazzo stava studiando.
“Grazie!” gli sorrise, voltando la testa e sfiorandogli le labbra con le sue, sentendo l’altro circondargli la vita con le braccia, attirandolo seduto su di sé.
“Kota, devo studiare!” lo riprese Hikaru divertito, abbandonandosi però contro il suo petto e sorseggiando il tè.
“E chi ti sta dicendo niente” gli rispose Yabu, posando le labbra sul suo collo, baciandolo piano, prendendogli poi il bicchiere dalle mani e posandolo sul tavolo, di modo da poter intrecciare le dita con le sue e farsi accarezzare.
“Non dici niente, ma le tue azioni sono molto chiare” controbatté il più piccolo, voltandosi completamente verso Kota, sedendosi su di lui.
“Ma mi sembra che tu abbia poi tutta questa voglia di studiare… io ti metto alla prova, dovresti dirmi di no qualche volta” lo prese in giro, portando le mani sotto la felpa, carezzandogli la schiena.
“Come se fosse facile” sospirò Hikaru contro le sue labbra, sollevandosi sulle ginocchia, tornando a baciare il fidanzato, facendo in modo che scivolasse meglio contro la seduta del divano.
“Mhmh” mugolò Yabu, passando il dorso della mano sul suo petto, sfuggendo dispettoso quando sentiva Hikaru tendersi maggiormente verso di lui.
Quando la situazione stava piacevolmente degenerando però, il suono del campanello alla porta li interruppe.
“Dimmi che non stai aspettando nessuno” chiese Yabu scivolando dalle sue labbra al collo, passando distrattamente una mano sul cavallo dei pantaloni, per fargli capire cosa si sarebbe perso se la risposta fosse stata negativa.
“Purtroppo sì…” dovette ammettere Hikaru, passando una mano tra i capelli dell’altro, cercando di sottrarsi al suo abbraccio di malavoglia. “Te l’ho detto che dovevo studiare e ho chiesto a Kei se poteva darmi una mano… lui ha già dato questo esame” gli spiegò, tra gli ansimi, cercandogli di nuovo le labbra, sollevandosi e stringendogli la mano prima di andare ad aprire.
“Scusa, Hikka, sono in ritardo?” chiese il più grande, entrando in casa e togliendosi le scarpe.
“No, tranquillo, Kei, spacchi il minuto!” gli disse il padrone di casa con un sorriso.
“Tempismo perfetto!” sentirono mormorare Yabu dalla cucina e Hikaru scosse il capo in risposta allo sguardo interrogativo di Kei.
“Vieni, grazie per essere venuto, so che hai già studiato queste cose, ma ci sono delle parti che proprio non comprendo” gli disse, mentre lo faceva accomodare sul pavimento e apriva i libri.
“Ciao, Kei-chan!” Yabu fece capolino nella sala, muovendo una mano a salutare il più piccolo che gli sorrise, chinando leggermente il capo e concentrandosi poi su Hikaru che aveva iniziato a mostrargli l’argomento su cui stava riscontrando delle difficoltà.
*
“Grazie mille, Kei-chan!”
Era ormai sera quando i due ragazzi avevano finito di studiare e Hikaru si stiracchiò, sentendo i muscoli del corpo completamente intorpiditi per le lunghe ore in cui erano stati seduti.
“Di nulla, sono felice di esserti stato d’aiuto, vedrai che se ricordi questi punti fondamentali prenderai un bel voto. Ora però devo andare!” gli disse Inoo, alzandosi e sorridendo al più piccolo.
“Ah, ma è buio fuori, a che ora hai la coincidenza?” domandò Hikaru. “Mi dispiace, non mi sono reso conto che fosse così tardi!”
“Non ci sono problemi, dovrebbe ancora esserci un autobus!” lo rassicurò il più piccolo.
Kota che aveva sentito i due parlare si avvicinò in sala: “Posso accompagnarti io se vuoi? Hikka, pensavo che potevo uscire a comprare qualcosa di pronto per cena…” propose.
“Ah sì, se Kei-chan si vuole fermare…”
“No, grazie, Hikka, domani devo alzarmi presto e devo sistemare alcune cose in casa.”
“Beh, allora davvero, lascia che Kota ti accompagni, arriveresti in meno tempo!” cercò di persuaderlo, “Tanto aveva già intenzione di uscire.”
Inoo guardò il più grande un istante e scosse le spalle: “Se non ti torna male…” concesse e Kota annuì.
“Nessun problema, anzi, sarà un piacere, mi devo sdebitare per il disturbo perché il mio ragazzo è un asino” disse, passando vicino a Hikaru e scompigliandogli i capelli.
“Ehi, non è vero!” si difese Yaotome, dando un colpo al petto a Yabu, cingendogli la schiena e facendosi abbracciare. “Come sei antipatico!” borbottò, facendo ridere il più grande che gli accarezzò la schiena, sfiorandogli le labbra per salutarlo.
“Torno presto!” assicurò.
“Sarà meglio!” rise Hikaru, baciandolo di nuovo e Kei distolse lo sguardo dai due leggermente a disagio, iniziando a infilarsi le scarpe e aspettando che Yabu lo imitasse per uscire insieme.
“Grazie ancora Kei!” lo salutò Hikaru fermo sulla soglia, guardando i due salire in macchina e poi allontanarsi nel traffico.
Il viaggio per i due ragazzi passò nel silenzio più assoluto, interrotto solo dalla voce del più piccolo quando Yabu fermò l’auto nel parcheggio e Kei scese con una certa urgenza.
“Grazie per avermi accompagnato!” disse, chiudendo lo sportello e tirando fuori le chiavi del portone, sentendo poi la voce di Yabu richiamarlo, cosa che si sarebbe volentieri evitato.
“Kei!” ripeté il più grande vedendo che non si era voltato. “Kei…” riprovò più piano, fermandosi dietro di lui, senza toccarlo.
“Cosa c’è?” chiese Inoo, senza voltarsi, giocherellando con il mazzo di chiavi fingendo di cercare la chiave giusta tra quelle appese.
“Lo sai che c’è” mormorò Yabu, sollevando una mano posandola sulla sua spalla, ma vedendo Inoo scuoterla per evitare che lo sfiorasse.
“L’unica cosa che so è che sei un bravissimo attore Kota, ti faccio i miei complimenti!” gli disse sarcastico, voltandosi verso di lui, guardandolo con espressione ferita, mordendosi le labbra per cercare di contenere tutti i pensieri che aveva e non lasciare che si trasformassero in parole.
“Mi dispiace, Kei” parlò piano l’altro, chinandosi e poggiando la fronte contro la sua, incorniciandogli il volto con le mani.
“Non hai intenzione di dirglielo, vero?”
“No, non è questo, io vorrei, ma non è facile, sto aspettando il momento migliore…”
“E come pensi di creare il momento migliore continuando a essere gentile con lui e illuderlo?”
“Io… che vuoi che faccia? Dovrei essere scortese con lui e ignorarlo dopo quello che gli sto facendo?”
Kei spalancò gli occhi.
“Quello che gli stai facendo, Kota? Questa te la potevi risparmiare! A me non pensi? Grazie tante!” gli gridò contro e Yabu gli prese una mano, cercando di calmarlo. “Odio doverlo dire Kota, ma davvero, a me non pensi? E quello che stai facendo a me? Anche io ci sto male, sai? Anche a me non piace questa situazione e sarebbe stato meglio se quel giorno non ti avessi mai incontrato!” recriminò, voltando il capo.
“No, Kei non dirlo! Perché io sono stato felice di incontrarti quel giorno… io…”
“Beh hai un modo molto strano di dimostrarlo, non trovi?”
“Kei, per favore, non è facile per me, cerca di capirmi?”
“Vuoi ancora tempo? Vuoi altri quattro mesi? E poi ne vorrai quanti? Sei? Poi diventeranno un anno e questa relazione diventerà qualcosa che non potremo più sostenere e io non voglio più nascondermi, non voglio più dover assistere a… a scene sdolcinate come quella di poco fa!” lo rimproverò. “Perché fa male anche a me! Tu pensi sempre e solo a Hikaru, ma solo perché io sono quello che ti sta portandoo via a lui non devo essere per forza dipinto come quello cattivo. Non mi piace!” spiegò.
Yabu abbassò il capo, prendendogli le mani e stringendolo a sé, dispiaciuto per i pensieri che l’altro aveva fatto.
“Hai ragione, scusami. Io devo prendere una decisione e non posso chiederti di aspettarmi ancora.”
“Non lo stai facendo” parlò piano Kei, stringendolo a sua volta. “E sai comunque che ti aspetterei, Kota” disse, sollevando il volto verso il suo per guardarlo negli occhi. “Ti amo” confessò.
“Anche io, Kei…” rispose Yabu, posando la fronte contro la sua.
*
Kei si svegliò di soprassalto sentendo voci parlare concitatamente e sbarrò gli occhi, uscendo dal letto e cercando i propri vestiti sparsi per la stanza; si stava allacciando i pantaloni quando la porta della camera da letto si spalancò e vide Hikaru sorridere e scuotere il capo.
“Hikka…” mormorò, mentre Yabu dietro di lui lo chiamava a sua volta.
“Hikaru!”
“Cosa? Cosa vuoi ancora tentare di dirmi Kota?” domandò incalzante. “Quante balle ancora intendi propinarmi? Oh déi miei, sul nostro letto, Kota!” lo accusò, voltandosi verso il fidanzato.
“Mi dispiace Hikaru, volevo dirtelo, stavo solo aspettando il momento…”
“Il momento giusto, certo!” lo interruppe il più piccolo. “E dimmi, quando sarebbe stato il momento giusto? Quando avresti mai creato l’occasione per dirmi che mi stavi tradendo? Quando facevi sesso con me? Dopo? Quando mi hai sempre detto di amarmi?” chiese. “Oh, beh… sarò stupido io ma decisamente hai adottato la tecnica sbagliata!” disse duro, voltandosi poi verso Kei.
“E tu…” lo guardò con delusione, passandosi una mano sugli occhi. “L’avrai trovato divertente vero? Tutte le volte che in queste settimane venivo da te a confidarmi. Come devo essere stato mille volte più patetico ai tuoi occhi di quanto lo risultassi ai miei” rise amaramente, perché era l’unica cosa che gli restava da fare per mantenersi lucido, per non scoppiare a piangere e a gridare tutta la sua rabbia.
“Avevi capito?” domandò Kota sorpreso.
“Mi credi così stupido? Lo sono, lo sono Kota, ma neanche io credevo fino a questo punto, perché non sospettavo certo che fosse Kei!” spiegò.
I venti del cambiamento avevano iniziato a soffiare e Hikaru se ne era accorto, ma aveva fatto finta di niente, aveva cercato una spiegazione logica agli strani comportamenti del fidanzato a quelle piccole incongruenze che aveva notato nella loro vita nelle ultime settimane.
“Io mi sono fidato… di entrambi!” specificò, voltandosi poi verso Yabu.
“Come hai potuto farmi questo, Kota! Io sono il tuo ragazzo! Avevamo progetti, avevamo… credevo che avessimo un futuro. Mi hai fatto tante promesse e…”
“Oh, Hikaru, andiamo!” lo interruppe Yabu. “Nessuno ti ha obbligato a metterti con me!” sbottò.
Quello era uno degli aspetti di Hikaru che non gli piaceva, il fatto che continuasse sempre a far ruotare tutto attorno a sé e poi quando le cose non andavano come lui le aveva previste, si comportava da vittima.
“Sì, hai ragione, pensavo che quando hai detto di amarmi fossi sincero!”
“Ero sincero, Hikaru, ma ci sono cose che cambiano a volte. Le persone cambiano!”
“Sì, ma non da un giorno all’altro,”
“Infatti non è successo dall’oggi al domani” sentì dire da Kei.
“Tu sta’ zitto!” Hikaru si voltò, puntando un dito inquisitore verso Kei. “Non sono cose che ti riguardano!”
“No! No, Hikaru, sono stato zitto troppo a lungo e la cosa mi riguarda eccome, visto che io amo Kota !”
“E secondo te questa è una valida ragione per infilarti nel mio letto e portarmelo via?”
“No, la valida ragione per cui mi sono infilato nel tuo letto” lo citò “è perché anche lui ama me!”
Hikaru spalancò gli occhi, slanciandosi verso Kei, spingendolo contro il materasso, montando cavalcioni su di lui , tirando indietro il pugno per colpirlo, fermandosi con il braccio teso, sentendo le mani di Yabu sul petto, trattenerlo, osservando il volto affatto spaventato di Kei, le cui labbra erano tese in un sorriso.
“Colpiscimi, avanti fallo! Se questo ti fa sentire meglio, colpiscimi finché vuoi, ma non cancellerà il fatto che Kota è me che ama e tu non sei più nulla!”
Hikaru lasciò andare il pugno sul materasso, accanto alla testa di Inoo, scrollandosi poi Yabu di dosso e scappando via.
“Hikaru!” lo chiamò Yabu.
“Kota!”
Inoo cercò di fermare il più grande.
“Dovevi per forza parlargli in quel modo?” lo rimproverò Yabu.
“Cosa avrei dovuto fare? Ci stavamo solo girando intorno! Dove vai?”
“Da Hikaru!”
“Kota!”
Il più grande si volse verso di lui, carezzandogli una guancia.
“Io ti amo Kei e voglio stare con te. Ma non posso dimenticare quello che ho provato per Hikaru, non voglio che finisca in questo modo. Voglio solo parlargli da persone mature. Forse non mi ascolterà, ma ci devo provare. Glielo devo, non mi sono comportato bene nei suoi confronti, su questo almeno ha ragione e voglio iniziare la mia nuova vita con te nel modo giusto, così che tu non debba mai vergognarti della persona che hai deciso di volere al tuo fianco” spiegò, poi gli sorrise. “Tornerò da te, te lo prometto” assicurò, baciandogli le labbra, uscendo di casa.
Kei annuì, sentendo la porta chiudersi e vi si posò contro, sentendosi improvvisamente stanco, si lasciò scivolare sul pavimento, sobbalzando poco dopo quando sentì una brusca frenata e il rumore di due auto che cozzavano l’una con l’altra: con il cuore in gola, Kei aprì la porta e si precipitò fuori nella strada, gridando, quando vide Hikaru in fondo alla via voltarsi e tornare indietro urlando il nome di Kota, disperato.
“No! No!” urlò a sua volta, correndo sul marciapiede e inginocchiandosi nello stesso istante insieme a Hikaru accanto al corpo disteso di Kota, prendendogli la testa, portandosela sulle gambe, osservando le dita sporche di sangue.
Guardò Hikaru con il terrore negli occhi, leggendo nei suoi la medesima sensazione, lo vide prendere il cellulare dalla tasca e chiamare un ambulanza, cercando di mantenere la calma.
Kei continuava a fissare il viso di Kota, accarezzandolo gentilmente con le dita, sperando che andasse tutto bene.
“Me l’ha promesso” mormorò e Hikaru sollevò la testa verso di lui, guardandolo già con le lacrime agli occhi. “Me l’ha promesso. Non piangere, Hikka. Ha promesso che sarebbe tornato da me. E io gli credo” mormorò deciso, ma con le guance già rigate di lacrime.