Ti Vorrei Sollevare - Capitolo 1

Jul 22, 2013 16:06

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Castiel/Dean, Gabriel/Sam.
Rating: NC17/NSFW.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, Spin off, Spoiler (7x12 - Time after time), What if.
Words: 38218 (fiumidiparole).
Summary: L’Apocalisse è finita, Sam è salvo, Gabriel ha di nuovo tutte le sue ali e Castiel è vivo. Ma umano. E Dean - be’, Dean è quello che deve occuparsene, no?
Note: Sequel di A Look from You and I would Fall from Grace. Il titolo della storia è preso in prestito all’omonima canzone di Elisa e Giuliano Sangiorgi, anche se la storia non ha nulla a che fare con essa; ho sempre trovato che fosse un titolo meraviglioso, tutto qui :P

Masterpost | Capitolo successivo »

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Ti Vorrei Sollevare
Capitolo 1

L’acqua precipitava insistente sui finestrini appannati, battendo infuriata, per poi venire spazzata via dai tergicristalli. Dean parcheggiò l’Impala davanti all’ennesimo motel e scambiò una smorfia con Sammy, prima di sollevare il collo della giacca, uscire dalla macchina e correre sotto la tettoia. Accanto alla loro auto, dopo appena un minuto, parcheggiò una Chevy Nova blu e Castiel sgusciò fuori dal posto di guida, stringendosi nelle spalle e tenendo il capo chino per ripararsi dalla pioggia. Li raggiunse dentro la piccola reception del motel, starnutendo con l’aria miserabile di un gattino annaffiato. Dean gli rivolse un fuggevole sorriso, mentre suo fratello chiedeva due camere doppie; una matrimoniale e una con letti separati.
Cas si passò una mano tra i capelli, scrollandosi l’acqua di dosso in maniera molto umana. Il maggiore dei Winchester lo osservò affascinato, sempre colpito da quei piccoli gesti, quegli impercettibili segni che mostravano quanto l’angelo fosse cambiato in quelle poche settimane.
Avevano trovato la Nova nella rimessa di Bobby e Cas l’aveva aiutato a rimetterla in sesto; aveva imparato in fretta come prendersene cura e Dean era segretamente molto fiero di lui.
Insegnargli a guidare era stato un altro paio di maniche. Castiel aveva fatto parecchi errori clamorosi, sfiorando tamponamenti di ogni genere in diverse occasioni e facendogli spuntare i capelli bianchi, ma aveva comunque imparato a tempo di record.
Sam attirò la sua attenzione, prima di lanciargli le chiavi della loro stanza. «Buona notte, ragazzi» augurò loro.
Per Dean era ancora strano che dormissero in camere separate, ma dopo la prima improvvisata di Gabriel nel bel mezzo della notte, aveva abolito l’uso delle triple e i neo piccioncini si erano a malapena trattenuti dal saltellare dalla gioia.
Castiel starnutì di nuovo, appena si chiusero la porta della stanza alle spalle.
«Va’ a farti una doccia calda» disse lui, divertito.
«Sto bene. Puoi andare per primo, se vuoi» offrì il suo angelo.
«Non dire stronzate, moccioso. Stai tremando. Va’ a farti quella doccia, prima che ti salga la febbre».
Castiel lasciò cadere la propria sacca ai piedi di uno dei letti e decise di seguire il suo consiglio senza altre proteste. Dean si asciugò sommariamente con la camicia, prima di schiaffarla tra la roba da lavare.
Quando Cas uscì dal bagno, dieci minuti dopo, una zaffata di vapore lo seguì, sollevandosi dalle sue spalle arrossate. Gli rivolse uno sguardo mite, mentre si frizionava i capelli con un asciugamano.
«Figlio di puttana. Hai finito l’acqua calda, vero?» sbuffò il cacciatore.
«No, Dean, non ho passato tutto il tempo sotto la doccia. L’ho solo fatta molto calda» lo rassicurò.
Lui si concesse giusto qualche minuto sotto il getto caldo, strappandosi dall’acqua quando si accorse che stava diventando tiepida. Una volta rientrato in camera, scoprì che Castiel si era infilato un pigiama di flanella e stava pulendo la propria pistola.
Dean era particolarmente divertito dal pigiama - lui non ne indossava uno da quando aveva dieci anni - ma Cas soffriva sempre il freddo, come se non riuscisse a scaldarsi, quasi fosse abituato a temperature di gran lunga più pesanti. Il cacciatore a volte si chiedeva se fosse a causa dell’assenza della sua Grazia scintillante.
Iniziò a vestirsi, distratto, senza pensare a nulla in particolare. Stavano andando in Kansas per un nuovo caso e quel motel era sulla strada; avevano scelto di prendere due stanze lì solo per non passare la notte in macchina. Di solito non si sarebbero fatti problemi a dormire in auto - era proprio il motivo per cui avevano preso la Nova di Cas; dormire in tre sull’Impala era impensabile - ma quella pioggia torrenziale li aveva spinti a cercare un posto più caldo.
Dean rabbrividì leggermente, sentendo lo sguardo morbido di Castiel colare lungo la sua schiena come una goccia d’acqua. Si voltò, incontrando i suoi occhi blu, ed inarcò un sopracciglio in una muta domanda.
L’angelo si agitò nervosamente sulla sedia, prima di adocchiare il suo letto.
Lui sospirò, esasperato. «Cas, almeno provaci, uhm? Cerca di dormire da solo. Questa tua fobia non può andare avanti ancora a lungo. Senti, tutti hanno gli incubi, okay?»
«Pensavo che anche tu dormissi meglio, quando siamo insieme» ribatté, inclinando la testa di lato.
Ci mancò poco che Dean si strozzasse con la sua stessa saliva. «Questa- questa specie di cosa tra noi due-» disse, indicando prima Cas e poi se stesso, «non è sana, okay? Non siamo due bambini, diavolo, non siamo nemmeno due ragazze».
Le spalle di Castiel si incurvarono in una piega abbattuta e stanca. «Come desideri» sospirò, finendo di rimontare la pistola.
Dean si passò una mano sulla nuca, nervoso. Aveva l’impressione di aver ingiustamente urlato contro un cucciolo. Dopo un momento di indecisione, si mise a sedere sul letto più vicino a lui, poggiando i gomiti sulle ginocchia. «Senti, Cas, io non sono bravo con questa cose, ma- vuoi… uhm, parlarne?» tentò.
L’angelo non rispose subito, serrò i denti, sporgendo involontariamente la mascella. «Non posso, Dean. Non capiresti».
«Mettimi alla prova» lo incitò il ragazzo.
Castiel lasciò andare la Colt, sbattendola senza troppa gentilezza sul tavolo. «Non si tratta solo degli incubi, Dean. Non mi piace dormire. Lo detesto. Questi momenti di black-out di cui non posso fare a meno, sui quali non ho alcun controllo… È orribile. Non posso sopportarlo». Le sue mani si chiusero a pugno sul tavolo, tremanti.
Lui si accigliò, sorpreso. «Non pensavo fossi un maniaco del controllo».
«Ho vigilato per tutta la mia vita, Dean, instancabile, senza sforzo. Ed ora sono costretto a queste ore di incoscienza in cui sono totalmente-» boccheggiò, in cerca della parola giusta, «disarmato. Potrebbe succedere qualunque cosa e io non sarei pronto a reagire».
«Non ti senti al sicuro» comprese allora il cacciatore.
Castiel strinse le labbra in una sottile linea bianca, imbarazzato, e fissò ostinatamente la parete di fronte a sé.
«Senti, Cas, anche se non sono proprio appiccicato a te, sono solo a pochi metri. Sono comunque qui, pronto a coprirti le spalle. È per questo che prendiamo una camera doppia, non solo per risparmiare» gli fece presente.
L’angelo sospirò ancora. «Sei qui oggi. Ma le sere in cui vai al bar? Le volte che dormiamo in macchina?» gli ricordò.
«È per questo che devi iniziare ad affrontarlo, Cas. Non potrò esserci sempre».
Lui annuì, vacuo, ma non aggiunse altro. Si infilò tra le lenzuola, si stese su un fianco, dandogli le spalle, chiuso in posizione fetale come se volesse occupare il minor spazio necessario, nascondere tutti i punti deboli.
Quando tre ore dopo si svegliò urlando, Dean non era affatto sorpreso.

*°*°*°*°*

Castiel resistette stoicamente per circa due settimane. Dormiva poco e male, con incubi frequenti; due notti - a distanza di una manciata di giorni - si svegliò in preda a un vero e proprio attacco di panico, le altre si tirava su di soprassalto, in uno stato confusionale, tra sogno e realtà, e anche in quelle più tranquille il suo sonno era agitato e al mattino aveva un’aria più tormentata del giorno precedente.
«Ehi» mormorò Sam, afferrandolo per un gomito, quando l’angelo si alzò dal tavolo della colazione e venne preso da un brutto capogiro. «Amico, non offenderti, ma hai un aspetto schifoso».
Castiel sbatté le ciglia, come se facesse fatica a metterlo a fuoco. I suoi occhi erano arrossati e cerchiati da brutte ombre scure, il volto innaturalmente pallido contro la stoffa beige del trench. Si portò una mano alla tempia, segno di un forte mal di testa, e si stropicciò con forza le palpebre.
«Okay, vieni qua, tu» decretò Dean, prendendolo per l’altro braccio e tirandoselo contro. Lanciò le chiavi dell’Impala al fratello, poi frugò nelle tasche dell’amico per trovare quelle delle Nova «Oggi la guido io la tua ragazza, uhm? Tu resti con me e riposi».
L’angelo non riuscì a protestare, nonostante solitamente fosse molto possessivo verso la sua auto. Amava la Nova, l’amava tanto quanto adorava l’Impala - Dean l’aveva notato - e non avrebbe permesso a nessun altro che lui di guidarla, perché l’avevano messa a posto insieme ed era loro; Cas la chiamava Old Girl, quando pensava che nessuno lo ascoltasse. Era la prima cosa autenticamente sua che avesse mai avuto sulla Terra, forse in tutta la sua vita.
Il maggiore dei Winchester lo infilò sul sedile passeggero e chiuse lo sportello. Fece per girare attorno al muso della macchina per mettersi al posto di guida, quando Sam lo fermò.
«Dean, che diavolo gli succede?» chiese preoccupato.
Lui si strinse nelle spalle, impotente. «Soffre di disturbi del sonno».
Suo fratello boccheggiò, senza parole, incredulo che la cosa fosse andata tanto oltre. «Pensavo che tu lo stessi aiutando» disse, in tono quasi accusatorio.
«Ehi, non posso essere la sua coperta di Linus tutte le notti. Il ragazzo deve camminare sulle sue gambe» sbottò Dean.
«Be’, compragli un orsacchiotto per compensare l’assenza, allora» ribatté Sam. «Sul serio, Dean, non è un sacrificio così grande, state solo dividendo un letto».
Lui lo prese per un braccio e lo tirò più lontano, in modo da non disturbare Castiel, che si stava addormentando con il volto poggiato al finestrino.
«Senti, non è questo il punto. Non è solo per il fatto che sia maledettamente imbarazzante, okay? Se non affronta i suoi problemi, non li supererà mai!»
«Non è pronto a superarli, Dean. Ha vissuto per milioni di anni come un essere invincibile, non può affrontare tutto questo in una volta sola» gli ricordò il minore.
«Lo so! Va bene. Me ne occuperò, okay? Ci penso io» grugnì, esasperato, scrollandosi quel gigante ficcanaso di dosso per tornare alla Nova.
Dean macinò diversi chilometri d’asfalto con il volume della musica al minimo, prima di voltarsi ad osservare il viso addormentato di Castiel. Rallentò e spostò momentaneamente le mani dal volante per fargli reclinare il viso sull’altra spalla, verso di lui, in modo da poter aprire un po’ il finestrino.
«Non farmi spaventare, moccioso, okay?» sussurrò, aggiustandogli il bavero del trench, chiudendoglielo meglio addosso.

*°*°*°*°*

Viaggiarono per gran parte della giornata e trovarono un motel quando il sole stava ormai calando. Presero qualcosa da mangiare in un drive-in e cenarono insieme nella stessa camera, attorno ad un tavolo troppo piccolo per tutti e tre. Poi Sam sbadigliò di stanchezza, allungandosi per stiracchiare ognuno di quegli arti spropositatamente lunghi, e decise di togliere il disturbo quando notò che anche gli occhi di Castiel si stavano chiudendo per il sonno.
Nel lasciare la camera non mancò di dare una pacca sulla spalla del fratello, lanciandogli uno sguardo significativo. Dean lo ignorò.
L’angelo strisciò tra le lenzuola, esausto nonostante avesse dormito a più riprese durante il giorno, liberandosi a malapena di scarpe e jeans. Lui, invece, continuò a guardare la TV per un po’, almeno finché non sentì il suo respiro farsi lento e regolare. Solo allora scalciò anfibi e calzini, spense il televisore, abbassò completamente le luci e s’infilò nel letto dell’amico, alle sue spalle.
Castiel sussultò quando sentì una parte del materasso abbassarsi, ma Dean mormorò un delicato «Shhh» e gli tirò il lenzuolo sulle spalle, coprendolo meglio.
Dopo un momento di silenzio, l’angelo si girò sull’altro fianco, fino ad essere di fronte a lui. Dean non sapeva cosa fosse preferibile; essere ad un soffio da quel viso era sempre imbarazzante, ma non voleva nemmeno ritrovarsi a fare spooning nel bel mezzo della notte.
Castiel aggrottò la fronte e lo scrutò con una muta domanda negli occhi: perché? Lui scrollò le spalle, per quanto la posizione lo permettesse, e gli arruffò i capelli.
«Dormi» ordinò, ruvido.
Non reagì poco dopo, nel momento in cui la mano destra di Castiel scivolò sotto la manica corta della sua maglietta, sopra l’impronta della sua spalla. E fece finta di essere addormentato quando, qualche ora più tardi, l’angelo scivolò impercettibilmente più vicino a lui, fino a poggiare la fronte contro il suo petto.

*°*°*°*°*

Il ticchettio dei tasti del computer e il lieve ronzio della ventola erano gli unici rumori nella stanza, rilassanti, familiari. Sam prese un sorso di birra, continuando a scorrere la pagina. Lesse l’intera sezione generica su Disturbi del sonno, poi cliccò su Disturbo da incubo, quindi su Disturbo da terrore del sonno.
Niente di utile. Nulla che già non sapessero.
Un soffice battito d’ali lo fece sussultare, distraendolo dalla lettura.
«Che succede, Sammy-Pooh, hai problemi a dormire?» domandò una voce giocosa, poi Gabriel si chinò a posare un bacio tra i suoi capelli.
«Non io. È Cas» spiegò lui.
L’arcangelo aggrottò la fronte, contrariato. «Pensavo che se ne stesse occupando Dean-o».
«Lo credevo anche io» sospirò l’altro, sollevando lo sguardo ad incontrare i suoi occhi dorati. «Non puoi fare nulla per aiutarlo?»
Gabriel scosse il capo. «Potrei scacciare i suoi incubi una volta o due, ma è umano ora, e ha tanto bisogno di sognare quanto di dormire, anche se si tratta di brutti sogni. La cosa migliore è che si abitui a conviverci, ma ci vorrà tempo. D’altronde è Caduto solo da un paio di mesi, Sammy».
Il ragazzo annuì, incupito, e chiuse il laptop.
«Oh, non essere triste, piccolo» chiocciò il compagno, tirando fuori un comico broncetto. «Risolveremo tutto» gli promise.
Sam poggiò un palmo sulla sua nuca e lo attirò a sé per baciarlo come si deve.

*°*°*°*°*

La notte non fu del tutto tranquilla, Castiel si agitò più volte, stringendosi a lui o scacciandolo inconsciamente. Dean si convinse a svegliarlo solo quando lo sentì tremare contro il suo fianco, come se rabbrividisse fin dentro alle ossa.
Lo scosse gentilmente per una spalla e l’angelo si svegliò di soprassalto, gli occhi sbarrati a malapena visibili grazie alla luce che filtrava dalle persiane.
«Cas?» lo chiamò piano, temendo che non fosse del tutto sveglio, e lui riprese a respirare, il fiato che raspava in gola come se fosse stato a lungo in apnea.
Si lasciò cadere sulla schiena, premendosi i palmi sulle palpebre, rastrellandosi via dalla fronte i capelli umidi di sudore. «Sono così stanco, Dean» sussurrò con voce rotta.
Il cacciatore deglutì, angosciato, e dopo un momento di indecisione si avvicinò e gli poggiò una mano sul petto, che vedeva palpitare troppo veloce perfino ad occhio nudo. Sapeva di averlo forzato ad affrontare da solo i suoi problemi, nelle settimane appena passate, ed era fiero che Cas ci fosse riuscito senza chiedere aiuto.
«È passata» rispose calmo. «Mancano poche ore all’alba. Riposa, okay? Poi ci alzeremo, faremo colazione e ci lasceremo questa notte alle spalle. Non è andata così male, uhm?»
Castiel sospirò e annuì, in silenzio. «Grazie» mormorò, poggiando le mani sul proprio stomaco, appena sotto quella di Dean. «Tu sei riuscito a dormire?»
Il ragazzo storse la bocca. «Un po’».
«Le mie scuse».
«Non importa, sono abituato a fare solo poche ore di sonno» Dean scrollò le spalle, imbarazzato, poi incontrò i suoi occhi, quasi neri nella penombra della stanza. Il battito di Castiel stava rallentando sotto il suo palmo, fino a stabilizzarsi, anche se pulsava sempre un po’ troppo veloce; ma immaginò che non contasse, visto che pure il suo era più accelerato del solito.

*°*°*°*°*

Sam non poté fare a meno di notare che suo fratello sembrasse stranamente più soft, quella mattina. Meno incazzato con il mondo. Non ebbe nessuna reazione, tranne un grugnito di saluto, nemmeno quando scoprì che Gabriel era con lui e intendeva restare per colazione.
«Viaggerai con Sammy, se vuoi seguirci» disse tuttavia, dato che di solito esiliava la parte piumosa della famiglia nella Nova «La ragazza di Cas la prendo io».
«Meglio» replicò l’arcangelo, sollevando suggestivamente le sopraciglia.
Sam scosse il capo, divertito, e Dean alzò gli occhi al cielo, vagamente esasperato.
Anche Castiel sembrava più tranquillo. Non proprio riposato, visto che aveva ancora delle brutte occhiaie scure, ma era meno pallido del giorno prima. Sam si chiese se si fosse perso qualcosa, ma preferì non indagare.
A colazione presero tutti pancake e Dean versò una tonnellata di sciroppo d’acero su quelli dell’angelo. «Hai bisogno di zuccheri» disse, sotto il suo sguardo perplesso.
Castiel infilò un dito nello sciroppo colato attorno alle frittelle e se lo portò alla bocca come un bambino, Dean gli diede una specie di buffetto con la propria spalla ed incontrò il suo sguardo, in una di quelle silenziose conversazioni che capivano solo loro, e l’altro rispose con un accenno di sorriso.
«Sono quasi invidioso» sussurrò Gabriel al suo orecchio, facendolo sobbalzare.
Sam abbassò lo sguardo sui suoi occhi dorati, l’impronta sulla sua spalla formicolava leggermente, e frullò le ciglia. «Non devi» rispose.
«Ah, no?»
«No, perché noi facciamo del sesso spettacolare» confermò distratto.
Dean si strozzò con la propria colazione, mentre l’arcangelo ridacchiava divertito.
«Che diavolo, amico!» tossicchiò. «Troppe informazioni».

*°*°*°*°*

Dean si abituò a quella nuova routine più in fretta di quanto gli piacesse ammettere. Viaggiare con Castiel non era esattamente divertente, ma d’altronde nemmeno Sammy in macchina era tutta questa meraviglia. Quindi decise di approfittarne per impartire un po’ di buon gusto a quel moccioso piumato.
«No, James Blunt non è accettabile» decretò.
«Mi piace il suo stile, Dean» tentò Castiel.
«Stile? Quale stile? I Led Zeppelin hanno stile, i Metallica, i Black Sabbath, i Bon Jovi. Posso perfino concederti gli U2, ma non - non! - James Blunt».
La notte era ancora strano; avere un corpo tutto spigoli e muscoli asciutti attaccato al fianco non era la sua massima aspirazione nella vita, ma Cas riusciva a prendere sonno più facilmente e i risvegli erano un po’ meno traumatici se lui era lì, quindi supponeva di potersi sacrificare per la causa.
Lo suppose almeno finché una mattina non si svegliò con il braccio di Castiel attorno al suo petto e qualcosa di duro e caldo che gli premeva contro la coscia. Dean gelò, non poté farne a meno, quello andava un po’ troppo oltre l’amicizia, per quanto lo riguardava.
Sgusciò fuori dal letto il più silenziosamente possibile e si chiuse in bagno, gettandosi subito sotto la doccia, con ancora la metà dei vestiti addosso, vagamente traumatizzato.
Okay, calma e sangue freddo, Winchester, si impose, non significa niente, è solo una reazione del corpo al calore. Sicuramente Cas non voleva- non voleva- fare nulla di strano. Un’erezione mattutina era fottutamente naturale per un uomo giovane e in salute.
Ebbe conferma della sua innocenza quando, tornando in camera, scoprì un angelo ancora assonnato fissarsi il cavallo dei pantaloni. Era uno sguardo analitico e perplesso, come se stesse studiando quel nuovo fenomeno.
Dean si schiarì la voce. «Il bagno è libero se vuoi- uhm, sì, insomma-» si zittì. Che diavolo, non voleva pensare a Castiel che si occupava del suo problema.
Cercò di non guardarlo, mentre l’amico si dirigeva in bagno, con l’erezione che ballonzolava nel pantalone morbido del pigiama. Cominciò a vestirsi, sentendo le spalle ancora dolorosamente tese malgrado l’azione rilassante della doccia calda e, circa cinque minuti dopo, sussultò quando dal bagno arrivo la voce dell’angelo piena di panico.
«Dean» chiamò.
Lui aprì la porta di slancio, temendo che gli fosse successo chissà cosa, e Castiel era lì, al centro della stanza, tremante e infreddolito, coperto solo da un asciugamano. Un asciugamano con un evidente tenda nel mezzo.
«Uhm, Cas?» mugugnò, confuso.
«Non se ne va» disse lui, gli occhi sgranati e sperduti.
Dean si accigliò. Ma che caz- no, cancella quella parola dal tuo dizionario. «Amico, distraiti. Pensa a gattini, o unicorni, o vecchie rugose. Quello che ti pare».
«Non ci riesco. Continuo a-»
«Non voglio saperlo! Senti, solo occupatene, okay?» alzò le mani, come a voler frapporre un muro fisico tra loro. «Hai provato a-» fece un gesto molto rozzo, ma doverosamente esplicito e, se possibile, gli occhi blu dell’amico si allargarono ancora di più.
«Dean è… è sbagliato».
Il ragazzo sbatté le ciglia, preso in contropiede, e gli sfuggì un risolino isterico. Oddio, non stava per spiegare la masturbazione ad un uomo adulto e vaccinato, vero? A quanto pareva sì.
«Non è sbagliato. È una cosa perfettamente normale e necessaria. Insomma, non puoi andare in giro con quella roba nei pantaloni, a lungo andare ti farà male, senza contare che ti prenderebbero per un maniaco. Sempre sé riuscirai a chiuderli, i pantaloni» ritentò, notando con un certo disappunto le effettive dimensioni di quella tenda. «Ed è una pratica piacevole» concluse.
«Non dovrebbe essere piacevole, Dean. Queste cose si dovrebbero fare solo in coppia» asserì Castiel.
Lui si passò una mano sulla bocca, nervoso, e sbuffò dal naso. Non poteva sul serio essere così naif, vero? Poteva.
«Senti, te lo ripeto: è tutto regolare. Gli uomini lo fanno fin da ragazzini, sono- sono inconveniente che capitano, specie a quell’età. Non puoi farci nulla, semplicemente succede. Quindi te ne devi occupare. E ti farà bene, diamine. È ora che cominci a conoscere il tuo corpo».
Castiel scosse il capo. «Non voglio. Non così» disse, cocciuto. «Dean, come me ne posso liberare?» aggiunse supplichevole.
Il cacciatore alzò le braccia al cielo. «Non lo so. Prova con una doccia gelata. Quella di solito fa sparire tutto» sbottò, prima di uscire dal bagno sbattendo la porta.
Donne, aveva bisogno di una donna, anche più di una. E di drink, molti drink. Non necessariamente in quest’ordine.
Che diavolo, quella sera nessuno gli avrebbe impedito di andare a bere.

*°*°*°*°*

Dean rientrò in camera con la testa che girava piacevolmente, il ricordo della bocca morbida di una cameriera attorno alla base del suo uccello e delle sue gambe sode strette alla vita ancora impresso addosso. Fece più rumore di quanto volesse, rientrando in camera, ma fu abbastanza sobrio da evitare di ridere o di accendere la luce.
Non fu necessario comunque, perché una lampada sul comodino si illuminò all’improvviso.
Castiel era seduto al centro del suo letto, il braccio ancora allungato verso l’abatjour, le gambe strette al petto, perfettamente sveglio, lo sguardo duro ed illeggibile puntato su di lui.
Il cacciatore si accigliò. «Non c’era bisogno che mi aspettassi» disse, cominciando a spogliarsi. Quando fece per avvicinarsi a lui, tuttavia, l’angelo si scostò, infilandosi sotto le coperte senza guardarlo.
«Oggi dormo da solo» asserì, lasciandolo di stucco.
Dean si sfregò la nuca, perplesso. «Sei arrabbiato con me perché ho fatto tardi?» domandò.
«Non sono arrabbiato. Buona notte» chiuse Castiel, spegnendo la luce.
Il ragazzo scrollò le spalle, troppo allegro per badare al malumore altrui, e si lasciò cadere sull’altro letto, cominciando a russare dopo pochi minuti.
La mattina, quando Dean si svegliò, Castiel era già in piedi e pretese di guidare la propria macchina. Lui si mise alla guida dell’Impala e Sam salì sull’altro lato, scuotendo la testa con disappunto.
«Cosa?» sbottò il maggiore, innervosito.
«Fesso» stringò suo fratello.
«Puttana» ribatté risentito, senza davvero capire perché diavolo quel giorno ce l’avessero tutti con lui.

*°*°*°*°*

Dean imprecò, sputando a terra un grumo di sangue. I piani non erano quelli. Dovevano entrare nel bar, trovare la puttana demoniaca che stava facendo un po’ troppi patti in quella zona, attirarla fuori e sbarazzarsene. Non avevano messo in conto che le puttane potessero essere due, però.
Tentò ancora una volta di forzare i lacci invisibili che lo tenevano appeso, bloccato contro il muro, osservando il corpo di suo fratello riverso a terra; aveva una ferita sulla tempia che gli stava impiastricciando i capelli di sangue.
«Non così in fretta, amore» lo riprese il demone, tutta occhi scintillanti di rosso e sorrisi maliziosi. Con uno scatto della mano piantò di nuovo la sua testa contro la parete, mentre stringeva le dita dell’altra attorno al collo di Castiel.
«Perché non vieni a giocare con me, tesoro?» disse Dean.
«Ho qualcosa di più interessante di cui occuparmi, non vedi?» rispose lei, distratta, accarezzando il viso dell’angelo. «Mi avevano parlato di te, dolcezza, ma non mi avevano detto che sei così carino» continuò, rivolta a quest’ultimo.
Castiel girò il viso di lato con uno scatto, sottraendosi come poteva. «Non toccarmi» ringhiò, schifato.
«Non funziona così, piccolo» lo informò il demone, stringendo di più le dita attorno alla sua gola. «Vedi, loro - i tuoi animaletti - sono inutili. Hanno quasi rovinato i miei piani, ma posso liberarmene facilmente. Tu, però- oh, tesoro, tu sei tutta un’altra storia» chiocciò. «Conosco qualcuno che sarebbe molto contento di rivederti».
Dean soffocò un’altra imprecazione, cercando di pensare a un piano, uno qualsiasi. Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe successa una cosa del genere, davvero, come diavolo avevano fatto a non pensarci?
«Chi?» disse, cercando di distrarre la stronza.
«Non lo indovini?»
«Crowley» sibilò Cas, perfettamente cosciente di cosa sarebbe successo di lì ad un momento.
Però, quando il fumo nero cominciò ad uscire dalla bocca della ragazza, cercando di raggiungerlo, lui le piantò un pugnale sotto le costole; il pugnale di Ruby.
Lasciò crollare il suo corpo a terra, estraendo la lama dalla ferita ancora sfrigolante, guardandolo con distacco.
Dean scivolò lungo la parete, fino a schiantarsi a terra con le ginocchia, riprendendo fiato. Ringraziò mentalmente l’abitudine dell’amico di tenere nascoste le armi nella manica del trench e la propria idea geniale di lasciargli quel pugnale, prima di slanciarsi verso Sam per controllare le sue condizioni.
«Sam, ehi, Sammy!» lo chiamò, scrollandolo. Dopo qualche schiaffetto sulla faccia, per fortuna lui aprì gli occhi, altrimenti sarebbe stato un bel problema caricarsi il suo peso in spalla.
Castiel li raggiunse per aiutare Sam a rimettersi in piedi e lo sostennero, affiancandolo su ogni lato.
«Che è successo?» biascicò quello, vedendo il cadavere della ragazza a terra.
«È finita» rispose l’angelo.
«Già. Bel colpo, Cas» sospirò il maggiore.
Caricarono il minore dei Winchester in macchina e poi si rimisero in viaggio verso il motel. L’angelo rimase silenzioso per tutto il tempo, cupo, almeno finché non si chiusero la porta della camera alle spalle, dopo aver lasciarlo Sam nella sua stanza.
«Cas, tu sei okay?» domandò Dean, cercando di incontrare il suo sguardo.
Lui non rispose, non subito, almeno. Si sfilò il trench con gesti rigidi, quasi insofferenti, e lo lasciò sullo schienale di una sedia, prima di appoggiarsi ad essa con i palmi, a capo chino. «Devi farmi quel tatuaggio, Dean. Il sigillo anti-possessione» disse, infine.
Il ragazzo annuì, perché era una cosa che aveva già in testa di proporgli da un po’, eppure dire quelle parole sembrava essere costato parecchio, per Cas. «Sei sicuro?» chiese, quindi.
Lo sguardo di Castiel era fisso sulle proprie dita, strette attorno alla spalliera della sedia. «Sai cosa stava cercando di fare quel demone, quando ha tentato di possedermi» disse, le nocche che sbiancavano, le spalle rigide. «Anche se non ho più la Grazia, nella mia testa ci sono troppe informazioni. Cose che non devono cadere nelle mani sbagliate» calcò.
«Okay» rispose Dean, accostandosi a lui. «Domani, uhm?» aggiunse, chinandosi appena per incontrare i suoi occhi.
Castiel annuì e lui si mosse silenziosamente, prendendo due bicchieri e versando in ognuno due dita di whisky. Gli avvicinò il suo e l’angelo lo guardò perplesso.
«Mi hai fatto promettere di non bere nulla di forte» gli ricordò.
«Sì, be’, per stavolta te lo sei guadagnato» tagliò corto il cacciatore, facendo tintinnare il proprio bicchiere contro il suo.

*°*°*°*°*

Il giorno dopo, con una breve ricerca su internet, Sam trovò lo studio di tatuaggi più vicino. Una campanella tintinnò sopra la testa di Castiel, quando spinse la porta per entrare nel negozio, seguito dai Winchester. Una ragazza dai capelli corti blu elettrico e le braccia coperte di tatuaggi sollevò lo sguardo dal polpaccio di un grosso tizio di colore.
«Ehi, ragazzi» li salutò con fare amichevole. «Dieci minuti e sono da voi» promise.
Dean la ringraziò con un sorriso, mentre Castiel - naso all’insù e occhi perplessi - scrutava i fogli ricchi di disegni appesi alle pareti.
«Okay, John, questo è a posto. Vedi di non tornare a rompere le palle prima di qualche anno» disse la tatuatrice, dando una pacca sulla spalla del cliente.
«Grazie del lavoro, piccola» rispose l’uomo, arruffandole i capelli, nonostante il suo sbuffo infastidito. Poi li salutò con un cenno del capo, sistemando il pantalone sulla fasciatura.
«Allora, ragazzi, chi di voi è il fortunato? O devo mettere le mani su tutti e tre?» domandò, rivolgendosi di nuovo a loro, mentre si liberava dei guanti monouso. «Io sono Tish, comunque» aggiunse, allungando la destra verso Dean.
«Dean, mio fratello Sam, e Cas. Noi due siamo a posto, devi occuparti di lui» rispose questi, indicando l’amico con un pollice.
L’angelo osservò la ragazza con fare incerto, scrutando la macchinetta con cui stava lavorando poco prima, le bende e i disinfettanti. «Sembra una cosa spiacevole» osservò.
Tish si avvicinò a lui e gli poggiò gentilmente una mano alla base della schiena. «È la prima volta, uhm?» dedusse, sospingendolo verso la poltroncina reclinabile.
Castiel occhieggiò stranito quella mano che si prendeva tanta confidenza, ma annuì.
«Cosa vogliamo fare, angelo?» domandò lei.
«Come sai-» iniziò Cas.
«Quegli occhioni blu fanno strage, eh?» intervenne Dean, prima che dicesse qualche idiozia.
Tish ridacchiò. «Mi sta sciogliendo il cuore» ammise, divertita. «È un addio al celibato o qualcosa del genere? Siete qui per assicurarvi che non fugga?»
«Ha perso una scommessa» mentì con disinvoltura Sam.
«Oh, piccolo, sei fregato» constatò Tish. «Allora, ti hanno lasciato libero di decidere o devi fare qualcosa di terribilmente imbarazzante?»
«Questo» rispose Castiel, passandole un foglietto ripiegato, dentro il quale era disegnato il sigillo anti-possessione.
«Carino. Dove lo vuoi?»
Dopo un momento d’indecisione, l’angelo scelse lo stesso punto degli amici e si sbottono silenziosamente la camicia. Con sorpresa di Dean e della stessa Tish, quando la ragazza cominciò a lavorare su di lui ebbe un impercettibile sussulto, ma poi rimase zitto e diligentemente immobile per tutto il tempo.
«Sei un bimbo coraggioso, dolcezza» lo elogiò lei, circa mezzora dopo. «Abbiamo finito» gli assicurò, disinfettando la ferita, prima di applicarci sopra un grosso cerotto bianco. Gli consigliò una crema da stendere sul tatuaggio due volte al giorno, di lasciargli prendere aria e di lavarlo spesso. «E ovviamente niente sole per un po’, piccolo, okay?» concluse, dandogli un buffetto.
Castiel annuì, il suo volto era neutro, gli occhi cupi mentre osservava la medicazione. «Grazie» disse comunque, accennando un sorriso.
Dean e Sam pagarono per lui e Castiel si stava già dirigendo alla Nova, quando loro due lasciarono il negozio.
«Senti io- uhm, vado con lui» disse il minore dei Winchester, allungando il passo per seguire l’angelo.
Dean provò una strana sensazione e fu quasi tentato di fermarlo. Avrebbe preferito esserci lui con Cas, ma Sammy era più bravo con tutta quella faccenda di parlare a cuore aperto e, probabilmente, era proprio quello di cui il moccioso aveva bisogno, al momento.
A fine serata, dopo un intero giorno passato in viaggio con Sam, Castiel aveva un’aria più tranquilla, ma sul fondo dei suoi occhi c’era ancora quell’ombra frustrata, umiliata, quando lui e Dean presero una stanza in un nuovo motel.
«Ehi, fammi vedere» disse il cacciatore, scostando un lembo della sua camicia.
Cas aprì un bottone in più e tirò un ala della stoffa, esponendo la clavicola sinistra, sotto cui figurava il tatuaggio; aveva rimosso il cerotto qualche ora dopo la loro partenza e l’aveva pulito dal sangue e l’inchiostro in eccesso nel bagno di un distributore di benzina.
Il disegno spiccava nerissimo, ancora leggermente gonfio sopra la sua pelle bianca. Gli stava bene, constatò il ragazzo, annuendo tra sé. «Farà impazzire le ragazze» gli assicurò con un sogghigno, stringendogli una spalla.
Castiel non rispose, ma i suoi occhi parvero schiarirsi impercettibilmente.

Spazio Autore: Al solito, ci tengo ad avvertirvi che la storia è già ultimata e, come potete vedere dallo specchietto su in cima, si comporrà di otto capitoli. Cercherò di aggiornare una volta a settimana, ma non posso promettervi nulla, perché la mia adorata beta è molto impegnata. In ogni caso, voglio rassicurarvi che la storia non resterà incompiuta, perché - come ho già detto - è già conclusa. Gli aggiornamenti potrebbero essere un po’ ballerini, tutto qui. Voglio solo assicurarmi che i capitoli siano nelle migliori condizioni possibili, prima di pubblicarli; spero che capiate :)

Masterpost | Capitolo successivo »

Potete trovarla anche su:
EFP.
AO3.

serie: heat of the moment, supernatural, long: ti vorrei sollevare

Previous post Next post
Up