Ti Vorrei Sollevare - Capitolo 2

Jul 29, 2013 21:51

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Castiel/Dean, Gabriel/Sam.
Rating: NC17/NSFW.
Beta: Koorime_yu.
Chapters: 2/8.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, Spin off, Spoiler (7x12 - Time after time), What if.
Words: 5322/38218 (fiumidiparole).
Summary: L’Apocalisse è finita, Sam è salvo, Gabriel ha di nuovo tutte le sue ali e Castiel è vivo. Ma umano. E Dean - be’, Dean è quello che deve occuparsene, no?
Note: Sequel di A Look from You and I would Fall from Grace. Il titolo della storia è preso in prestito all’omonima canzone di Elisa e Giuliano Sangiorgi, anche se la storia non ha nulla a che fare con essa; ho sempre trovato che fosse un titolo meraviglioso, tutto qui :P

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DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Ti Vorrei Sollevare
Capitolo 2

Se c’era una cosa positiva di avere Castiel ad indagare con loro era il fatto che fosse come portarsi appresso un’enciclopedia su due gambe, multilingue - pure quelle morte e sepolte da tempo, sì - e multitasking, completa su ogni argomento. Da quando cacciavano con lui, avevano chiamato Bobby molto più di rado per quel genere di faccende. Cas aiutava Sam a fare le ricerche e, in genere, avevano la conferma di cosa cercassero in tempo da record.
Ed era precisamente ciò che stavano facendo quella mattina alla tavola calda, seduti l’uno accanto a l’altro, con il laptop aperto davanti a loro. Dean li guardò annoiato, aspettando che la cameriera portasse le loro ordinazioni; lui non riusciva a ragionare bene a stomaco vuoto.
«Ci sono stati altri tre omicidi simili, in questa stessa città, negli anni ’40: vittime giovani, rinsecchite come mummie» disse suo fratello, leggendo l’articolo.
«Quindi ne manca ancora una» arguì l’angelo, dato che a portarli lì erano stati i due strani omicidi avvenuti nell’ultima settimana. Si sporse sul computer per guardare meglio la foto dell’articolo. «Guarda qua: l’anello di quest’uomo» indicò.
«Sembrerebbe un… simbolo o qualcosa del genere» borbottò Sammy, stringendo gli occhi mentre ingrandiva l’immagine un po’ troppo sgranata per distinguere il gioiello.
Castiel riprodusse il disegno su un tovagliolo di carta. «È il sigillo di Kronos».
«Il Dio del Tempo? Il Titano?» esclamò il piccolo-grande Nerd di casa Winchester.
Castiel annuì e Dean commentò con un sarcastico: «Splendido» proprio mentre venivano raggiunti dalla cameriera; bionda, con due lunghissime gambe pallide che sparivano sotto gli shorts, gli occhi verdissimi e le guance trapuntate di lentiggini. Il cacciatore le sorrise e lei ricambiò cordialmente, la coda di cavallo che spazzava le spalle mentre si chinava a posare i piatti sul loro tavolo.
«Apple pie. Uova e bacon. Pancake. E caffè nero per tutti, giusto?» chiese conferma, prima di posare un altro piatto con una fetta di torta al cioccolato davanti a Castiel. «Questa la offre la casa» aggiunse, facendogli l’occhiolino, prima di scivolare via.
L’angelo fissò il dolce con perplessità e Dean si accigliò, incredulo che avesse scelto lui. Sam si lasciò sfuggire un sorriso, assaggiando le sue uova, mentre il fratello maggiore attaccava la apple pie con ingiustificata ferocia.
«Hai fatto colpo, amico» lo elogiò il minore dei Winchester.
Cas tirò su il capo con gli occhi sgranati, come se ci fosse arrivato solo in quel momento.
«Che ne pensi?» insisté Sam.
«È… una ragazza piacente» tentò l’angelo, imbarazzato.
«Piacente» sbuffò Dean, incredulo. «Moccioso, quella è una pollastrella».
L’angelo si accigliò. «Mi sembra offensivo paragonarla a un uccello».
Sammy quasi si strozzò con il caffè, mentre il fratello alzava gli occhi al cielo. Castiel, come al solito, aveva tutta l’aria di non sapere cosa farci con una donna, nemmeno se questa ci provava apertamente con lui.
«Sesso, moccioso. Ci fai sesso» chiarì Dean.
«Non ne ho bisogno» rispose lui, imbarazzato, versando lo sciroppo d’acero sui propri pancake.
Il cacciatore sogghigno, scambiando un sguardo col fratello. «Questo perché sei un moccioso» rispose, comunque.
Castiel si adombrò e tenne lo sguardo fisso sulla sua colazione. «Non sono interessato agli sconosciuti» disse quindi, sperando che Dean capisse
Sam accennò un sorriso, forse un po’ intenerito, ma l’altro non si arrese.
«Dovresti, così non avresti più certi problemi».
L’angelo aggrottò la fronte e sollevò lo sguardo, confuso. «Non ho nessun problema, Dean» asserì.
«Dillo ai tuoi gioielli la mattina» sogghignò lui.
Sam si affogò con un pezzo di bacon. «Cristo, amico. Troppe informazioni».
Cas si agitò sulla sedia, arrossendo, e strinse le labbra in una pallida linea bianca. «Non mi interessano gli sconosciuti» disse di nuovo, infastidito.
«Ripeto: sarebbero la soluzione» rincarò il maggiore dei Winchester.
L’amico, stavolta, si limitò ad ignorarlo e Dean gli rubò un pezzetto di torta per dispetto. Castiel spinse il piatto verso di lui.
«Guarda che l’ha portata per te» gli ricordò il cacciatore, ma intanto prese un’altra forchettata del dolce.
«Ho i miei pancake» rispose, indifferente.
«Potresti avere entrambi. Pancake e torta» disse Dean, all’improvviso molto serio. «Potresti avere tutto, se solo ti degnassi di allungare le mani e prendertelo».
Sam si accigliò e si chiese perché diavolo insistesse tanto. Insomma, non è che fossero davvero affari loro.
Ed evidentemente era quello che si stava domandando anche Cas, perché lo fissò negli occhi per un lungo momento, prima di rispondere con calma: «I pancake mi bastano. Non vedo perché prendere qualcosa di cui non ho bisogno». E, okay, a quanto pareva con sottintesi erano capaci di giocarci entrambi.
«Perché è buono!» esclamò Dean, stralunato, battendo con esasperazione una mano sul tavolo.
O forse no, si disse Sam. Forse suo fratello stava solo facendo il coglione, come al solito. Fece un sorrisino teso e incerto, prima di tornare alla sua colazione, decidendo saggiamente di non immischiarsi.
Castiel si leccò le labbra, assorto, studiando Dean in silenzio. I loro occhi che si incontravano sopra quella fetta di torta indesiderata. «Preferisco i pancake, sono più che sufficienti» disse quindi. «Sono felice con quello che ho già» sottolineò.
Il ragazzo grugnì, seccato. «Idiota» borbottò, portandosi alla bocca la tazza di caffè.
L’angelo riprese a mangiare in silenzio e Sam gli strinse gentilmente una spalla, partecipe; nessuno più di lui sapeva quanto potesse essere tardo Dean, alle volte.
Al maggiore dei Winchester, comunque, non sfuggì quello scambio e li osservò confuso. «Cosa?» fece, irritato.
In risposta, le spalle di Cas si piegarono un po’ di più e Sam scosse la testa, storcendo le labbra.
«Arrivaci da solo, fesso» disse, con quel tono da maestrina che non mancava mai di irritarlo.
«Puttana» sbuffò, rubandogli un pezzo di bacon.
«Molto maturo, Dean» lo rimproverò il fratello e lui gli fece il verso.
Castiel si limitò ad ignorarli.

*°*°*°*°*

Dean si guardò allo specchio con aria soddisfatta, ravviandosi i capelli cosparsi di brillantina con un pettine sottile. La sarta, Ezra Moore - così caratterialmente simile a Bobby da poter essere la sua anima gemella, o una sua antenata -, gli lisciò le spalle della giacca.
«Chiudi i bottoni, svergognato» lo rimbrottò, strappando un sorrisetto ad Eliot.
Eliot Ness. Quel Ness.
Ebbene sì, seguendo Kronos, lui e Cas erano stati catapultati indietro nel tempo. Più precisamente nel 1944, il periodo dei primi omicidi.
Erano stati arrestati e Dean se l’era quasi fatta nei pantaloni per l’emozione, quando aveva scoperto che l’Intoccabile era uno di loro, un cacciatore. Gli agenti di Eliot li avevano divisi per interrogarli separatamente e avevano un po’ strapazzato Cas, convinti che stesse dicendo loro solo stronzate - e, sul serio, quand’è che quel moccioso avrebbe imparato a chiudere la bocca? Non poteva andare in giro a dire a chiunque che erano tornati indietro nel tempo per fermare un titano, Cristo - ma a parte un labbro spaccato, ne era uscito bene.
«È con me» aveva assicurato Ness, prima di portarli via, apparentemente compiaciuto dalla resistenza di Castiel.
Borbottando qualcosa a bassa voce, Dean si affrettò a chiudere i bottoni della giacca, nascondendo buona parte del panciotto. Modestie a parte, era proprio uno schianto vestito così; si era perfino guadagnato un ironico fischio da Ness.
Proprio in quel momento sentì un rumore di passi familiari, il suo sguardo basso incontrò un paio di lucide scarpe nere che uscivano dal camerino e si arrampicò sul taglio perfetto di un pantalone grigio piombo.
Castiel sollevò lo sguardo su di lui, mentre le sue dita sottili aggiustavano distrattamente un polsino della camicia bianca, gli occhi foschi ancora più blu del solito contro il grigio piombo del panciotto e l’azzurro intenso della cravatta. Anche i suoi capelli erano pettinati e impomatati - rubando un po’ di quell’innocenza che lo faceva sembrare un pulcino arruffato, dandogli un aspetto più maturo, più virile - e i vestiti sembravano essergli stati cuciti addosso, marcando le spalle larghe e i fianchi stretti.
Dean deglutì a fatica, scoprendo di avere le labbra secche, e se le umettò nervosamente. Era… perfetto. Perfino il cerottino all’angolo della bocca, che chiudeva una piccola ferita causata dagli angenti, contribuiva a dargli un aria da duro. Sembrava appena uscito da un film di gangster in bianco e nero, solo che nessuna pellicola avrebbe mai potuto catturare i suoi occhi, non così.
«Meglio?» domandò Castiel, aprendo appena le braccia per mettersi in mostra, e Dean annuì, un po’ a corto di fiato.
«Sembra che abbiamo trovato il tuo look, amico» riconobbe, e quell’ombra scura - che da un po’ di tempo non abbandonava mai lo sguardo di Cas - si schiarì appena.
Anche lui scrutò Dean con interesse, come se volesse memorizzare tutto da capo i tratti del suo viso. La sua espressione era plumbea, come sempre, e non lasciava intravedere nulla, mentre studiava le sue forme.
«Il Principe Azzurro è arrivato a prendere Cenerentola» commentò Eliot, dopo essersi scambiato uno sguardo con la sarta.
Lei sorrise divertita, mentre aiutava Castiel ad indossare la giacca, dello stesso colore dei pantaloni e del panciotto. Lui se la lisciò addosso, come faceva a volte con il trench, poi chiuse da sé i bottoni, senza aspettare l’aiuto della donna; piccoli gesti così comuni, così umani.
Non un principe, solo un angelo, fu quasi sul punto di rivelare Dean, ma si zittì quando si rese conto di come sarebbe potuta suonare.
«È tempo di levarvi tutti da mezzo ai piedi, Fata Madrina» replicò Ezra, indirizzando a Ness uno sguardo canzonatorio.
Questi cercò di spiegarle con cosa avevano a che fare. Sorprendentemente, la donna non aveva fatto una piega, quando aveva sentito che loro venivano dal futuro; un grosso punto per lei. Tuttavia, fu Castiel a rivelare loro quel che serviva, risparmiando a Ezra un bel po’ di ricerche.
«Sei sicuro?» lo interrogò Eliot.
«È l’unica cosa che può uccidere Kronos» confermò l’angelo.
Dean sorrise compiaciuto, battendogli una pacca sulla spalla. Gli eventi si erano avvicendati tanto in fretta che non avevano avuto occasione di parlare. Nel momento in cui aveva cercato di placcare con una sana presa da rugby il titano, che stava per svanire, Cas - forse intuendo cosa stava per accadere - era riuscito ad afferrargli un braccio ed era stato trascinato là con lui.
Era colpa di Dean se erano entrambi intrappolati lì. Il cacciatore cercò il suo sguardo, indeciso se ringraziarlo o incazzarsi, ma Castiel rimase impassibile.
«Il mio posto è al tuo fianco» disse, come se gli avesse letto nel pensiero.
Dean scosse il capo. Avrebbe preferito che Cas fosse rimasto con Sam, al sicuro. Ma non era quello il momento per discuterne. «Il tizio che stiamo cercando si fa chiamare Snider» informò i loro nuovi amici.
«Allora, se davvero sapete dove abita, andiamo a fargli una visitina» decretò Ness.
Ezra li aiutò ad infilare i soprabiti, dato che fuori faceva di gran lunga troppo freddo per rinunciarvi. Quello per Dean era grigio scuro, mentre quello per l’angelo era blu mezzanotte, con tanto di borsalini abbinati.
Quando Castiel si calcò il cappello sulla testa e sollevò lo sguardo, fissandolo con occhi cubi cupi da sotto la tesa sottile, blu su blu, lui sentì il proprio addome contrarsi involontariamente. Fu una sensazione piuttosto bizzarra, come se stomaco e cuore avessero deciso di fare un giro di valzer, prima di tornare al posto giusto.
Venne fuori che Kronos si serviva dei suoi poteri per scommettere e fare soldi, puntando là dove era certo di vincere, così risalirono a chi gestiva le bische. Si trattava di un ometto inutile e viscido, che ben presto sputò il rospo, rivelando dove avrebbero potuto trovare Mr. Snider. Così quella sera si trovavano tutti appostati fuori dal suo bar preferito, sulla macchina di Ness.
Castiel non apriva bocca da un bel po’ - cosa che non preoccupava affatto Dean, abituato ai suoi modi - e guardava fisso fuori dai finestrini, con occhi attenti e foschi, rapaci.
«Tipo silenzioso, il tuo amico» osservò Eliot, come se l’angelo non ci fosse.
Seduto accanto a lui, sul sedile passeggero, Dean scrollò le spalle. «Non è mai stato un gran chiacchierone» convenne.
«Quale guarnigione?» chiese l’Intoccabile, stavolta voltandosi a mezzo per guardare Castiel.
«Non capisco» rispose lui, perplesso; una volta tanto, anche Dean era con lui.
«Mio fratello era in Europa a spaccare teste di nazisti, fino a sei mesi fa» rivelò Eliot, con voce distaccata. «È ancora un disastro, ha incubi tutte le notti e, quando può, beve fino a svenire. Ha perso una gamba e una mano. Da quando è tornato ha quello sguardo, quello che di chi sa che sarà uno storpio per il resto della sua vita».
Dean raggelò, ma stranamente Castiel non ebbe alcuna reazione.
«Non mi pare che ti manchi qualcosa. Non qualcosa che sta alla luce del sole, perlomeno» insisté Ness.
Il cacciatore si sentì quasi insultato per l’amico. L’Intoccabile stava chiaramente insinuando che Cas avesse perso l’uso dell’arnese, per così dire, e forse fu un bene che l’angelo fosse incapace di cogliere il sottinteso o di essere colpito da certe basse insinuazioni.
«Dacci un taglio, Ness» sbottò, parlando per la prima volta contro il suo eroe, ma Castiel allungò una mano a stringergli gentilmente un braccio, quietandolo.
«Quello che ho perso non lo potresti vedere nemmeno se io mi denudassi, Eliot Ness» rispose, con una voce che Dean non gli sentiva usare da un po’, bassa, vibrante, piena di echi di secoli e intere ere geologiche. Poi tornò a poggiarsi al sedile e riportò lo sguardo fuori dal finestrino, come se ritenesse chiusa la conversazione.
Ness rimase a lungo in silenzio, studiandolo dallo specchietto retrovisore. «Cercate di essere più discreti, finché sarete qui. È chiaro che nel vostro secolo le cose sono più accomodanti, ma qui la situazione è ben diversa».
«Di che diavolo parli?» fece Dean, confuso.
Lo sguardo di Eliot si spostò fuori dal finestrino, disinteressato. «Rilassati, Cenerentola. Quello che fa una persona tra le lenzuola non è affar mio».
Il ragazzo boccheggiò, a corto di parole. Pensava sul serio che- che- lui e Cas? Si voltò a sbirciare l’amico, troppo attonito per ribattere qualcosa di sensato. Era abituato alle insinuazioni degli sconosciuti e di solito non ci badava più di tanto, ma in quei casi si trattava di persone che fraintendevano il loro rapporto dopo una prima occhiata, Ness invece era con loro già da qualche ora.
«Dean è interessato solo alle signore» disse l’angelo, forse percependo il suo imbarazzo.
Eliot incontrò il suo sguardo attraverso lo specchietto. «Dean, uhm?» osservò.
Ma proprio in quel momento, dopo il passaggio di una bella bionda che distrasse per un attimo l’Intoccabile, Snider - o Kronos, o come diavolo preferisse - si alzò e uscì dal locale, seguendo la ragazza.
Smontarono dalla macchina e Ness spalancò il cofano per consegnare loro dei mitragliatori - sui quali Dean perse due secondi a sbavare perché, be’… - poi corsero dietro a Snider, che si appressava sempre più dietro la ragazza. Lui l’afferrò per un braccio e i tre cacciatori si fermarono per prendere la mira, ma prima che potessero aprire il fuoco, Snider si chinò sulla biondina, baciandola appassionatamente. Con grande apprezzamento di quest’ultima, constatarono, abbassando le armi.
Eliot e Dean si scambiarono un’occhiata perplessa, prima di ritirarsi tutti e tre contro un muro. Nel frattempo, Snider offrì il gomito alla sua ragazza e si allontanarono, passeggiando come piccioncini.
Loro, invece, salirono di nuovo in auto e seguirono il titano fino a casa. Una volta parcheggiato a distanza di sicurezza, osservarono le finestre illuminarsi al passaggio della coppia felice.
«D’accordo,» esordì Ness, voltandosi verso Dean «io resto qui a sorvegliarli. Voi tornate da Ezra e vedete se è riuscita a trovare ciò che ci serve» ordinò, scendendo dalla macchina.
Il ragazzo annuì e scivolò al posto di guida.
«Uno di noi dovrebbe restare con te» osservò Castiel, smontando a sua volta.
«Da solo attirerò meno l’attenzione» ribatté Eliot, dandogli una pacca sulla spalla.
Dieci minuti dopo arrivarono da Ezra, che consegno loro un lungo ramo - di un ulivo millenario, come aveva tenuto a sottolineare Cas - appuntito e intriso di un sangue non meglio specificato sull’estremità acuminata.
Dean era ancora sorpreso che bastasse così poco. Si era immaginato incantesimi, sigilli, trappole e quant’altro, invece era tutto lì: uno spiedo millenario.
Fu mentre contemplava quell’arma che l’angelo aprì di nuovo bocca. «Dean,» lo chiamò, teso, spingendolo a voltarsi, «mi dispiace».
«Di cosa?» chiese il cacciatore, perplesso, scambiando uno sguardo con la sarta.
«L’arma ucciderà Kronos».
«Sì, bene. E quindi?»
Castiel occhieggiò Ezra, che sembrava già sapere cosa intendesse, ma rimase in silenzio, lasciando che anche lui facesse due più due. Loro erano tornati indietro nel tempo seguendo Snider, e se il titano fosse morto…
«Oh» mormorò Dean, prendendosi un momento per assimilare la notizia. «Siamo bloccati qui» realizzò.
Molto cortesemente, Ezra si ricordò di avere qualcosa da sistemare in magazzino.
Il ragazzo la osservò uscire con sguardo distratto, la mente impegnata in altre riflessioni. Niente più Impala, niente jeans e anfibi, niente porno su internet. Niente Sammy. Cristo.
L’angelo chinò il capo, stringendo i denti fino a far sporgere la mascella. «Mi dispiace» ripeté.
Lui si voltò di nuovo a guardarlo, sorpreso. Poi si accigliò. «Non è colpa tua».
Castiel pressò le labbra in una linea bianca e distolse lo sguardo, le braccia stese lungo i fianchi e le mani serrate in pugni pallidi, contro quegli abiti che all’improvviso sembravano completamente incongrui addosso a lui. Si accostò alle vetrine, osservando i passanti sulla strada. «Non posso riportarti indietro» disse, con voce soffocata dalla frustrazione. Le insegne al neon marcavano i suoi zigomi, creando ombre nette tagliate da luci rosse, blu o verdi.
Dean fu sul punto di lasciarsi sfuggire un nuovo Oh, ma si trattenne giusto in tempo. «Ehi» mormorò, accostandosi a lui e chinandosi un po’ per cercare il suo sguardo, perché quello dell’angelo insisteva a fuggire. «Non sei tu a doverti scusare. Se non fosse per me saresti ancora nel nostro tempo» gli ricordò.
Ma Castiel non aveva un suo tempo, lui apparteneva ad ogni secolo, li aveva trascorsi tutti e aveva visitato anche qualche possibile futuro; questo dicevano i suoi occhi. «L’unica cosa che posso fare è questa. Restare con te».
Il cacciatore gli strinse gentilmente una spalla. «Ce la faremo» asserì, cocciuto. «Dobbiamo solo trovare un modo di far arrivare un messaggio a Sam e Gabriel. E anche se dovessimo restare bloccati qui…» scrollò le spalle, «gli anni ’40 non sono poi così male».
Castiel vide il suo sforzo per guardare il lato positivo della faccenda e, anche se non sorrise, annuì.
Quindi Dean ghignò, occhieggiando alcune lettere posate vicino alla cassa. «Ritorno al Futuro 3» esclamò. «Ezra!» chiamò poi a gran voce. «Ci servono carta e penna!»
Collocarono una lettera per Sammy, opportunamente datata, sotto un’asse della camera di motel che lui aveva preso nel 2009, proprio davanti al suo comodino, e Dean ci incise un bel Sam sopra, per assicurarsi di attirare la sua attenzione; era il massimo che potessero fare. Ora dovevano occuparsi di Kronos.
Il quale, prima ancora che Dean potesse realizzare cosa diavolo stesse succedendo, lo stordì con uno di quei colpi che toglievano il fiato, scaraventandolo sul tappeto per buona misura. Avevano tentato di introdursi di soppiatto in casa sua, e questo era il risultato.
Castiel riuscì ad afferrarlo alle spalle, prima che potesse attaccare di nuovo il cacciatore, ma Snider era dotato di una forza soprannaturale e riuscì a fargli mollare la presa, poi lo colpì con un bel diretto sullo zigomo. Nel momento in cui si fermarono in posizione d’attacco, le braccia sollevate a mezzo come pugili, una luce di riconoscimento passò negli occhi del titano.
«Castiel?» chiese conferma. «L’angelo del giovedì, non è così? Sei Caduto parecchio in basso».
«Mai quanto te, Kronos» ribatté lui, sputando un po’ di sangue in terra.
«Vi conoscete?» domandò Dean, rimettendosi in piedi.
«Non esattamente. Ma entrambi siamo in giro da parecchio tempo» gli rispose il titano, spostandosi in modo da poter sorvegliare entrambi.
«È finita, Snider» annunciò Ness, apparento sotto la cornice della porta con la ragazza stretta addosso e una rivoltella puntata alla sua tempia bionda.
«Ethan, che sta succedendo?» gemette lei, terrorizzata.
Lui sgranò gli occhi, con sincera preoccupazione. «Laila, amore, va tutto bene» tentò di calmarla. «Ce ne andremo, ricominceremo da capo, e nulla di tutto questo sarà mai successo».
«Perché non le dici la verità, Snider?» propose, invece, Eliot. «Raccontale come hai fatto fuori la sua amica».
«Ethan?» fece lei, incredula, scrutando il suo volto pallido.
«Raccontale che razza di mostro sei» rincarò l’Intoccabile.
«Io sono un dio!» ruggì Kronos.
«Già, ma le cose ti sono un po’ sfuggite di mano, vero?» replicò Dean. «Senza più nessuno che ti offra sacrifici, sei dovuto andare a cercarteli da solo».
«Solo quelli necessari» ammise il titano, frustrato. «E da quando ho incontrato te, tesoro, non c’è nulla che desideri più di questa vita, di questo tempo. Ho fatto tutto per rimanere con te» tentò di spiegare, voltandosi verso Laila, che iniziò a piangere silenziosamente, scuotendo il capo.
Castiel non esitò, afferrò al volo il ramo d’ulivo lanciato da Dean e lo affondò nel ventre di Snider. «C’è un unico Dio» bisbigliò, rigirando l’arma. «Tutti gli altri sono solo proiezioni create dalla fantasia degli umani. E tu sei diventato un incubo, Kronos».
Il corpo ricadde scompostamente a terra, lo sguardo rivolto per l’ultima volta all’umana che aveva amato.
Consegnarono il cadavere di Snider agli agenti di Ness, che lo avrebbero fatto sparire.
«Quindi, che faremo ora?» domandò il cacciatore.
«Che ne dite di una birra?» propose Eliot, dandogli una pacca sulla spalla.
«Suona come un buon piano» rispose il ragazzo, con un ghigno.
«Siamo invitati anche noi?» domandò una voce familiare.
Si voltarono ad incontrare gli occhi dorati di Gabriel e Dean sorrise, prima di venire travolto dall’abbraccio del fratello.
«Siete in ritardo» disse, divertito.
L’arcangelo finse di controllare l’orologio. «Le undici e trentaquattro in punto, come aveva detto la cara vecchia Laila Taylor».

*°*°*°*°*

Stavano dando la caccia ad una donna in bianco, come ai bei vecchi tempi, quando i casini cominciarono.
Il fantasma riuscì a buttare giù una libreria, intrappolando Castiel sotto di essa e, prima che Sam e Dean potessero reagire adeguatamente, il primo venne sbalzato fuori dalla stanza, mentre il secondo si ritrovò con la sua mano traslucida affondata nel petto.
«Dean!» urlò l’angelo, cercando di strisciare via da sotto quel mobile pesantissimo.
«Spiacente, figlia di puttana,» rantolò il cacciatore, risucchiando l’aria tra i denti «io non ho mai tradito».
La donna in bianco si accigliò, contrariata, come se non la pensasse affatto allo stesso modo. Dean boccheggiò, sentendo la presa dello spirito chiudersi ancora più stretta attorno al suo cuore, e per un momento incontrò gli occhi di Castiel; blu, disperati. Che modo del cazzo di morire, dopo aver superato l’Apocalisse, riuscì a pensare, poco prima che gli si annebbiasse la vista.
Poi risuonò un forte sparo e la mano nel suo petto scomparve.
Dean crollò a terra, respirando a fatica. Un momento dopo Sam fu al suo fianco, prendendolo per una spalla per controllare se stesse bene.
«Ho trovato le sue ossa» annunciò.
«Vai» tossì lui. «Ci penso io qui» gli assicurò poi.
Il resto finì molto in fretta: il fantasma si estinse in una vampata di fuoco e, insieme, lui e Sam riuscirono a sollevare la libreria abbastanza da liberare Cas.
Tornarono al motel impolverati, doloranti, ma soddisfatti. Solo Castiel aveva qualcosa che non andava. Non appena rientrarono in camera, gli fece cenno di prendere il primo turno della doccia, cupo e taciturno. Dean non aveva idea di che problema avesse - già da un po’ di tempo a quella parte, in realtà, perché erano settimane che faceva l’emo -, ma decise che l’indagine in merito poteva aspettare.
Con movimenti lenti e cauti si sfilò la maglietta per controllarsi il torace. Come aveva immaginato, anche se la stronza non era riuscita a spappolargli il cuore gli aveva fatto scoppiare diversi vasi sanguigni. Il suo costato era una fioritura di lividi che promettevano di diventare a breve una dettagliata mappa degli Stati Uniti.
Sì lavò il più in fretta possibile, poi tornò in camera. Lo sguardo dell’angelo si fissò sul suo petto, esaminandone ogni centimetro, accigliato.
«Lo so, sono irresistibile» ironizzò lui, riscuotendolo dalla contemplazione.
Castiel prese il suo posto sotto la doccia e Dean si infilò un paio di jeans puliti, prima che tornasse.
«Ehi, Cas» lo chiamò, quando lo vide rientrare in camera. «Dammi una mano. Nella mia sacca dovrebbero esserci delle bende e, se sono fortunato, una pomata».
L’angelo fissò ancora il suo torace con insistenza, gli occhi foschi ed illeggibili. Solo dopo che Dean gli schioccò due dita davanti al viso, si decise a fare quello che gli aveva chiesto.
Il cacciatore prese il tubetto di pomata e lo aprì, ma Castiel glielo sfilò con gentilezza di mano e si spremette una noce di unguento sulle dita, spalmandogliela addosso usando un tocco sorprendentemente delicato.
L’angelo indossava solo un asciugamano sui fianchi, quindi non fu difficile per il ragazzo vedere in che condizioni fosse ridotta la sua schiena: lungo tutte le spalle, le reni e anche più giù, per quando riuscisse a vedere, aveva una serie di ecchimosi ed escoriazioni a forma di libreria.
Dean fischiò e chiuse una mano sul suo polso, fermandolo. «Vacci piano, o non ne resterà per te».
«Non importa» disse lui, atono, riprendendo a spalmare la pomata.
«Capisco i lividi, quell’affare pesava una tonnellata, ma perché sei pieno di graffi?» domandò l’altro, confuso. Sembrava che qualcuno l’avesse accarezzato con una grattugia.
«Ho cercato di strisciare via da sotto gli scaffali e dovevano avere degli intarsi» rispose l’angelo distrattamente, concentrato sul proprio compito.
Dean ebbe un moto di empatia nei suoi confronti; sembravano fare un male cane. «È per questo che sei tutto imbronciato?» chiese, inclinando la testa per cercare il suo sguardo.
Castiel sollevò gli occhi, stupito. «No» rispose dopo un momento di silenzio.
«Okay. Ce l’hai ancora con me, allora? E da quella notte che sono stato al bar che mi tieni il muso». Settimane fa, ormai. Era più o meno da allora che Cas aveva quell’atteggiamento chiuso e cupo.
Lui aggrottò la fronte, perplesso. «Non ero arrabbiato nemmeno quella volta, Dean».
«Allora cosa c’è che non va?» esclamò, esasperato.
Le labbra dell’angelo si chiusero in una sottile linea bianca e distolse lo sguardo, spostandolo su un punto indefinito della stanza.
«Cas?» insistette il ragazzo.
La sua mano libera si strinse con rabbia sopra le lenzuola e chiuse gli occhi, nervoso. «Stavi per morire davanti ai miei occhi e io non ho potuto fare nulla» tirò fuori a fatica, dopo un lungo momento. «Ero completamente… impotente. Sono impotente».
Il ragazzo sbatté le ciglia, preso in contropiede. Non era quello che si aspettava. «Ehi, è tutto okay. Sto bene» lo rassicurò, dopo qualche secondo di silenzio.
«Non grazie a me» disse, secco. «Dovrei proteggerti, Dean. Non essere un peso. Sono inutile».
«Cas, nessuno si aspetta più che tu… insomma, va bene anche se-»
«No, non va bene!» lo interruppe, alzando la voce più di quanto volesse. Chinò il capo, i pugni che tremavano di frustrazione e rabbia.
«Ehi, senti, abbiamo un arcangelo come amico, ricordi?» tentò Dean. Avrebbe voluto poggiargli una mano sulla spalla, ma era ridotto così male che temeva di fare solo un gran casino, quindi la posò tra i suoi capelli ancora umidi, tirandoli indietro con gentilezza.
Castiel afferrò i suoi polsi e lasciò risalire le mani fino al retro delle sue spalle, attirandolo bruscamente contro di sé - un movimento rapido e prepotente pari a quello di una vipera -, poi, come per un ripensamento, lo cinsero con infinita attenzione, quasi stesse toccando un oggetto fragile e delicato.
Lui boccheggiò, senza sapere bene dove mettere le mani, mentre l’amico si stringeva a lui come un bambino spaventato, come un genitore impazzito di preoccupazione, come un fratello incazzato. Ed era scomodo, perché erano seduti fianco a fianco, ma l’angelo tremava di furia a stento trattenuta, ansia, adrenalina che ancora circolava appena sotto la superficie.
«Se ti fosse successo qualcosa-» Castiel morse tra i denti e oh, fanculo!, pensò Dean, poggiandogli una mano sulla nuca e tirandoselo ancora di più addosso.
«Ci vuole ben altro che una puttana evanescente per farmi fuori, okay?» borbottò tra i suoi capelli. «Va tutto bene. Stai andando alla grande. Non sei inutile, sei solo umano, e non c’è niente di sbagliato».
Castiel lo strinse appena un po’ di più, il volto poggiato contro l’impronta sulla sua spalla, e non disse nulla.

*°*°*°*°*

Sam chiuse il rubinetto della doccia con un sospiro, prendendo un asciugamano a caso per tamponare il grosso dell’acqua che ancora gli scorreva addosso. Quando rientrò in camera, con l’unico piano di buttarsi a letto ed occuparlo a stella, scoprì di non essere solo.
«Uhm, ero venuto qui per un po’ di coccole, ma ora mi vengono altre due o tre idee» sussurrò Gabriel, quasi tra sé.
Lui sorrise e si avvicinò all’arcangelo seduto ai piedi del materasso, infilando le dita tra i suoi capelli soffici. «Ehi» disse, chinandosi a baciarlo. «Come mai questa carenza d’affetto?»
Gabriel fece una smorfia, poi cinse i suoi fianchi e poggiò le labbra sul suo petto umido. «Mio fratello è un coglione».
«Ti direi che non è una novità, ma - uhm - quale dei tanti?» fece Sam, divertito, ravviandogli le ciocche color miele.
«Il più cazzone di tutti: Raphael».
«Ti sta dando ancora problemi?»
Al suo rientro in Paradiso, Gabriel era stato accolto da un’intera schiera di angeli felici, preoccupati, festanti. Molti di loro l’avevano creduto morto da secoli, altri avevano seguito dall’alto i recenti fatti e volevano sapere da lui cosa Dio pianificasse, tutti gli erano ugualmente fedeli.
Lui aveva spiegato che Papà era latitante - cosa che ancora molti ignoravano - e che lasciava, quindi che gli stava più che bene, che ognuno si facesse gli affari propri. Era il Libero Arbitrio ed era loro.
Spiegare il Libero Arbitrio agli angeli, tuttavia, era come tentare di far leggere L’Inferno di Dante Alighieri ad una classe di dislessici - con tutto il rispetto per i dislessici -, perlomeno per quanto riguardava la maggior parte di loro. Gabriel, comunque, si era impegnato, ci aveva speso del tempo e quella schiera di bambini confusi e sperduti gli era più fedele che mai.
Poi era arrivato Raphael, con la sua idea di riaprire la Gabbia e dare nuovamente il via all’Apocalisse, perché “era quello che il Padre voleva”.
Gabe, come si suol dire, ci aveva visto rosso. Aveva tirato giù dal suo piedistallo quel pallone gonfiato e assetato di potere - sul serio, era sempre stato lì a leccare il culo di Michael in attesa di prenderne il posto - e aveva spiegato due cosucce anche a lui. A suon di Grazia appena aggiustata.
Il punto, comunque, era che Gabriel detestava comandare e ora era costretto a vigilare sul Paradiso per accertarsi che quel coglione non combinasse altri danni.
«È sempre stato una spina nel culo» sospirò l’arcangelo sulla sua pelle.
«Tu però sei più potente, giusto?» domandò Sam.
«Ovvio, a Mike e Lucy stavo simpatico, io. Mi hanno insegnato tutti i loro trucchi. Ma ora-» sorrise sfacciato, infilando due dita oltre l’orlo dell’asciugamano, che cadde a terra con un soffice tonfo «passiamo a cose più interessanti» concluse, scendendo lungo il suo ventre con una morbida scia di baci.
Il ragazzo chiuse gli occhi e reclinò indietro il capo, liberando un sospiro.

*°*°*°*°*

Dean si svegliò molto presto, il petto ancora dolorante ed il naso affondato tra i capelli di Castiel.
L’angelo non gli stava addosso, aveva solo la testa sul suo stesso cuscino; dormiva a pancia in giù il volto poggiato su un braccio, il torso nudo per evitare che il pigiama si incollasse ai tagli ancora freschi.
Prima di poterselo impedire, Dean respirò accidentalmente il profumo del suo shampoo. Solo in un secondo momento si accorse che, oltre ai graffi e ai lividi, la schiena di Castiel era coperta anche di sudore freddo. Le mani artigliavano le lenzuola e, alzandosi su un gomito, il ragazzo poté constatare che anche il viso era accigliato, i denti stretti, il respiro sincopato.
«Cas» lo chiamò, cercando di sciogliere i suoi pugni chiusi; non sapeva dove altro toccarlo senza fargli male. «Cas, svegliati. Va tutto bene» sussurrò vicino al suo orecchio.
Un lungo brivido gelido rotolò lungo la spina dorsale dell’angelo, scuotendolo tutto, prima che aprisse gli occhi. Gli sfuggì un singhiozzo, poi guardò la mano sopra la sua e si mosse con attenzione fino a incontrare lo sguardo dell’altro. Deglutì a fatica, Castiel, e gli accarezzò il collo in un gesto molto intimo, ma i suoi occhi erano troppo malinconici perché il cacciatore potesse risentirsi.
«Ehi, sorgi e splendi, Cas» disse piano, accennando un sorriso.
Lui esalò un respiro così carico di sollievo che a Dean si strinse un po’ il cuore.
«Stai bene» osservò Castiel, come se quella fosse l’unica cosa davvero importante, poi chiuse di nuovo gli occhi.
Dean si chiese che diavolo avesse sognato per essere tanto preoccupato per lui, ma preferì non fare domande.

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EFP.
AO3.

serie: heat of the moment, supernatural, long: ti vorrei sollevare

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