Mommy Dearest - Capitolo 1

Dec 10, 2011 18:37

Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: angel!Castiel/vampire!Dean, wizard!Sam, angel!Balthazar, vampire!Crowley, arcangel!Gabriel, arcangel!Michael, arcangel!Raphael.
Rating: NC17.
Charapter: 1/4.
Beta: koorime_yu (la martire ♥).
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico.
Warning: COW-T!AU,* Fluff, EGGPREG, Sesso descrittivo, Slash, Spin-off, Vampirismo.
Words: 4846/18387 (fiumidiparole).
Summary: Dopo essere stato trasformato, Dean vive nella Città dei Vampiri con Castiel, ma il suo angelo ha qualcosa che non va. 
Note: Sequel di Lazarus Rising. Scritta per il prompt Creatura Soprannaturale della mia Tabellina Generale presa da auverse.
Inizialmente Castiel potrebbe sembrare un tantino (molto) OOC, ma poi si capirà il perché del suo bizzarro comportamento.
Note imporatanti: Clash Of the Writing Titans è un universo fantasy creato dagli amministratori di maridichallenge, per una delle loro iniziative. Si tratta di un mondo abitato da quattro popoli in lotta tra loro - angeli, cavalieri, maghi e vampiri - ognuno dei quali occupa una grande città, e sorretto dalla misteriosa figura della (del - in questo caso) Veggente. NON VENITE A DIRMI CHE NON VI AVEVO AVVISATO.
Dedica: A Narcissa63 per il suo compleanno, anche se in vergognoso ritardo. Tesoro, ci siamo “conosciute” grazie ad una fic che parlava di bambini, come potevo non dedicarti questa? ♥

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù No, nemmeno il COW-T è mio, no.

Mommy Dearest
Capitolo 1 
Quando le cose iniziarono, Dean non se ne rese subito conto, troppo preso da altre questioni. Dalle lezioni dell’Ambasciatore Crowley, che gli stava insegnando e gestire la propria Fame, tanto per dirne una. E, Dei!, non riusciva ancora a credere di dover chiamare Master quell’essere insopportabile, ma non era stato Crowley a crearlo e nessuno lo obbligava a sobbarcarsi la seccatura di un Novizio che non era suo, quindi okay, magari Dean avrebbe potuto mostrargli un briciolo di rispetto.
Dal cercare di ambientarsi in una città che non era la sua, in una terra che non era la sua, e dove gran parte degli abitanti lo voleva morto perché lui aveva tagliato la testa ad uno dei loro cari, giusto per dirne un’altra. E da i nuovi - e spaventosi, diamine - poteri che scopriva giorno dopo giorno. O, per meglio dire, notte dopo notte.
Ed in parte, il tutto gli sfuggì perché... be’, non poteva certo lamentarsi se il suo angelo gli saltava addosso, no? Quindi, appunto, all’inizio Dean non ci fece caso.
Il sesso con Castiel era sempre stato grandioso, meglio che con qualunque donna fosse mai stato prima di conoscerlo, ma da un po’ di tempo a quella parte - e cioè da quando era stato trasformato in un vampiro - era diventato semplicemente incredibile. Aveva certamente a che fare con il fatto che il morso di Dean scatenasse la lussuria d’entrambi, ma non solo.
Ora il suo corpo era più resistente di quando era umano, quindi Castiel poteva finalmente lasciarsi andare. E Dean sapeva che gli angeli potevano frantumare le ossa umane come fossero creackers, ma fino a quel momento non si era mai reso conto di quanto Cas si fosse trattenuto con lui. Quindi, insomma, era tutto un po’ nuovo e forse quello era l’unico aspetto buono della sua trasformazione, quindi cercavano di goderselo il più possibile, e magari, sì, si erano un tantino assuefatti.
Dean cominciò a rendersene conto una giorno come tanti, dopo aver fatto l’amore per tre volte - diamine, tre fantastici orgasmi -, quando il suo corpo era completamente sfatto, sudato e da buttare via, e la punta di un’ala di Cas prese ad accarezzargli la schiena, provocando la sua pelle ancora ipersensibile con intento evidente. Si ritrovò a ridere, un po’ per il solletico ed un po’ per l’incredulità, sollevando la testa dal suo petto.
«Ancora non ti basta?» chiese divertito, affondando le dita tra i suoi capelli e tra le sue piume.
Nella Città dei Vampiri, ammantata da un’ombra perenne grazie al Generatore di Nebbia, le ali dell’angelo risplendevano di una tenue luce propria, attirando la sua attenzione ancor più del normale.
«Non ti va?» ribatté Castiel, mordendogli con desiderio le labbra e succhiandole in quel modo che lo faceva impazzire - e lo sapeva, dannato lui!
Dean avvertì l’improvviso ed ormai familiare bisogno di affondare i denti nel suo collo e, quando gli posò la bocca sulla giugulare, l’angelo non si sottrasse, al contrario, portò una mano sulla sua nuca per incitarlo. Quella pelle pallida e profumata si aprì sotto i suoi denti, il sangue bollente si riversò sulla sua lingua, ed il vampiro gemette, deliziato. Si sforzò di prendere solo quello che al momento gli era necessario, poco più di un assaggio, come gli stava insegnando Crowley, e non protestò quando Castiel sollevò il suo corpo di peso ed entrò in lui con irruenza.
Il Bacio di Sangue - come lo chiamavano i vampiri, e Dean lo trovava un nome terribilmente stupido - faceva questo effetto su di loro perché erano amanti. Crowley glielo aveva spiegato con una punta di divertimento, anche se lui non ci aveva capito un granché; sapeva solo che avveniva uno scambio di sensazioni, sentimenti e ricordi, oltre che di sangue, e questo li infiammava come cerini.
Le spinte di Castiel erano profonde, lente, sicure, e Dean fu costretto a staccarsi dalla sua gola per gemere. L’angelo ne approfittò per schiacciarlo sul letto, in una posizione più agevole ad entrambi; per lui che poteva spiegare le ali e per il ragazzo che poteva stendersi, non avendo abbastanza forza per condurre le cose, al momento.
Dean si abbandonò sotto di lui, le braccia ai lati della testa, artigliando il cuscino tra le dita e mordendosi le labbra, ad occhi socchiusi, lucidi di piacere. Castiel si muoveva senza fretta, lo sguardo fisso nel suo, come se avessero tutto il tempo del mondo. Si chinò a baciarlo, ma il vampiro girò appena il volto per evitarlo.
«Ho ancora il sapore del sangue in bocca» si scusò in un ansito.
«Va tutto bene. È il mio sangue» Castiel poggiò una mano sul suo viso per girarlo e cercò nuovamente le sue labbra, affondandovi immediatamente la lingua in mezzo.
Dean infilò le dita tra le sue piume, a tratti accarezzandole e a tratti tirandole, innamorato di loro quasi quanto lo era di Castiel. E le spinte dell’angelo persero il loro ritmo, trasformandosi in affondi secchi, mentre lui gemeva di gola.
«Non ti fa schifo?» gli domandò il ragazzo, cingendogli i fianchi con le gambe.
«Ti disgustano le mie ali?» replicò il compagno, scostandogli i capelli sudati dalla fronte.
«Sono bellissime, perché dovreb-»
«Perché dovrebbe farmi schifo la tua bocca?» l’angelo prese i suoi polsi, portandoglieli sopra la testa ed imprigionandoli; restare coerente con le sue mani che lo stuzzicavano in quel modo era impossibile.
«Non è... la stessa cosa» sospirò Dean, inarcandosi contro di lui.
«Sì, invece. Siamo di specie diverse, questa non è una... novità. Ora... fa silenzio e fatti scopare, Dean» gemette Castiel, zittendolo con un nuovo bacio.
Amen, pensò lui, mentre le spinte diventavano così forti da fargli girare la testa, tanto veloci che se fosse stato ancora umano sarebbe svenuto, assolutamente perfette.

*°*°*°*°*

La seconda volta che Dean ci pensò fu qualche giorno dopo, mentre lasciava il Tempio Maledetto per raggiungere le grotte in cui si trovavano i nascondigli dei vampiri, compreso il suo.
Castiel apparve davanti a lui in uno svolazzo di piume, trascinandolo in un cunicolo e schiacciandolo contro la parete rocciosa per assaltare subito la sua bocca. Il ragazzo gemette, aggrappandosi alle sue spalle, mentre l’angelo strusciava i fianchi contro i suoi.
«Ciao, Dean» sussurrò quest’ultimo contro le sue labbra.
«Wow...» ridacchiò lui senza fiato «non potevi aspettare che arrivassi a casa?»
Per tutta risposta, Castiel si lasciò cadere in ginocchio, iniziando a slacciare i legacci dei suoi calzoni.
Uh, pare di no, pensò confusamente Dean, lasciando andare la testa contro il muro, mentre il compagno prendeva in bocca il suo sesso, cominciando subito a succhiarlo senza esitazioni, facendolo indurire fino a far male.
«Cazzo, cazzo, cazzo...» ansò, mentre l’angelo lo portava rapidamente all’orgasmo.
Castiel si fermò giusto un momento prima che potesse venire e si rimise in piedi con disinvoltura, leccandosi le labbra prima di schiacciarsi di nuovo contro di lui. «Ora possiamo rientrare a casa. Dove finirai dentro di me» rispose finalmente, leccandogli il mento e la bocca dischiusa.
E, cazzo, tutto questo non era normale, ma Dean era un po’ troppo schiavo del piacere - e di Castiel -  per preoccuparsene sul serio.

*°*°*°*°*

Baci soffici piovvero sul suo addome, mentre lingua e denti tracciavano la curva delle sue ossa iliache. Piume gli sfioravano il petto, il collo, il viso; Dean ne sentiva quasi il sapore in bocca.
«Ancora? Sul serio?» biascicò sfinito, quasi addormentato. Era ragionevolmente sicuro di non poter venire più per un bel pezzo, nemmeno volendo. O almeno così pensava, visto che il suo sesso tornò velocemente a nuova vita, appena le labbra di Castiel lo raggiunsero. Un po’ troppo velocemente, in effetti.
«Cas, stai usando il tuo mojo?» chiese incredulo, spalancando gli occhi e tirandosi sui gomiti per osservarlo.
L’angelo gli rivolse uno sguardo colpevole, prima di abbassare quei grandi occhi blu ed arrampicarsi sul suo petto per baciare il suo sterno e circuire un capezzolo.
«Cas..?» squittì Dean incredulo.
«Per favore...» gemette lui, scivolando a cavalcioni dei suoi fianchi e facendo passare il suo uccello fra il solco delle natiche.
Il ragazzo lo guardò come se non lo riconoscesse. L’angelo aveva il volto arrossato, gli occhi lucidi, febbrili, le ali tremanti, i segni dei suoi denti che - al contrario del solito - non ne volevano sapere di guarire per conto loro. Dean afferrò le sue anche con forza, obbligandolo a fermarsi.
«Si può sapere che accidenti ti prende? Questo non sei tu!» esclamò allibito. Dov’era finito il leggendario e granitico autocontrollo di Castiel? Ora l’unica cosa granitica, in quella situazione, premeva contro il suo stomaco.
L’angelo mugolò, posando una guancia bollente contro il suo petto fresco. «È... è tornata la stagione degli amori» mormorò con voce tanto imbarazzata da essere a malapena udibile.
«La... la cosa?» replicò Dean, incredulo.
Castiel sospirò e si strusciò un po’ su di lui, fremente, per allentare la tensione. «La stagione degli amori. Avviene una volta ogni secolo, circa, ed è il periodo più propizio alla riproduzione, per gli angeli» spiegò ansimante.
«Sei... sei in calore?» chiese l’amante, stralunato. Che diavolo erano, uccelli?
Castiel gli scoccò un’occhiata truce, offeso, ma infine annuì, distogliendo lo sguardo.
«E quanto dura questa... stagione?» domandò allora Dean, guardingo.
«Un mese» pigolò l’angelo.
Un mese a questi ritmi. Oddio. Calma e sangue freddo, era immortale anche lui, ora; poteva farcela.
«Okay... E ti fa sempre questo effetto?» lo interrogò incredulo, perché non si spiegava come Castiel fosse sopravissuto vergine per millenni, se una volta ogni cento anni diventava così... così.
«No, di solito non mi fa un effetto tanto... incontrollabile. Ma prima non avevo un compagno» cercò di spiegare il suo angelo, ed il vampiro sospirò, sconfitto.
«Altre tre settimane, eh?» considerò. «Okay, fammi vedere che sai fare, moccioso» sussurrò al suo orecchio, entrando dentro il suo corpo accaldato.
Castiel gemette con gratitudine, puntellandosi sui gomiti per tirarsi su e dondolare più facilmente i fianchi. Dean gli accarezzò la schiena, affondando le mani tra le piume e tirando delicatamente quelle più sensibili sotto le scapole. E l’angelo singhiozzò, portandosi in ginocchio e calandosi su di lui quasi con violenza; la testa gettata indietro, i palmi puntati contro il suo petto, bello da togliere il fiato. Dean si mise seduto per abbracciarlo e si ritrovò stretto nel circolo soffice delle sue ali. «Mordimi» ansò Castiel, mentre lui gli leccava il collo sudato.
«No» sospirò il vampiro, affondando più forte dentro di lui, il sesso dell’angelo intrappolato tra i loro ventri allacciati. E poi tutto si confuse in una giostra di gemiti, spinte e sudore.
«Grazie» mormorò Castiel contro il suo petto, quando ricaddero di nuovo tra le lenzuola, molto più tardi.
Dean sbuffò e lo baciò tra i capelli. «Oh, passare tre settimane a scopare sarà una tale tortura!» ironizzò.
Se Cas poteva baciare la sua bocca sporca di sangue, lui poteva di sicuro prestarsi ad ogni suo più sordido desiderio.

*°*°*°*°*

Quelle settimane, per Dean probabilmente furono le più divertenti e sfiancanti della sua vita.
Arrivò al punto da non riuscire più a vedere, percepire o desiderare altro che il corpo di Castiel. C’era qualcosa di assolutamente intossicante in lui, nella sua forza, nella sua lussuria, in tutto quello che gli dava e che pretendeva; Dean era completamente assuefatto.
Si lasciò affogare nella passione come non si era mai permesso di fare con nient’altro, nonostante da sempre la sua vita fosse fatta di eccessi, e per lui la fame di sesso e quella di sangue iniziarono ad essere divise da una linea così confusa da preoccuparlo, ma era Cas - il suo Cas - quello con cui stava affondando, quindi magari andava bene così, sì, andava bene così.
«Che succede, raggio di sole? Ti vedo un po’ provato» Crowley lo accolse con il solito sogghigno, quella sera, quando lui lo raggiunse, roteando una coppa di quello che, dall’odore, sembrava vino.
«Non sono affari tuoi, Master. Possiamo bere qualcosa che non sia sangue?» chiese interessato.
L'Ambasciatore scrutò il liquido nel calice come se volesse leggervi attraverso. «No. Il tuo corpo non è più capace di bere ed assimilare altro che sangue, a meno che non sia in quantità tanto piccole da non causare disturbo, come un assaggio. Puoi a malapena sentirne il sapore sulla lingua, insomma, e non da grande soddisfazione. Ma la nostalgia a volte può essere forte» spiegò. «Prova» lo incitò quindi, offrendogli la coppa.
Dean ne prese un sorso con attenzione, trattenendolo un po’ in bocca, prima di buttarlo giù. Si accorse subito che il sapore non era come lo ricordava e fece una piccola smorfia, ritrovandosi nauseato. L’odore era decisamente più gradevole del resto.
«Ti accorgerai presto che ormai, per te, nulla sarà più paragonabile al sapore del sangue fresco» asserì il vampiro più anziano, interpretando la sua espressione.
Il ragazzo si sentì l’amaro in bocca, letteralmente e non.
«Andiamo a caccia, bambino» disse allora Crowley, dando una pacca ai braccioli del suo scranno, prima di tirarsi su con grazia sopranaturale. Dean se lo trovò davanti così di colpo che fece molta fatica a non sobbalzare. «Pensi di riuscire a starmi dietro?» Lo sfidò il Master.
Lui gli regalò un sorriso storto. «Fammi strada» accettò implicitamente.
Un battito di ciglia dopo Crowley era scomparso e la porta sulla terrazza era aperta. Dean lo rincorse con tutta la velocità sopranaturale di cui era capace, tanto rapido da essere invisibile ad occhio umano e perfino ad occhio vampiresco inesperto. Quello - quello - era quasi come volare.
Quando rientrò a casa, quella notte, Castiel lo sollevò tra le braccia senza alcuno sforzo e lo prese contro la porta dell’ingresso. E accidenti, sì, anche quello era come volare.

*°*°*°*°*

Se Dean aveva sperato che gli strani comportamenti di Castiel avrebbero avuto fine una volta passata la stagione degli amori, si sbagliava di grosso. Se possibile, dopo le tre settimane di sesso sfrenato, il comportamento dell’angelo divenne ancora più bizzarro.
Il Vampiro ne ebbe l’ennesima conferma quando quel pomeriggio si svegliò in un bozzolo di piume; Castiel aveva letteralmente abbracciato entrambi con le sue ali ed ora sonnecchiava accoccolato contro il suo fianco.
Castiel. Accoccolato. Sonnecchiava.
Dean fu quasi tentato di darsi un pizzicotto, per essere certo di non trovarsi ancora nel mondo dei sogni. Eppure era tutto vero, era stretto in una soffice coperta di piume profumate ed il suo amante dormiva. E non era da Castiel.
Gli angeli semplicemente non dormivano o, se lo facevano, accadeva così di raro da essere tipo un evento storico. Non ne avevano bisogno, a loro bastava stare fermi e comodi per riposare; dormivano solo se il loro corpo era in condizioni tanto critiche da non potersi  rigenerare rapidamente, ed il quel caso il loro sonno era più simile ad uno svenimento.
Dean iniziava davvero a preoccuparsi. «Cas…» lo chiamò piano, scuotendolo per una spalla. Il compagno sbatacchiò le ciglia ed aprì gli occhi di uno spiraglio, fissandolo con sguardo assonnato, prima di appallottolarsi meglio contro di lui. «Ehi, stai bene?» ritento il ragazzo, accarezzandogli i capelli.
«Sì… è presto, Dean, torna a dormire» biascicò, nascondendo il viso nella curva del suo collo.
Lui non sapeva più cosa pensare. Una piuma gli solleticò il viso, facendogli venire voglia di starnutire, ma l’angelo addossato al suo corpo era piacevolmente tiepido e caldo, e perfino la Fame di Dean parve acquietarsi e prendere bene la prospettiva di qualche altra ora di sonno.

*°*°*°*°*

Nei giorni seguenti, Dean iniziò seriamente a pensare che qualcuno avesse sostituito Castiel con un uccellino di pezza, di quelli che piacevano tanto alle bambine. L’angelo era insolitamente pigro e sonnolento, e cercava sempre più spesso il contatto fisico con lui, ma non nel modo in cui il ragazzo era abituato. Poteva solo supporre che il corpo del compagno si stesse rigenerando, recuperando le energie perse durante il mese d’intensa attività fisica.
Erano trascorse quasi due settimana dalla fine della stagione degli amori e Dean si era ormai abituato a vederlo rannicchiato a letto, chiuso in un guscio di piume. Castiel apriva le ali solo per catturare anche Dean nel loro abbraccio e stringersi a lui.
Perfino nell’intimità era cambiato. Ora, Dean non era contrario ad un po’ di sesso alla vecchia maniera, quello lento, intenso e rilassante, e Castiel morbido ed arrendevole sotto di lui era una meraviglia, ma sapeva per esperienza - felicemente - vissuta che il compagno era molto più dominante e passionale di così.
«Ehi…» sussurrò, svegliandosi imprigionato nell’ennesimo abbraccio piumoso «dovrei andare da Crowley».
Castiel soffocò la sua voce con un bacio lento e caldissimo, poi aprì le braccia per lasciarlo andare, ma le ali erano ancora chiuse in uno stretto bozzolo attorno a loro. Dean inarcò un sopraciglio, tra il divertito e l’esasperato, e l’amante mormorò qualche parola di scusa, costringendosi a liberarlo.
Se solo non avesse adorato tanto quelle dannate ali, probabilmente sarebbe stato molto più seccato di così. Invece non riusciva proprio a prendersela con Castiel. E, no, non stava assolutamente pensando che, con quel comportamento, il suo angelo era tenerissimo, scherziamo?

*°*°*°*°*

«Devo contattare un angelo» fu la prima cosa che disse, quando raggiunse Crowley.
«Ne hai uno in camera da letto» osservò questi.
«Intendo un altro angelo» specificò il ragazzo.
«Avete litigato?» chiese il suo Master, mediamente interessato.
«No» ringhiò Dean infastidito «Credo che sia malato. Vorrei contattare uno dei suoi fratelli» si decise finalmente a confessare.
Crowley inarcò un sopraciglio. «Cos’ha?» domandò scettico.
«Non puoi semplicemente spiegarmi come contattare un angelo da qui?» sbuffò Dean.
«No, bamboccio, non posso permetterti di invitare la fazione nemica a prendere un tè a casa tua. Cos’ha il gallinaceo divino che non va?» lo interrogò l’Ambasciatore, seccato.
Dean alzò le braccia e le lasciò ricadere subito, in un gesto impotente. «Non so nemmeno come spiegartelo. Dorme tantissimo; non fa quasi altro, a dire il vero. E tutti sanno quanto gli angeli dormono poco. Ed è insolitamente svogliato. Forse l’aria di qui gli sta facendo male, magari ha bisogno di luce o… non lo so!» sbottò frustrato.
«È più affettuoso del solito?» chiese Crowley, accigliato «Intendo, quasi a livello di essere appiccicoso. E sdolcinato». Se non fosse sembrato così fottutamente serio, Dean l’avrebbe mandato al diavolo.
«Sì» ammise, con una certa esitazione. Insomma, quelli erano un po’ affaracci loro, no?
All’improvviso l’altro vampiro sogghigno, sembrando incredibilmente divertito. «Be’, congratulazioni» esclamò.
«Cosa?» replicò lui perplesso.
«Oh, suppongo che lo scoprirai presto» rispose il suo Master, lasciandolo - se possibile - ancora più perplesso.

*°*°*°*°*

Dean scoprì fin troppo presto cosa volesse dire quella vecchia sanguisuga sovrappeso. Passò forse qualche altro giorno, ma una mattina, rientrando a casa dopo la solita nottata di lezione con Crowley, trovò la camera da letto buia ed il materasso bagnato di sangue.
«Cosa cazzo…» iniziò, raggelato. Poi lo vide. Castiel, appallottolato in mezzo al letto - a tutto quel sangue -, sembrava l’unica cosa immacolata. «Cas? Cas! Sei ferito?» esclamò, precipitandosi su di lui. «Che diavolo è successo?»
L’angelo tremava, gli occhi enormi, spaventati, febbricitanti. «Non fargli male. Ti prego, è colpa mia, solo colpa mia, non fargli male» farfugliò, rifiutando di farsi toccare.
«Fare male a cosa?» soffiò Dean, sopraffatto dalla situazione e terrorizzato dal suo comportamento. Castiel era forte, era un soldato, cosa poteva averlo spaventato tanto?
E poi il suo compagno schiuse lentamente le ali, rivelando il corpo nudo al di sotto, e qualcosa stretto tra le mani che teneva contro il petto. Un uovo. Piccolo, bianchissimo, non più grande di quello di una gallina, forse persino più piccino.
Dean sbatté le ciglia, perplesso, inclinando la testa in una inconsapevole imitazione dell’amante. «Uh… e che dovrei farci con quello, una frittata? Non potrei nemmeno mangiarla» osservò confuso, ma si accorse di aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato, perché d’un tratto Castiel divenne pallido come un lenzuolo e si richiuse in un bozzolo, nascondendo l’ovetto.
«Non puoi mangiarlo» disse l’angelo con voce tremante.
«No, certo che no. Posso bere solo sangue, ricordi?»
«Non puoi nemmeno morderlo» aggiunse precipitosamente Castiel.
Dean iniziava ad infastidirsi. «Cas, si può sapere che cazzo succede? Cos’è tutto questo sangue e perché, in nome del Veggente, dovrei voler addentare un uovo? Crudo, per giunta. Le uova sono fatte di tuorlo e albume, dentro, hai presente? Non c’è mica sangue. Che accidenti ti prende?»
Castiel si morse nervosamente un labbro, abbassando lo sguardo per sbirciare il contenuto delle sue mani. «È… è il nostro piccolo, Dean» mormorò con voce a malapena udibile.
«Eh?» replicò lui. Molto arguto, davvero.
«I-il… il frutto del nostro amore» ritento l’angelo.
Ancora niente. Sul volto del ragazzo c’era solo perplessità.
Castiel si agitò, in difficoltà. «Com’è che dite voi umani? È… il nostro bambino, Dean. Nostro figlio» riuscì a spiegarsi infine.
Bambino, a-ah, pensò. Figlio, certo, ovvio, si disse.
«Cosa?» chiese.
Castiel boccheggiò, ma non rispose.
«È… è uno scherzo?» ritentò Dean, anche se il suo angelo aveva il senso dell’umorismo di un ceppo di legno a natale.
«M-mi dispiace» balbettò e, oddio, Cas era così spaventato «È colpa mia, mi dispiace». Sembrava sull’orlo di una crisi isterica e lui iniziava a provare il desiderio molto umano di svenire.
«O-okay» si disse, salendo sul letto e stringendo il compagno tra le braccia. «Va tutto bene» mentì, perché non ci stava capendo un cazzo, ma Castiel stava male, e non poteva lasciarlo in quelle condizioni.
Spinse gentilmente l’angelo a stendersi, tenendolo contro il suo petto e mormorando cose senza senso. «Shhh… shhh» bisbigliò, accarezzandogli la schiena, mentre Castiel tremava tutto, fino alla punta delle ali.
Sembrò passare un’eternità prima che il respiro febbrile del suo amante tornasse ad avere una parvenza di normalità. Solo allora Dean si azzardò ad allentare la presa e cercò i suoi occhi blu con i propri.
«Non sei arrabbiato» constatò l’angelo.
«No» confermò lui. Non era arrabbiato, era fottutamente terrorizzato. «P-puoi spiegarmi ora?» chiese con voce roca, cercando di deglutire il nodo che gli ostruiva la gola.
Castiel aveva ancora le braccia strette contro il torace, nonostante fosse rannicchiato contro il suo fianco, il piccolo uovo chiuso tra le mani a coppa, ferme all’altezza del cuore. «Io… non avevo idea, davvero…» asserì costernato.
«Parti dall’inizio, Cas» lo pregò Dean, perché davvero non ci stava capendo un accidenti.
«La stagione degli amori. Serve a procreare, te l’avevo spiegato, ricordi?»
«Ma tu sei un maschio. Come me» osservò il ragazzo, stralunato.
«Non è esatto» lo contraddisse il compagno, agitandosi appena contro di lui, le ali che si contraevano in piccoli spasmi nervosi «Gli angeli sono ermafroditi. Anche se in apparenza sembriamo maschi o femmine, all’interno dei nostri corpi ci sono organi di ambo i sessi» spiegò lentamente «Sono… organi supplementari. E rimangono dormienti fino alla stagione degli amori».
Dean lo osservava con occhi grandi quanto piattini da caffè, non riusciva a dire nulla, assolutamente nulla. «O-organi supplementari» squittì alla fine «Okay. Non sei un maschio. Okay».
«Mi dispiace, non avevo idea…» riprese Castiel «Non dovrebbe essere possibile. Siamo di razze diverse, e… e ora sei perfino un vampiro. Non ha senso».
Dean sentì lo stomaco aggrovigliarsi in un nodo così stretto da fare male. I vampiri erano sterili, non potevano riprodursi con nessuna specie, nemmeno tra loro, per questo trasformavano altri umani; era una razza maledetta, non una specie.
«Cas, se…» iniziò con voce roca, soffocata «se sei stato con qualcun altro…» qualcosa dentro di lui morì al solo dirlo ad alta voce. Ma che altro poteva essere? E perché avrebbe dovuto pretendere diversamente? Perché avrebbe dovuto pensare che un angelo volesse legarsi ad un mostro come lui?
«Cos- no!» gli occhi di Castiel sembravano sul punto di rotolare giù dalle orbite «No, no, no. Dean, come puoi… sei il mio compagno. Gli angeli si legano ad una sola persona, e tu sei il mio compagno. Non potrei mai!»
Lui chiuse gli occhi, si strinse l’amante addosso e riprese fiato, con il viso affondato nel suo collo. «Scusa… scusa» bisbigliò. Castiel si pressò contro di lui, circondandolo con un braccio solo, mentre con l’altro continuava a cullare - o nascondere? - il suo prezioso carico, e posò un bacio tremante sulla spalla di Dean.
«Mi dispiace» disse ancora una volta..
«Smettila» lo rimproverò il ragazzo, da qualche parte tra i suoi capelli. «Quindi… uova. Nascete da delle uova?» chiese conferma, ed il compagno annuì, senza spostarsi. Ali, stagione degli amori, un solo compagno per la vita, uova… tutto questo continuava a fargli pensare a dei fottuti uccelli. Un risolino isterico gli scappò dalle labbra prima che potesse frenarlo, e Castiel - probabilmente intuendo, o leggendo, il corso dei suoi pensieri - gli pizzicò un fianco, indispettito.
Dean si scostò un pochino, appena il tanto da incontrare il suo sguardo. «E quindi questo è…?» tentò, tornando al fulcro della discussione e cercando - con quieto terrore - di sbirciare il delicato contenuto della mano del compagno. L’angelo annuì ancora, chinando lo sguardo colpevole.
«Ehi… è… è okay. Insomma, no, non è per nulla okay, non so che cazzo fare, ma… uhm… non è colpa tua. Non potevi prevederlo, no?» cercò di rassicurarlo, sfiorandogli il viso per convincerlo a rialzare gli occhi. «Mi sembra che tu sia il primo ad essere stato travolto dalla situazione. Non avevi mai vissuto la stagione così, uhm? Quindi questi… organi supplementari» Dei, no, non mi ci abituerò tanto presto «non si erano mai… accesi. Giusto?» chiese conferma, tanto per capire se aveva afferrato bene il concetto.
«Ma avrei dovuto… non sono un bambino, Dean. Avrei dovuto…»
«Cosa? Io teoricamente sono sterile, no?» lo interruppe il vampiro, con un sorriso amaro «Chi poteva immaginarlo?»
A questo l’angelo non trovò nulla da replicare ed abbassò di nuovo lo sguardo, stavolta non per il senso di colpa, ma per riportarlo sul piccolo fagottino che stringeva al petto. Gli occhi di Dean seguirono il medesimo percorso e si fermarono sulle tracce candide che riusciva ad intravedere tra le dita dell’amante.
Improvvisamente si ricordò di tutto il sangue che imbrattava le lenzuola e tornò perfino a percepirne le tracce umide ed appiccicose contro i loro corpi; dopo lo shock, ora poteva riconoscerne l’odore, era proprio il sangue di Castiel. Rabbrividì interiormente. Non voleva nemmeno immaginare da dove fosse uscito quel coso - l’uovo - e tutto quel sangue. Fortunatamente, il corpo di Cas sembrava intatto. E Dean non riusciva a scollare lo sguardo da quel cosino. L’uovo. Suo figlio. Cazzo.
Il cuore gli pulsava nei timpani come un tamburo di guerra.
«Posso… posso vederlo?» mormorò, attirando l’attenzione del suo angelo, ed il ragazzo vide qualcosa di nuovo nei suoi occhi blu, qualcosa di enorme ed intenso e caldo e bellissimo - qualcosa di cui avrebbe potuto innamorarsi.
Castiel schiuse lentamente la mano, mostrandogli l’ovetto candido posato sul palmo. Era piccolo, Dio, così piccolo, e bianco bianco. Dean allungò una mano tremante, desiderando raccoglierlo, ma non avendone il coraggio, e sfiorò il guscio con la punta dell’indice. Era caldo e liscio, e sembrava fragilissimo.
«È così piccolo» osservò, trattenendo il respiro, perché non sapeva davvero cosa dire.
«Crescerà. Ci vogliono nove mesi, prima che sia pronto per la schiusa» spiegò Castiel.
«Come una gravidanza umana» osservò il ragazzo.
L’angelo annuì. «Ora è grande come un embrione di poche settimane».
«Quindi dovrai… uhm…» covarlo, stava per dire, ma l’immagine era alquanto ridicola ed anche abbastanza disturbante.
«Tenerlo al caldo» gli venne in aiuto il suo angelo «È la fase più delicata». Prese la sua mano e vi depose delicatamente l’uovo.
«No, io… no, sono troppo freddo» smozzicò Dean terrorizzato; la temperatura corporea dei vampiri era troppo bassa.
«Non importa. Sei suo padre. La tua vicinanza può solo fargli bene» lo tranquillizzò Castiel, portando le mani a coppa sotto la sua, così grande, e chiudendola delicatamente attorno all’ovetto.
Dean era senza fiato, terrorizzato, e squassato da così tante emozioni che non riusciva nemmeno a capirle. Non riusciva a credere che fosse vero. Che ci fosse una vita lì dentro, che fosse frutto di Castiel, che fosse suo, che fosse un uovo. Padre. Oh, dei del cielo, padre. Sarebbe diventato padre.
«Pensavo… avevo… rinunciato all’idea…» soffiò, non sapendo neanche cosa stava dicendo. «Prima tu… e poi la trasformazione… ed io… non credevo…» boccheggiò. Sta zitto, si disse, cazzo, sei ridicolo, tappati la bocca. E l’uovo era piccolo, e caldo, e premendo con delicatezza i polpastrelli sul guscio poteva quasi sentirlo pulsare.
«Non pensavo fosse possibile amarti più di così» sussurrò Castiel e Dean improvvisamente alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi blu, trovandoli fissi sul proprio viso. «Mi sbagliavo» aggiunse l’angelo in una confessione a malapena udibile. Forse, se lui non avesse avuto l’udito di un vampiro, non l’avrebbe sentita.
Dean deglutì a fatica. Stavano insieme da un bel po’, un paio d’anni ormai, e ne avevano passate tante, anche troppe, e sapevano di amarsi, ma per qualche motivo non l’avevano mai detto ad alta voce; non è che fosse davvero necessario, se lo dimostravano ogni giorno. E rise, perché era felice, e spaventato, e confuso, e perso, completamente perso, per Castiel, e per quel cosino, per entrambi.

*°*°*°*°*

Quella mattina, Dean la custodì come uno dei ricordi più preziosi della sua vita - o non-vita.
Non dormì davvero, e non perché potesse farne a meno - i vampiri molto antichi quasi non dormivano affatto, ma lui era solo un Novizio ed il suo corpo aveva ritmi ancora molto umani -, ma perché semplicemente non ci riusciva; troppa ansia, troppa tensione.
Trascorse le ore in dormiveglia e, tutte le volte che apriva gli occhi, si ritrovava circondato da un quieto tepore. La testa poggiata su una spalla di Castiel, nell’abbraccio delle sue ali, una mano sul suo petto, chiusa nella sua, sopra il piccolo uovo, sopra il suo cuore.

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auverse: tabella generale, supernatural, long: mommy dearest, serie: cow-t 'verse

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