Il Peso della Valigia

Mar 28, 2011 21:38

Fandom: Supernatural.
Pairing: fem!Castiel/fem!Dean.
Rating: Pg15.
Beta: Narciss63 (la mitica ♥).
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico.
Warning: Fem-Slash, Switchgender.
Words: 1361 (fiumidiparole ).
Summary: Oh, le era sembrato così divertente che per il gran ballo le due potenze avverse dovessero vestirsi con il corpo di due ragazze del Kansas! Sul serio, c’era qualcosa di peculiare in quello, una specie di segnale cosmico che indicava quanto il tutto fosse assolutamente ridicolo.
Note: Scritta sul prompt 04. “Ogni panchina di questo parco urla il tuo nome”, preso dal mio set di syllablesoftime  e per la settima settimana della COW-T di fiumidiparole  e  maridichallenge , Team Maghi - Missione 2: Switchgender.
Il titolo della fic è quello dell’omonima canzone di Luciano Ligabue da cui sono tratte le strofe che fanno da introduzione e da conclusione alla storia.


DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Il Peso della Valigia

Hai fatto tutta quella strada,
per arrivare fin qui,
e ti è toccato partire bambina,
con una piccola valigia di cartone,
che hai cominciato
a riempire […]
E gli occhi han preso il colore del cielo,
a furia di guardarlo.
E con quegli occhi,
ciò che vedevi, nessuno può saperlo.

Deanna alzò il capo, socchiudendo gli occhi per difenderli dal sole di mezzogiorno. Il cielo era fin troppo azzurro per i suoi gusti - o per il suo umore - gli uccellini canticchiavano felici e presto il parco sarebbe stato invaso dalle voci squillanti dei bambini, appena usciti da scuola.
Era già stata lì, quando lei e sua sorella avevano rispedito Samhain all’Inferno, impedendogli di continuare scorazzare sulle strade addobbate per Halloween. Dopo aver scampato il peggio, la serenità di quel posto l’aveva fatta sentire bene, le aveva ricordato per quale motivo si facesse il culo ogni giorno, ma ora quella stessa vista le sembrava solo piena d’ipocrisia.
Meno di sei mesi prima avevano sventato la fottuta Apocalisse e la gente andava avanti come se nulla fosse, ignara di tutto. Ma non c’era proprio un cazzo che andasse bene! Non quando Sam - la sua sorellina Sammy! - era chiusa in una dannata gabbia, tra le grinfie di Lucifer e Michael.
Oh, le era sembrato così divertente che per il gran ballo le due potenze avverse dovessero vestirsi con il corpo di due ragazze del Kansas! Sul serio, c’era qualcosa di peculiare in quello, una specie di segnale cosmico che indicava quanto il tutto fosse assolutamente ridicolo.
Accartocciò nel palmo l’ultima lattina di birra che aveva bevuto e la lasciò cadere a terra. Non sapeva nemmeno perché fosse tornata lì. Aveva semplicemente lanciato l’Impala verso l’orizzonte e guidato fino a quando era stata costretta a parcheggiare, troppo stanca per proseguire, e si era ritrovata lì.
Un fruscio familiare, simile ad uno sbattere d’ali, sostituì per un attimo la brezza e con la coda dell’occhio vide una figura seduta nella panchina accanto alla sua. Si voltò per incontrare, senza neanche troppa sorpresa, lo sguardo blu di Castiel, come sempre bellissima anche avvolta nel suo tailleur stropicciato e nell’impermeabile troppo grande per lei.
«Ciao, Deanna» la salutò l’angelo con la solita voce bassa e roca, così atipica per una donna da sembrare quasi asessuata. L’ espressione - o meglio la non-espressione - distaccata del suo viso, non mancò di mandarla in bestia.
«Ma guarda, allora non hai dimenticato la strada per raggiungere l’Isola Che Non C’è» ironizzò acida.
Se fosse stata lì, Samantha l’avrebbe guardata con quella sua occhiata di rimprovero e le avrebbe chiesto se aveva le sue cose. Ma non era lì.
«Credevo fossi da Lisa» replicò Castiel.
Oh, come se non sapesse com’era andata! Lei ci aveva provato, ci aveva provato davvero a far funzionare la situazione, perché aveva promesso alla sua sorellina di rifarsi una vita, ma non ce l’aveva fatta - aveva fallito perfino in quello - perché, semplicemente, non era tagliata per la vita da casalinga.  
Era abbastanza certa che l’angelo avesse continuato a stalkerarla anche dall’alto dei cieli, o adesso non sarebbe stata lì.
«Che ci fai qui, Cas?» ribatté guardando dritto davanti a sé, nel tentativo di non farsi incantare da quei capelli arruffati che le ricadevano soffici sulle spalle, implorando un colpo di spazzola, o dalla curva armoniosa dei suoi fianchi sottili, perfettamente delineata dalla gonna a tubino.
«Forse sono qua per il tuo stesso motivo, Deanna»  considerò lei, ma la cacciatrice non l’ascoltò e portò il peso in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
Sentì i seni prosperosi, sempre scomodi, premere contro il cotone della maglietta, che si arricciò un po’ sui reni, scoprendo qualche centimetro di pelle sopra i jeans a vita bassa, e scalciò la lattina di birra con gli anfibi militari. Si guardò attorno, spaesata, domandandosi nuovamente cosa ci facesse lì.
«Ogni panchina di questo parco urla il tuo nome» mormorò la sola Winchester rimasta, ricordando il giorno dopo Halloween, quando si erano ritrovate su quelle stesse panchine e l’angelo le aveva confessato per la prima volta di essere diversa dai propri fratelli, di avere dei dubbi.
Un momento dopo percepì l’aria spostarsi ancora e Castiel si sedette accanto a lei. «Sono qui, Deanna» sussurrò gentilmente, portandole dietro l’orecchio una ciocca bionda scivolata davanti alla sua fronte. Non sei sola, sembrava dire quel tocco delicato, ci sono io con te.
La cacciatrice catturò tra le sue quella mano perfetta, dalle unghie lunghe e curate, che non si sarebbe mai rovinata, fintanto che l’angelo avesse occupato quel corpo. Era così diversa dalle sue, ruvide e callose per il continuo maneggiare armi, sin da quando era bambina. La sua non era stata un’infanzia normale, ma non era mai riuscita a biasimare suo padre; lui le aveva insegnato a difendersi ed aveva tenuto lei e sua sorella vive. Cosa importava se ora aveva sempre le unghie spezzate e non era nemmeno capace di stendere bene uno smalto?
Se fosse stata un uomo sarebbe stato diverso? Sarebbe stata un bell’uomo, di quelli che fanno girare la testa a tutte le ragazze e se ne scopano una a sera, di quelli un po’ stronzi, ma - sotto sotto - buoni. Non avrebbe avuto problemi a reggere il più pesante dei fucili, non sarebbe sembrata rozza a comprare un cassa di birra in un market anonimo, avrebbe fatto il culo a qualsiasi fottuto demone, avrebbe spiumato gli angeli, avrebbe preso a botte sua sorella - che ovviamente sarebbe stata un fratello - per le sue brillanti idee, avrebbe impedito a Castiel di volare via. Sì, sarebbe stata una persona migliore.
Le ginocchia di quest’ultima, delineate dai collant color carne, sfiorarono le sue e dopo un momento d’esitazione, Deanna si voltò a guardarla. Lo sguardo le cadde, irresistibilmente attratto, sulle sue labbra pallide, su quel collo lungo e sottile che pregava solo di essere marchiato, sullo scollo della camicia che lasciava intravedere l’incavo tra i seni.
L’attimo seguente, inclinando semplicemente il viso, la stava baciando. Le labbra di Cas erano morbide e arrendevoli sotto le sue, i suoi capelli soffici come piume tra le sue dita. Riuscì a sentire il sapore caramellato del proprio rossetto e quello ancora più dolce della sua bocca, poi l’angelo le incorniciò il viso e si portò a cavalcioni su di lei, lasciando che la gonna stretta si sollevasse sulle sue gambe a causa del movimento improvviso.
«Ehi, piano dolcezza» la frenò Deanna, scostandosi da lei con un ultimo bacio asciutto. «Siamo in un luogo pubblico» le ricordò divertita e l’angelo arrossì imbarazzato.
Cas era così: imbranata, incapace di capire le cose più elementari del vivere tra gli umani, e al contempo forte, risoluta ed impetuosa come un vero soldato. Inclinò il capo in quel suo modo distintivo ed adorabile, non capendo bene cosa avesse sbagliato stavolta, e lei la trovò, come sempre, bellissima.
Sarebbe stata altrettanto bella anche da uomo? Sapeva che era una domanda sciocca, perché di fatto Castiel avrebbe potuto trovarsi un corpo maschile, se avesse voluto. Che fosse in quello di una donna era pura casualità, ma non poté fare a meno d’immaginarla. Avrebbe mostrato la stessa ingenuità e forse, proprio per questo, sarebbe sembrata ancora più tenera; l’anima di un moccioso millenario intrappolata nel corpo di un adulto.
L’angelo le posò i palmi sulle spalle, lì dove due anni prima aveva lasciato le proprie impronte quando l’aveva tirata su dall’Inferno, e la ragazza riuscì a leggere sul fondo di quegli occhi blu tutta la sua innocente bramosia, il desiderio di avere di più. Poteva quasi vedere il modo in cui si sarebbe inarcata tra le sue braccia, quando lei avrebbe baciato i seni piccoli e sodi che ora premevano sui suoi, e la traccia umida che avrebbe trovato sulle sue mutandine, se avesse infilato le dita sotto i suoi vestiti. Quanto tempo avevano? Fino a quando Castiel sarebbe rimasta, stavolta?
Deanna scacciò quei pensieri ansiosi e poggiò la fronte contro la sua. «Da bambina,» le confidò «mia madre mi diceva sempre…» I capelli di Castiel scivolarono su di lei come un velo, distraendola e riparandola dal sole. Le diedero l’impressione di trovarsi in una piccola cappella privata, lontana dal mondo affollato.
«Che gli angeli vegliano su di te» concluse lei con un sorriso appena accennato, ma così dolce. «Sono qui, Deanna» ripeté ancora e la cacciatrice chiuse gli occhi, grata per quel piccolo angolo di Paradiso. Non desiderava nient’altro.
Be’… magari qualcos’altro sì, pensò quando il respiro dell’angelo le solleticò la bocca.
«Ho la macchina parcheggiata qui dietro» bisbigliò maliziosa, accarezzandole fuggevolmente l’orecchio con le labbra.

Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin qui,
ma adesso forse ti puoi riposare.
Un bagno caldo e qualcosa di fresco da bere e da mangiare.
Ti apro io la valigia mentre tu resti li,
e piano piano ti faccio vedere,
c’erano solo quattro farfalle un po’ più dure a morire.

FINE.

Potete trovarla anche su:
EFP;
Fire&Blade;

syllablesoftime: set sfuso, maridichallenge: cow-t, supernatural

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