DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo: 26 (capitoli precedenti nel
Fanfiction Masterpost)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai ShoxOC / Masaki AibaxOC / Matsumoto JunxOC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
NOTE
Cazzarola, non riuscivo a trovare niente da ascoltare mentre scrivere T^T aiut! Ho bisogno di musica nuova!
Speriamo che gli Arashi si spiccino con il nuovo album e che sia bello (e un po' meno unz dell'ultimo. Non è che non mi sia piaciuto ma in linea di massima preferisco le ballad e la roba un po' più melodica).
A parte ciò posso dire di aver lavorato ancora sulla panificazione della storia e ufficialmente i capitoli saranno 49. Chi mi conosce sa che sono una pignola a livelli clinici (o cinici?) quindi troverò un modo per farne 50 (+ epilogo). Però non è che voglio allungare la brodaglia eh!
Cercherò di fare tutto per bene e di sfruttare al meglio un capitolo in più.
Significa che lo scorso capitolo era il giro di boa. Sì. La verità è che deve ancora succedere tanto di quella roba che il vero giro di boa (ossia l'inizio di una conclusione seria) sarà al capitolo 47 °_° pff... vabbè lasciamo stare! XD
Che ne dite? Ne parlavo con un amica ieri, secondo lei la colpa è di Kokoro. Per me non c'è una vera e propria colpa, c'è solo tanta confusione. Cosa vuole veramente? Lo so cosa vuole (sono la scrittrice, è ovvio che lo so!), è solo che ancora non è riuscita a dargli un nome.
Prossimamente comincerò la stesura dei capitoli extra/speciali sulle protagoniste femminili ^.*
26. A Problem without its name
Era mattina presto e dalle case vicine, con le finestre ancora aperte in quegli ultimi giorni di calore settembrino, si sentivano tanti rumori: le persone consumavano la loro colazione spostando le ciotole di riso e le tazze di caffè, qualcuno chiamava a gran voce chi ancora non si era svegliato, oppure si sentivano le suonerie delle sveglie che si accendevano improvvisamente. Le strade invece erano ancora tranquille, anche se le ombre delle case non era più così lunghe e infondo alla via era già arrivato il camioncino verde acqua per la raccolta dei rifiuti.
Kokoro stava spazzando mestamente davanti al negozio, ancora non aveva indossato la divisa del negozio dato che aprivano entro un'ora e doveva prima sistemare alcune cose, tra cui finire i dolci che aveva cominciato alle quattro di quella stessa mattina. Indossava un paio di jeans consumati e una maglietta celeste a maniche corte che usava spesso quando doveva passare le ore a cucinare. Intorno alla vita aveva legato un grembiule bianco con qualche vecchia macchia. Davanti al negozio si erano posate alcune -probabilmente le primissime- foglie cadute dagli alberi e della polvere, così, in attesa di poter riprendere a lavorare sui dolci che dovevano riposare per un po', si era messa prima a sistemare i noren appesi alla porta d'entrata e poi a passare la scopa davanti all'ingresso.
Non tirava vento, ma il cielo comunque non era del tutto sereno. Un po' come lei: a vederla non sembrava avesse problemi, ma in realtà erano giorni che continuava ad avere pensieri. Erano quasi due settimane che non sentiva Aiba. Dopo la paura dei primi giorni, che l'aveva paralizzata tanto da non capire più come comportarsi, era riuscita a calmarsi e a concludere che la cosa migliore era parlarne con lui, ma era già passata una settimana e non aveva trovato un modo per contattarlo che la soddisfacesse. Come doveva attaccare bottone? Con che scusa chiamarlo? Tergiversare e poi parlargli dei suoi problemi, oppure andare dritta alla questione? Proprio per questi dubbi, le due o tre volte in cui lui aveva chiamato, lei non aveva risposto. Per un timore o per l'altro le settimane erano diventate quasi due e a quel punto non sapeva nemmeno con quale coraggio tornare a parlargli dopo averlo ignorato. Ogni giorno si diceva che doveva essere quello giusto per risentirlo, ma alla fine andava a dormire che non aveva combinato niente e rimandava al successivo.
Con un sospiro lanciò un'occhiata infondo alla strada: il camioncino della spazzatura si faceva sempre più vicino. "Non dovrei fare così" si disse appoggiandosi alla scopa e scrutando meglio a destra e a sinistra "Infondo la maestra non era sicura di aver visto proprio lui e ogni tanto è successo che scambiasse suo fratello per lui. Ma se fosse lui invece?". Si mordicchiò il labbro e guardò l'orario sull'orologio da polso. La proprietaria del negozio aveva raccontato di aver intravisto Masaki nel combini vicino a dove abitava, ma non le era stato possibile vederlo chiaramente per esserne sicura. "Magari è tornato dalla famiglia nei giorni dopo il concerto e passerà di qui" pensò guardando un primo salary man uscire di casa pronunciando il classico "ittekimasu" e trottare rapido in direzione della stazione "Deve venire... non si è visto ieri, lo vedrò oggi. Perchè non dovrebbe?". Si avvicinava l'orario in cui tutti uscivano di casa per andare a scuola o al lavoro e i bambini del condominio sarebbero passati dal negozio entro una ventina di minuti per ritirare la loro solita merenda. Dato che aveva dovuto lavorare all'alba non avrebbe potuto essere a casa per distribuirli e quindi sarebbero venuti loro da lei. "Devo ancora preparare le confezioni" concluse prendendo la scopa in mano, saldamente, pronta a rientrare. «Hanayaka san, buongiorno!» si sentì salutare. Alcune mamme uscivano da casa con due figli a testa sulle biciclette, pronte a portarli a scuola. «Buongiorno!» rispose con un sorriso e un inchino. "La maestra si arrabbierà se scoprirà che delle clienti mi hanno visto vestita così, sarà meglio cambiarsi" si disse rientrando nel negozio e mettendo a posto la scopa. Si fermò davanti alla vetrinetta del bancone, vuota per metà, riflettendo su come sistemare i dolci preparati quella mattina. "Quelli verde chiaro li metto a destra, poi quelli gialli e per ultimi quelli rossi con gli azuki" progettava togliendosi un elastico dal polso e raccogliendo i capelli con le mani "Sì, magari è presto ancora, ma mi piace... una scala cromatica come se si passasse dal verde estivo al rosso autunnale" fece un sorrisino soddisfatto, poi sentì suonare la campanella appesa sopra la porta d'ingresso. «Mi spiace, apriamo alle otto e mezza» pronunciò automaticamente "No, altri clienti prima che mi sia messa la divisa!" sbuffò tra sè. «Può tornare tra un...» fece preparando un sorriso cortese da sfoggiare al cliente entrato per poi girarsi verso l'ingresso
«Non devo comprare nulla, ho solo bisogno di cinque minuti del tempo della vostra commessa» spiegò il ragazzo appena entrato mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, con un secondo scampanellio. «Aiba san» mormorò Kokoro per poi serrare le labbra e abbassare lo sguardo, colpevole. Era successo esattamente ciò che sperava, a volte sembrava che quel ragazzo le leggesse la mente, però aveva sempre lo stesso problema: come parlargli e cosa dirgli? «Hanayaka san, è molto che non ci vediamo» la salutò con un timido sorriso
«E' vero» annuì piano, alzando appena lo sguardo su di lui. Aveva un borsone a tracolla, quindi doveva essere veramente stato qualche giorno dalla famiglia. «Stai andando al lavoro?» domandò
«No, ho da fare solo nel pomeriggio, quindi stamattina esco con degli amici. Dopo gli ultimi concerti ero stanchissimo: ho dormito un giorno intero; poi ne ho lavorati altri due. Era ora di stare un po' con le persone che conosco quindi ieri sono stato una mezza giornata con la mia famiglia, oggi tocca a loro». "Io quindi non sono contemplata?" si domandò provando una cocente delusione "Ma che cosa pretendo? Se non fossi stata così vigliacca e avessimo parlato sarei stata inclusa. E invece...". «Ho capito. Avevi bisogno di me?» domandò quindi, cominciando a sentirsi sempre più nervosa
«Sì, volevo parlarti perchè non sono riuscito a contattarti fino ad oggi e... beh, forse è il caso di parlare di persona a questo punto» spiegò lui annuendo. "Questo punto? Quale punto?" si domandò in preda all'angoscia. «Siamo soli?» domandò
«Sì, la maestra arriva mezz'ora dopo l'apertura» rispose
«Bene, sarebbe stato problematico non poter parlare con chiarezza» annuì con un mezzo sorriso «Devi scusarmi, io... non sono molto bravo a parole. Già sono maldestro con i movimenti, figurati a parlare. Ho passato un sacco di giorni a pianificare le cose da dire e invece... accidenti adesso ho dimenticato tutto! "biiiip" tracciato piatto!» ridacchiò nervosamente «Quindi penso che la farò breve: ho fatto qualcosa che non va?».
Sperava di essere già nella fase in cui non avrebbe dovuto preoccuparsi di sentire poco la propria ragazza, perchè lei già sa com'è la sua vita, quali sono i suoi ritmi (terribilmente serrati) e le sue priorità. Invece non era così, non perchè Kokoro non lo sapesse, ma perchè sembrava che ancora non si fossero del tutto appianate e chiarite le questioni base tra loro. Per questo il non averla sentita a lungo lo aveva allarmato quando invece non avrebbe dovuto essere così, peggiorava la situazione il fatto che lui aveva provato a chiamarla, ma lei non aveva nemmeno risposto. Ormai conosceva Kokoro: era una ragazza che prediligeva le cose più semplici, ripetitive, o meglio familiari, che pretendeva molto da se stessa e poco dagli altri, ma su quel poco puntava tutto e se qualcosa andava male cominciava a farsi mille problemi. Tutto normale, chiaramente, lo era un po' meno invece quando la sua reazione a questo "andar male" era chiudersi in se stessa, rimuginare troppo, evitare gli altri, rimuginare ancora e, cosa peggiore, trarre le proprie conclusioni in completa autonomia seguendo molto spesso una logica bianca&nera, piuttosto che aperta alle possibili sfumature. Che sfumature poteva cogliere se l'unico punto di vista che teneva in considerazione era il proprio?
Così era successo nei loro vari piccoli problemi: era accaduto qualcosa e lei lo aveva tenuto fuori dalla questione -che pure lo riguardava- decidendo da sola quale fosse la soluzione migliore. E così, ci avrebbe scommesso, stava facendo anche quella volta. Doveva essere successo qualcosa, l'ultima volta che si erano visti, e probabilmente era dipeso da un suo errore, ma invece di averglielo fatto notare aveva incassato il colpo e poi era sparita senza farsi sentire: aveva cominciato il suo solitario rimuginamento. "Stavolta non andrà così" pensava dentro di sè mentre si preparava ad affrontare Kokoro, presentandosi direttamente davanti a lei "Se ho sbagliato qualcosa, se qualcosa non va, stavolta deve dirmelo e dobbiamo parlarne. Non starò un'altra volta ad ascoltare le sue lapidarie conclusioni e ad affannarmi per farle cambiare idea una volta che l'ha già presa: piuttosto mi affannerò adesso a capire e correggere il problema. Sarà sicuramente meno difficile che farlo dopo uno scontro frontale con le sue convinzioni".
Aiba era fatto così, lui non rimuginava moltissimo e il più delle volte non coglieva gesti o frasi cruciali. Così poteva dire qualcosa di estremamente intelligente o bello avendo la sensazione di star semplicemente pronunciando come poteva le parole che meglio esprimessero i suoi sentimenti, oppure poteva dire qualcosa di molto stupido pensando semplicemente di dire la prima sciocchezza che gli passava per la testa, o di fare una battuta, scherzando. Doveva essere così che aveva sbagliato con Kokoro, quindi voleva sapere qual'era stato il suo errore e correggersi, spiegandole come stavano le cose: molto probabilmente aveva solo detto una scemata e lei stava rimuginando su una cosa che lui aveva detto senza alcuna cattiveria... magari senza nemmeno averci ragionato!
«No, niente» rispose la ragazza scuotendo il capo, dopoc he le ebbe fatto la domanda cruciale. «Sei sicura? Io veramente sono piuttosto convinto di aver sbagliato qualcosa quando siamo usciti, quindi ci ho riflettuto parecchio, ma, scusami, non riesco proprio a capire quando e cosa posso aver fatto» ammise con un sospiro sofferente «Proprio non ci riesco! Non ho una gran memoria, quindi in realtà molte cose che ho detto non le ricordo... anzi no, a dirla tutta, non ne ricordo nessuna di preciso, però so cos'abbiamo fatto, ricordo il senso generale dei nostri discorsi e non capisco dove sia il problema». Ammise. "So che questo mio essere poco riflessivo non è sempre un pregio, anzi, può ferire qualcuno o farmi commettere delle scemenze... ma io sono un po' scemo, no? Anche se è sbagliato preferisco ammetterlo ed essere sincero davanti a Kokoro, così la spingerò ad imitarmi e a farla uscire dai suoi solitari scervellamenti: spiegami cosa ho fatto, chiaro e tondo, e giro che chiarirò tutto". Sembrava un piano perfetto, quasi troppo elaborato per essere stato ideato da un sempliciotto come lui, ma quando si trattava di cose che gli stavano a cuore diventava più macchiavellico di Nino.
«Non hai detto niente che non va» gli rispose ancora lei. Era chiaro che non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, teneva lo sguardo basso e si stropicciava il grembiule con le dita; quella sua inaspettata comparsa al negozio, prima dell'orario d'apertura, doveva averla scombussolata. «Ma qualcosa dev'essere pur successo, il tuo comportamento non è normale. O meglio... o non è normale o sei una persona completamente diversa da quella che credevo di conoscere» concluse il ragazzo. Cominciava a sentirsi confuso: tutta quella storia e poi veniva fuori che non aveva sbagliato niente? Se fosse stata un uscita così perfetta allora perchè lei lo aveva salutato così freddamente al termine di quell'appuntamento? Perchè lo aveva evitato in tutti quei giorni? «Non hai fatto niente» tentò di ripetere Kokoro con voce roca «Non volontariamente almeno... o forse nemmeno involontariamente. No, non hai fatto niente... anzi no, hai fatto qualcosa sì, però sono io che non l'ho presa bene, ma... non lo so...» aveva la voce che le tremava. Anche se teneva lo sguardo basso lo vedeva anche lui che le stavano venendo le lacrime agli occhi. «Scusa, sono io che non lo so cosa fare. Penso di essere io il problema» disse lei cominciando finalmente a spiegarsi «Sei stato splendido l'altro giorno. Uscire con te è stata la cosa più bella che mi sia mai successa. Ci siamo divertiti, abbiamo riso. E' successo altre volte quest'anno, è vero, ma ero terribilmente felice perchè per la prima volta le tue risate erano solo per me, le tue parole erano solo per me. Ogni volta che parlavi...» strinse le labbra mentre cominciava a lacrimare, fece un respiro profondo e riprese. «Quando parlavi, parlavi a me. Era tutto per me e sono stata così felice»
«Ma qual'è il problema allora?» domandò Aiba con una nota di angoscia nella voce: se possibile si sentiva sempre più confuso ad ogni sua parola. Erano dolcissime le sue parole, l'avrebbe abbracciata ridendo senza sosta per aver sentito delle cose così belle delle da lei, se solo non ci fosse stata tutta quella cornice di incomprensibilità. Il fatto, poi, che si fosse messa a piangere non rendeva per niente allegra la situazione: era agitata, erano parole confuse; e non riuscendo a comprendere quella situazione Aiba cominciava seriamente a spaventarsi. Dentro di sè comincio a pensare "Ti prego, non lasciarmi" con feroce insistenza. «Quelle cose erano tutte per me, ma tu no. Tu non lo sei» scosse il capo la giovane, singhiozzando «Accidenti, adesso mi faccio prendere dall'isteria» farfugliò passandosi le mani sugli occhi mentre i singhiozzi le facevano tremare le spalle. «Ehi... calma, calma» fece a bassa voce il ragazzo allungando una mano verso il suo viso. La stava tranquillizzando, ma lui stesso non era affatto rilassato: forse stava solo facendo la figura del fesso a consolare una ragazza che stava semplicemente trovando un modo carino per scaricarlo. "Non c'è niente da piangere! Perchè stai piangendo? Smettila, io volevo solo capire cosa non va! Non sta succedendo niente... vero?" cercava di calmarsi. Non sapeva se le avrebbe accarezzato la guancia o se le avrebbe portato via le lacrime, ma alla fine dovette bloccare quel suo gesto a metà: erano in un luogo pubblico, benchè soli, e non poteva rischiare. «Che cosa intendi dire?» chiese quindi serrando le dita in un pugno e riabbassando il braccio, toccarla forse lo avrebbe tranquillizzato, ma non poteva farlo. Respirò profondamente, richiamando a sè tutta la propria pazienza e il suo controllo: in questo ormai era bravo e infatti funzionò. «Questo» rispose infine Kokoro, indicandogli il pungo che aveva appena fatto «Non posso prenderti per mano quando voglio, non puoi consolarmi se ne ho bisogno. Ma una fan potresti abbracciarla no? Puoi stringerle la mano»
«Ma non andrò mai a trovarla a casa, nè lei potrà mai prepararmi la colazione e lasciarmela sul tavolo da portare via la mattina dopo» spiegò confuso, senza pensarci su due volte «Preferiresti tenermi per mano per strada, piuttosto che vedermi attraversare la città dopo una giornata di lavoro solo per vederti?»
«No!» esclamò prontamente Kokoro «Voglio... vorrei entrambi» spiegò. Probabilmente stava per rimettersi a piangere. Era quello che voleva? Più intimità? «Ma lo...» fece per ribattere
«Lo so!» lo interruppe con la voce che le si alzò di un'ottava anche per colpa del singhiozzo che aveva accompagnato quelle parole «Sono stata la prima a riflettere su queste cose, sono stata io a dirti, quando mi sono dichiarata, che ci avevo pensato e che non mi interessava. Ho promesso che avrei lavorato su me stessa mentre ero all'estero, ma...» si lasciò andare ad un paio di singhiozzi e tirò su col naso prima di continuare «La verità è che tra accettare una cosa solo immaginata e accettarla dopo che la si è vissuta realmente c'è un abisso ben più grande di quanto non credessi. Differenze, dettagli e sensazioni di cui non avevo tenuto conto»
«Ma sapevi che sono un personaggio pubblico, che ho dei fan e delle responsabilità verso di loro. Un contratto e degli obblighi» pronunciò Masaki, suonava disorientato, spaventato persino a se stesso. "Sapevi tutto questo, hai accettato tutto lo stesso e adesso ti rendi conto che non ti sta bene? Questo... questo cosa significa?" si domandò spostando lo sguardo sui dolci nella vetrina del bancone, per qualche secondo la paura lo disorientò. "Significa che dopo essere riuscito ad avere la persona che amo, questa adesso si tira indietro e mi.. mi lascia?". «Ma a me non importa se non ci possiamo sentire per settimane, se devi partire un mese a fare un servizio nella Papuania del Sud!» esclamò Kokoro passandosi ancora le mani sugli occhi «Io sono felice se hai da fare, se le persone ti sostengono e se ti diverti. Vorrei solo... solo...» farfugliò e si zittì. "Cosa vuoi?" si domandò Aiba tornando a guardarla.
"Se so che ha degli obblighi e deve comportarsi una data maniera, se mi sta bene anche se non sarà un fidanzato sempre presente... cosa voglio allora?". «... tsulando no purinsu kai!*» i bambini entrarono nel negozio canticchiando in coro
«Buongiorno Kokoro chan!» salutò Marika che veniva dietro i due maschietti. La ragazza deglutì a fatica, sgranando gli occhi e Masaki fece un passo indietro. «Oh, sorellona piangi?» domandò la bambina lasciando andare la porta e correndo verso di lei
«Piangi? Perchè?» chiesero gli altri due bambini. Un rumore secco all'entrata richiamò l'attenzione di tutti: Makoto, che veniva per ultimo dietro a tutti, era andato a sbattere contro la porta che Marika aveva lasciato andare in fretta. I bambini si misero a ridere «Insomma, accidenti a voi» borbottò il ragazzo tenendosi il naso
«Mi dispiace Makoto kun, ti sei fato male?» domandò la giovane donna «Abbiamo una cassetta del pronto soccorso sul retro» spiegò cercando di controllare la propria voce e darle un tono normale
«No, tutto ok» rispose arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo da lei si accorse di Aiba «Oh...» riuscì solo a dire
«C'è anche il fratellone!» strillarono i bambini andandogli intorno «E' tantissimo che non ti vediamo!»
«Vero? Sono stato un sacco occupato» rispose lui dopo aver deglutito a fatica, cercando di nascondere rapidamente il proprio turbamento «Ho lavorato un sacco!»
«Che lavoro fai fratellone?» domandarono eccitati. Mentre quelli erano presi da Masaki, Makoto lo ignorò per tornare a guardarla. Kokoro incrociò il suo sguardo e capì che anche lui aveva notato gli occhi rossi e le lacrime che, essendole appena scese, non aveva fatto in tempo ad asciugare. «Va-vado a prendervi i dolci» annunciò quindi, defilandosi rapidamente per sfuggire al suo sguardo. Anche con quel ragazzino il rapporto era confusionario: non sapeva più come comportarsi dal giorno in cui lo aveva sentito dichiarare i suoi sentimenti per lei ad Aiba. Non era presente con loro, ma Makoto sapeva che da dietro la porta lei li stava ascoltando, quindi in un certo senso lo aveva fatto proprio perchè anche lei sapesse. Però Kokoro aveva intuito da tempo quei sentimenti, semplicemente non aveva fatto niente nè per incoraggiarlo, nè per scoraggiarlo, lo aveva solo trattato bene perchè provava affetto per lui come per gli altri bambini: era come un fratello minore. Da quella dichiarazione invece aveva capito che il suo tentativo di ignorare quella cotta non l'aveva incoraggiata o scoraggiata, ma nemmeno fermata! Così alla fine si era trasformata in un sentimento un po' più profondo, almeno quanto un ragazzino della sua età poteva provare: e dato che doveva essere la prima volta che si innamorava, quasi certamente stava provando quel sentimento con tutta l'intensità e l'innocenza tipiche delle prime volte. Nonostante avesse capito il proprio errore, però, Kokoro si era astenuta dal rispondergli anche quella volta: non le aveva dichiarato i suoi sentimenti in faccia e questo le dava la possibilità di continuare ad ignorare la situazione. A Makoto non sarebbe piaciuta la risposta e, volendogli bene, non voleva farlo soffrire se aveva modo di evitarlo. Makoto però era un ragazzo impulsivo -infatti creava problemi a scuola ogni tanto- quindi Kokoro temeva che da un momento all'altro si sarebbe dichiarato apertamente e lei non avrebbe avuto scampo. Ecco perchè ogni tanto lo evitava ed ecco perchè la compresenza sua e di Aiba la agitava più di quanto già non fosse: i pochi incontri tra loro in quei mesi non erano esattamente classificabili come pacifici.
Sistemò i dolcetti nei loro incarti, rapidamente, e li chiuse per bene per portarli ai bambini. Non aveva tempo per sciacquarsi la faccia, ma si soffiò il naso e si asciugò per bene gli occhi. Quando tornò nell'ingresso Aiba stava ancora parlando del suo lavoro «No, non sono un giocatore! E' vero che siamo andati in un grande stadio, ma abbiamo fatto una ristrutturazione, quindi non era più come prima e io dovevo cantare»
«Che animale è?**» domandò Akito
«In che senso?» fece il ragazzo confuso
«Canti negli zoo, fratellone?» chiesero prima che squillasse il cellulare e lui li dovesse abbandonare per rispondere. «Ragazzi, forza, prendete i vostri dolci e andate a scuola prima di far tardi» disse Kokoro tenendo loro gli incarti ora che non erano più distratti da Aiba «Li accompagni tu fino all'incrocio?» domandò a Makoto dandogli il suo
«Grazie sorellona» ringraziarono i bambini «Allora noi andiamo!» esclamarono muovendo le mani anche verso Masaki che in un angolo concludeva la sua conversazione la cellulare. I bambini si misero a saltellare davanti alla vetrina e a schiamazzare confrontando i dolci che avevano avuto. «Ci penso io» annuì il ragazzino «Smettila di preparare queste cose anche per me. Quando lo capirai che non sono più un marmocchio?» sbuffò scocciato, evidentemente nervoso lanciò una rapida occhiata al ragazzo che aveva spento il cellulare e tornava ad avvicinarsi a Kokoro. «Probabilmente mai, è l'abitudine» sorrise lei continuando a tendergli la sua porzione
«Allora levatela, non lo voglio!» sbottò pronto ad andarsene
«Non ti sembra di essere un po' maleducato?» domandò basito Masaki «Se non lo vuoi, basta che rifiuti e ringrazi. Solo perchè la conosci non sei giustificato a rispondere in quel modo»
«Ma fatti i fattacci tuoi» replicò acido Makoto «Se l'ultimo che può parlare a sua difesa sai?» lo accusò
«Ragazzi, non importa» cercò di interromperli lei «Ora vai a scuola, te lo lascio da parte se lo vuoi venire a prendere quando sono finite le lezioni» propose nella speranza di riuscire a separarli
«Perchè te la prendi con me adesso?» domandò Aiba
«Ma sei stupido o lo fai apposta?» chiese il ragazzino «Lo capisco subito quando le fai qualcosa di male, sai? Si deprime e cucina dei dolci schifosi. Anzi, lo capisce tutto il quartiere!» sbottò arrabbiato «In queste ultime settimane non ha cucinato niente di nuovo e la padrona del negozio ha dovuto preparare la maggior parte dei dolci dato che questa scema era tanto depressa da non riuscire a combinare niente di buono»
«Makoto, smettila!» esclamò Kokoro arrossendo fino alla radice dei capelli: era vero che quando non era di buon umore non le riusciva niente in cucina, ma non pensava che la cosa fosse evidente a chiunque! "Non ti ci mettere anche tu, lasciaci stare" si lamentò tra sè "Lasciaci parlare ora che è qui. Ho già troppi dubbi e troppi pensieri, non aggiungerti anche tu!". «Vogliamo parlare di qualche settimana fa? Sono tornato dalle lezioni mattutine e l'ho vista rientrare in casa che piangeva. Ha passato le notti successive a frignare tanto che quando la incrociavo la mattina aveva ancora gli occhi gonfi» raccontò con la frustrazione e la rabbia che gli deformavano la voce «E' sicuramente colpa tua e per come la vedo io, tutte le volte che ti incontra finisce che la ferisci o la fai arrabbiare» lo accusò. Effettivamente anche l'ultima volta che li aveva beccati insieme stavano litigando: per quanto ne sapeva lui, quindi, il loro rapporto doveva essere fatto esclusivamente di litigi e lacrime. «Non è così Makoto, per favore» cercò di calmarlo sentendo che le stavano tornando le lacrime "Smettila! Smettila! Stai solo peggiorando la situazione"
«E com'è?» incalzò guardandola negli occhi
«Io penso che la cosa non ti riguardi, sbaglio?» fece tranquillo Masaki «Hanayaka san è adulta, sa capire da sola cosa vuole»
«Vuoi questo?» domandò allora, sempre rivolto a Kokoro «Vuoi un idol figo? Non importa che sia una persona orribile? Dovresti preferire qualcuno di meno bello, ma che sappia essere gentile e trattarti nella giusta maniera»
«Non conosci nemmeno Aiba san, non giudicare così le persone» gli rispose la ragazza, cercando di darsi un tono un po' più deciso, nonostante il groppo in gola che le faceva tremare la voce. «Ti odio, sei una scema!» le gridò contro improvvisamente. La raggiunse togliendole il dolce di mano con un gesto secco «Ehi...» farfugliò lei, colpita da quel modo brusco. Il secondo successivo ancora non aveva realizzato che Makoto le stava stampando un bacio sulla labbra, a tradimento, e quando capì la situazione lui si era nuovamente allontanato. Un bacio, anche se rapidissimo, era peggio che dichiararsi apertamente. «Ben ti sta, cretina» le ridacchiò istericamente in faccia, rosso come un peperone, quindi si avviò verso l'uscita «E pure a te. Ti odio!» concluse verso Masaki. Con aria di sfida prese un morso del dolce e uscì dal negozio con la bocca piena e le guance gonfie come quelle un criceto.
La campanella della porta tintinnò al richiudersi della porta. Aiba e Kokoro erano di nuovo soli. Osservarono i bambini allontanarsi circondando Makoto che tossiva: il boccone doveva essergli andato di traverso. «S-scusalo, ha un temperamento un po'... un po' così» farfugliò sconclusionata la ragazza. «Non credevo arrivasse a tanto» fece lui tranquillo. "Io ti ammazzo" pensò il ragazzo osservando la schiena dello scolaro che si allontanava per strada. Sul momento era rimasto allibito e sconcertato, ma ora che quel piccolo tifone di ormoni adolescenziali era passato Aiba sentiva crescere dentro di sè una gelosia che non aveva mai provato prima. «Io... nemmeno io, veramente» bisbigliò Kokoro portandosi una mano alla bocca. "Giuro che la prossima volta che lo incontro io gli... gli..." Masaki non era portato alle minacce, quindi non riuscì nemmeno a concludere i suoi stessi pensieri "Non si fa così con le ragazze degli altri e poi... e poi le ragazze degli altri non si fanno fregare in questo modo!". Insoffisfatto si accigliò. «Perchè non ti sei tirata indietro?» domandò, guardandola in viso
«Come?» disse, spiazzata dalla domanda, guardando i suoi occhi per la prima volta da quando era entrato
«Ti ha baciato, avresti potuto evitarlo» le spiegò cominciando ad infervorarsi dentro di sè, era la gelosia che cominciava a farsia vanti prepotente nel suo cuore e contaminava tutti i suoi pensieri. «No, non è vero. Non mi sono resa conto di niente finchè non l'aveva già fatto» spiegò scuotendo il capo
«Allora perchè non gli hai detto niente dopo?» insistè «"Non farlo mai più" o "Come ti salta in testa, maniaco?"»
«I-io...» farfugliò. "Non sai rispondere? Sì che sai rispondere... non rimanere zitta. Perchè se rimani zitta significa che sei contenta di quello che è successo" pensò il ragazzo che cominciava a sragionare, influenzato dalla gelosia e dalla rabbia: perchè la sua ragazza con lui litigava e con un altro si sbaciucchiava? Era un destino profondamente ingiusto ai suoi occhi... scordandosi del fatto che la causa di quel litigio era lui. «Non so cosa dire» concluse Kokoro spaesata
«Ho capito» annuì Aiba "Veramente no" ammise però a se stesso «Prima mi hanno chiamato gli amici, stanno aspettando alla stazione. Mi sono fermato più del dovuto e sto facendo tardi» spiegò il ragazzo rimettendo il cellulare nel borsone «Allora ciao» concluse. Le fece un sorriso tirato e si inchinò. Lei si inchinò a sua volta, senza parole. "Allora ciao? Allora ciao?! Cosa significa "allora ciao"?" si domandava, completamente nel panico. stava per andarsene e quella separazione cominciava a far scemare la gelosia e ad accrescere la tristezza. Dopo aver aperto la porta e sentì una forza trattenerlo tirando il borsone. «No, no! Aiba san aspetta!» lo richiamò Kokoro
«Wah! Mi vuoi uccidere?!» esclamò lui sentendosi sbilanciato all'indietro e rischiando di cadere a terra
«Scusa, scusa, scusa... però non uscire! Aspetta un secondo» fece lei parlando rapidamente e lasciandolo andare. A metà tra la speranza di chiarire tutto per il meglio e il terrore di venire ora scaricato con quattro parole, Aiba richiuse la porta e tornò a guardarla «Che cosa c'è?»
«Ecco» fece lei respirando piano, cercando così di non rimettersi a piangere «Non dire che hai capito. Io non ho capito!» esclamò, con una nota di panico nella voce «Sono ancora confusa, esattamente come prima. Come puoi aver capito se io non l'ho fatto?»
«Hanayaka san» fece lui deglutendo, doveva trovare una risposta convincente che gli desse il tempo di riorganizzare le idee. «Non lo so, penso di aver capito che sei confusa. Prima eravamo sicuri tutti e due, no? Quindi abbiamo provato ad essere quello che pensavamo di voler essere, ma ora che l'abbiamo fatto è cambiato qualcosa. Non abbiamo più la sicurezza di prima: tu sei confusa, giusto?»
«Sì, io... sì, penso di essere confusa» annuì «Ma non so cosa fare»
«Allora facciamo così» pronunciò Aiba prendendo un respiro profondo «Prova a pensarci un po' su e a chiarire le idee, cercherò di fare lo stesso. Poi ci sentiamo e vediamo cosa fare»
«D'accordo» annuì mestamente Kokoro. Si salutarono rapidamente e Masaki uscì dal negozio, mettendosi a camminare lungo la strada verso la stazione. "Non ci siamo lasciati" constatò sentendosi un po' sollevato "O meglio... ho evitato di farmi lasciare, questo sono riuscito ad evitarlo. Tutto il resto: bacio, lacrime, angoscia e fase di stallo; no, ma questo sì. Faccio meglio a lamentarmi di tutto il resto o a gioire di questo?" cominciò a tormentarsi. Il suo bel piano iniziale era andato in fumo: si erano parlati chiaramente, certo, si erano chiaramente detti di non avere le idee chiare e di non sapere cosa fare. Era come entrare in casa, esclamare "Mamma che disordine!" e uscire di nuovo senza aver rimesso a posto niente. "Chibi Masaki ha sempre la casa in disordine" sospirò attraversando la strada insieme ad un gruppetto di bambini delle elementari "E' come se Chibi Masaki e Chibi Kokoro avessero messo su casa troppo in fretta e con mobili di seconda mano che non c'entrano niente l'uno con l'altro... e come se non bastasse è venuto a suonare alla porta Oni-Makoto che ha tentato di abbindolare Chibi Kokoro con l'offerta di una villa di lusso a Izu!" concluse rabbioso.
⎨Ed è finita così?⎬
«Si, Erina. Pensi sarebbe stato meglio se avesse concluso mollandomi?» Kokoro aveva chiamato l'unica persona con cui potesse parlare di quel suo problema. Chiamare le sue amiche non avrebbe avuto senso: non avrebbe potuto spiegare tutta la situazione e le avrebbe irritate se avesse cominciato a fare la misteriosa. Senza contare che ancora nessuno sapeva che lei era fidanzata, con quale coraggio ora chiamava qualcuna per raccontare non solo che lo era, ma anche che già rischiava di non esserlo più?
⎨No, chiaro che no. Non so... qualcosa tipo "violenza, sangue, alè-alè". Avrebbe dovuto spaccargli la faccia a quel ragazzino! Oppure tu avresti dovuto dargli uno schiaffo⎬
«Sei ubriaca, Erina?» domandò dubbiosa. L'aveva chiamata la sera, appena tornata dal lavoro, scoppiato letteralmente in lacrime non appena l'aveva sentita rispondere al cellulare. Nel consolarla le aveva detto di chiamarla per nome così improvvisamente l'informalità tra loro si era abbassata.⎨Ma va! Ok, la smetto di dire fesserie... speravo di farti ridere un po', ma mi sa che proprio non sei in vena...⎬
«Ti ringrazio per il tentativo» ed effettivamente sorrise un po' «Che dici? Adesso è come se fossimo in pausa?»
⎨Sì... suppongo di sì⎬
«Sono un campione: se mi chiedessero come ho fatto a finire in un periodo di pausa dopo un solo mese che sto con un ragazzo non saprei spiegarlo! E' pura genialità!» sbuffò stendendosi sul letto «Sono veramente una cretina»
⎨Non credo. Come dire... forse, per quanto tu e lui ci abbiate pensato, una volta che era ora di cominciare a frequentare l'avete fatto smettendo di rifletterci come... come se per fare un triplo salto mortale dal trampolino basti pensare "ora faccio un triplo salto mortale" e basta. Una volta che ci si tuffa bisogna continuare a pensarci e coordinarsi, no? Altrimenti non fai un triplo salto mortale, semplicemente precipiti in acqua e ti fai un male boia⎬
«Ma tu usi sempre metafore così strambe?» domandò osservando il soffitto "E' proprio vero, questa ragazza ragiona per paragoni scemi, come Masaki"
⎨No! O forse si... non è questo il punto. Non è che basta volerlo perchè si avveri, non basta dire "accetto che il mio ragazzo è un superidol, idolatrato dalle folle" per riuscire magicamente a sopportare di non poterlo tenere per mano per evitare uno scandalo, non poter dire a tutti con chi stai e via discorrendo. Forse sei stata un po' ingenua⎬
«Forse sì... temo di averlo ferito molto con la mia ingenuità»
⎨Beh, ormai è fatta. Mettiamola così, secondo me hai due opzioni: lo lasci, e metti fine ai dubbi e alle sofferenze di entrambi, rimani con lui e cercate di usare un po' di più il cervello. Mi sembra che siate una coppia di romanticoni e mi sembra anche che la tua non sia una semplice cotta, quindi è praticamente escluso che tu scelga la prima possibilità. Ma devi capire che non è una relazione come le altre: no puoi ragionarci su e poi agire sperando che tutto vada come previsto, devi ragionarci su e andarci con i piedi di piombo. Infondo, cioè... stai con uno dei ragazzi più belli e popolari della nazione: non vorrai mica che sia tutto facile dopo questa botta di fortuna!⎬
«E come la mettiamo con il fatto che ora potrebbe essere Aiba san a non volermi?» domandò girandosi a pancia in giù e guardando verso il salotto, mettendo il cellulare sull'orecchio libero «Sembrava infuriato oggi dopo quello che ha fatto Makoto»
⎨Devi presentarmi questo ragazzo... dev'essere spassoso!⎬
«Nemmeno per idea. E' molto sensibile per la sua età, non voglio che tu gli rida in faccia pensando che non ha possibilità con me»
⎨Le ha?⎬
«No!» esclamò, come scandalizzata
⎨Allora diglielo. E' la prima cosa da fare: a volte troppa gentilezza può fare male⎬
«Già una volta ho fatto lo stesso errore... sembra che io non abbia imparato»
⎨Ma si innamorano tutti di te i minorenni?⎬
«Come ti viene in mente?» domandò arrossendo «Il ragazzo che frequentavo prima... parlo di lui. Lo avevo lasciato, ma non sono mai stata molto chiara ed incisiva per paura di ferirlo, così lui ha cominciato a tormentarmi ed io ho sofferto a lungo non sapendo come sbarazzarmene» fece una pausa, organizzando il proprio discorso per evitare di raccontare degli episodi più violenti di quel periodo «Invece di troncare definitivamente, anche rischiando di ferirlo molto, ho temporeggiato peggiorando le cose. Ripeto sempre gli stessi errori...»
⎨Ah, forse Aiba chan mi ha raccontato qualcosa. Ha detto di averti difeso con coraggio, ma che poi l'hai sgridato⎬rise la rossa dall'altra parte della linea
«Stava rischiando molto senza nemmeno ragionarci su» sospirò «Ma credo che abbia agito in quel modo anche perchè non sapeva bene com'era la situazione»
⎨Allora è un problema ricorrente tra voi due...⎬
«Sarebbe?»
⎨Non parlate. Non gli dici come stanno le cose e lui reagisce d'istinto. Non gli hai raccontato di come lo scontro con la realtà sia stato shockante e diverso, anzi ti sei chiusa nei tuoi pensieri e lo hai volutamente ignorato. Ci credo che è venuto a farti un agguato al negozio!⎬esclamò l'altra⎨Vedi... in parte capisco Aiba chan. Siamo un po' stupidi alla stessa maniera: se le cose non ci vengono dette in maniera chiara è difficile che le capiamo. Credo sia questo che lo porta ad essere spesso molto schietto... ed è questo che piace di lui a tantissime fan: il fatto che sia semplice e puro, che non si nasconda dietro cose dette o non detto. Alle persone che non capiscono le cose troppo complesse o dette in maniera oscura viene naturale parlare con schiettezza così che intorno a sè tutto possa essere il più chiaro possibile.
Non ti ha mostrato la sua commozione per le parole della fan perchè pensava di volerti fare ingelosire, solo la gente dalla mente complicata riesce a fare macchinazioni simili. Semplicemente non sarà riuscito a tenersi tutto dentro e l'ha espresso. Con te può farlo, sei la sua ragazza no?⎬
«Lo capisci meglio di me... avevo ragione a pensare che staresti meglio tu con lui» piagnucolò autocommiserandosi
⎨Non ci penso nemmeno! Due svampiti come noi non riuscirebbero nemmeno ad avere un appuntamento perchè a turno ci dimenticheremmo di averlo!⎬esclamò l'amica ridendo. Era chiaro che adorava Masaki, Kokoro sapeva che era il suo preferito nel gruppo, ma doveva averlo detto perchè pensava che fosse proprio quello che lei aveva bisogno di sentirsi dire: "al di là di tutto, sei tu quella che sta bene con lui". Effettivamente era proprio quello che sperava le venisse detto.⎨E poi a me piace Sho kun⎬ammise Erina subito dopo
«Giusto, come sta andando?» domandò subito. Si rese conto in quel momento di aver tenuto l'altra al telefono per un'ora parlando solo di sè e senza domandarle niente di lei: era stata veramente maleducata. La risposta dall'altro capo del telefono fu una risatina soffocata. «Significa bene, immagino» ridacchiò
⎨Veramente la mia è tutta ipotesi, però continuiamo ad andare super d'accordo! E' sempre gentile, la tensione che c'era tra noi un po' di tempo fa sembra completamente scomparsa. Adesso chiacchieriamo di qualsiasi cosa, ci prendiamo in giro come degli scemi e... ma non vorrei dirlo troppo ad alta voce... mi sa che stavamo per baciarci!⎬rise tutta contenta
«Cosa significa "mi sa che"? O vi siete baciati o non vi siete baciati» fece Kokoro, confusa. Erina riusciva a dare dei consigli tutto sommato molto chiari agli altri, a presentare le situazioni ingarbugliate in maniera molto semplice tanto che dopo averla ascoltata lo stato delle cose tra lei e Aiba non sembrava più così irrecuperabile e terrificante. Eppure, quando si trattava di se stessa sembrava incappare esattamente nelle stesse complessità di tutti, quelle da cui era tanto abile a tirar fuori gli altri: quando si trattava di sè tutto diventava vago, ingarbugliato e poco chiaro, esattamente quel tipo di cose che -per sua stessa ammissione- non capiva.⎨Voglio che, no, non ci siamo baciati effettivamente, ma probabilmente stavamo per farlo! Voglio dire, eravamo da soli, abbracciati, al buio...⎬
«Dove eravate?!» esclamò saltando a sedere
⎨In ascensore...⎬rispose tranquilla. Kokoro si smontò subito e tornò ad accasciarsi sul materasso: da quella descrizione chissà cos'aveva pensato!⎨Insomma, è stato lui a tenermi abbracciata, però sai... boh... era buio, non è che si vedesse bene. Quando si sono riaccese le luci eravamo ad un soffio l'uno dall'altro: non posso dire con certezza che sia stato solo perchè non sapeva bene dov'ero io o perchè effettivamente voleva baciarmi. Oh! E poi! E poi, e poi, e poi... posso raccontarti ancora una cosa o ti sto annoiando?⎬
«Vorrai scherzare? Sei stata un'ora a decifrare le mie frasi singhiozzanti» rispose rimettendosi supina
⎨Oh per fortuna! Non so con chi altro parlare di queste cose⎬
«Non hai una coinquilina tu?» le riusciva difficile credere che una persona iperattiva e vivace come Erina non avesse nessuno a cui raccontare le sue vicende sentimentali
⎨Sì, ma... beh ultimamente è un po' nervosa. Sembra che ogni volta che le parlo, soprattutto se le parlo di queste faccende, si irriti ancora di più... e poi, anche se sa chi è Sho, non le ho raccontato tutto. Per esempio la storia di Aiba ai tempi dell'università non gliel'ho mai raccontata⎬
«Ho capito... beh cosa volevi raccontarmi quindi?»
⎨Uh, giusto, giusto! Te l'avevo detto che dovevamo uscire? Sì, te l'avevo detto perchè ti avevo chiesto di venire con me, fifona. Comunque... dato che la scorsa volta è saltata abbiamo stabilito una nuova data: è domani⎬sembrò trattenere a tento un urletto⎨Ho bisogno di una mano, non so cosa mettermi, non so come comportarmi, non so cosa dire⎬sentenziò in tono epico
«Bene, allora, ovunque tu sia adesso alzati, apri l'armadio e vediamo!» esclamò. Tutto sommato aiutare Erina a vestirsi sembrava un modo divertente per distrarsi dai suoi problemi: le parole di Masaki di quel giorno avevano un gusto terribilmente amaro e lei non sapeva come cancellarlo, il ricordo dei suoi occhi belli, scuri come il cioccolato fondente, ma spenti, la tormentavano. Se lei ed Erina avessero chiuso la comunicazione in quel momento, avrebbe passato una serata in casa sola con quei ricordi dolorosi.
*Stanno cantando "Yukai tsuukai Kaibutsu-kun" che è, già prima che Ohno ne facesse una cover, una delle sigle dell'anime di Kaibutsu kun (in italia "Carletto, principe dei mostri")
**ristrutturazione in giapponese si dice "risutora" e i bambini, che non conoscono parole difficili, pensano ad un animale a metà tra lo scoiattolo (risu) e la tigre (tora)