DATI
Titolo: Akai Ito
Capitolo: 11 (
masterpost)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale
Pairing: Sakurai Sho x OC / Masaki Aiba x OC
Rating: PG
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Trama: Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
NOTE
Scritto alla velocità della luce XD
Spero che siate felici *-* allora allora allora?? Uhuhuhuh guarda un po' chi si reincontra ^^ e come andrà a finire tra poche ore tra loro due quando usciranno insieme?? E Sho? E' terribilmente in ansia direi o.o che pasticcione! A volte mi chiedo se sia veramente Aiba il più combina guai del gruppo, ihihihihihihihihihihih!!!
Let me know! ♡
11. Looking at you. But you?
Shō scese dalla macchina con i vetri scuri ed entrò nel palazzo sbadigliando.
«Wow! Credo di aver visto l'inizio del tuo intestino» fece notare Nino ridacchiando.
Arrivavano entrambi in quel momento all'edificio dove i fotografi di +act.mini avevano prenotato uno studio per il loro servizio.¹
«Scusa, è che sono veramente a pezzi» farfugliò il ragazzo allargando le braccia per stiracchiarsi. «Arrivi ora?»
«Sì, ero insieme ad Ō chan» annuì mentre varcava la soglia e teneva aperta la porta anche per l'amico. «Ma è scattato fuori dal taxi non appena siamo arrivati: ha detto di aver trattenuto la pipì tutto il tempo della diretta radio» ridacchiò
«Ma non poteva andare durante un pezzo musicale?» domandò Shō sgranando gli occhi
«Lo conosci» scosse il capo Nino. «Ha paura di non tornare in tempo per la fine del pezzo»
«E per quanto tempo dovrà mai pisciare?» rise anche lui
«Ma che ne so, lui e le sue fisse!».
Nino si zittì per inchinarsi quando ormai erano vicini al loro studio, dove i lavoratori attendevano davanti alla porta. «Ohayō gozaimasu» salutarono quelli
«'zaimasss» pronunciarono i due membri degli Arashi, in coro
«Siete arrivati finalmente!» esclamò Jun spuntando dalla porta del set fotografico: era già vestito, truccato e acconciato.
«Da quanto sei qui?» domandò Shō dandogli una pacca amichevole sulla schiena
«Circa un'ora» rispose l'altro con un sorriso, salutando anche Nino. «Alle undici devo essere sul set del drama»
«Sei qui dalle cinque e mezza?» chiese Nino sbalordito
«Finiremo alle dieci, ottimisticamente parlando» fece notare Shō mentre entravano tutti nella sala del set fotografico. «Come fai in un’ora ad arrivare alle riprese, vestirti per la scena, truccarti e prepararti?»
«Concluderò prima qui. Se mi date quindici minuti finisco le foto singole. Voi preparatevi così facciamo quelle di gruppo e poi me la svigno» spiegò con serietà. «Shō kun» lo chiamò poi, prima di rientrare nello studio. Aveva l’aria preoccupata. «Hai una cera orribile» gli disse solamente, quindi li salutò e tornò sotto i riflettori.
Ōno li raggiunse in quel momento. «Buongiorno Shō kun»
«Jun ha ragione, hai una faccia orrenda» annuì Nino. «Vero Rīdā?»
«Mh» annuì leggermente. «Hai dormito poco?»
«Ha bevuto tutta la sera con il team di organizzazione per il concerto» spiegò Aiba comparendo in corridoio, anche lui abbastanza insonnolito. «Devi spiegarmi con quale coraggio ti dai alla pazza gioia se il giorno dopo devi alzarti alle cinque per lavorare tutta la mattina» scosse il capo
«Ma piantala» sbuffò Shō. «A te bastano i primi due minuti di scatti per svegliarti e poi cominci a saltellare dappertutto e a parlare di continuo. Se ti liquefacessimo saresti l'energy drink più efficace del mondo»
«Ti promuoverei volentieri» disse Nino. «Scommetto che sei meglio di quello per cui faccio la pubblicità ultimamente»²
«È al cioccolato vero? Buono» sospirò Masaki
«Se Aiba chan fosse un energy drink, sarebbe al gusto di karaage» annunciò Nino
«Che schifo» Satoshi si mise a ridere. Intanto sistemarono le loro cose in camerino e cominciarono a prepararsi.
Sebbene avrebbe dovuto far più attenzione all’alcol, Shō non si pentiva di essere uscito la sera prima. Se non faceva baldoria quando gli andava, pur ignorando l'impegno successivo, non avrebbe mai trovato il momento adatto. La sua vita era così.
Ad ogni modo doveva convenire di aver esagerato la sera prima, perché la brutta cera che altri gli dicevano di avere era dovuta al fatto che aveva ancora la nausea. Oltretutto aveva dei ricordi confusi di quella cena coi colleghi.
Aiba gli si avvicinò. «Shō kun» lo chiamò. Era già vestito e pronto per il servizio: a quanto pare si era sbagliato, bastavano due minuti di preparazione per svegliarlo, non di scatti. «È una mia impressione o ultimamente Matsujun sembra se stesso solo quando si concentra sul lavoro?»
«Jun è sempre se stesso con noi. È solo che sei abituato a vederlo allegro quindi quando non lo è ti vengono i dubbi» spiegò Shō mentre metteva i vestiti per il servizio. «Ultimamente sorride solo sul lavoro, mentre a riflettori spenti no. Per questo hai quell’impressione: perché cambia totalmente» annui stringendo la cintura dei pantaloni. «Ma è sul set che non mostra il suo vero stato d’animo, mentre con noi è sempre se stesso: davanti al gruppo non finge, è triste e come tale si mostra. È chiaro ora?» domandò mettendo la camicia nei pantaloni
«Sì. È che vorrei fare qualcosa per lui, ma forse posso solo stargli vicino» fece spallucce Aiba ed entrambi lasciarono i camerini per dirigersi al set fotografico. «Fortunatamente negli ultimi tempi è il più impegnato di tutti e ha a malapena un attimo di respiro. Penso sia più facile per lui distrarsi, no? Quanto tempo ci vorrà perché gli passi questa sua tristezza?»
«Non ne ho idea» scosse il capo Shō, spostando gli occhi sul giovane che posava per le foto con aria seria e concentrata. «Ma temo sia passato troppo poco tempo. Il dolore è ancora troppo vicino».
Avevano tre ore, dalle sette alle dieci, per fare tutte le foto e Jun doveva scappare il più rapidamente possibile. Anche Shō non aveva tempo da buttare dato che nel pomeriggio aveva la riunione di NEWS ZERO.
Verso le nove fecero finalmente una pausa. I cinque ragazzi si lasciarono andare sulle sedie, stanchi per la levataccia mattutina e provati dalle prime due ore di fotografie: avevano fatto un centinaio di scatti, ma ne avevano ricavati appena cinque sufficientemente buoni da poter essere usati.
Jun, come ormai faceva da quasi un mese, si mise in disparte a leggere un libro e a bere da una bottiglietta d'acqua a piccoli sorsi. Ōno stava piegato su un tavolo a scarabocchiare sul suo taccuino mentre ascoltava la musica del suo lettore MP3, Nino si dondolava sulla sedia tenendola in bilico appoggiandosi al muro con la schiena, mentre Shō stava frugando nel suo zaino, tirando fuori tutto quello che aveva dentro.
«Che stai facendo?» domandò Nino
«I fogli di NEWS ZERO. Credevo di averli lasciati a casa, ma mia madre mi ha appena mandato una mail: in camera mia non ci sono» spiegò sbuffando mentre finiva di svuotare lo zaino di tutto ciò che conteneva, senza trovare i documenti che cercava. Non solo non ricordava niente della cena, ma era ancora talmente provato che non era nemmeno sicuro di aver preso quei fogli prima di uscire dall'ufficio.
Si sedette sul pavimento del camerino e si stropicciò gli occhi. «Maledizione, dove li ho messi?» borbottò
«Ma quando hai bevuto ieri sera?» domandò l'altro prendendolo in giro
«Shō kun, Shō kun» lo richiamò Aiba accovacciandosi al suo fianco ed abbassando la voce. «Jun sta di nuovo leggendo quel libro. Credo sia la terza volta in meno di un mese che lo ricomincia» gli fece notare sconsolato.
Nino e Shō si girarono a guardare l'amico che prendeva ancora un sorso d'acqua e girava la pagina. Era un libro sul periodo Tokugawa. Sempre lo stesso.
«Cosa vorresti fare?» sospirò l'altro. «L'ho invitato ad uscire a bere più volte o a seguirmi quando andavo fuori con gli amici, ma non ha mai accettato»
«Però parla sempre del drama, vero?» chiese Aiba
«Sì, ne ha parlato con entusiasmo anche con me» annuì. «Il lavoro lo rasserena»
«Magari con l'inizio dei concerti si riprende» suggerì Nino a mezza voce, riportando la sedia a terra e appoggiando i gomiti sulle ginocchia per piegarsi verso gli altri due. «Sapete com'è fatto, una volta che sta su un palco cambia completamente»
«Ci vogliono ancora due settimane prima dell'inizio del tour, come facciamo ad aspettare fino ad allora?» domandò Aiba scuotendo il capo
«E non abbiamo nemmeno una trasmissione dove andare ospiti in questo periodo» fece notare Shō. «Basterebbe cantare, aiuterebbe penso»
«Allora cantiamo, maledizione» replicò Masaki arricciando le labbra, deciso a non arrendersi. Si alzò in piedi e, avvicinandosi ad Ōno, gli tolse un auricolare dall'orecchio per ascoltare a sua volta.
«Che c'è?» domandò quello, alzando lo sguardo dai suoi disegni
«La conosco. Cos'è?» domandò Aiba
«È finita» fece notare Satoshi. «La prossima è degli Aerosmith»
«Il Rīdā ascolta musica straniera» fece notare Shō. «Sicuro di volerla cantare?» domandò conoscendo le scarse capacità di pronuncia di Aiba
«Sì. Rīdā dacci il via» propose Masaki
«Cantare?» domandò questo trattenendo una risata. «Ora?» gli altri due annuirono quindi il ragazzo prese gli auricolari e li mise nelle mani. Le chiuse, anche se non del tutto, ma quanto bastava per ampliare il suono con il volume del lettore alzato al massimo.
«Tu non avevi dietro la chitarra?» domandò a Nino prima che la canzone cominciasse. L'altro annuì e si alzò dalla sedia per andare a recuperare lo strumento mentre il più grande cominciò a cantare con le labbra chiuse l’inizio del pezzo.
Bastò poco perché Nino capisse che canzone fosse e si unì cominciando a strimpellare sulle corde.
«Workin' like a dog for the boss man» attaccò Ōno
«Wooh!» urlò Shō, che cominciò a battere il tempo sulla sedia in plastica
«Workin' for the company» cantò Nino
«Wooh yeaaah!» si intromise ancora Shō e fece segno ad Aiba di mettersi vicino a lui e seguirlo
«I'm bettin' on the dice I'm tossin'» cantarono gli altri due
«Wooh!» Masaki si unì all'amico nel coro
«I'm gonna have a fantasy»
«Wooh yeah!»
«But where am I gonna look? They tell me that love is blind. I really need a girl like an open book, to read between the lines!»
«Love in an elevator!» cantarono tutti e quattro insieme con Nino che cominciava a suonare con più decisione la chitarra ricordando meglio gli accordi del ritornello. «Livin' it up when I'm goin' down! Love in an elevator, Lovin' it up till I hit the ground!».
Mentre cantavano la seconda strofa, Jun alzò lo sguardo dal libro: ormai cantavano tutti e quattro convinti, anche se ogni tanto le parole erano piegate dalle risate perché Aiba non conosceva la canzone e tentava di star loro dietro come meglio poteva. Quando cominciò a capire la scena davanti a sé, il quinto membro sorrise divertito e vide Masaki fargli segno di unirsi mentre tutti in silenzio ascoltavano l'assolo di Nino.
«Love in an elevator! Livin' it up when I'm goin' down!» ripresero a cantare il ritornello. «Love in an elevator, Lovin' it up till I hit the ground!» Ōno fece un cenno a Jun per dirgli di seguirlo quando riprendeva a cantare.
«Gonna be a penthouse pauper» dissero
«Wooh!»
«Gonna be a millionare»
«Wooh yeah!!»
«I'm gonna be a real fast talker and have me a love affair» i ragazzi continuarono a cantare insieme, mentre Nino sembrava esaltarsi sempre di più con la chitarra e Shō abbandonò il coretto con Aiba, che ormai aveva capito come funzionava, per tamburellare sulla sedia con il dito e sul tavolo con una penna.
«Love in an elevator! Livin' it up when I'm goin' down! Love in an elevator...» cantarono tutti e cinque insieme, ma proprio in quel momento la porta si aprì e comparve il primo assistente del fotografo.
Tutti si zittirono improvvisamente. «Scusate, disturbo?» domandò questi con lo sguardo sorpreso al trovare i cinque Arashi radunati in un angolo del camerino: Ōno con un lettore acceso, ma senza ascoltarlo, Nino seduto con la chitarra in mano, Jun in piedi che si era persino messo ad atteggiarsi per imitare Steven Tyler, Aiba e Shō a terra e il secondo aveva appena smesso di tamburellare sulla mobilia.
«No, no» fece Jun arrossendo insieme ai compagni
«Stiamo per ricominciare» annunciò quello e fece per andarsene. «Sakurai san, in studio c’è una persona che dice di avere dei documenti per lei» aggiunse prima di richiudere la porta.
I cinque si rilassarono per due secondi, in silenzio, quindi qualcuno cominciò a ridacchiare sommessamente e gli altri cercarono di trattenersi.
«Cantiamo davanti a migliaia di persone di solito» fece osservare Nino
«Ma mi sono vergognato da morire davanti a quell'unico assistente» ridacchiò Jun
«Anche io!» esclamò Masaki alzandosi da terra. «Ma non si bussa più? Che vergogna» sospirò
«Stavo addirittura facendo la batteria contro il tavolo» rise Shō rimettendo a posto la penna ed alzandosi. «Andiamo che è meglio»
«Siamo pessimi» scosse il capo Satoshi aprendo per primo la porta. Erano stati ridicoli e forse gli assistenti avrebbero riso di loro, ma quello che contava era che Jun aveva sorriso con loro e che sarebbero rimasti al suo fianco e di chiunque del gruppo ne avrebbe avuto bisogno.
Lo studio era di nuovo pieno di persone e i ragazzi tornarono a concentrarsi sul lavoro. Le truccatrici si avvicinarono e li risistemarono uno alla volta, asciugando loro il sudore e ritoccando il fondotinta. «Sakurai san, i documenti» gli venne ricordato da una voce
«Sì, arrivo» rispose, attendendo che avessero finito con lui. Si sistemò il colletto del vestito per il servizio e si voltò verso l'entrata.
Improvvisamente cadde nel panico: Erina era lì, vicina alla porta dello studio, e quando i loro occhi si incontrarono lei gli sorrise lievemente e gli fece un cenno con il capo. Shō si dimenticò dei fogli e cominciò ad agitarsi chiedendosi se non fosse lì per qualche sciocchezza successa la sera prima: ricordava di averle dato un passaggio e che si è fatta male, poi aveva il vuoto.
Mentre le si avvicinava ricordò anche di averla guardata da vicino, ma se l’avesse baciata lei non gli avrebbe sorriso, non sarebbe andata fin lì e, soprattutto, non sarebbe sembrata così tranquilla. Quando ancora non l’aveva raggiunta, diede una rapida occhiata alla sua figura: non aveva agito in maniera sconsiderata la sera prima e non sapeva se essere fiero di se stesso o darsi del fesso per non aver approfittato dell'alcol.
La giovane indossava un paio di jeans neri meravigliosamente attillati e una canottiera in seta azzurra che si accostava bene al colore dei suoi capelli, ancora una volta raccolti in una coda alta sulla nuca.
«Buongiorno Sakurai san» salutò la ragazza
«Eh... ah!» balbettò lui ancora perso nei suoi dubbi e nel suo contemplarle il viso
«Ancora due foto di gruppo!» esclamò Aiba alle sue spalle, buttandogli le braccia al collo. «Non credere di scappare».
Shō tossì, semi soffocato dall'amico.
«Aiba chan, se lo uccidi come facciamo dopo?» venne richiamato da Jun
«Ehi, ci conosciamo?» domandò il ragazzo, rimanendo appeso al collo di Shō. Questi rimase pietrificato: possibile che Masaki, uno che non ricordava nemmeno cos’aveva mangiato la sera prima, potesse invece ricordarsi di una persona che aveva visto appena due volte in vita sua e addirittura nove anni prima? Quel che era peggio, era che Aiba era ancora il membro preferito di Erina, quindi se lui si ricordava di allora, lei ne sarebbe stata più che felice. Poteva vedere chiaramente lo sguardo allibito della ragazza che aveva davanti, ora completamente concentrato a guardare Aiba invece che lui.
«Più o meno» accennò Erina abbassando lo sguardo davanti ad Aiba
«Hai un viso familiare, quindi credo di averti già visto, ma non saprei dire dove» rifletté il ragazzo lasciando andare il collo di Shō
«Aiba chan, questa è Sheridan Erina san, era una mia compagna di università» spiegò lui cercando di nascondere l'amarezza che provava e mantenendo la cortesia prevista in quel frangente. «Attualmente è l'impiegata dell'azienda che si occupa dell'organizzazione del nostro nuovo tour»
«Erina, ma certo! L'università! Era una tua festa di compleanno, vero?» fece Masaki cominciando a ricordare. «Scusami. Avevo l’impressione di aver già visto qualcuno con i capelli come i tuoi. Accidenti come sei cambiata!» anche lui la squadrò
«È normale, sono passati tantissimi anni» rispose lei scuotendo il capo. «Anche tu sei cambiato. E poi qualcosina la ricordavi, quindi sono soddisfatta, non devi scusarti» annuì con decisione
«Bene, sono salvo» ridacchiò il ragazzo, quindi diede una pacca sulla spalla a Shō. «Muoviti che stiamo aspettando te»
gli disse
«E te! Vi volete sbrigare?!» strillò Nino dal set, seccato.
Shō deglutì con difficoltà. «Ho poco tempo, è successo qualcosa? Oggi non dovevamo vederci» fece notare. Si accorse che la sua voce era suonata fredda e distaccata quando invece avrebbe dovuto comportarsi più che amichevolmente con lei, proprio per attirare la sua attenzione e distoglierla da Aiba.
«Ogura san e Kimura san mi hanno spedito qui perché si sono accorti che hai dimenticato alcuni fogli in ufficio da noi ieri sera»
«Giusto, ieri sera. Ti ringrazio» annuì piano. «Stai bene?» domandò preoccupato
«Sì, tutto bene» annuì Erina
«Sakurai san, siamo pronti» lo richiamarono
«Eccomi!» gridò in risposta. «Hai un po' di tempo?» aggiunse poi rivolgendosi di nuovo alla ragazza, cercando di sorriderle tranquillo. «Dovremmo lavorare ancora per un'ora circa, puoi aspettare?»
«Come? Posso rimanere?» domandò lei sgranando gli occhi
«Sei una dello staff, puoi rimanere senza problemi. Sempre che tu abbia tempo e voglia» e quando la vide annuire la salutò con un cenno del capo per correre davanti alla macchina fotografica con gli altri.
Doveva essere impazzito. Le stava dando una buona occasione per vedere Aiba chan in tutto il suo splendore! Ma era pur vero che c’era anche lui e si sarebbe impegnato talmente tanto che Erina non avrebbe guardato altri oltre a lui. Presa quella decisione si concentrò al massimo sul lavoro, facendo del suo meglio.
Dopo pochi scatti Jun li salutò e scomparve in un batter d'occhio dal set, quindi si dedicarono alle foto singole e a quelle di coppia. Continuarono a lavorare senza sosta e alla fine si fecero le undici e mezza: avevano sforato di un'ora e mezza sulla tabella di marcia.
«Otsukaresama deshita» esclamarono gli assistenti ed il fotografo applaudì seguito dal resto dello staff.
Ōno, Aiba e Shō, gli ultimi rimasti del gruppo, si inchinarono applaudendo a loro volta «Otsukare, otsukare» ripetevano.
Shō scambiò qualche parola con il fotografo e l'impiegato della rivista: solitamente era Jun ad occuparsi dei discorsi di fine lavoro, ma essendo impegnato più del solito in quel periodo, capitava sempre più spesso che fosse lui a doversene occupare.
Quando terminò ed uscì dalla zona della luce dei fari del set spostò finalmente lo sguardo sulla ragazza: era stato tanto teso e concentrato su ciò che faceva che praticamente si era scordato di averla lì. Ora che ricordava nuovamente la sua presenza tornava a sentirsi agitato: forse, avendoli guardati tutto il tempo, aveva finalmente notato il suo cambiamento e il suo impegno. Ma la sua speranza si infranse in pochi secondi, perchè Erina era ancora vicina all'entrata, certo, ma stava chiacchierando con Aiba. E quello che lo ferì maggiormente, non fu il vedere che la sua attenzione era nuovamente sul suo amico invece che su di lui, ma piuttosto il realizzare come tra i due ci fosse un'atmosfera serena e rilassata che tra loro invece non c’era mai stata. Non poteva dire di aver mai parlato con lei in modo tanto disteso, anzi probabilmente non l'aveva mai fatta ridere come stava invece facendo Masaki. Dove stava sbagliando?
Sconsolato e abbattuto Shō si avviò verso il camerino, deciso, per ripicca, a far aspettare la ragazza ancora un po'. Rimise la maglietta che aveva indossato quella mattina, i jeans e la felpa leggera. Indossò anche gli occhiali e salutò Ōno. «Ci vediamo domani per la diretta di Shiyagare» disse, pronto ad uscire
«Shō kun» lo richiamò quello.
Si fermò sulla soglia e si girò a guardare l'amico. «Mh?»
L'altro lo osservò dritto negli occhi, seriamente. «Tutto bene?» gli chiese mentre rilassava le braccia e interrompeva a metà il gesto per indossare la maglietta.
Shō rimase in silenzio qualche secondo, prima di rispondere. «Sì, certo» fece sorpreso. «A domani»
«A domani» annuì l'altro che continuò a vestirsi.
Shō si avviò lungo il corridoio, pensieroso. Ōno era sempre il primo a notare i loro atteggiamenti strani: aveva notato il suo turbamento?
Spinse la pesante porta che divideva i corridoi degli studi dalle scale. Sul pianerottolo c'erano Erina e Masaki che ancora chiacchieravano tra loro. «Oh eccolo!» esclamò l'amico quando lo vide aprire la porta. «Allora vi lascio lavorare. Hai salvato il numero?» le domandò guardando il cellulare che la ragazza teneva in mano
«Sì, ti ho salvato come "A san" così non ti riconoscerà nessuno» rispose lei
«Ma tu te lo ricorderai?» fece Aiba
«Non ci avevo pensato» osservò la ragazza ed entrambi risero
«Metti solo "Masaki", potrebbe essere chiunque» suggerì. «Io posso scrivere "Erina"?»
«Certo. Allora mi fai sapere? Dopo le sette va benissimo» gli sorrise lei.
Shō alternò lo sguardo tra i due mentre si parlavano, seguendo il loro discorso a bocca aperta. «Bene, ti chiamo io, a stasera» ridacchiò il ragazzo aprendo la porta. «Shō, otsukare. A domani» lo salutò appoggiandogli una mano sulla spalla e scomparve nel corridoio oltre l'uscio.
«Scusa se ti ho fatto aspettare» pronunciò lui con un sorriso tranquillo: in realtà era preda di una tormenta di rabbia e gelosia: lui, che lavorava con lei, non aveva né il suo numero di cellulare, né la sua mail, mentre Aiba, che l’aveva rincontrata solo pochi minuti prima, sembrava aver ottenuto persino un appuntamento!
«Non c'è problema. Sono passata solo dopo aver fatto il lavoro che avevo qui in zona» rispose Erina scuotendo il capo. «Cominciamo ad uscire?»
«Sì» annuì. «Cosa dovevi fare oggi?» provò a domandarle, sperando di poter fare una discorso tanto piacevole quanto quello di Aiba.
«Ho incontrato i rappresentati dell'impresa che si è sempre occupata del palco e della struttura connessa. Mi avevano detto che il direttore era una persona scorbutica, ma non credevo così tanto» spiegò mentre scendevano le scale. «Ad ogni modo voleva ancora lavorare per voi, immagino che gli facciano molta gola i soldi che gli diamo per i servizi della sua compagnia, però sono riuscita a proporre il piano di lavoro che avevo pensato ed elaboreranno un preventivo entro il prossimo venerdì»
«Devi essere migliorata molto dai tempi dell'università» fece notare Shō aprendole la porta d'uscita
«Anche tu non sei male. Voglio dire» si corresse Erina abbassando lo sguardo mentre usciva dall'edificio. «Adesso sembri proprio una persona seria e dedita al proprio lavoro. Ammetto di non aver visto come lavoravi anni fa, quindi non ho un termine di paragone, però oggi era evidente l'impegno che metti sempre in quello che fai. Insomma, gli sforzi di tutti sono magnifici. E dire che a vedervi solo nel prodotto finale sembrate sempre rilassati e allegri»
«Cosa intendi dire?» domandò Shō: non gli pareva vero, ma quelli sembravano dei complimenti.
«Come fan, fino ad oggi ho visto solo i servizi una volta pubblicati, una pubblicità una volta girata e via dicendo. È difficile realizzare quanto lavoro ci sia dietro, quante ore si spendano per un prodotto che noi impieghiamo poco tempo a consumare. Ci vuole pazienza, immagino» annuì piano. «Siete ammirevoli. Sei ammirevole» la sentì dire a mezza voce
«Grazie» balbettò. Non poteva credere alle sue orecchie. «Quello che dici» cominciò dopo aver preso un profondo respiro. «Conta mo...» ma il cellulare della ragazza squillò in quel momento
«Scusa» gli disse interrompendolo e guardando la mail appena arrivata, dopodiché scoppiò a ridere
«Tutto bene?» le chiese colpito da quella reazione
«Sì, è solo Aiba san che mi ha mandato una mail per essere sicuro di aver scritto giusto l'indirizzo» annuì cercando di smette di ridere
«Già, un errore che sarebbe capace di fare» borbottò Shō innervosito al ricordarsi di quel loro improvviso e rapido riavvicinamento. «Avevo dimenticato che già anni fa eravate molto in sintonia»
«Vero» annuì lei chiudendo il cellulare. «Anche allora mi trovavo bene a parlare con lui»
«L’avevo notato» pronunciò storcendo il naso, ma girando lo sguardo dall'altra parte, perchè lei non si accorgesse della gelosia che cominciava ad inquinare i suoi pensieri
«Ma anche lui, come te, è impegnato con i vari lavori, quindi oggi abbiamo solo scambiato quattro parole. Per la verità non pensavo nemmeno si ricordasse di me. Vedremo cos'avrà da raccontarmi a cena stasera»
«Come?» Shō sgranò gli occhi. Pensava che Masaki avesse dato per scontato che i suoi vecchi sentimenti per Erina non fossero cambiati, ma effettivamente quella volta non aveva parlato a nessuno della fiamma che gli si era riaccesa nel cuore, nemmeno a lui.
«Tranquillo, stasera non berrò. Anche se domani è sabato» ridacchiò lei. «Giuro che non avete dato il lavoro ad un alcolizzata» promise lei seriamente
«No, certo. Non è quello» scosse il capo il ragazzo. Se quei due avessero cominciato ad uscire insieme, Shō non avrebbe avuto più alcuna chance.
«A proposito di ieri sera» cominciò Erina
«Giusto! Eri venuta a portarmi i fogli vero?» si ricordò solo in quel momento del perché lei fosse lì quel giorno, era troppo agitato da quell'improvviso sviluppo e sentì di dover parlare subito con Aiba chan per chiarire tutto.
«Sì, certo. I fogli» rispose lei. Sembrava che Shō non fosse l'unico a ricordarsi solo in quel momento perché fossero lì insieme. La ragazza gli porse una cartelletta e aggiunse. «Ascolta, prima di andare»
«Puoi scusarmi?» la interruppe lui. «Ho dimenticato una cosa in camerino e devo scappare alla riunione. Ci vediamo» la salutò con un inchino rapido prima di tornare rapidamente nell'edificio degli studi: Masaki era una lumaca a cambiarsi, quindi doveva essere ancora in camerino.
Salì i gradini due alla volta, deciso a fargli sapere che lui provava ancora qualcosa per Erina, ma si bloccò una volta arrivato al primo pianerottolo. Non poteva farlo. Che diritto aveva di dirgli una cosa simile? Erina non era di sua proprietà e se Aiba avesse voluto uscire con lei perché era interessato, Shō non poteva permettersi di dire ad uno dei suoi migliori amici di non farlo solo perché Erina l’aveva vista prima lui. Si appoggiò al corrimano con un sospiro e si guardò le scarpe da ginnastica. «Non posso» mormorò tra sé.
Aveva anche abbandonato Erina da sola sul marciapiede invece di darle un passaggio o di chiacchierare ancora un po’ dato che l’aveva fatta rimanere lì per ore. Realizzata la situazione si lanciò giù dalle scale, quasi saltando rampe intere in un solo balzo, ma quando ritornò all'entrata non c'era più nessuno davanti alla porta.
Aveva detto di volergli parlare della sera prima, quindi doveva essere successo qualcosa, ma ormai era tardi. Una macchina parcheggiò davanti a Shō che, con un sospiro rassegnato, aprì la portiera: non avrebbe avuto alcun controllo sulla serata tra Erina e Masaki, non ricordava cosa aveva combinato il giorno prima e aveva realizzato troppo tardi che lei avrebbe potuto dirgli qualcosa di importante per capirlo. La ciliegina sulla torta era che stava andando ad una riunione e non aveva ancora letto i fogli che aveva dimenticato.
Cosa stava succedendo? Perché non riusciva più a gestire le cose alla perfezione come aveva fatto fino a due settimane prima?
¹ servizio di +act.mini volume 10, uscito verso la fine di Luglio
² si riferisce alla campagna della Chocola BB per cui Nino ha fatto da immagine. La pubblicità è uscita all'inizio di Luglio 2010
CLICK La canzone è "Love in an elevator" degli Aerosmith