Chi: Nathan, Peter
Dove: Casa Petrelli
Cosa: Peter è tornato dal suo "ritiro" per impare a dominare i propri poteri, Natale è alle porte e Nathan non è cambiato di una virgola.
Quando: Lunedì 24 Dicembre 2007. Tarda mattinata. Pomeriggio. Sera. Notte.
Stato:
Finito (
La prima lezione che Nathan Petrelli avesse mai appreso nella sua vita di adulto era che i panni sporchi si lavano in famiglia )
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Monty andò con gli occhi da Peter a Nathan e poi strinse le braccia al petto, sporgendo in fuori il labbro inferiore. "Io e Simon siamo bisticciati" borbottò, con una vocina compassata, seria seria. "E' cattivo. Lo odio."
"Ehi, ehi" replicò Nathan, sollevandogli il mento per farsi guardare in faccia. "Che cos'è questo tono? Chi te le insegna queste parole?"
Monty strinse il labbro inferiore tra i denti, tremante, senza rispondere.
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"Monty, cos'ha fatto Simon di cattivo?" si chinò per mettersi al livello del nipote, e aggiunse con tono cospiratorio "Non si è comportato da fratello maggiore? Non ha creduto a qualcosa che hai detto? Ti ha dato del pazzo e ti ha detto di buttarti dal Ponte di Brooklyn?"
Si rendeva più o meno conto che erano possibilità remote di litigio tra un bambino di sette e uno di cinque anni, ma la faccia che faceva Nathan ne valeva comunque la pena.
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Nathan evitò con decisione di incrociare lo sguardo del fratello. "Monty, rispondi alla domanda."
Il bambinò sospirò, infelice. "Ha detto che... che Babbo Natale non esiste" spiegò, a voce bassa.
"Sì, e tu gli hai risposto che lo sapevi già" ribatté Nathan, perplesso. "La storia della carta di credito. Gliel'hai detto stamattina."
Monty borbottò qualcosa di inintelligibile.
"Monty? Non ho capito."
"Non è vero!" esclamò il bambino. "Non è vero che non esiste! Gliel'ho detto apposta. Babbo Natale sa fare tutto, ha la cartadicredito più grossa dell'universo. Vero? Vero, zio Pete? Vero?" E accompagnò ogni "Vero?" con un deciso strattone alla cravatta da femminucce di Peter.
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Peter sospirò - il dolore che provava era fisico. Non poteva certo spezzare il cuore di un bambino di cinque anni, che lo stava guardando con gli occhioni spalancati, blu come quelli di Heidi. Ma non poteva neanche mentire, perchè mentire a un bambino di cinque anni, che lo stava guardando con gli occhioni blu spalancati, era sbagliato.
Perchè? Perchè? La cravatta rosa non era una sofferenza sufficiente?
Poi vide la sua via d'uscita.
"Vedi, Monty...purtroppo Babbo Natale non è ricco quanto credi. La carta di credito è di Papà. Babbo Natale vive in Lapponia, e dato che non è magico, non ha i soldi per fare regali a tutti i bambini americani, quindi lascia che i bambini con i genitori ricchi si lascino comprare i regali da loro. E' solo un essere umano che a Natale, se dei bambini lapponi gli scrivono, manda dei regali. E' tutto vero, puoi controllare su - su Wikipedia."
Ed era vero, e Peter ( ... )
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Monty sgranò ancora di più gli occhi azzurri e sembrò che il suo cuoricino di bambino di cinque anni stesse per frantumarsi in mille minuscoli pezzettini. "Ma... ma... se non è magico..."
Nathan pensò che non lo si poteva biasimare. Un Babbo Natale senza renne volanti né carta di credito era una cosa un po' triste in cui credere ( ... )
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Se era disposto a fare cose del genere per i suoi figli, non era un padre cattivo come pensava di essere (Peter non l'aveva assolutamente letto apposta: era capitato, tutto qui.)
Peter sorrise intenerito, e se fosse improvvisamente entrato un gattino nella stanza, avrebbe fatto davvero saltare in aria la casa, per eccesso di adorabilità raggiunta nella stanza.
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Il bambino annuì e saltò giù dal divano, puntando la porta.
"Dimenticato niente, Monty?"
Monty si voltò, pensoso. Poi si illuminò, contento di aver trovato la soluzione, si alzò sulle punte e posò un bacio sulla guancia del padre. Ripartì verso la porta, più deciso.
"Monty."
Stavolta il bambino si voltò con una piroetta e l'espressione decisamente perplessa. Nathan gli indicò Peter con un cenno del capo.
"Ciao, zio Peter" salutò il bambino, dando un bacio sulla guancia anche a lui. "Ciao, papà."
Nathan seguì il figlio con lo sguardo, poi, quando furono rimasti soli, scoccò a Peter un'occhiata intimatrice. "Tu non hai visto niente."
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Ma ho sentito cose...
L'impulso di ridere si stava provando più difficile da controllare del previsto.
"Quindi, torniamo di là anche noi, o lasciamo che Simon si autoproclami capo-famiglia entro i prossimi" controllò l'orologio con aria seria "dieci minuti?"
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Passò un braccio intorno alle spalle di Peter, camminando insieme a lui verso la porta. "E' ancora valida quell'offerta? Quella dell'esplosione? La sto riconsiderando."
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Si sedette a tavola con aria malcelatamente stoica.
Solo un quarto d'ora a mezzanotte.
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Peter sapeva che Nathan, semplicemente, aveva delle priorità. E, almeno quando le elezioni non erano vicine, quelle priorità non erano certo quei quattro punti in meno nell'ultimo sondaggio.
Appena Nathan si risedette, Peter si alzò di slancio, preso dall'atmosfera (momentaneamente) non ostile. Peter non era bravo nei discorsi - con una persona, certo. Due anche. Oltre le cinque persone la questione cominciava a farsi complicata. Ma Peter non aveva mai davvero pensato, prima di fare le cose, vero?
"Anch'io vorrei brindare," esordì, entusiasta.
"Vorrei brindare...al cambiamento. Questo mondo è pieno di persone speciali, che possono fare cose importanti, diverse, incredibili. Queste ( ... )
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"Al mondo" tentò qualche ospite, poco convinto, e Nathan, di nuovo padrone di sé, guardò Peter come sempre faceva quando combinava un guaio a cui lui avrebbe dovuto rimediare, e poco importava che adesso come tante altre non se ne fosse neppure accorto: lo sguardo di Nathan diceva che era ora di crescere, e perdio, Peter avrebbe almeno potuto provare a pensare, una volta tanto, prima di parlare a vanvera ( ... )
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"Io non stavo per svo-" cominciò a protestare, confuso, ma l'espressione di Nathan stava avanzando a livelli completamente nuovi di disapprovazione e minaccia, quindi Peter abbassò la voce e continuò: "Qual è il problema? Non è che io abbia detto niente di chiaro. E poi presto lo sapranno comunque, no?"
Non capiva. Ora che era tornato, potevano finalmente fare ciò di cui lui e Nathan avevano parlato prima che Peter partisse - aveva cercato di tornare presto anche per quello, soprattutto per quello. Per cambiare il mondo.
Cosa c'era che non andava?
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"Senti, la giornata è stata abbastanza lunga già così, non mettertici anche tu, okay?" sibilò Nathan. "Non crearmi altri problemi. Per favore. Sei arrivato stamattina. Per un po' lascia stare i tuoi discorsi sulle persone speciali e il cambiare il mondo. Per un po', solo per un po', pensa alla tua famiglia e lascia che il resto vada come deve andare. Per favore? Per me?" Gli strinse il polso, quello con l'orologio, sopra il tavolo. D'improvviso aveva le mani gelate. "E ti ho già detto di stare fuori dalla mia testa."
Proprio come avevo pensato. Non lo accetterà mai. Non riuscirò mai a farglielo accettare. Merda.
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