{Writing Day #2} Sherlock BBC: Sale della vita

Apr 13, 2013 11:43

24 hours of fun, 24 hours of fun again.

Autore: ferao
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes. John/Sherlock se proprio volete vedercelo, ma c’è soprattutto tanta tanta amicizia.
Rating: Uhm, giallo?
Avvertimenti: Slash, se PROPRIO dovete vedercelo.
prompt: Lo sciocco non perdona e non dimentica. L'ingenuo perdona e dimentica. Il saggio perdona, ma non dimentica. - Thomas Szasz

- Perdonami.
È quella parola a far infuriare John più di tutto il resto. Quella semplice richiesta gli fa improvvisamente sentire tutto il peso di quegli anni - quegli anni in cui avrebbe dovuto proseguire la sua vita e non l’ha fatto, in cui il pensiero di Sherlock sarebbe dovuto affievolire e non l’ha fatto.
Per quasi cinque anni John Watson ha vissuto con un fantasma: se stesso. Incapace di riadattarsi al mondo dei vivi, delle persone in grado di accontentarsi della loro esistenza. A lui la vita normale fa schifo, la trova scipita, terribilmente insapore.
Non puoi tornare a mangiare sciapo dopo aver assaggiato il sale. E Sherlock era il sale.
Eppure, per cinque anni John ha dovuto farsi forza e ingoiare i bocconi che la vita gli presentava senza condirli; ha trovato lavoro, una casa e una donna, ma nulla ha più lo stesso sapore. Nulla ha più sapore.
E adesso è come se gli avessero rovesciato un’intera saliera nella minestra. Sherlock Holmes, il suo amico, il suo compagno, il suo gusto è lì davanti a lui; quella presenza contrasta orribilmente con l’assenza di pochi istanti prima - come poteva John vivere in un mondo così insapore?
- Perdonami.
Un’intera manciata di sale gettata nella minestra. John annaspa, gli manca l’aria, le lacrime premono per uscire e la gola protesta vibratamente: ha un serio bisogno di tossire via tutto.
- Sherlock…
- John. Perdonami. Per favore.
Lacrima, tossisce. Non può farne a meno. Cinque anni di assenza gli sono crollati addosso come un edificio, lo schiacciano senza pietà; ha fatto così tanto per imparare a fare a meno di Sherlock che il rivederlo gli fa male - male come la sua caduta. Come la sua assenza.
Può il sale cancellare il ricordo dell’insipido? No. E troppo sale avvelena.
- Mi dispiace. Te lo giuro, mi dispiace. Perdonami.
Lacrima, tossisce, espelle un po’ di quel veleno - o almeno ci prova. - Cinque anni…
- Lo so, lo so, lo so. Mi dispiace.
- Mi hai fatto credere per cinque anni di…
- Mi dispiace. Mi dispiace.
John fa una smorfia, gli viene da ridere e anche da piangere. Quante volte Sherlock si era detto dispiaciuto di qualcosa? Tre dita di una mano erano persino troppe per contarle. E adesso ha ripetuto quelle parole almeno cinque volte. E chiede scusa.
Chiede perdono.
- Sherlock…
Ti perdono. Ti ho già perdonato, mille volte. Ti perdono perché non posso non perdonarti, perché qualsiasi cosa tu faccia io so che è quella giusta. Ti perdono perché mi fido di te, perché non sbagli e se sbagli sai rimediare. Ti perdono perché Dio, mi sei mancato troppo per lasciarti ancora fuori dalla mia vita.
Ti perdono perché i miei giorni non sanno di nulla senza di te.
Perché sei il sale della mia vita.
- Perdonami.
- Non puoi ridarmi questi cinque anni, Sherlock.
Gli occhi chiari del suo amico si spalancano, ma John sa di avere ragione. Sarebbe facile, troppo facile riaccogliere il suo amico a braccia aperte e fingere che non sia successo nulla; sarebbe troppo facile e mortalmente difficile.
Sarebbe stupido.
John non è stupido.
Ti perdono, ti perdono tutto. Ma il sale non cancella il ricordo di quanto fosse cattivo il cibo prima.
Non potrà mai renderti ciò che hai perso fino a quel momento.
Non puoi, Sherlock.
Deglutisce e lo guarda negli occhi, senza più piangere.
- Ti perdono. Ma non posso dimenticare. Non sono uno stupido, non farò finta di niente. Ti perdono, ma non dimenticherò mai di cosa sei capace, brutto imbecille egoista senza cuore.
Nonostante il momento non sia affatto dei più distesi, uno degli angoli della bocca di Sherlock si allunga nella sua consueta smorfia di compiacimento, come se John avesse azzeccato proprio la risposta giusta.
Al che, suo malgrado, anche il dottore sorride.

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