Titolo: Erase and Rewind
Fandom: originale - romantico
Personaggi:
Parte: 3/?
Rating: arancione
Conteggio Parole: 2689
Riassunto: Matthew Harris è un ingegnere che lavora per l'FBI. Un giorno si risveglia in un letto d'ospedale e scopre di aver perso la memoria in seguito ad un misterioso incidente. Non ricorda più nulla degli ultimi quattro anni, e le persone intorno a lui sembrano volergli nascondere qualcosa. Scopre di aver partecipato ad un progetto scientifico che non è andato a buon fine e che ha avuto degli effetti negativi sulla sua personalità. Matt vuole rimettere assieme le tessere del puzzle, ma i suoi amici e famigliari si sono allontanati da lui; perfino la moglie, Celia, è stranamente fredda nei suoi confronti e Lilia, la figlia di due anni di cui non ricorda nulla, sembra essere spaventata da lui. Con l'aiuto di uno psicoterapeuta tenterà di ricostruire cosa sia successo in quei quattro anni e di recuperare la fiducia e l'amore della sua famiglia...
Capitolo uno Capitolo due Celia si allontanò dal salotto, lasciando padre e figlia da soli sul divano.
“Che cos'hai fatto di bello oggi?” chiese Matt alla bambina.
“Torta con abuelita” rispose timidamente Lilia, dopo averci pensato su qualche istante.
“Che brava! E che brava che sei a parlare anche lo spagnolo! Te l'ha insegnato la mamma?”
La bimba annuì.
Fine delle mie capacità dialogiche con i bambini, pensò tristemente l'uomo. Da non avere figli ad averne una di quasi tre anni, era un bello shock. Gli piacevano i bambini, ma non ci aveva mai avuto molto a che fare.
Grazie al cielo, Celia tornò poco dopo con due fette del famoso dolce, un bicchiere di latte e uno di tè freddo.
“Ecco la merenda!” esclamò con un tono inaspettatamente allegro e dolce, ma subito dopo Matt capì che Celia si era rivolta solo alla piccola, consegnandogli la sua porzione di torta senza nemmeno guardarlo in faccia.
“Quiéro ver Peppa Pig!” strillò la bambina indicando il televisore, e Celia prese il telecomando per accenderlo. Lilia cadde subito ipnotizzata dal cartone animato, e smise di dedicare la sua attenzione alla madre.
“Sembrate molto legate” commentò Matt.
“Lo siamo” rispose Celia, accarezzando dolcemente i capelli della bambina. “Passiamo molto tempo insieme.”
“Tu non lavori?”
“No. Dopo che è nata Lilia, hai detto che sarebbe stato meglio se fossi rimasta a casa a occuparmi di lei.”
“Te l'ho detto, o te l'ho ordinato?” insinuò Matt.
“Lasciamo stare. Alla fine, è stato meglio così” rispose Celia scuotendo la testa.
“Sai che avrei lasciato la scelta esclusivamente a te, se non avessi avuto quel microchip nella testa?”
“Sì, lo so” mormorò lei guardandolo con occhi tristi.
Matt allungò la mano per accarezzarle il braccio, che teneva appoggiato allo schienale, ma non appena la sfiorò, lei si ritrasse.
“Scusa” disse Celia, guardandolo spaventata.
“Non importa” rispose lui, ferito.
Restarono seduti in silenzio, ascoltando le frequenti risate di Lilia, completamente assorta dallo show pomeridiano e ignara del gelo che regnava attorno a sé.
La cena fu altrettanto silenziosa, ma l'imbarazzo crebbe ancora di più quando Celia lo guidò al piano di sopra per mostrargli la loro camera da letto, anch'essa spaziosissima, arredata con gusto ma priva di personalità, con un lussuoso bagno annesso e una cabina armadio contenente più abiti di quanti ne avesse mai visti in una sola volta.
“Sbaglio, o sono diventato un po' vanitoso?” chiese dando un'occhiata alla fila di camicie di lino, scarpe di firma e cravatte di seta. Ricordava di aver indossato abiti eleganti, con cravatta annessa, solo due volte in tutta la sua vita: al suo matrimonio e al colloquio con il Bureau. Che cosa se ne faceva di tutta quella roba?
“Solo un po'” rispose Celia sorridendo debolmente.
Il suo lato della cabina armadio, al contrario, era decisamente più moderato, con l'unica differenza che c'erano molti più abiti scuri di quanti ne ricordasse: Celia amava i colori sgargianti, che donavano moltissimo alla sua carnagione, le trame floreali e le magliette con scritte divertenti.
“Certo che ne abbiamo fatta di strada, dal nostro minuscolo monolocale!”
“Già.” Al ricordo della loro vecchia vita, lo sguardo di sua moglie parve raddolcirsi un po'. “I pigiami sono nel secondo cassetto a destra, prendi quello che vuoi.”
“Grazie. Dormo ancora sul lato sinistro?”
“Sì, ma non ha importanza. Stanotte io dormirò nella camera degli ospiti.”
“Cosa?” fece lui, sorpreso e deluso. “Non che io voglia... ma speravo che almeno dormissimo insieme. Devi proprio?”
“Scusa” fu la risposta concisa della moglie. “Ah, un'ultima cosa: ho messo il tuo cellulare nel cassetto del comodino. L'ho dovuto spegnere... perché continuava a squillare” disse pronunciando quest'ultima frase in tono quasi gelido. “Purtroppo io non conosco il codice PIN, spero che tu lo possa ricordare. Se hai bisogno di qualcosa, io sono nella stanza in fondo al corridoio. Buona notte.”
“Grazie, buona notte anche a te” le disse Matt, rassegnandosi a passare la notte da solo. Non che si aspettasse i fuochi d'artificio, ma non gli sarebbe dispiaciuto avere Celia accanto a sé, anche senza toccarla, ma solo sentire il suo profumo, avvertire il calore della sua presenza, il suo respiro calmo e rassicurante dopo tante notti trascorse in solitudine in una camera d'ospedale.
Non aveva granché sonno, così dopo essersi spogliato e lavato i denti, prese il cellulare dal comodino, lo accese e scrutò il messaggio “Digitare PIN” per diversi minuti dopo aver provato il suo vecchio codice, senza la minima idea di quale potesse essere quello nuovo.
Solitamente lo digitava senza pensare, ricordando solo il movimento che facevano le dita nel comporre i numeri, così chiuse gli occhi e appoggiò i polpastrelli sul touch screen, in attesa dell'ispirazione, di un qualche flash mnemonico che non tardò ad arrivare: il PIN venne accettato, e il cellulare si accese.
“Caspita, cinquantasei chiamate e ventuno messaggi!” esclamò basito. “Ma chi è questa Sophie?”
Aprì la cartella dei messaggi e iniziò a leggerli dal più vecchio, che risaliva, secondo i suoi calcoli, al giorno del famoso incidente:
“Stessa ora stasera??”
“Allora??”
“Ehi, hai letto il mio messaggio???”
“Ehi, ma ci sei???? Perché non mi rispondi???”
Ma chi è questa pazza che stra-abusa della punteggiatura?, si chiese Matt mentre continuava a scorrere i messaggi.
“Si può sapere che cazzo ti prende??”
“È per via di tua moglie???? Ha scoperto tutto e ha fatto casini???”
“Se ti sei stufato di scopare con me, abbi il coraggio di dirmelo!!!”
“Ho capito, hai deciso di ritornare a fare il bravo maritino. Ma almeno potevi dirmelo in faccia!!!!!11”
“Ma non ne possiamo parlare?? Si può sapere che ti ho fatto???”
“Sei proprio uno stronzo!!!”
“Ti auguro una bella vita di merda con la tua mogliettina del cazzo.”
“Che figlio di puttana!!!!!1”
“Che figlio di puttana!” esclamò Matt ad alta voce, rivolgendosi a se stesso. Aveva tradito Celia!
E non era finita: c'erano altri messaggi, di altre donne, anche se non insistenti come quelli di Sophie. Stessa cosa per le chiamate.
Si alzò di scatto dal letto, deciso ad andare subito da Celia, ma una volta raggiunta la porta, si bloccò: che poteva dirle? “Scusa se ti ho tradita”? Non sapeva nemmeno se lei ne fosse al corrente, ma probabilmente era così: Celia non era certo una stupida.
Fece un respiro profondo per riacquistare la calma e pensare razionalmente.
Aveva scoperto di essersi comportato da puttaniere, cosa che non era mai stato - anzi, era sempre stato alquanto goffo, con le donne.
Si sentiva una merda, ma quello poteva costituire il primo pezzo del puzzle: il cellulare poteva contenere altre informazioni che lo avrebbero potuto aiutare a recuperare la memoria, perciò lo riprese in mano e ne sfogliò tutti i contenuti.
Oltre alle chiamate di donne a lui sconosciute, ma con le quali sembrava aver avuto rapporti extraconiugali, e alle telefonate di quelli che dovevano essere suoi colleghi, nella cartella delle chiamate ricevute di recente non ne figurava nessuna da parte di Celia.
Lui, invece, ne aveva fatte due a lei nei giorni subito precedenti all'incidente: questo voleva dire che non si sentivano spesso per telefono. Matt ricordava che, all'inizio del loro matrimonio, erano abituati a telefonarsi almeno una volta al giorno, durante la pausa pranzo, quando entrambi erano molto impegnati e riuscivano a vedersi solo per colazione e cena. Come qualsiasi altra coppia normale, insomma. Ma se il repentino cambiamento indotto dal microchip lo aveva fatto diventare un pezzo di merda fedifrago, non era difficile credere che Celia lo volesse sentire e vedere il meno possibile.
Se però lei era a conoscenza dei suoi tradimenti, come Matt sospettava, perché non aveva chiesto il divorzio? Perché non aveva reagito? Celia non era tipo da restare passiva alle ingiustizie: era molto combattiva, e anzi forse a volte rispondeva in modo fin troppo aggressivo - alle superiori era stata sospesa per una settimana, dopo aver scatenato una rissa con il bullo della classe. All'inizio della loro relazione, era stata un po' sospettosa e distaccata e Matt ci aveva messo del tempo per conquistarsi la sua fiducia. Raramente gli aveva risparmiato qualche critica - se aveva qualcosa da ridire, lo faceva presente, e guai a non fare le cose a modo suo! Che le era successo?
Poi gli ritornarono in mente le parole di Celia di quel pomeriggio: lei non lavorava, ed era stato lui a comprare la casa, l'auto, tutto. Probabilmente Celia temeva di perdere l'affidamento di Lilia. Forse lui, trasformato in un crudele robot, l'aveva minacciata e ricattata.
Matt si sedette nuovamente sul letto, ancora troppo scosso: aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, ma la prima persona alla quale avrebbe voluto rivolgersi - Celia - con tutta probabilità lo odiava, e la seconda - Rob - probabilmente stava dormendo, vista l'ora.
Prese una delle pasticche di tranquillanti che il medico gli aveva prescritto, ma non gli fu di alcun aiuto: la tensione e l'ansia gli impedivano di dormire.
La mattina seguente ci sarebbe stato il primo incontro con lo psicoterapeuta, ma fino ad allora non sarebbe riuscito a calmarsi.
Continuò a studiare il contenuto del suo cellulare ed entrò nella cartella immagini: le più recenti erano inguardabili, si trattava di fotografie oscene scattate ad una ragazza dall'aspetto volgare - seno rifatto, trucco pesante, capelli biondo platino - nuda e in pose erotiche.
Era il tipo di donna su cui aveva fantasticato da adolescente e da giovane uomo, una donna con cui tutti sarebbero voluti andare a letto se ne avessero avuto l'occasione, ma in quel momento quelle fotografie gli fecero soltanto venire la nausea.
Dev'essere questa Sophie, pensò schifato. Da dove l'ho pescata, sul set di Playboy? Com'è possibile che io mi sia stufato di Celia per poi finire tra le braccia di questa?
Seguivano altre foto di auto da corsa, di moto, di sederi di donne immortalati per la strada e infine, in fondo alla cartella, quello che avrebbe voluto trovare fin da subito: immagini di Celia e Lilia.
Due erano sicuramente state scattate il giorno della nascita della bambina: in entrambe c'era Celia stesa su un letto d'ospedale, con l'aria stanca e un fagottino in braccio, la neonata già pulita e vestita con una tutina. Ma, se in una delle due foto la neo mamma mostrava un bel sorriso felice, anche se un po' incerto, nella primissima che era stata scattata appariva imbronciata mentre guardava verso la fotocamera, o meglio, verso il fotografo.
“Aspetta, vi faccio una foto: siete bellissime!”
“Matt, ti ho fatto una domanda! Sono stata in travaglio per otto ore e tu ti sei fatto vivo solo adesso: dov'eri finito?”
“Stai tranquilla, ero a comprarti un regalo!”
“Avrei preferito che tu fossi accanto a me, mentre partorivo nostra figlia.”
“Oh, no, sei venuta imbronciata! Perché non mi fai un bel sorriso?”
“Matt, non cambiare discorso. Si può sapere che ti sta succedendo? Ultimamente sei cambiato...”
“Ma insomma, Celia, la vuoi piantare? Ti ho comprato una cazzo di macchina da centomila dollari, e ora sono qui, cos'altro vuoi? Ora smettila di rompere i coglioni e fammi un cazzo di sorriso mentre ti scatto una foto.”
La donna sussultò spalancando gli occhi, sconvolta dall'improvviso cambiamento di tono nella voce di Matt. Lo guardò con un'espressione spaventata.
“Allora? Ti decidi?” la esortò bruscamente lui.
Celia sbatté le palpebre velocemente, come per riprendersi dallo shock, e dopo qualche secondo esibì un sorriso incerto.
“Fatta! Questa è venuta bene!” Si avvicinò a lei, si sedette sul bordo del materasso e le posò un pesante bacio sulla fronte, volgendo poi lo sguardo sulla piccola addormentata.
“Saremo una famiglia felice, noi tre.”
Matt si riscosse come da un sogno. Aveva avuto una specie di flashback: le fotografie lo avevano aiutato a rivivere un breve momento del passato, e ciò che aveva visto non gli era piaciuto. C'era qualcosa di terribilmente inquietante, in quel ricordo, e per quanto provasse a sforzarsi, non riuscì a vedere oltre, a ricordare dove cavolo fosse sparito in quelle otto ore di travaglio. Aveva lasciato sola sua moglie nel momento più importante della loro vita e si era perso la nascita della loro primogenita.
Venne attanagliato da ulteriori sensi di colpa, e aveva come la sensazione che quello fosse solamente l'inizio. Forse studiare il cellulare in quel momento non era una buona idea: fare luce sui quei quattro anni di buio gli faceva più male che bene, ed era il caso di fermarsi lì, per quella notte.
Guardò la televisione fino alle tre e mezza del mattino, poi finalmente il sonno iniziò ad avere la meglio e spense la luce, ma dopo alcuni istanti udì dei rumori provenienti dalla camera accanto alla sua: era Lilia che piangeva.
Si alzò di scatto ed uscì di corsa; Celia non si era svegliata, forse dalla stanza degli ospiti non poteva sentire la bambina, ma Matt non volle disturbarla e sperò di potersela cavare da solo.
Lilia sembrava provare una certa diffidenza nei suoi confronti, ma in fondo lui era suo padre e doveva accorrere se sua figlia piangeva in quel modo disperato.
La trovò in piedi dentro il lettino e aggrappata alle sbarre di protezione, con il viso paonazzo per il pianto e gli occhi gonfi di lacrime.
“Piccolina, sono qui! Cosa c'è?” esclamò Matt avvicinandosi a grandi passi a lei e prendendola subito in braccio. La strinse a sé e si accorse che aveva i pantaloncini del pigiama fradici, poi vide che aveva bagnato il letto.
“Stai tranquilla, è tutto ok, papà è qui” cercò di rassicurarla accarezzandole la schiena, ma la bambina sembrava non volersi calmare, anzi cercava di divincolarsi dalla stretta del padre e aveva preso a piangere ancora più forte.
“Che cosa succede?” chiese una voce alle sue spalle. Era arrivata Celia, che accese la luce della camera e li osservò entrambi con uno sguardo spaventato.
“Credo abbia avuto un incubo, ha bagnato il letto e si è svegliata, ma non riesco a calmarla” spiegò Matt continuando a cullare, invano, la bambina.
“Dalla a me” gli disse la moglie con fare autoritario e impaziente, e lui non poté far altro che obbedire. “Lily, la mamma è qui, non aver paura, la mamma è qui.”
Le sue parole parvero avere un effetto miracoloso, perché non appena si ritrovò tra le braccia della madre, la bambina smise di piangere, pur continuando a singhiozzare.
“Credo che tu abbia il tocco magico” commentò Matt sorridendo timidamente.
“Ma non vedi che è spaventata da te?” lo aggredì Celia, guardandolo furiosa. “A malapena ti conosce, e sei entrato nella sua stanza con il buio. L'hai terrorizzata più di quanto non lo fosse prima!”
“Scusa, mi dispiace” disse lui, restando a fissarla immobile in mezzo alla stanza, con lo sguardo mortificato, e stropicciandosi le mani come un alunno appena rimproverato.
“La prossima volta chiamami subito.”
“Ok. Scusa.”
Celia gli voltò le spalle e uscì dalla stanza, lasciandolo lì da solo. Matt la sentì entrare in bagno con la bambina e far scorrere l'acqua del rubinetto. Si girò su se stesso, incerto sul da farsi, poi decise di rendersi utile in un altro modo e si avvicinò al lettino di Lilia per cambiare le lenzuola bagnate. Sotto di esse trovò uno di quei sottili materassini assorbenti che aveva visto di tanto in tanto nelle pubblicità alla tv e che servivano per i bambini che bagnavano frequentemente il letto. Significava che queste cose erano già successe più di una volta, ma non era certo che fosse del tutto normale; da qualche parte aveva sentito che il bagnare il letto dopo una certa età poteva essere dovuto a fattori di stress. Tuttavia non aveva idea se per una bambina dell'età di Lilia ci fosse da preoccuparsi o meno. Non sapeva niente del mondo dell'infanzia e si sentiva completamente inutile e impotente. Si limitò a cambiare le lenzuola e a tornare a letto.
Note: abuelita significa “nonnina” in spagnolo.