Titolo: Feel it in your chest
Fandom: RPF AC Roma, AS Fiorentina, UC Sampdoria
Personaggi: Daniele De Rossi, cenni De Rossi/Montolivo, Montolivo/Pazzini
Rating: PG14
Conteggio Parole: 991 (W)
Prompt: Lacrime, Sorpresa & Ricordi @
bingo_italia [
cartellina]
; Atollo @
fanfic_italia [
HMS] [
raccoglipunti]
Note: Il mio OTP è il Pazzolivo, e scrivo solo Rossolivo, il che suppongo faccia di me una prostituta intellettuale asservita a DDR. Oh, beh.
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.
~ Feel it in your chest.
Lo spogliatoio pare una tomba: per la Roma rimane a stento l'aria per respirare, mentre lo stadio festeggia urlando cori meravigliosi che i muri, sottili come carta, non riescono a chiudere fuori. Francesco ha un muso così lungo che spazza per terra, e si trascina su e giù tra le panche senza emettere suono, calciando cose invisibili; Philippe è ancora perso nei corridoi con Chivu, a congratularsi o farsi consolare o Dio solo sa cos'altro, e mentre Riise si sta sicuramente annegando sotto le docce, non c'è nessuno che abbia voglia di andare a salvarlo.
Daniele siede in un angolo, quasi in punizione, i gomiti piantati sulle ginocchia e il viso nascosto tra le mani. Non ha nemmeno la forza di pensare, sta lì e basta, fissa la mattonella che ha sotto i piedi e si sente svuotato. Aperto, spinato e messo in casseruola: il De Rossi al forno per il tavolo trentuno è pronto, servitelo finché è caldo.
È dal mondiale che Daniele si sente così, inutile e sciocco in un modo che le parole non sono sufficienti per definire. Sa che vorrebbe cambiare mestiere, buttarsi in un angolo di Piazza di Spagna e fare il mendicante per il resto dei suoi giorni: sarebbe un modo, forse l'unico, di smettere di esser preda di questa delusione bruciante, di questo senso di irrecuperabile vuoto che da solo non è in grado di scrollarsi di dosso.
Daniele vorrebbe solo essere più forte - forte abbastanza per vincere il Mondiale in azzurro, forte abbastanza per sconfiggere l'Inter e nient'altro o forse solo forte abbastanza per abbracciare senza terrore la propria debolezza. Daniele vorrebbe solo essere più forte. Vorrebbe riuscire a piangere per la partita andata uno schifo, sfogarsi e poi rivolgere ai suoi compagni un sorriso più grande: stringerli uno ad uno e insieme a loro affrontare la prossima.
E invece di lacrime non c'è traccia, ma solo di una voglia infantile e vigliacca di chiudersi sotto la doccia con Riise.
È solo quando sono sul pullman diretti all'aeroporto che Daniele pensa di controllare il cellulare.
La squadra è annegata in un silenzio quasi imbarazzato, c'è dappertutto puzza di sudore perché quasi nessuno ha avuto voglia di lavarsi o anche solo di cambiarsi, e Daniele, strizzato in un sedile troppo stretto per il suo lutto sconfinato, ha la brillante idea di frugare nel borsone finché non riesce ad estrarre il cellulare.
Trova una ventina di chiamate e non si prende neppure il disturbo di chiedersi chi è che abbia avuto la brillante idea di telefonare; piuttosto, apre i messaggi, e lì è tutto un fiorire di baci, abbracci, frasi di circostanza e mamma che gli dice, in mezzo agli errori di battitura perché povera donna non è proprio un'esperta delle striminzite tastiere, che lo ama come il giorno in cui l'ha messo al mondo, e cioè infinitamente, e nessuna giornata di merda potrà cambiare questo fatto.
Daniele si odia perché non riesce nemmeno a commuoversi.
Sta rimettendo il cellulare nel borsone, pensando a nulla, se non a quanto sono brutti i ricami giallorossi sui sedili, quando lo sente vibrare gentilmente - un altro messaggio.
mi dispiace. ma giocherai meglio, giocherete meglio. siete meglio di così. riccardo
Riccardo.
Daniele, sorpreso, socchiude gli occhi contro lo schermo un po' troppo luminoso del cellulare, finché il messaggio non diventa una nuvoletta nera sfocata. Riccardo? Sembra troppo bello per essere vero che proprio Riccardo, con il suo personale carico di difficoltà e incertezza e paura da affrontare, abbia potuto pensare a rincuorarlo così. Daniele si sente d'improvviso molto meno vuoto, e molto più una schifezza perché lui, a Riccardo, non ha pensato affatto.
Daniele non ha pensato proprio a niente, Daniele non pensa mai a niente.
Il cellulare vibra di nuovo, tra le sue mani, e dopo un attimo si mette anche a trillare quietamente. Daniele osserva, quasi perplesso, il nome di Riccardo lampeggiare sullo schermo, ma non riesce a costringersi a rispondere.
Verso le tre del mattino, è Daniele a chiamare. Solo in casa, solo nel letto, fissa il soffitto e l'unica voglia che ha, arricciata ai bordi del vuoto, è sentire Riccardo, magari chiedergli scusa. Magari soltanto farlo ridere e parlare, e chiudere gli occhi con la sua voce gentile e il ricordo un po' troppo lontano dei suoi occhi chiari.
Sì, vuole sentirlo.
Cerca a tentoni il cellulare sul comodino, abbatte la sveglia e finalmente lo trova. Riccardo è tra le sue chiamate rapide, otto, subito dopo Francesco e prima di casa di Tamara. Tre squilli e poi una voce assonnata, fin troppo assonnata, che non c'entra assolutamente nulla col cellulare di Riccardo eppure borbotta con tutta la sicurezza del mondo:
"Machicazzoè?" senza neppure prendere fiato, e Daniele si irrigidisce appena.
"Ciao, Giampaolo," mormora, e si accorge troppo tardi di essersi passato una mano tra i capelli, nervosamente. "Cercavo Riccardo."
"Cos- Riccardo? Ma perché non hai chiamat- aspetta, oh, ma Daniele, sei tu?" farfuglia Giampaolo, ma non lascia a Daniele il tempo di rispondere; "Ciao, oh. Ti passo Riccardo."
"Grazie."
"Pronto?"
"...Riccardo."
"Ehi. Ciao."
Daniele sente il lieve cigolio di un materasso - il letto di Riccardo è sempre così tremendamente rumoroso, ricorda perfettamente le notti passate a ridere come tredicenni perché il minimo movimento si trasformava in una sinfonia di molle agonizzanti, eppure Riccardo non ha mai voluto cambiarlo, e a Daniele è piaciuto dal primo momento - e un borbottìo indistinto che sicuramente sarà Giampaolo, poi Riccardo ridacchia piano.
"Come stai? Sei a casa?"
"Sì. Sto... senti, Riccardo, non ti voglio disturbare troppo, volevo solo... non lo so. Ringraziarti per il messaggio."
Daniele si morde le labbra - dal suo punto di vista la conversazione è pressoché finita, Riccardo gli augurerà buona notte e tornerà ad accoccolarsi addosso al Pazzo, mentre lui, Daniele, lascerà che il vuoto lo avvoltoli in un tiepido bozzolo e lì dentro tirerà le cuoia, amen, - poi sente Riccardo sospirare.
"Non disturbi per niente, non dire sciocchezze. Come sta la squadra?"