Titolo: Like trying to put smoke back in a cigarette
Fandom: Fight Club (film/libro, è indiferrente ♥)
Personaggi/Pairing: Tyler Durden/Narratore ♥
Rating: R
Conteggio Parole: 1676 (W)
Prompt: fandom a sorpresa @
fivefandom Note: ♥♥♥♥♥♥ forever. No, seriamente, io questi due li shippo così intensamente da aver odiato a morte Palahniuk che non ha dato a Tyler un corpo a sé, che è piuttosto necessario quando vuoi fare sesso con il tuo alter-ego. (Comunque yay, sono una ficwriter e posso tranquillamente far copulare due persone anche se una delle due materialmente non esiste! ♥) (Grazie, pov interno XDDDD)
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.
~ Like trying to put smoke back in a cigarette.
La mia prima sigaretta non ha un buon sapore.
Tyler è ubriaco, sono ubriaco anch’io, come se guardarlo annegarsi di birra bastasse per ubriacare anche me - ma forse ho bevuto e non me lo ricordo perché ho bevuto troppo; sicuramente ho bevuto, sicuramente, sicuramente su una di queste bottiglie, forse su due, sicuramente su trenta di queste bottiglie ho premuto la bocca e ho bevuto. Le ho baciate e ho bevuto. La mia bocca, sul collo di queste bottiglie, ha baciato piano il vetro freddo; le ho marchiate col segno delle mie labbra e ho bevuto, giù giù giù per la mia gola soltanto birra. E mi sono ubriacato.
Tyler si è ubriacato del mio sangue, quando mi ha bruciato il dorso della mano? Tyler si è ubriacato del mio dolore, quando mi ha marchiato il dorso della mano? Sicuramente ha bevuto, si è bevuto il mio cervello, forse si è bevuto la mia vita tutta in un sorso. Però chissà se si è ubriacato. Io no, io non potevo ubriacarmi. Era il momento più importante della mia vita, non potevo ubriacarmi così, come una matricola al primo esame di università. Come un fallito alla prima busta paga.
Però adesso Tyler è ubriaco, e sono ubriaco anch’io, probabilmente, della birra buona e pagata niente che Tyler compra al minimarket dietro la fermata dell’autobus. Beviamo da ore, forse sono minuti, forse è da tutta la vita fatta eccezione per il momento in cui Tyler ha baciato il dorso della mia mano e l’ha baciato per l’eternità. Quindi beviamo da tutta la vita, meno l’eternità. Glielo dico e Tyler ride, mi dà uno schiaffo sulla nuca che è quasi gentile. Dice che non ho smesso di essere acuto, dice che è contento di questo.
“Ne sono contento anch’io.”
“Oh, lo so che sei contento.”
Bevo - sto bevendo, quindi sono ubriaco, - e gli porgo la bottiglia. Tyler beve - sta ancora sorridendo, - beve di nuovo, me la restituisce. La bottiglia fa avanti e indietro dalle sue alle mie mani ancora una, due, trenta volte; l’ultimo sorso è mio, è rimasta quasi soltanto la schiuma e mi pizzica le narici come la pallida ombra di una sniffata di napalm.
Tyler mi guarda, reclina il collo all’indietro sul materasso - mi offre innocentemente la gola, dorata e tornita e quasi ho voglia di morderlo, e non lo so se è per fargli male davvero, ammazzarlo davvero, o solo per sapere se è saporito almeno la metà di quanto sembra, - e mi guarda; mi guarda e sorride, testa di cazzo, non lo capisce che potrei ammazzarlo solo allugando una mano. Oppure forse lo capisce fin troppo bene, che non potrei ammazzarlo mai.
Traffica con la giacca che ha gettato sul pavimento prima di gettarcisi lui stesso, sul pavimento, e cominciare a bere; tira fuori il pacchetto di sigarette, stropicciato come se avesse fatto un viaggio in lavatrice ma è assurdo perché nemmeno ce l’abbiamo, una lavatrice, e l’accendino. Si accende una sigaretta, e nell’istante in cui la brace s’illumina di rosso vivo io so che mi offrirà un tiro. So che non rifiuterò. So che non avrà un buon sapore.
Sa del fondo di una bottiglia di birra e poi un po’ anche di pioggia, ma soprattutto è salata, come era salato il sudore di Tyler nella mia bocca quando prenderci a pugni sul retro di un cinema era l’unica cosa che avesse un senso, perché un senso non ce l’aveva. È assurdo, perché è una sigaretta e dovrebbe avere sapore di tabacco e magari sì, del sudore di Tyler, visto che Tyler teneva il pacchetto sepolto nella tasca della giacca, ma non di birra e neppure di pioggia.
Ma forse è la mia bocca che sa di birra, e la pioggia la sto soltanto immaginando perché, in fin dei conti, sono ubriaco. Ubriaco perso. Talmente ubriaco che non riesco neppure a tenere la sigaretta tra le dita, e ho bisogno che sia Tyler a tenermela contro la bocca, ad allontanarla appena quando ho aspirato abbastanza, a guardarmi mentre non soffoco col fumo ma lascio che m’invada i polmoni e sì, il sapore è disgustoso, ma la sensazione è da paradiso.
Tyler sorride di nuovo, adesso è in ginocchio e ha i gomiti sul materasso perché deve tenermi la sigaretta contro la bocca, la deve allontanare ogni volta che aspiro abbastanza, e poi deve guardarmi mentre non soffoco col fumo ma lascio che m’invada i polmoni col suo sapore disgustoso e la sensazione di poter galleggiare sul Sole. Tyler sorride ed è ubriaco, sono ubriaco, siamo ubriachi e sto fumando; Tyler sorride e mi chiede com’è, mi chiede se davvero non avevo mai toccato una sigaretta.
“Fa schifo,” borbotto, e poi un altro tiro. “E no, mai.”
Ride, è ubriaco e ride. Fumerei anche il filtro, per quanto mi riguarda, un po’ perché è davvero troppo bello avere il petto gonfio di una cosa così pesante e grumosa e diversa dall’aria e un po’ anche perché le dita di Tyler premute sulla mia bocca, quella è una bella sensazione. Siamo ubriachi, sono ubriaco, Tyler è ubriaco e sorride; si accende un’altra sigaretta.
Rido.
“Non esagerare,” gli dico, e lui mi guarda con tutte e due le sopracciglia tirate su, come se fosse un maledetto cartone animato che può fare di tutto con la propria faccia ed essere così espressivo da non avere senso. “Una mi basta.”
Assottiglia gli occhi, mi guarda con l’aria di un predatore e ‘fanculo. ‘Fanculo, Tyler, non sono abbastanza ubriaco per questo. Glielo dico, quando la smette di baciarmi sulla bocca e soffiarmi il fumo direttamente giù in gola, e lui, a un centimetro dal mio naso, sogghigna, e mi guarda, dritto negli occhi. La sigaretta dalle labbra di Tyler è più dolce di quella di prima, e più che di pioggia sa di mitomania e polvere da sparo, che immagino sia il modo perfetto di descrivere Tyler.
Glielo dico, “Cazzo, Tyler, non sono abbastanza ubriaco.”
E lui sogghigna.
“Non sei abbastanza ubriaco per pensare di non essere abbastanza ubriaco,” dice, e quando ho tirato fuori un senso dal maledetto gioco di parole ha già ricominciato a muovere quella bocca oscena contro la mia, e chissà se pure con Marla fa così. Respira un tiro di fumo e me lo soffia in faccia, poi sul collo, poi scende ancora, e quando della sigaretta non rimane che un mozzicone mezzo spento io sono in mutande, e Tyler è nudo e sopra di me, mi morde un orecchio e ci respira dentro e mi si strofina addosso.
“Te lo ricordi?” mormora, e ha la voce calda contro il mio collo e lo sento sorridere quando i miei fianchi scattano sull’attenti e cercano i suoi, ma che cazzo vuole, nemmeno me lo ricordo quand’è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha eccitato così. “Te lo ricordi che è qui che mi hai preso a pugni, la prima volta?”
E mi tira il lobo coi denti e sì, cazzo, sì, me lo ricordo. Probabilmente nessuno mi ha mai eccitato così, solo a guardarmi e marchiarmi il dorso della mano e bersi il mio dolore. Tyler piega quella schiena perfetta per baciarmi una spalla - con la bocca aperta, la lingua quasi fredda su di me che sto bruciando, le mani che sprofondano contro il materasso a cercare non so cosa più in basso, oh, ecco, è il mio culo - e quasi non riesco a toccarlo, quasi ho bisogno che sia lui a prendermi una mano e premersela addosso, sui fianchi spigolosi e lungo la curva dura degli addominali.
Perché è così bello?
Scende in un disegno che è tutto nella sua testa, percorrendomi il petto di morsi umidi, e sono ubriaco, forse troppo ubriaco, perché mi sembra che mi stia sollevando il bacino, che lo stia quasi abbracciando, e che mi guardi, che mi abbia puntato addosso quegli occhi incredibili e sorrida mentre tira giù coi denti i miei boxer e intanto ha due dita che vagano sul mio culo e lo so cosa vuoi fare, Tyler, ma sbrigati, cazzo, sbrigati.
E ovviamente, “Non avere fretta,” dice, ovviamente dice “Non c’è bisogno di affrettare le cose.” Ovviamente. Sarà pure ubriaco, sarà pure arrapato come non ti aspetteresti da uno che scopa come un riccio per metà della proprie giornate, sarà pure tutto quello che cazzo voglio, ma resta pur sempre Tyler Durden, resta pur sempre uno che non va in bagno senza farti un sermone sul significato universale del posto in cui pisci.
Chissà se pure con Marla fa così.
No, lo so che non fa così. Lo so che non si prende il tempo di accarezzarla su e giù con devozione imbarazzante, guardandola così, lo so che non la bacia piano e non si sistema tra le sue gambe e lo so che non aspetta. E lo so che lei non gli bacia il mento e la mandibola e lo so che non lecca via il sudore che gli rotola sulla pelle solo perché trova che abbia un buon sapore sulla lingua. Lo so che lui non ride se lei lo lecca, lo so che non le si spinge addosso quasi giocando e lo so che non si sdraia sul materasso tirandosela contro con quel sorriso sghembo e impreciso che hanno quelli che non sorridono mai.
Lo so perché li sento, lo so perché quando scopano è come se scopassero in camera mia, davanti ai miei occhi. Lo so che non succede, lo so che non la bacia tenendole una mano sulla nuca e sollevando la testa dal letto per spingersi più a fondo nella sua bocca. Nessuno bacia Marla così. Nessuno vuole Marla così. Tyler non vuole Marla così. Marla vuole me. Io voglio Tyler. Tyler vuole me. Triangolo distrutto, imploda l’universo, adesso Tyler mi ribalta sul materasso semidistrutto e la sua mano si sprofonda in mezzo alle mie cosce, mi stringe, mi accarezza esattamente là dove deve, e Tyler mi bacia e la sua lingua sa di tabacco umido e cattivo, di sale, del sesso buono delle quattro del mattino.