titolo Catch the Wind, See us Spin [2/2]
autrice
killkacy fandom Supernatural
personaggi un po' tutti :D
pairing Dean/Castiel, Sam/Jess
rating NC17
conteggio parole ~12'434 (W)
note Violenza. What if. Slash. Linguaggio. Angst. SPOILER.
; La storia originale la trovate
qui. Altro, sotto cut.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.
Parte 1 L’inverno è più rigido. Cas aiuta Dean a spalare la neve dal vialetto, tutto infagottato in un giaccone che è troppo grande per lui, e imbottito di roba morbida. Ha ancora gli occhi pieni di sonno mentre spinge la pala contro lo strato superiore e morbido di neve, lasciando che si accumuli in due pile ai lati del viale. Dean gratta via il ghiaccio dai finestrini dell’Impala, e si domanda pigramente perché hanno comprato una casa senza garage.
Cas compare accanto a lui, la pala sotto un braccio. Ha il naso rossissimo. Dice, “Ho troppo freddo. Non andare a lavoro, oggi.”
“Devo prendermi un giorno libero per via della neve, quando potrei tranquillamente arrivare a piedi all’officina?”
“Sì.”
“Non dovresti lavorare da casa,” dice Dean, scuotendo il capo. “Ti impigrisce.”
Cas si sfila uno dei guanti e preme la mano contro il viso di Dean, che sobbalza e si strofina la guancia. “Sei freddo come un morto.”
Cas comincia a ridere. Non ha una risata rumorosa, spiacevole - è più una risatina lieve, morbida. Non ride molto, comunque, e Dean ci fa sempre caso. Si sfila i guanti e, prima che Cas possa indietreggiare, preme i palmi di entrambe le mani contro le guance di Cas, che boccheggia e cerca di sfuggirgli. Ha gli occhi accesi e scherzosi. Dean invade il suo spazio personale e lo bacia - ha gli occhi ancora aperti, e anche Cas, e ha veramente troppo freddo, ed è un po’ strano, ma non gl’importa.
“I vicini,” sibila Cas, allontanandosi. Getta un’occhiata alla strada.
“Si fottano,” sbotta Dean. “Viviamo qui da anni, e me ne ricordo almeno sette mesi, e non ho mai parlato con uno dei vicini.”
“La signora Simm mi trova simpatico. Siamo tutti e due iscritti a-“
Dean preme le labbra contro quelle di Cas di nuovo, e così lo zittisce. I loro cappotti sono troppo bombati perché possano veramente toccarsi. Dean bacia di nuovo la bocca di Cas in tutta fretta, e poi si allontana un pochino - il necessario per appoggiare la fronte a quella di Cas. Dice, “Sei il mio migliore amico - lo sai.”
Cas lo bacia. “Grazie.”
Dean accarezza una guancia di Cas col pollice - è il suo ringraziamento. Grazie per non aspettarti troppo da me troppo presto; grazie per essere così paziente con me; grazie per essere al mio fianco. Inspira profondamente, ma Cas non ha un odore così forte.
“Probabilmente dovremmo finire di spalare la neve.”
“Cas,” dice Dean. “Tu credi nei Mietitori?”
“Uh,” replica Cas, arricciando il naso. “No. Perché lo vuoi sapere?”
“Non è niente.”
L’ometto scuro con i tatuaggi agita una mano in segno di saluto dall’altro lato della strada. Ha i denti marci, e il suo sorriso è quasi un solco lungo il viso [2]. Dean nasconde il viso contro il collo di Cas, e respira.
*
È passato quasi un anno dall’incidente e Dean finalmente considera Cas il suo compagno, qualsiasi cosa questo significhi. Cas è profondamente addormentato, una gamba su quelle di Dean. I suoi capelli sono morbidi e solleticano il petto di Dean, che li accarezza pigramente con una mano.
Dean ha una pistola nel caso in cui, della quale Cas gli ha appena parlato. “Non ne abbiamo mai avuto bisogno,” ha detto.
“Ho mai… sparato a qualcuno?”
“Penso che tuo padre ti abbia portato a caccia di fagiani, quando eri un ragazzo. Probabilmente hai sparato a qualche uccello.”
“Uh.” Dean ha accarezzato il metallo freddo dell’arma, e gli è sembrato familiare. Ha fatto scattare la sicura e poi ha guardato nella canna. Ha puntato la pistola contro la tv - avrebbe potuto premere il grilletto in qualsiasi momento. Ha pensato che non si sarebbe sentito strano, a sparare.
“Ehi,” ha detto Cas, stringendo con le proprie la mano di Dean. Gli ha sfilato la pistola dalle dita, e Dean è rimasto a guardare la propria mano vuota.
“Probabilmente non è una buona idea.”
“No,” ha risposto Dean. “Suppongo di no.”
Dean accarezza la schiena di Cas e dice, a nessuno in particolare, “Penso di stare impazzendo.” Ma forse è sempre stato un po’ pazzo, e nessuno vuole rivelarglielo, perciò lui non può essere sicuro che sia una cosa nuova. Chiude gli occhi.
La coscia di Cas si sposta sul suo bassoventre, e un breve brivido di piacere si arrampica sulla spina dorsale di Dean. “Merda,” geme, e prova a muoversi, il che, ovviamente, fa solo in modo che Cas gli finisca addosso ancora di più. Dean espira pianissimo mentre il suo sesso comincia a reagire. Cas è caldo e morbido e suo, tra le sue braccia, eppure. Dean si districa da lui e poi ciabatta fino al bagno. Accende la luce e si chiude la porta alle spalle.
Resta in piedi di fronte allo specchio, sotto l’esangue luce del lampadario, e si guarda. Chiede, “Tu chi sei?”
*
Dean perde il cellulare da qualche parte, e non lo cerca. Lascia il motel - il tizio alla reception gli concede un’occhiata strana, compassionevole - e si mette a guidare. È diretto a Sud, e la strada è lunga. Cas ad un certo punto compare nel sedile accanto a lui. Gli indica il tachimetro.
Dean lo osserva per bene e scuote le spalle. Solleva un pochino il piede dall’acceleratore.
Cas si tocca le tasche, e poi s’acciglia. Qualcuno ha lasciato a casa il blocchetto per gli appunti. È abbastanza per far sorridere Dean con affetto.
Il finestrino sul lato di Cas comincia ad appannarsi. Succede troppo velocemente, e Dean vorrebbe aprire il proprio finestrino, però Cas lo ferma mettendogli una mano sul braccio. Tocca il vetro con un polpastrello e comincia a scrivere. Dean lo osserva. Dice, “Non è abuso di potere celeste?”
Qualcuno potrebbe pensare che ti stai comportando come un pazzo di proposito, scrive Cas.
Dean lo ignora - Cas se ne esce con le stronzate più assurde, certe volte.
Il vetro si appanna di nuovo, e Cas scrive, Il tuo amuleto ha cominciato a bruciare, oggi.
”Affascinante.”
Cas gli rivolge un’occhiata delusa - è tutto occhioni e labbra imbronciate. Lascia vagare lo sguardo sul viso di Dean, sul suo corpo, sulla macchina - come se Cas riuscisse a cogliere molto di più di quello che lo circonda di quanto non possa Dean. Il che è probabile.
Hai dei graffi sulle gambe.
Dean lo guarda, e ignora la strada. Dice, “Non mi ricordo cos’è successo, e allora? Tutto questo è strano e ambiguo, piantala.”
Devi parlare con qualcuno.
”Parlo moltissimo,” replica Dean, e spera che la sua voce sia alta abbastanza. “È solo che non riesco a sentire un cazzo di quello che dico.” Torna a guardare la strada.
Cas ricomincia a scrivere sul finestrino, ma Dean lo ignora. Quando alla fine si volta, Cas se n’è andato. La scritta dice, Parla con Michael, Dean. Dean si allunga sul sedile e cancella il messaggio con una mano. La macchina sbanda lungo la strada, e lui riesce appena a rimetterla in carreggiata. Serra i denti, e continua a guidare.
*
Alla fine, succede un giovedì sera. Cas dorme sul divano quando Dean torna a casa dal lavoro - Bobby l’ha trattenuto fino a tardi per finire un incarico, e tutto quello che desidera in questo momento è ficcarsi sotto le coperte e dormire. Si sfila la maglietta e la abbandona sul pavimento. Seguono le scarpe, i calzini e i jeans. Hanno un divano relativamente stretto, perciò Dean deve spingere Cas contro i cuscini per intrufolarsi accanto a lui. Poi se lo attira di nuovo contro il petto. Un brivido gli corre attraverso le vene, ma è vuoto, come se mancasse qualcosa.
C’è sempre la sensazione che manchi qualcosa, e Dean non ha idea di cosa sia.
“Sei tornato tardi,” mormora Cas, assonnato. Si muove un po’ per sistemarsi meglio, e intreccia le dita con quelle di Dean.
“Sì,” replica Dean, poi bacia la nuca di Cas.
Cas si volta in modo da guardare Dean. Il suo sguardo è morbido quando solleva una mano sul viso di Dean, come se non fosse pienamente sicuro. Dean lo lascia fare. Cas accarezza le guance di Dean, poi il suo collo. Spinge una spalla di Dean, costringendolo a sdraiarsi. Dean si muove meglio che può, e Cas si arrampica su di lui, le ginocchia ai lati dei suoi fianchi. Lo bacia. Dean lo tira giù quando il calore comincia a riempirgli lo stomaco.
Cas ha addosso solo i pantaloni del pigiama, e se li sfila facilmente. Guarda Dean con gli occhi sgranati e, quando comincia a tirar giù i boxer di Dean, cautamente, Dean non lo ferma. Li lancia via, quando Cas li spinge fino ai suoi piedi.
Dean lo bacia di nuovo, attirandolo giù contro di sé. “Non so,” mormora contro le sue labbra. “Di solito come…”
“Fai fare a me,” dice Cas. Preme due dita contro le labbra di Dean e Dean apre la bocca, comincia a leccarle, inumidendole bene. Cas ghigna e poi allunga la mano dietro di sé. Dean lo guarda prepararsi - guarda il modo in cui Cas è bello e fuori di sé mentre si inarca all’indietro, scendendo a farsi scopare dalla sua stessa mano. Dean s’inumidisce due dita e sposta la mano sulla schiena di Cas - s’intrufola dentro accanto alle dita di Cas, e Cas sospira a lungo e profondamente. Getta la testa all’indietro, e Dean lo bacia lungo il collo pallido. È eccitato così tanto che fa quasi male.
“Cazzo,” sospira, contro il collo di Cas. “Sei strettissimo.”
“E’ passato un anno,” replica Cas, senza fiato.
Dean non sa perché non abbia mai voluto questo, per così tanto tempo. Comunque, non ha intenzione di aspettare ancora. Sfila le dita, e Cas lo imita, piantando le mani sulle spalle di Dean, che, rudemente, si sputa sul palmo di una mano e lo stringe attorno alla propria erezione una, due volte. Dice, la voce roca: “Va bene così? Non voglio farti male.”
“Non mi farai male,” sospira Cas. Preme la fronte contro quella di Dean. “Non mi farai male.”
Dean lo stringe ai fianchi, con abbastanza forza da lasciare un segno, e poi lo sposta esattamente nel punto dove lo vuole. Cas intrufola una mano tra i loro corpi e finalmente, Dio finalmente lascia che Dean scivoli dentro di lui. Dean si sente stringere piano mentre Cas cala su di lui - vuole afferrargli i fianchi e piantarselo addosso. Aspetta, però, che Cas arrivi giù, il capo all’indietro. Un lieve mugolio sfugge alle sue labbra, e Dean spalanca gli occhi. Chiede, “Ti sto facendo male?”
“Va bene così,” mormora Cas. Sembra che stia soffrendo, però.
“No, non dobbiam-“
“Dean.” Cas gli accarezza il viso, e sorride un po’. “È questo che voglio, e da molto tempo. Non fermarti.”
Dean lo bacia - caldo e umido e aperto, ed è un bacio diverso da tutti quelli che ricorda di aver mai dato a Cas. Si aggrappa ai suoi fianchi, e lo incoraggia a muoversi: Cas si muove, piano - piano, pianissimo. Dondola i fianchi in su e avanti, e poi indietro e giù, lentamente. Il bracciolo del divano scava nella schiena di Dean, ogni volta che lui si spinge in avanti. Dean stringe forte un braccio attorno alla schiena di Cas, strofinandoselo addosso su e giù, e cerca di concentrarsi su qualsiasi cosa non sia talmente meravigliosa che sente di poter crollare da un momento all’altro.
Cas trova in fretta il suo ritmo, ed è bello il modo in cui prende Dean. Chissà quante volte l’hanno fatto, prima di adesso. La schiena di Cas s’inarca, e lui geme. Il suono sembra scaricarsi direttamente sul sesso di Dean. “Cazzo, cazzo,” sbotta. Comincia a muoversi anche lui in piccole spinte esitanti nel corpo di Cas. Quando fa un breve, rapido movimento circolare coi fianchi, Cas annaspa.
“Oh, Dean,” ansima. “Dean.”
Fanculo, pensa Dean, e stringe forte la vita di Cas. In un unico movimento fluido riesce a schienare Cas sul divano, e poi è sopra di lui, dentro di lui, a muoversi contro di lui. Spinge una gamba di Cas così è giù dal divano e sul pavimento, e poi seppellisce le mani tra le sue cosce, tenendole più aperte che può nel poco spazio che ha a disposizione. Lo scopa con forza, e le mani di Cas si sollevano a stringergli le spalle. Ansima rauco, mentre Dean si muove.
“Fantastico,” sbotta Dean, e preme un bacio aperto su un angolo della bocca di Cas.
Una mano di Cas s’intrufola tra i loro corpi, e Dean sente il pugno di Cas colpirgli lo stomaco mentre si masturba. È veramente troppo, dopo così tanto tempo, e Dean preme le labbra su una guancia di Cas, mormora parole sconce sottovoce prima di spingersi dentro Cas una volta, due, e poi delle stelline esplodono dietro le sue palpebre. L’orgasmo di Cas pulsa tutto attorno a lui. Dean respira, accaldato e sudato, contro la guancia di Cas, finché non riprende fiato. Si allontana da lui pianissimo, e nonostante questo Cas fa una smorfia.
Dean sogghigna, e Cas blatera di un culone che lo sta soffocando.
Questo è il mio posto, pensa Dean. È davvero qui che devo stare.
*
Dean non lo vede più così spesso, ora - il suo ometto misterioso. Forse è scomparso o qualcosa del genere, e, per la prima volta dall’incidente, Dean crede davvero che le cose andranno bene. S’era preoccupato che fosse la Morte, o un Mietitore, o un qualche altro mostro, ma la conversazioncina con Cas che era cominciata con Quindi, credi negli angeli, lo ha decisamente convinto che, sì, probabilmente la caduta gli ha un po’ squassato il cervello.
Aspetta che Cas lo segua fuori della porta, e poi se la chiude alle spalle. È solo quando arrivano in cucina che Cas comincia a parlare.
“Tu non hai paura di niente, vero?”
“Che?” Dean sistema la sua busta sul ripiano della cucina. Dentro ci sono certe verdure di cui non conosce nemmeno il nome.
Cas, che non si abbassa a portare in giro buste pesanti, dice, “Quel tizio al negozio! Avrebbe potuto ammazzarci. Non sei Batman, Dean, non dovresti sfidare la gente in quel modo.”
“Nah, penso che sarei riuscito a batterlo,” dice Dean, scuotendo la testa. “Ti ha chiamato frocio.”
Cas lo guarda con un’espressione strana. Comincia a tirar fuori la verdura dalle buste.
“Che c’è?”
“Niente.”
“Cas,” avverte Dean.
“Tu non… non sei così. Non lo eri.” Cas non lo sta guardando. “Non sei… non provochi le persone. È solo un po’ strano.”
“Stai dicendo che sono cambiato, dopo l’incidente?”
“Non lo so,” risponde Cas.
Dean lo aiuta a spacchettare le verdure. Non ne parlano più, ma Cas è un po’ meno docile con lui quando, quella notte, fanno sesso contro un muro - le sue dita premono contro i fianchi di Dean con abbastanza forza da lasciare il segno.
*
Michael arriva. Dopo quasi quattro anni di nulla, Michael arriva. E Michael gli parla, e Dean riesce a sentirlo, riesce a capirlo. Le frequenze radio sono pulite, però, eccetto che per la voce di Michael. A quanto pare è sta indossando tipo il bis-bis-bis-bis-bisnonno di Dean, o qualcosa del genere. Riportato in vita direttamente dal Medioevo. Ha addosso un bel vestito, in ogni caso.
Le mani di Dean sono coperte di sangue, e lui non sa perché. Michael lo guarda con pietà.
”Mi hai fatto qualcosa,” sputa Dean. Sono sotto un vecchio ponte - c’è fango, fresco e umido, sotto i loro piedi. L’Impala ne è coperta. “Sei un coglione,” dice Dean. “Hai detto che sarei stato bene. Ho cercato di uccidere mio fratello. Ho dato fuoco ad una casa. Ho intrappolato Cas in quel cazzo di Fuoco Sacro, e l’avrei ammazzato, lo giuro sul tuo Dio che l’avrei ammazzato, se non mi avesse atterrato prima lui. Che mi hai fatto, bastardo?”
Michael fa un passo in avanti. Nei suoi occhi non c’è l’ombra di niente. “Mi… mi dispiace veramente, Dean. Per la tua perdita.”
”Ti dispiace? Ti dispiace? Io non riesco a pensare, figlio di puttana. Penso di avere in mano una penna, e invece ho in mano una pistola. Perdo ore intere della mia vita e mi sveglio nudo in una casa di tossici e non so nemmeno come cazzo ci sono arrivato! E a te dispiace. Ecco tutto.” Dean si siede nel fango. “Mi sento come un gorilla che lancia merda sul muro. Lo sai che Cas ha trovato Dio, no? Probabilmente staranno bevendo un mojito insieme su una sdraio mentre noi parliamo.”
”Castiel non ha trovato Dio. Dio non può essere trovato.”
”Fanculo,” dice Dean. Seppellisce una mano giù nel fango e lo sente sguazzare in mezzo alle sue dita. “Me l’ha detto lui.”
Michael torreggia su di lui all’improvviso, alto e scuro. Copre Dean con la sua ombra.
”È la Grazia,” dice Michael. Guarda dritto nel sole senza il minimo disagio. “Quando ho ucciso Lucifero, era troppo perché tu potessi sopportarlo. Persino Raphael non c’è riuscito… la tua mente non guarirà mai completamente.”
“Magnifico,” commenta Dean. Non ha addosso le scarpe, nota, e si domanda dove siano finite.
“Sarai ricompensato in Paradiso.”
Dean sbuffa.
“La tua anima è perlopiù intatta. Soffrirai solo in questa vita.” Michael sembra davvero dispiaciuto per lui. È quasi abbastanza perché Dean scoppi a ridere. Ancora ricorda la luce e il dolore lancinante e quanto duramente Michael lo abbia colpito, e quanto in là lo abbia spinto. Ricorda come la spada di Lucifero gli trafisse lo stomaco, e come Michael gli abbia fatto premere una mano sul suo cuore. Ricorda la sensazione di bollire fin dentro le viscere quando Michael disintegrava l’essenza stessa di Lucifero. Sente le grida, durante il sonno - sono gli unici momenti in cui ancora sente qualcosa.
“Perciò non posso essere di nuovo una persona,” dice Dean. Solleva lo sguardo su Michael, e ha gli occhi di un pazzo.
Michael non parla molto, e non agisce granché. Semplicemente, rimane lì, si guarda attorno, come se non uscisse poi tanto spesso e fosse solo vagamente felice di farlo. Alla fine, porge a Dean una busta. È bianca e scialba, e Dean la fa cadere nel fango.
“È… un suggerimento. Tienilo, o lascialo lì.”
Michael non se ne va. Non sembra la stessa persona, quando non ha una missione. A Dean sembra quasi… privo di uno scopo.
“Sai se… sai se mio fratello sta bene?”
Michael lo fissa.
“Ti ho fatto entrare nel mio corpo e ti ho lasciato fare a pezzi il mio cervello, dimmi almeno questo.”
“Sam sta bene.” Michael fa una pausa, poi aggiunge, “Ti sta cercando da un po’ di tempo, ormai. La sua ragazza si preoccupa per lui.”
“Bene. Va bene che la sua ragazza sia preoccupata. Probabilmente non è un demone, quindi: i demoni non si preoccupano.”
“Non è un demone.”
“Già,” dice Dean. “Buon per Sammy. La vita va avanti.”
Michael si appoggia al cofano dell’Impala, guardando il cielo. Dean non si accorge di stare affondando le dita nel fango, e quando abbassa lo sguardo vede dei solchi lunghi e profondi. Ha le unghie sporche, incrostate di sangue e terra.
“Castiel è tornato da noi,” rivela Michael, all’improvviso. Dean solleva lo sguardo. “È tornato nei ranghi da un po’. Non ha mai trovato Dio, Dean. Nessuno l’ha trovato.”
“Me l’ha detto.”
Michael scuote la testa. “Castiel è sotto stretta sorveglianza. Non è mai venuto a trovarti.”
“Parlo con lui continuamente,” dice Dean, la voce decisamente troppo alta. Tutti gli altri suoni lo stanno sommergendo.
“Non è vero,” replica Michael.
Dean prende il cellulare e consulta l’elenco delle chiamate effettuate. 911, 911, 911, 911. “Non va bene,” dice, freneticamente. “Ho parlato con Cas. Dev’essere il cellulare, dev’essersi rotto.”
“La busta,” suggerisce Michael.
Dean sente gli occhi pizzicargli di lacrime.
“È qualcosa,” dice Michael. Si rialza, e si spolvera i pantaloni. “È decisamente meglio di quanto potrei offrirti io. Siamo ancora deboli per la battaglia. E comunque, sarà solo finché-“
“Finché non muoio.”
“Sì,” dice Michael.
“Prendimi adesso,” lo prega Dean. È in ginocchio nel fango. “Uccidimi adesso. Portami via ora.”
Michael scuote la testa. Dice, “Vivi, per adesso, Dean.” Ha la busta in mano, pulita e come nuova. Dean la fissa e, quando allunga una mano per prenderla, Michael è sparito. Il mondo torna silenzioso. Dean apre la busta e legge. Poi, si sdraia nel fango e lascia che il vento freddo gli soffi addosso. Le lacrime bruciano dietro le sue palpebre.
*
Dean è coinvolto in una lite ad Halloween, per via di una partita a freccette, e Cas deve pagare la cauzione per tirarlo fuori di prigione. Dean guida sulla via del ritorno.
Non riesce a guardare Cas quando chiede, "Sono mai stato... incline alla violenza?"
Cas lo guarda malissimo, e Dean suppone che sia una riposta sufficiente.
"Forse il vero me stesso sta cercando di venir fuori," suggerisce Dean, cercando di alleggerire la tensione. Cas lo ignora. "Mi dispiace?" prova, ancora, Dean.
"Ti dispiace," gli fa eco Cas. Intreccia le mani sul proprio grembo, come se non sapesse esattamente cosa farsene. Dean non riesce neppure a ricordare l'ultima volta in cui sono stati in imbarazzo a stare insieme, arrabbiati l'uno con l'altro. Questa situazione gli fa male al petto in modo preoccupante. Si ferma ad un semaforo rosso, e si volta verso Cas. Si sta fissando le mani, e una ciocca di capelli cade a coprirgli gli occhi. La rimette a posto, ed è una cosa insignificante, però.
"Sono innamorato di te."
"Cosa?" Cas solleva lo sguardo, stupito.
"Sono innamorato di te," ripete Dean. "Penso di essere innamorato di te da un bel po'."
"Ho aspettato tantissimo di sentirtelo dire... di nuovo," ghigna Cas.
Dean sorride di rimando, dolcemente. Si sente diverso, in qualche modo. Dice, con leggerezza, "Quindi, questo significa che non sei più arrabbiato con me?"
"Non picchiare mai più nessuno," dice Cas, cercando di essere severo ma con scarsi risultati, "e penso che potrei passarci sopra."
"D'accordo." Dean solleva lo sguardo. È lì, sul marciapiede, proprio dietro il viso di Cas. Basso, e minaccioso, e sogghigna, mostrando tutti quei denti disgustosi e mal assortiti. Dean lo fissa. L'ometto - l'essere - guarda in giù, e comincia a sfilarsi il mantello. Delle strane scritte coprono tutto il suo corpo - lettere dorate e nere, e simboli strani che Dean non capisce, ma che vorrebbe comprendere.
"Che succede?" chiede Cas, accorgendosi della sua distrazione. Dean non si concede di distogliere lo sguardo. L'ometto continua a guardarlo con un sorriso malizioso e simile a uno strappo sulla faccia. Dean tenta di memorizzare i simboli meglio che può. L'uomo gli fa l'occhiolino e richiude il mantello. Vuole che io mi ricordi quei simboli, pensa Dean. Perché? Sbatte le palpebre e l'ometto è sparito.
"Dean," lo chiama Cas. Anche lui sta guardando fuori dal finestrino, su e giù sulla strada. "Dean, che succede? Mi stai facendo preoccupare."
"Niente," replica Dean. "Non è niente."
La macchina dietro di loro suona il clacson, rumorosamente, e Dean nota che il semaforo ora è verde. Preme a tavoletta sull'acceleratore. Cas lo guarda, in silenzio.
*
Ci vuole un sacco di tempo, ma Dean trova un tizio, su Internet, che dice di poterlo aiutare. È un bell'uomo di colore con i dreadlock, e parla con un accento del Sud. Dice di chiamarsi Addy. Dean gli mostra i simboli che ha abbozzato prima. Sono tutto sommato accurati, per quanto riesce a ricordare. Addy li guarda da vicino, sopra ad una tazza di caffè. Dean beve dalla propria. Siedono accanto alla finestra in una tavola calda da quattro soldi. Tutto è rosso, ed è come un cazzotto sulle retine.
"Oh, amico," sospira Addy, alla fine. Posa i disegni di Dean, e si tiene la testa tra le mani.
"Oh, amico, che cosa?" chiede Dean. "Che succede? Che cosa significano?"
"Non sono un esperto." Addy si gratta la fronte. "Ma penso di sapere di cosa si tratta. Non sono simboli umani, comunque. Di questo sono sicuro."
"Non umani," dice Dean, improvvisamente arrabbiato. "E allora che sono? Minerali, vegetali, animali? Spiegati meglio, amico."
Addy non sembra impressionato. Dice, "Credi nel sovrannaturale, Dean? Angeli, demoni, divinità e tutta quella roba?"
"Un tempo ci credevo. Ero appena caduto da un tetto. Probabilmente, se mi avessero detto che ero una giraffa ci avrei creduto."
"Forse non eri così pazzo, allora."
Dean mette giù la sua tazza con troppa forza.
"Dovresti andare a casa, Dean," dice Addy. "E' meglio per tutti noi, credimi."
"Tu hai la faccia di culo di dirmi che esistono gli angeli e io dovrei andarmene a casa e basta?"
"Non sono un esperto."
"Dimmi quello che sai," lo prega Dean. "Per favore."
"Va bene," acconsente Addy, scuotendo la testa. Rivela a Dean il significato dei segni, e perché sono lì. Cosa quell'uomo - quell'essere - cosa significa la sua presenza. Dean lo fissa per un sacco di tempo, dopo che ha finito. Si potrebbe sentire il rumore di un ago che cade. La cameriera riempie di nuovo le tazze di entrambi.
Dean tossicchia. Dice, "E tu non... sniffi la colla, né niente del genere."
"Penso che tu sia consapevole del fatto che tutto questo non è... giusto. Penso che tu lo sappia, Dean. Hai una ragazza?"
"Ho un ragazzo."
"Forse dovresti andare a casa da lui," ripete Addy, senza esitare.
*
"E' davvero una pessima idea, Dean."
"E lo dice la mia allucinazione uditiva? Beh, grazie per il consiglio, Cas, ma no."
"Non sono un'allucinazione uditiva. Riesci a vedermi."
"Riesco anche a sentirti. Non sei reale."
Dean segue la mappa di Michael facilmente. Ha abbastanza benzina per arrivare dove deve, e finalmente sa perfettamente dov'è che sta andando. Vede la fine dei giochi, e questo fa sfilare una scintilla deliziosa lungo le sue vene.
"Hai una vita, Dean."
"Ho provato a ucciderti." Girano in una curva molto larga, e Dean finalmente riesce a vedere cosa c'è più in là.
"Ti perdono."
"Magnifico, Cas," dice Dean, gelandolo. "Ma ho un piano, vedi. Sparisci."
"Non è quello che vuoi, Dean." Cas gli dà un avvertimento risoluto. Gli dice esattamente quanto quest'idea è pessima, e quanto non se ne debba fidare. Il suggerimenti di Michael è orrendo, cazzo. Non dargli retta. Non ti puoi fidare. Nemmeno Michael può controllarlo completamente. Può succedere qualunque cosa. È più potente di quanto immagini. Non ti puoi fidare. Ti rovinerà. Ti rovinerà la vita. Blah, blah, blah. Dean lo ignora.
Quando finalmente Cas tace, Dean lo guarda. Gli dispiace per l'espressione disperata sul suo viso, ma Cas se n'è andato. Cas se n'è andato durante la battaglia, e Dean non sa perché, e Cas l'ha abbandonato per andarsene in Paradiso, e Dean, beh, potrebbe facilmente indovinare perché. Dean scava nella propria testa alla ricerca delle parole giuste, ma non ce ne sono. Comincia, semplicemente, a parlare.
"C'è una luce alla fine del tunnel, Cas. Sai che ho fatto la scorsa settimana? Ho allineato tutte le pistole sul letto in ordine alfabetico, a seconda del nome. E le mie pistole non hanno un cazzo di nome! Non so nemmeno perché l'ho fatto. Ho detto alla tipa della stazione di servizio che dobbiamo fare fronte comune e distruggere gli Olandesi prima che conquistino il mondo. Ho preso a calci un cane finché non è morto, Cristo, e non so perché. Non riesco nemmeno a controllarmi, e sono troppo codardo per ammazzarmi."
Cas lo guarda con un'espressione grave sul viso.
"Sarò ricompensato in Paradiso, dopo."
"Ci credi davvero?"
"Devo. Non ho nient'altro."
"Hai così tanto, Dean, ma non riesci a vederlo."
"Non so più cosa è reale e cosa no, a questo punto. Potrei essere in un manicomio a impiastricciarmi i capelli con una banana, per quanto ne so. Ma se tu sei reale... prenditi cura di Sam, okay?"
Cas non risponde.
Dean scende dalla macchina quando sono davanti ad un magazzino abbandonato. Sa che è quello giusto, riesce a sentirlo fin dentro le ossa. Dice, "Hai mai trovato Dio, Cas?"
"No," risponde Cas, e, confuso, aggrotta le sopracciglia.
Dean ride amaramente. "Ci vediamo dall'altra parte, Cas. Castiel."
Cammina verso il vecchio edificio, senza guardarsi indietro. Il vento forte solleva le foglie attorno alle sue caviglie, ma lui non riesce a sentirlo. Entra nel magazzino. Sente il lieve fruscio di piume per l'ultima volta, e poi, "Ci vediamo dall'altra parte. Dean." Comincia a guardarsi attorno.
*
Dean si sente stordito, mentre torna a casa. Adesso le cose hanno senso, molto più senso. Ma, d'altro canto, davvero, davvero non hanno senso.
Trova Cas in soggiorno - è tutto contento, almeno finché non dà un'occhiata a Dean. La sua espressione crolla. "Che c'è che non va?" chiede, istantaneamente.
Dean scuote le spalle.
"Dean."
"Come ci siamo incontrati?"
"Come ci siamo incontrati? Al college. Mi hai fatto cadere la cioccolata calda addosso, e siccome ero un idiota ho pensato che fosse adorabile il modo in cui ti sei scusato. Queste cose le sai, Dean. Che succede? Che è successo?"
"Stai mentendo, e non so se lo sai, ma mi stai mentendo."
"Dean, saresti così gentile da dirmi cosa sta succedendo? Ti è successo qualcosa? Stai avendo una crisi esistenziale o che?"
Dean ride, tutt'a un tratto. Guarda Cas con affetto, e Cas s'acciglia ancora di più. "Ci ho pensato. Ci ho pensato moltissimo, e sono felice," dice, scuotendo il capo.
"Non sembri felice."
"Lo sono," replica Dean. "Vorresti che qualcuno ti mentisse per proteggerti da qualcosa di brutto? Sai, vivere nella beata ignoranza eccetera. Ti dispiacerebbe, se scoprissi che era tutto una bugia?"
"Sei fatto?"
"Adesso le cose hanno un senso."
"Forse per te."
"Ti amo, Cas," dice Dean. "Amo questa casa, amo il mio lavoro, e adoro il fatto che i miei genitori vivano in fondo alla strada, e adoro il fatto che Sam e Jess vengono a trovarci troppo spesso. Non voglio andarmene, perché so che non sarebbe meglio di così. Non vedo come potrebbe essere meglio. Vivo qui. Questo è il mio posto, con te, penso."
"Hai pensato di lasciarmi?"
"No," risponde Dean. "Mai."
Cas lo fissa.
"Credi negli angeli custodi?"
"No."
"Beh, io penso di averne uno. Penso che mi stia tenendo d'occhio."
"Io ti sto guardando," dice Cas. "E penso che tu sia impazzito."
Più tardi, Dean riesce a convincerlo di non essere completamente andato. Gli dice di aver sniffato della colla per sbaglio, e Cas ha la decenza di non chiedergli come si può sniffare colla per sbaglio, e Dean è contento di questo. Dà fuoco ai disegni dei simboli. Cancella il numero di Addy dal suo cellulare. Porta Cas in camera da letto e lo fa gemere e tendersi sotto di lui.
Probabilmente, da qualche parte nell'universo è appeso a delle catene, e non riesce a preoccuparsene. Si domanda quanto fosse spezzato, prima dell'incidente, per essere ora pronto a bersi tutte queste stronzate religiose. Bacia la fronte di Cas e si spinge dentro di lui con decisione. Si domanda se davvero abbia un angelo custode - chi sia, e se riuscirà mai a ringraziarlo. Poggia una mano all'altezza del cuore di Cas, e la lascia lì.
*
Dean, però, non riesce a dimenticarsi le cose che gli ha raccontato Addy, e dopo un po' ne resta veramente colpito. Non regge più il cibo allo stesso modo, e comincia a chiedersi se non dovrebbe fare qualcosa.
È vittima di questa cosa per un pezzo. Sono passati quasi quattro anni dall'incidente, quando incontra un tizio che un po' somiglia a Cas, il che gli dà ai nervi. Ha sbattuto contro un muro con la sua Ferrari mentre faceva marcia indietro, e Dean gli dice che se ne occuperà lui. Non è poi così occupato. "Grazie," dice lo sconosciuto. Il suo impermeabile svolazza nella brezza. Il suo sguardo è intenso, incerto, e assolutamente fuori luogo. La nuca di Dean è tutta un formicolio.
Dean va a stringergli la mano, e, invece, l'uomo invade il suo spazio personale e dice, "Goditi quel che hai," e poi preme due dita sulla fronte di Dean.
"Che cazzo," sbotta Dean, indietreggiando. L'uomo è sparito, quando lui sbatte le palpebre, e Dean si guarda attorno, ma quello sembra essere letteralmente sparito.
"Stramboide," commenta Dean. L'uomo non torna a prendere l'auto.
Dean dorme bene, quella notte, il capo contro il petto di Cas. Il thump-thump regolare del suo cuore è come una ninna nanna.
La mattina seguente, Dean si sente leggero. Rinnovato. Con tutti i ricordi attentamente riscritti durante la notte, vive il resto della giornata come un uomo qualunque con una vita qualunque. Lui e Cas fanno sesso allegramente e con calma nella veranda. Lui e papà rimproverano la mamma per aver ridipinto la cucina di un rosa polveroso decisamente troppo femminile. Jess chiama alle tre del mattino, e urla nella cornetta di essere incinta. Dean sorride. Beatamente ignorante.
*
Non ci vuole molto tempo. Il magazzino puzza da far schifo di ammoniaca, e brucia le narici di Dean e il retro della sua gola. Riesce a sentirne il sapore. La voce di Cas rimbomba nella sua testa, ripete quanto questa sia una cattiva idea, e quanto non ci si possa fidare. Dean lo fa star zitto. Questa è la sua sola via d'uscita. Non gl'importa se è un bastardo del cazzo, secondo Cas. Questo è quel che gli resta della sua vita. L'unica opportunità di avere un futuro.
È lì, basso, avvolto in un mantello, pieno di tatuaggi. In mano tiene una catena.
Dean vede il Djinn, e gli sorride.
*
"If I say to you tomorrow,
Take my hand child come with me,
It's to a castle I will take you,
Where what's to be they say will be.
Catch the wind, see us spin,
Sail away leave the day,
Way up high in the sky.
But the wind won't blow,
You really shouldn't go,
It only goes to show.
That you will be mine,
By taking our time."
--fin.
- NdT -
[2] - Vabbè, dai, come facevo a resistere alla tentazione di ficcarci la citazione? XDXD (“E aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso” - De André, Il pescatore)