[Supernatural] Catch the wind, See us spin (Dean/Castiel)

Apr 02, 2010 23:45

titolo Catch the Wind, See us Spin
autrice killkacy 
fandom Supernatural
personaggi un po' tutti :D
pairing Dean/Castiel, Sam/Jess
rating NC17
conteggio parole ~12'434 (W)
note Violenza. What if. Slash. Linguaggio. Angst. SPOILER.
; La storia originale la trovate qui. Altro, sotto cut.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.


a/n. Scritta per dc_fireplace. L'ho iniziata molto prima della 5x13, perciò il Michael che compare è un po' diverso dal canon. Ho cambiato un po' di cose dopo la 5x14, però, perciò dovrebbe andar bene anche con la continuity.
Il titolo è dei Led Zeppelin [What is and what should never be, NdT]. Qui c'è un famix per questa fanfic.

t/n. Fic originale (con tanto di permesso nei commenti xD). Screencap del permesso, giusto per star sicuri :3
La fic è mostruosamente lunga, perciò ho seguito la traccia dell'autrice e l'ho divisa anche io in due parti - anche perché il mio editor HTML si rifiutava categoricamente di aprirla tutta insieme, e questo mi ha spaventata alquanto X_X

Ci vediamo in fondo :D

~ Catch the wind, see us spin.

"You're not hungry, Dean, because inside you're already dead."

- Famine.

*

Lucifero muore da uomo. Muore con le labbra leggermente schiuse, i denti perfetti e bianchi, tutti al proprio posto. Le sue guance sono di un rosso scuro, bruciante, e così anche i suoi occhi. Il guscio vuoto che si lascia dietro, in un magazzino abbandonato di Detroit, se ne sta accasciato contro un pilastro di legno: ha addosso dei jeans vecchi, e una canottiera macchiata. Le sue braccia pendono mollemente lungo i fianchi. Dean rimane a lungo a guardarlo. È tutto tranquillo, ora, improvvisamente calmo, come se magari il mondo sapesse cos'è successo. Dean preme la punta dura dei suoi stivali contro il viso dell'uomo, e lo volta di lato. Ha i capelli chiari e lunghi, e Dean riesce a vedere solo pochi dettagli del suo collo. C'è del sangue denso, quasi nero che gli cola dall'orecchio, e gli gocciola sulla manica. Dean lo guarda.

Non riesce a ricordare quando è morto Lucifero, sa solo che è successo molto tempo fa.

Lascia cadere la pistola ormai inutile e non la sente arrivare a terra. Ha i crampi alla mano per la presa troppo salda, e flette piano le dita. Ha le nocche irrigidite e la pelle spaccata, e pizzica. Dean solleva la mano all'altezza del viso e se la strofina sugli occhi stanchi.

Chiude gli occhi, solo per un secondo, e non c'è nulla. È tutto vuoto.

*

C'è una mano tiepida sul suo viso, che si muove tra i suoi capelli e poi giù sulle tempie. Polpastrelli morbidi e cauti, piacevoli contro la sua pelle. Respiri tiepidi e umidi soffiati sul suo viso, finché la persona - l'uomo, è decisamente la voce di un uomo - parla, pianissimo e raucamente. Dice, "Dean, mi senti? Stai bene?"

Dean prova ad aprire gli occhi, ma fa male. Dio, fa veramente male. Li sente tutti bagnati e doloranti, come se gli avessero incollato assieme le ciglia. Respira un paio di volte, non a fondo, e ci prova di nuovo - li apre di pochissimo. Il cielo è luminoso e blu, sopra di lui. Dean sbatte le palpebre per un po', finché non riesce a mettere a fuoco.

"Bene," dice la voce. "Va bene così, Dean."

Dean sente una mano coprire la sua, stringerla forte. Debolmente, la accarezza col pollice - Non sono morto, vedi, mi sono mosso - e l'uomo gli afferra quel pollice e lo accarezza pianissimo, poi espira. "Mi hai spaventato," dice.

"Cas?" gracchia Dean, trovando finalmente la voce.

"Sono qui," risponde Cas, e sembra sollevato che il cervello di Dean non sia completamente fritto o quello che è.

Tutto torna al proprio posto molto lentamente. Piccole cose, come sentire l'umidità impregnargli i jeans e l'erba morbida sotto il suo volto, o sentire il rumore delle foglie sollevate dal vento. C'è odore di olio di motori, forte e pungente nell'aria fresca; Dean se ne sente soffocato, e tossisce violentemente un paio di volte, la gola umida, prima che Cas s'inginocchi accanto a lui, e non è che il suo petto prema contro la schiena di Dean, ma è decisamente vicino, e poi comincia a massaggiargli la schiena in cerchi lenti. Castiel dice, pianissimo, "Shh, shh. Calmati, va bene? Non sforzarti."

Dean ha una battuta furba sulla punta della lingua, ma non ha la forza di pronunciarla.

Il tocco delle mani di Cas è piacevole, allevia dolori che Dean non aveva neppure notato. Vorrebbe dire qualcosa - qualcosa tipo, ehi, tutto ciò probabilmente è un po’ inappropriato, - ma, in qualche modo, si sente così tremendo, così sbagliato che non può dire di no, non riesce a negarsi un piacere così semplice. Dean si sente gli occhi doloranti, non riesce a tenerli aperti troppo a lungo, e ha un fischio metallico nelle orecchie e non riesce a capire che cosa cazzo stia succedendo, o cosa è successo. Tutto quello che riesce a sentire è la lievissima pressione del petto di Castiel, che continua a massaggiarlo, contro la sua schiena. Dean ricomincia a tossire.

“Va tutto bene, Dean,” mormora Cas, la voce morbida.

“Tu non sei Cas,” riesce a sbottare Dean, tra i colpi di tosse.

C’è una breve pausa, prima che Cas risponda, “L’ho sempre detto che fumavi troppo, al college.” Sembra preoccupato, nota Dean. Quando fa per alzarsi, allontana le mani dalla schiena di Dean. “Resta qui, e cerca di non muoverti. Io… io vado a cercare aiuto. Dean. Per favore, cerca di non muoverti, va bene?”

Sto morendo?, si domanda Dean, distrattamente. Teletrasportami in un ospedale, se non puoi guarirmi da solo.

Sente l’erba piegarsi sotto le scarpe di Cas, mentre l’angelo scappa via. Dean tenta di sollevare la testa per vedere, ma un dolore acuto gli corre lungo la nuca e allora lascia perdere. Cala di nuovo il capo, prudentemente, sul prato, e allunga ancora un po’ le gambe. Si domanda dov’è finito, e che cazzo gli è capitato. Semplicemente, si sente confuso. Sente, sul fondo della coscienza, che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato, ma non riesce a capire cosa. Non si muove di più: Cas ha detto di no.

Dean guarda il cielo.

Distingue una strana immagine a due dimensioni del mondo. Degli uccelli lo sorvolano, di tanto in tanto, ma il cielo è sostanzialmente blu, e le nuvole si muovono pianissimo. Ha gli occhi umidi.

Spera di non essersi spezzato la spina dorsale, ma è solo un pensiero lontano. Si sente il cervello annebbiato e confuso, e quasi niente ha davvero un senso. Dean tenta di costringersi a ragionare, ma gli viene in mente poco - riesce a distinguere solo l’ombra incerta di un ometto basso, scuro e con un mantello. C’era una forte puzza di ammoniaca, ne è certo, e questo adombra tutto il resto. L’odore gli ha bruciato il naso e la gola. Riesce a sentirne il sapore.

Lo hanno aggredito o qualcosa del genere?

Dean respira piano. Chiude gli occhi, che ancora pizzicano.

Cas torna piuttosto in fretta - Dean sente i tonfi del fango fresco, umido, e poi un altro paio di piedi pesanti dietro di lui - dopodiché un’ombra scura, alta, copre il cielo. La voce di una ragazza impreca.

“Cazzo, Dean,” lo raggiunge la voce di Sam.

“Non so se… se ha battuto la testa,” dice Castiel. “Non volevo muoverlo.”

Una mano piccola e tiepida gli stringe il polso per controllare il battito. “Sono Jess,” mormora una voce lieve accanto a lui. “Starai bene, Dean, rilassati.” Dean sente odore di vaniglia. Quando Jess si china su di lui, i suoi capelli lunghi gli solleticano il viso. “Sei caduto,” spiega lei. “Ti prenderemo in giro per questo più tardi, non preoccuparti.”

“Come hai fatto a cadere, idiota?” sbotta Sam, agitato.

“Gli avevo detto di prendersi una pausa,” sospira Cas. “Ma voleva finire il tetto prima di sera.”

Tetto? Perché Dean avrebbe dovuto essere su un cazzo di tetto? Sono stato attaccato, vorrebbe dire Dean, ma quando prova a parlare Jess lo interrompe, “Non fare sforzi inutili, tesoro. Prova solo a rilassarti, ora ti portiamo dentro. No, cioè, Sam ti porterà dentro, vero, Sam?”

Sam risponde qualcosa che Dean non coglie, e Jess lo zittisce.

Perché sei qui?, si chiede Dean. Qualcosa, in tutto questo, lo preoccupa, ma non riesce a capirci niente.

Un braccio forte gli scivola sotto il collo, un altro sotto le ginocchia, prima che Sam dica, “Sei sicura che sia il caso di muoverlo?” e probabilmente gli danno semaforo verde, perché solleva Dean con un lieve grugnito. Dean sente le proprie braccia penzolare fiacche.

Cas comincia a parlare. “Vado avanti io. Prendo qualche lenzuolo, o qualcosa del genere. Secondo te può bere caffè? Ne preparo un po’, nel caso. Sta-”

“Sta bene, Cas,” dice Jess, piano. “È giusto un po’ senza fiato, vedrai.”

“Grazie,” risponde Castiel.

Qualcosa non va, pensa Dean, distrattamente, dopodiché il mondo si spegne.

*

Il dottore solleva una scheda, che Dean non si preoccupa nemmeno di guardare. La stanza ha l’aria di essere stata, un tempo, prima dell’esplosione, pulita e bianca. Dean guarda lo schema appeso al muro, che spiega come è composto il cervello, e I compiti di ognuna delle sue parti. Il lobo temporale controlla il linguaggio e l’udito - quasi tutta quella parte è bruciata.

Il dottore strizza gli occhi - non ci vede più come un tempo. Dean quasi vorrebbe scusarsi con lui, per aver ammazzato il Diavolo nel suo vicinato. Il dottore batte le nocche sulla scheda, e solleva le sopracciglia. Leggi.

Dean legge e annuisce.

“Dov’è mio fratello?” chiede. “Voglio vedere Sam.”

Il dottore esita prima di annuire, e poi si alza. Fa segno a Dean di andare con lui, e Dean lo segue. I corridoi sono per la maggior parte vuoti - le persone sono per la maggior parte morte, qui. Il dottore lo conduce in in un reparto più piccolo, chiuso al pubblico, e poi al letto più lontano. Le tende sono tirate, e il dottore le apre. Sam dorme profondamente sul letto, tubi e fili e un sacco di stronzate da ospedale infilate nelle braccia. Il dottore sostiene che sta guarendo, il che, però, non significa nulla, finché Sam non aprirà gli occhi e comincerà a respirare da solo.

Il dottore lo guarda. È piuttosto alto, ed i capelli cominciano ad ingrigirglisi.

“Potrebbe… darci un minuto?” chiede Dean.

Il dottore prende la cartella clinica di Sam e sfila una penna dalla propria tasca. Scarabocchia qualcosa sul retro di un foglio, e poi lo porge a Dean. Vado nel mio ufficio. Chiama, se hai bisogno di qualcosa. Non fare niente di stupido., c’è scritto, in una grafia disordinata.

“Va bene,” risponde Dean.

Il dottore si congeda con un ultimo cenno di assenso, sistema di nuovo la cartella e la penna, e chiude le tende dietro di sé. Dev’essere l’abitudine, pensa Dean. Nessuno potrebbe venire a disturbarli. Dean si siede accanto a Sam e rimane lì a guardarlo respirare per un pezzo. Controlla il monitor, oppure appoggia la mano lievemente sulla bocca di Sam, di tanto in tanto, dopo un po’ di panico, solo per controllare che Sam stia ancora respirando. L’altra mano indugia appena sopra quella di Sam.

“Eddai, fratellino,” mormora Dean, chiudendo gli occhi. È tutto vuoto, di nuovo, e allora sbatte le palpebre un paio di volta. “Merda,” sbotta, cautamente, e scuote la testa. “Lo so che ho detto di volere una vita tranquilla, ma essere sordo fa schifo.”

Sam non ride. O comunque, se lo fa, Dean non lo sente.

*

“Che è successo?” chiede Dean, con voce malferma.

“Dean,” lo richiama Cas. Lascia la presa sulla mano di Dean, per sollevarla sul suo viso. Ha un aspetto un po’ scompigliato, come se avesse appena smesso di tirarsi i capelli. “Come ti senti?”

“Mi fa male la testa,” borbotta Dean.

“E’ normale. Secondo Jess starai bene,” lo rassicura Cas, ma suona un po’ dubbioso. “Volevo chiamare un'ambulanza, però… te l’ho detto anni fa che avremmo dovuto fare l’assicurazione. Se Jess non fosse stata qui…” Si zittisce per un secondo, poi riprende: “Vuoi un po’ di caffè? L’ho appena fatto. Oppure acqua, potrei prenderti dell’acqua.”

“Sto bene,” risponde Dean. Si solleva sui gomiti, e poi getta un’occhiata alla camera. Sono in una stanza tutta di vetro - una veranda? - e lui è avvolto in un lenzuolo spesso, di tessuto scozzese, su un divano verde dall’aria vissuta; la pelle è appiccicosa contro la pelle nuda delle sue braccia. Tutto sembra un po’ familiare. “Dove siamo?”

“Uh,” Cas si guarda attorno. “A casa.”

A casa. Dean scuote la testa e guarda Cas. Lo guarda davvero.

“Tu,” mormora, senza veramente sapere dov’è che sta andando a parare. I capelli di Cas sembrano un po’ troppo lunghi, arrivano quasi a sfiorargli le spalle. Gli occhi sono ancora di un blu luminoso, chiaro. Indossa un paio di jeans larghi e scoloriti, e una maglietta bianca con le maniche arrotolate sui gomiti. Ha un braccialetto di perline dall’aria delicata attorno al polso. Dean solleva con cautela una mano, stringe il braccialetto e tira Cas in avanti. Cas barcolla verso di lui, mugugnando piano. Dean sfiora le perline con le dita.

“Questo l’ho comprato io,” mormora, ma non è esattamente sicuro che sia vero.

“Sì,” conferma Cas.

“Per te.”

“Sì,” dice Cas pianissimo, gli occhi fissi sul bracciale.

“Me lo ricordo,” risponde Dean, e sposta le dita sotto il braccialetto, sfiorando l’interno del polso di Cas. “Me lo ricordo, però no. Non esattamente.”

“Dovremmo portarti da un dottore.”

“Hmm.”

Dean non lascia il bracciale di Cas. È molto bello - piccole pietre tutte in fila, come dei denti. Le sfiora con i polpastrelli, le conta. Cas lo guarda, aggrottando le sopracciglia. Il braccio trema appena. “Dean,” chiama, piano, con aria intima, e Dean solleva lo sguardo. Cas inclina il capo da un lato e sorride debolmente. “Dovremmo portarti da un dottore,” dice, e sposta con gentilezza la mano di Dean dal suo polso.

“Ci dormirò su,” replica Dean, anche se la testa comincia a fargli male sul serio.

“Certo,” insorge Cas. “Dormi quando potresti avere una commozione cerebrale, o un’amnesia, o quello che è. Dimmi solo una cosa, Dean: qual è il mio cognome?”

“Uh,” dice Dean.

“Esatto,” replica Cas, scuotendo la testa. “Sam si è offerto di guidare.”

“Okay,” cede, allora, Dean.

Cas cammina fino alla porta, poi si ferma. Si volta, e guarda Dean, che non riesce a capire con precisione la sua espressione - è morbida, ma intensa, e davvero non si capisce. Cas scuote la testa, e dice: “È solo… io… non spaventarmi così di nuovo.”

Se ne va.

Dean fissa a lungo la porta, ma poi cominciano a fargli male gli occhi, perciò li chiude.

*

Il dottore che gli punta una penna luminosa negli occhi è piuttosto alto, e i capelli cominciano ad ingrigirglisi. Ha una voce profonda, e si rivolge a Cas, come se Dean non fosse seduto proprio lì accanto: “Ha una commozione cerebrale. Ha detto che ha battuto la testa?”

“È caduto dal tetto.”

“Stavo sostituendo le tegole rotte,” informa Dean, un ricordo vago sul fondo della sua coscienza. C’era qualcuno, lì, pensa, un qualcuno con un mantello scuro, ma questa è follia e Dean davvero non vuole che il dottore lo creda pazzo, non proprio adesso, perciò non ne fa parola. D’altra parte, non è neppure certo di non esserselo immaginato.

“Starai bene,” sentenzia il dottore, mettendo via la penna. “Per un po’, però, non arrampicarti sui tetti, va bene?”

“Va bene.”

Cas si alza. “Dean, uh. Sam sta aspettando in macchina. Avviati, io finisco qui.”

“Perfetto,” risponde Dean. Si solleva e ha le ginocchia molli, e le mani decise e morbide di Cas scattano istantaneamente per aiutarlo a reggersi. “Sto bene,” protesta Dean, scuotendolo via. Gli gira la testa, mentre cammina attraverso il corridoio. Un’infermiera addirittura gli chiede se è sicuro di potersene andare in giro tutto solo. Si sente male, e confuso, e tutto è senza senso. Si sente come se non fosse al suo posto nella sua stessa pelle, come se non fosse davvero la sua.

Sam deve averlo visto all’ingresso, perché arriva un istante dopo. Fa scivolare un braccio sotto quello di Dean e attorno alla sua schiena, lasciando che trovi l’equilibrio contro di lui. “Il dottore ti ha davvero fatto uscire da lì?” chiede. “Dean, seriamente non hai un’assicurazione? Dovresti preoccupartene.”

Dean si limita a grugnirgli contro, e lascia che Sam lo guidi verso la macchina. Sam ha una monovolume argentata che sembra abbastanza nuova. Aiuta Dean a salire sul sedile posteriore e borbotta qualche cazzata sulle cinture di sicurezza. Dean lo ignora. Trova una vecchia felpa sul retro, grigia, con delle lettere scolorite sul davanti. Sembra un po’ familiare, e Dean la solleva davanti a sé per guardarla meglio.

“Sì, è tua,” dice Sam, dal posto del guidatore.

“Uh,” replica Dean, semplicemente.

“Pensavo che avresti voluto cambiarti. Puzzi come un motore, Dean.”

Dean si sfila la camicia di flanella e, beh, sì, è quella che puzza di olio da motori. Ha solo una maglietta bianca da quattro soldi, sotto, e c’infila su la felpa. È un po’ troppo grande, e Dean si chiede se davvero sia sua. Seppellisce le mani nell’enorme tasca frontale, e sprofonda un po’ di più nel sedile. La testa gli rimbomba.

“Ho una commozione cerebrale.”

“Immaginavo.”

“Penso sia un’amnesia.”

Sam avvia il motore e accende il riscaldamento. Guarda Dean attraverso lo specchietto retrovisore per un bel pezzo - Dean è piuttosto sicuro che Sam creda di non essere notato, e invece sì. Sembra preoccupato. Dopo un po’, parla. “Posso, uh. Io e Jess rimarremo ancora un po’. Non dobbiamo tornare indietro tanto presto, perciò, sai…”

“Ho capito,” dice Dean.

Sam dà un’occhiata all’orologio, poi all’ingresso dell’ospedale.

“Non mi ricordo molto,” riprende Dean. “È come se avessi uova strapazzate al posto del cervello.”

“Probabilmente dovresti dormire. Si può dormire dopo una commozione cerebrale, vero?”

“Il dottore dice che c’è un buon ottanta percento di possibilità che mi risvegli.”

“Non sei spiritoso.”

“Non sto ridendo.” Dean dormirebbe - sente che potrebbe dormire per un sacco di tempo. Comincia anche lui a guardare le porte dell’ospedale, aspettando Cas. È rassicurante, sapere qualcosa. Sapere che Cas tornerà. Sapere chi è Cas, mentre così poco, di tutto il resto, ha un senso.

“Uhm,” tenta. “A proposito di Cas.”

“Dimmi.”

“Perché sono convinto che sappia volare?”

“Quanto forte l’hai sbattuta, quella testa?” borbotta Sam, e poi gli lancia un’occhiataccia attraverso lo specchietto retrovisore.

“Piuttosto forte, direi,” risponde Dean. “Ha… preso delle lezioni?”

“Cas non è nemmeno capace di guidare una macchina.”

Sam rimane a fissarlo dallo specchietto per un sacco di tempo - è come se avesse intenzione di trascinare Dean dentro l’ospedale per chiedere un encefalogramma in qualsiasi momento, o a qualsiasi menzione del fatto che qualcuno stia volando. Dean chiude gli occhi e prova a rilassarsi, a raggiungere il suo posto tranquillo, o qualcosa del genere.

Cas non si fa aspettare ancora per molto. Sembra un po’ incazzato, quando scivola sul sedile del passeggero, lamentandosi di qualche conto. Non parlano granché, e Dean ne è molto felice.

*

Cas compare al capezzale di Sam, alla fine. È identico ad ogni altra volta, in realtà - forse un po’ più vecchio, in qualche modo. Resta fermo ai piedi del letto per un po’, e Dean nemmeno lo guarda più di tanto. Si chiede perché Cas sia così silenzioso, perché non abbia nulla da dire a proposito di tutto questo, e poi capisce. Le labbra di Cas si stanno muovendo.

”Sono sordo,” dice Dean.

Cas aggrotta le sopracciglia.

”Lucifero. Quando ha, sai. Lui, uhm. Beh, sì, perciò ora sono sordo. Michael non ha potuto rimediare, per via della Grazia o qualcosa del genere. Non lo so.” Dean fa una pausa, poi aggiunge: “Sono ancora vivo, comunque, il che è già qualcosa, suppongo.”

Cas fa un passo avanti e solleva la cartellina del dottore. Comincia a scriverci su: Sei stato bravo.

”Certo.”

Sono fiero di te.

”Già.”

Sam non si muove neppure una volta. Le sue labbra sono un po’ blu, ma le macchine dicono che sta ancora lottando. Dean non pensa che il dottore possa fare ancora altro, prima che arrivi l’aiuto vero. Il paese è spaccato, l’acqua ribolle e il cielo fuori è di un nero in fiamme, rabbioso, e ormai dovrebbe essere tutto finito, ma non è così. O forse sì, ma è finita nel modo peggiore.

”Tu non c’eri,” mormora Dean. È strano non sentire la tua stessa voce quando parli, puoi solo immaginare di star dicendo le cose giuste. Si gratta distrattamente un braccio. “Alla fine, tu non c’eri.”

Mi spiace, scrive Cas.

”Uh huh. Dispiace anche a me.”

Volevo essere lì.

Cas resta immobile ai piedi del letto di Sam. Le sue labbra si muovono, ma Dean non si prende la briga di tentare di decifrare quello che sta dicendo. Non gli chiede di scrivere, lascia solo che Cas parli, senza che nessuno lo sente. Non gli interessa neppure sapere perché. Cas non c’era, quando lui ha avuto bisogno di lui, e adesso è troppo tardi per preoccuparsi del perché. Fissa il viso di Sam.

Cas non se ne va.

*

“Casa, dolce casa,” dice Cas, mentre accompagna Dean verso la porta d’ingresso. Ha un braccio stretto attorno alla schiena di Dean, una mano proprio all’altezza della sua vita. Non è forte quanto Sam, e Dean fa attenzione a non appoggiarsi troppo a lui. I suoi capelli sono morbidi quando sfiorano il viso di Dean.

“Hai sempre portato i capelli così lunghi?” Gli pare che allungare una mano per toccare i capelli di Cas sia la cosa giusta da fare, perciò lo fa.

“Per un po’,” risponde Cas, con l’ombra di un sorriso. “Crescono, sai.”

“Giusto.”

Cas lo guida al piano di sopra. Ci sono un po’ di cornici appese alle pareti: l’acquerello di un angelo; una foto color seppia di Dean e Cas, terribilmente vicini l’uno all’altro, sorridenti; Jess vestita da sposa, Sam accanto a lei, che sogghigna, e Dean e Cas ai lati di entrambi. Dean scuote la testa. Piccole scintille gli si accendono nel cervello. Riesce a ricordare il punch al matrimonio, ne è sicuro; qualcuno - papà, forse - doveva averlo corretto con del liquore forte. Lo dice a Cas, e Cas ride, poi apre una porta.

“Qui dentro, signor Buddwing [1].”

“Detesto quel film.”

“Lo so,” dice Cas. Lo accompagna in una stanza grande e luminosa. Non ci sono molti mobili, ma è bella - spaziosa, o qualcosa del genere. Le lenzuola sul letto sono color crema, con un qualche disegno floreale più scuro. Cas gli chiede di aspettare mentre sposta le coperte e sistema meglio un cuscino. “Su.”

Dean avanza lentamente e poi si arrampica sul letto. La mano di Cas rimane sul cuscino - aiuta Dean a sdraiarsi. Non sposta il braccio, e il suo volto è a pochi centimetri da quello di Dean - il suo respiro è tiepido e calmo. Poggia la testa sul cuscino dietro quello di Dean, e non può veramente essere una posizione così comoda, dal momento che è ancora in piedi.

“Ti ho visto cadere,” mormora Cas, dopo un po’ - il suo respiro accarezza impalpabilmente il collo di Dean.

“Noi stiamo proprio insieme-insieme, vero?”

Cas sbuffa e borbotta, “Ovviamente speravo che te lo fossi dimenticato.

“Nah,” risponde Dean. “Mi ricordo di te.”

“Bene. Va bene, che ti ricordi di me.”

“Sì.”

Cas gli accarezza i capelli con una mano. Il tocco è familiare, reale. È stranamente intimo. Dean non è perfettamente certo che gli vada a genio, ma sa perfettamente che dovrebbe, e questo è abbastanza. Resta fermo, e Cas è lì al suo fianco. Si domanda se Cas sia sempre lì al suo fianco, e quante volte sia già successa una cosa del genere - che sono rimasti così vicini.

“Penso di aver sognato che eri un angelo,” mormora Dean.

“Un angelo.”

“Sì. Con, tipo, le ali. Volavi in giro.”

“Cerca di dormire, Dean,” dice Cas. “Io dormirò nella stanza degli ospiti, non ti disturberò.”

“Resta. Dovresti restare. Questo è anche il tuo letto.”

Cas esita per un momento, prima di spostarsi. Si sfila la maglietta, rivelando un torso magro, lievemente abbronzato; si sfila senza vergogna anche i jeans, e li lascia sul pavimento. Si stiracchia, e Dean lo guarda. È naturale, in qualche modo, come se questo fosse il suo posto - nonostante questo, c’è questa vocina che dice che qualcosa non va. Un ometto con un mantello scuro - un avvertimento.

Cas si arrampica sul letto accanto a lui, e si sposta vicino, un peso tiepido contro il fianco di Dean. Poggia una mano sul suo petto.

“Domattina ti sentirai meglio, secondo il dottore.”

“Sicuro,” risponde Dean, e rimane ad aspetta finché Cas non si addormenta. Solo allora allunga un braccio a circondargli la schiena e lo sfiora, cercando qualcosa, qualunque cosa - ali o cicatrici, semplicemente qualcosa, per essere sicuro di non essersi completamente fumato il cervello. C’è solo pelle liscia, un po’ umida di sudore. Dean si preme una mano sugli occhi.

Si addormenta, molto più tardi, e sogna un ometto pieno di tatuaggi, con un mantello scuro.

*

Si sveglia in un intreccio sudato di corpi. Il petto di Cas preme con insistenza contro il suo fianco, una delle sue gambe gettata su quelle di Dean. È ancora profondamente addormentato, i capelli gli coprono il viso, e Dean sorride. Gli dà una spintarella lieve, indugiando col palmo della mano sul suo bassoventre. Cas si stiracchia. “Ehi,” lo saluta Dean.

Cas schiude un occhi. Dice, “Ehi,” con un sorriso lieve.

“Mi sento meglio. Mi ricordo un po’ di cose. Mi ricordo di te.”

“Ne sono felice.” Ma Cas non sembra davvero così tanto felice.

“Che c’è che non va?”

Cas scuote la testa e si strofina gli occhi con la mano chiusa a pugno. “Nulla. Sono felice per te.”

“Cas,” esordisce Dean, guardandolo dritto in volto. “Non mentirmi. Non farlo.”

“Non voglio litigare, non adesso.”

“Di solito litighiamo?”

“Un sacco,” risponde Cas.

“Giusto.” Dean accarezza un fianco di Cas col pollice. “Non litighiamo adesso.”

“Ricominciamo da zero?”

“Adoro ricominciare da zero.”

“Bene.” Cas poggia il capo sul petto di Dean. “Va bene. Anche io.”

*

Dean si fa la doccia e si rade, e quando scende per colazione si sente una persona completamente nuova - o, forse, come la persona che era e che non riesce veramente a ricordare. Ciabatta in cucina con addosso il pantalone di una vecchia tuta, e vede Cas che riempie due tazze di caffè. Ha addosso solo dei boxer. Dean rimane fermo sulla porta e lo guarda. Lo guarda accendere la televisione e sintonizzarla su Fox News. Cas si appoggia al ripiano della cucina, il caffè in mano, e ascolta il presentatore blaterare del divorzio di qualche celebrità o roba del genere.

Dean sorride.

Fa un passo avanti, e poi succede. Lo schermo lampeggia, solo per un istante, mandando l’immagine di un uomo con la pelle scura e tatuata, che gli ghigna contro. Ha gli occhi luminosi di un pazzo. Dean sbatte le ciglia e l’uomo non c’è più. Cas non sembra essersi accorto di nulla - sorseggia il suo caffè, si gratta un fianco sovrappensiero.

“L’hai visto?”

Cas si volta di scatto verso di lui. “Non ti ho sentito scendere. Ti senti bene? Ti gira la testa o qualcosa del genere?”

“L’hai visto?” ripete Dean, a voce più alta.

“Visto cosa?” si acciglia Cas.

“C’era…” Dean scuote la testa. “Nulla. Nulla, non importa. Lascia stare. Sono solo un po’… matto.”

“Dev’essere la commozione cerebrale,” dice Cas, comprensivo.

“Sì, suppongo di sì.”

Dean prende posto al tavolo, e Cas gli porge il suo caffè. “È ancora caldo.”

“Grazie,” mormora Dean. Si guarda attorno, guarda la cucina - la loro cucina. Dice, “Abbiamo davvero una bella casa.”

“È per questo che non abbiamo soldi.”

“Oh.” Dean beve un sorso del suo caffè - è praticamente perfetto. “È come se tutto fosse nuovo.”

“Forse è una cosa positiva.” Cas si siede accanto a lui, invece che di fronte - il suo ginocchio tocca quello di Dean. “Ho chiamato in officina. Bobby dice che non c’è bisogno di preoccuparsi, e che devi prenderti tutto il tempo che ti serve. Onestamente, penso fosse contento di liberarsi di te per un po’.”

“Divertente.” Dean sorseggia ancora un po’ il caffè. “E quindi sono… un meccanico.”

Cas annuisce. “È strano,” dice, poi. “È come se io ti stessi spiegando la tua vita, quando invece mi sembra che tu dovresti… conoscerla e basta. È solo, beh, strano. Il mio fidanzato mi conosce appena.”

“Io ti conosco. Lo so. È solo che me lo sono dimenticato. È tutto al suo posto - cioè, tutto mi sembra familiare, è solo che non so sempre perché.“

“Io sono qui. Qualsiasi cosa ti serva, io sono qui.”

“Lo so,” dice Dean. “Grazie.”

Appoggia una mano sul tavolo, e Cas la copre con la propria.

*

Sam si fa vivo, e vanno a caccia, perché non c’è veramente altro da fare. Alle volte, Cas li aiuta. Sta ancora cercando Dio, e Dean non riesce a capire perché cazzo insista, ma se serve a tenerlo vivo, allora tanto vale. Non impara il linguaggio dei segni, perché chi è che conosce il linguaggio dei segni? Sam scrive, oppure tenta di mimare, oppure lo sposta fisicamente dove preferisce, e quindi non comunicano più allo stesso modo. E come potrebbero, quando Dean si perde metà della conversazione?

Sam non ci vede più bene, dall’esplosione, e a Philadelphia questo li mette nei guai.

Dean gli ricuce le ferite ed è piuttosto contento di non riuscire a sentire i gemiti di Sam quando l’ago sottile gli buca la pelle. I punti di Dean sono sempre precisi.

Dean comincia, poi, a perdere le cose. Il suo portafogli, le chiavi. Cose piccole, ma Sam glielo fa notare. Dean non ricorda mai molto. Si ricorda, certo, di aver visto questo o quell’oggetto, e poi quello sparisce. Cas non si fa più vedere in giro come prima, solo di tanto in tanto. Perciò, Dean e Sam tirano avanti, ma i loro giorni di gloria sono finiti da un pezzo, ed entrambi lo sanno.

Non molto lontano da casa di Bobby, Dean lascia andare un vampiro perché quello gli sorride con dolcezza. A Sam racconta che aveva cercato di morderlo, per poi scappare quando lui l’aveva spinto via.

*

Col tempo, Dean si abitua alle cose, e prende a seguire una piacevole routine. Il lavoro è bello, semplice. Bobby fa fare i lavori pesanti agli altri, a Dean tocca, per la maggior parte, la manutenzione dei motori. Impara anche a verniciare le macchine, cosa che non aveva mai saputo fare in assoluto, e questo è bene. Torna a casa e puzza di olio e metallo, e si lava di dosso l’odore nella doccia. Cas cucina, soprattutto.

Tuttavia, alle volte ancora ci sono cose che lo colpiscono. Per esempio, quando incontra sua madre e si chiede perché non sei morta?, anche se sua madre ha sempre avuto una salute di ferro e tutto ciò non ha alcun cazzo di senso. Le chiede se c’è mai stato un incendio a casa sua, e lei gli domanda perché gli è venuta un’idea del genere. “Penso di avere un’amnesia.”

“Le amnesie non sono poi così comuni,” dice mamma. Strappa un’altra erbaccia dal suolo e la passa a Dean, che la lancia nella busta dei materiali da riciclare.

“È solo che non mi sento a posto.”

“Tu e Cas state bene?”

“Certo,” risponde Dean, anche se non ne è sicuro. È certo che le coppie vere siano solite abbracciarsi e baciarsi - o cose del genere, - ed è passato un mese da quando è caduto dal tetto, e ancora non è successo nulla. Sa di aver baciato Cas, prima - si ricorda di Cas che lo bacia, ubriaco, nel bagno, durante la festa di compleanno di papà, lo scorso anno. Se lo ricorda davvero, ma ancora non sa come sia baciare Cas - quale sia il sapore delle sue labbra, oppure se ci mette troppa lingua, o che altro. È come se avesse pezzetti della mappa, ma senza conoscerne esattamente la posizione. Non riesce a spiegarselo, comunque.

La mamma si alza e si sfila i guanti, e Dean si accorge che ha finito. Annoda la busta del riciclaggio, e lei si asciuga un po’ di sudore dalla fronte con il dorso di una mano.

“Penso che ci siamo meritati una limonata.”

“Sì, d’accordo.” Dean la segue dentro casa, lasciando la busta con le erbacce vicino alla porta sul retro.

“Sai, penso che mi piaccia, questo nuovo te,” dice la mamma, con un sorriso. “Non ho mai pensato che un giorno mi avresti aiutata col giardino.”

“Non ti aiuto?”

Mamma lo guarda con un’espressione assolutamente scettica, poi riempie due bicchieri di limonata da una brocca di vetro presa dal frigo. “Ghiaccio?”

Dean scuote la testa, e lei gli porge un bicchiere.

Dean rimane fermo accanto alla finestra. Il sole illumina la stanza, caldo.

Mi hai mai fatto sbattere la testa da qualche parte, quando ero un bambino?”

“Non che io sappia,” risponde mamma. Si sposta accanto a lui vicino alla finestra, e guarda fuori. “Probabilmente tuo padre sì, ma non lo ammetterà mai.”

Dean fissa il fondo del suo bicchiere.

“Perché me lo hai chiesto, Dean?”

“Non lo so,” risponde lui. “Hai detto che ti piace questo nuovo me, ma io… mi sembra di non sapere chi sono, o come dovrei comportarmi, tanto per cominciare. Certe volte mi sento… violento, tipo che mi arrabbio dal nulla, e poi passa, ma rimane comunque, solo che è sotto la superficie. Sono arrabbiato con tutto, e non voglio.”

“Devi aver battuto la testa piuttosto forte,” mormora mamma.

“Già.”

“Hai l’occasione di ricominciare tutto da zero.”

“Non saprei,” ribatte Dean. “Cioè, non riesco a ricordare com’ero prima, perciò non so se ero diverso e se questo è il vero me, o chissà cosa. Avrei potuto essere un coglione, o un santo, un assassino, e ho la testa così piena di nebbia che non lo so. Cas si aspetta che io sia lo stesso di prima, e non so come fare. Non so cosa fare. Dimmi che devo fare.”

“Lo capirai, tesoro,” dice mamma, e gli sfiora lievissimamente la schiena.

“Dovrei andare a casa.”

“Probabilmente sì.”

Dean posa il bicchiere, e lo lascia lì. Ricominciare da zero. Può farlo.

*

Cas lo bacia per quella che sembra la prima volta, e Dean non l’aveva minimamente sospettato. Si sta sistemando i capelli di fronte allo specchio, quando un volto appare accanto al suo.

“Ehi,” dice Cas, piano.

“Ehi.” Dean si volta a guardarlo negli occhi e Cas ha un’espressione dura, poi preme la bocca sulla sua. Le labbra di Cas sono piene e morbide, e lui le muove piano, appena appena insicuro. Una mano si solleva a toccare la guancia di Dean, e Dean si tende un po’ in avanti. Cas comincia a succhiare piano il suo labbro e Dean lascia andare un respiro che non s’era accorto di aver trattenuto.

Cas si scosta da lui, la mano ancora sul suo viso, e dice: “Ho… ho esagerato?”

Dean scuote la testa e poi lo attira di nuovo a sé, baciandolo con forza. I loro denti si scontrano ma Dean non ci fa troppo caso. Morde piano le labbra di Cas e quelle si schiudono, la sua lingua viene incontro a quella di Dean e Dean lo stringe ancora più forte, tant’è che Cas finisce per sederglisi a cavalcioni. “Cazzo,” sospira, contro le sue labbra. “Cazzo.” Non riesce a capire come abbia fatto a dimenticarsi tutto questo - sembra così ovvio, ora, il modo in cui le labbra di Cas si muovono dolcemente sulle sue, la sua lingua maliziosa e i suoi denti; il modo in cui arriccia la lingua attorno a quella di Dean.

Dean fa scivolare una mano sulla sua maglietta, sopra la sua pelle calda, liscia, e Cas geme.

“Mi è mancato tutto questo,” mormora Cas contro le sue labbra. “Tu mi sei mancato tantissimo.”

Dean lo tira giù in modo che il bassoventre di Cas possa premere sul suo, e libera un lungo lamento. È passato un sacco - perlomeno due mesi e mezzo di cui è consapevole, e non ha idea di quanto altro tempo prima dell’incidente. Sposta Cas sulle ginocchia, e poi impreca. “Dimmi che è sempre così bello.”

“Meglio,” risponde Cas, e poi mordicchia il labbro inferiore di Dean.

“Gesù.”

Dean si sente vero. Si sente al suo posto in questo momento. Gli sembra quasi che tutto sia finalmente a posto.

Poi vede quell’uomo nello specchio, quegli occhi maliziosi che brillano da sotto il mantello scuro, e morde il labbro di Cas con abbastanza forza da farlo sanguinare.

*

Dean non sente più il fruscio di piume quando Cas arriva - Cas compare e basta.

L’angelo tira fuori il suo blocchetto per gli appunti dalla tasca e comincia a scarabocchiarci su. È quasi finito, dovrà comprarne uno nuovo. Mostra il foglio a Dean. Hai avuto notizie di Sam?

Dean scuote il capo. “Se n’è andato, Cas. Non tornerà più.”

Cas lo fissa a lungo e duramente. È una cosa che manda dei brividi lungo la nuca di Dean, perciò torna a guardare la tv. Le labbra dell’annunciatore si muovono, e lui legge i sottotitoli. Una qualche donna famosa sta divorziando dal suo famoso marito, o qualcosa di simile. Dean fa un sorriso bieco. Dice “Hai avuto notizie di Dio?”

No, scrive Cas sul blocchetto.

”Perché te ne preoccupi ancora? Ormai è tutto finito.”

Non mi sono arreso.

”Buon per te,” ribatte Dean. Ha perso il coltello, prima, e non l’ha ancora trovato - ha rovistato nella borsa, nelle tasche, e comunque non l’ha trovato. Deve andarsene. Ci sono cose da uccidere, e tutto il resto: gli serve il coltello, e il coltello è sparito.

Cas glielo porge, perfettamente in equilibrio sul palmo della mano destra.

”Dove l’hai trovato?” abbaia Dean.

Cas passa il coltello nella mano sinistra e con la destra scrive. Sotto il tuo cuscino. Perché lo hai messo lì?

Dean si acciglia. “Non ce l’ho messo. Che cazzo.”

L’hai nascosto lì, prima. Perché?

”Non sono stato io,” ribadisce Dean. Strappa il coltello dalla mano di Cas, e Cas non glielo impedisce. Dean lo stringe, e poi lo guarda. Non lo ha mai messo sotto il cuscino - non ce l’ha messo, e basta. Chiude le dita attorno all’impugnatura. Solleva lo sguardo, e Cas se n’è andato.

*

Il primo SMS che Sam gli scrive, dopo un sacco di tempo, dice: va tutto bene?

Dean risponde: sì

cas ha detto che non stai bene

sto lavorando a un nuovo caso

hai cercato di uccidermi dean

non è vero

non tagliarmi fuori, ti posso aiutare

sto lavorando a un caso

Prova a chiamare Sam, più tardi, ma ovviamente non sente un cazzo, perciò non ha idea di come sia andata a finire. Sam non gli manda altri messaggi, comunque. Sfoglia i numeri di telefono nella rubrica del suo cellulare, e cancella tutti quelli che sono morti. Riesce a stento a ricordare il suono della voce di Sam. Dean beve, per la maggior parte della nottata.

*

Il Natale è piacevole. Sam e Jess vengono a trovarli, e tutti insieme passano la giornata a casa di mamma e papà. Durante la preghiera, Cas ringrazia il Signore per non aver completamente fritto il cervello di Dean, quella notte. Dean gli dà un pugno lieve sul braccio e Cas sorride, raggiante.

“Non a tavola,” sbotta papà, ammonticchiando purè di patate sul proprio piatto.

“Nossignore,” risponde Cas, con un sorriso furbo. Sotto il tavolo, appoggia una mano sul ginocchio di Dean.

Mangiano in silenzio, a parte il fatto che tutti elogiano la mamma per la sua cucina straordinaria. “Non è niente di che,” minimizza lei, e arrossisce. Elvis canticchia Blue Christmas in sottofondo.

Dean posa la forchetta e si sporge di lato per sussurrare all’orecchio di Cas. “Sono felice.”

Cas gli rivolge un sorrisino divertito. Dice, “Beh, sono felice che tu sia felice.”

Non hanno ancora fatto sesso, non che Dean ricordi, comunque. Si baciano, e Dean abbraccia Cas durante il sonno, e parlano, passeggiano assieme, ridono, bisticciano sul baseball. Dean si chiede quante volte abbia detto a Cas che lo ama, se mai gliel’ha detto. Le cose che non sa sembrano sempre aver più peso di quelle che sa. Gli sembra di stare conoscendo Cas da zero, e si chiede come dev’essere, questa situazione, per Cas - avere un fidanzato che non si ricorda di te. Che non viene a letto con te. Che non è neppure sicuro di amarti, dopo che siete stati assieme per otto anni.

Cas allunga una mano per prendere il bicchiere di vino, e Dean la stringe, strizzandola piano.

“Tutto ok?” chiede Cas - ha il viso un po’ arrossato per via dell’alcool.

“Sì,” risponde Dean. “Sì, penso di sì.”

“Non amoreggiate a tavola, tesoro.” Dice Mamma, puntando la forchetta contro le loro dita intrecciate.

Jess ridacchia.

Dean lascia la mano di Cas e solleva il bicchiere. Lo picchietta con la forchetta, e si conquista l’attenzione di tutti. Guarda Cas negli occhi, e dice: “Un brindisi. Al futuro.”

“Al futuro,” risponde la tavolata intera, e tutti brindano. Mamma gli sorride. Papà dice, “Anche vincere la lotteria non sarebbe male.”

“In effetti,” acconsente Dean.

Cas gli sorride. Dean sorride di rimando, sinceramente.

[ seconda parte]

- NdT -

[1] - Mister Buddwing è un film del 1966 che racconta la storia di un uomo che, traduco dalla Wiki inglese, “si ritrova su una panchina a Central Park, senza la più pallida idea di chi sia. Comincia a vagabondare per Manhattan incontrando svariate donne, nel tentativo disperato di scoprire la propria identità”. In Italia è conosciuto (?) (XD) col titolo ‘Una donna senza volto’.

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