Titolo: 92-80
Fandom: RPF Basket
Personaggi/Pairing: Juan Carlos Navarro/Pau Gasol, Ricky Rubio(/Juan Carlos Navarro), nominata mezza nazionale della Macedonia
Rating: PG14
Conteggio Parole: 300 + 300 (
fidipu)
Avvertimenti: slash, fluff
Prompt: Guerra, solletico @
bingo_italia [
cartella]
Note: ;w; ♥
- Non avete idea delle quantità di parole che mi venivano in mente in spagnolo prima che in italiano. Tuttavia, non erano abbastanza da permettermi di scriverli direttamente in spagnolo XD Un passo alla volta, penso. #random
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ 92-80.
La Macedonia se la sta giocando con un coraggio tale che ogni canestro quasi sembra rubato, più che conquistato; il vantaggio della Spagna sale a dieci punti tondi tondi e Juan Carlos ha affrontato squadre ben più sprovvedute di così, ma non l’ha mai avuta, la spiacevole sensazione di stare deliberatamente umiliando i suoi avversari. Probabilmente è per via della testardaggine con cui McCalebb, quello scricciolo di poco più che un metro e ottanta, continua a volersi infilare da tutte le parti sul pitturato, sbattendo contro Pau e Marc ad ogni azione; probabilmente è per via dell’orgoglio ostinato sulla faccia di Antić, delle smorfie identiche dei gemelli Stojanovski.
Dio, gli fanno una tenerezza incredibile - e poi guarda i tifosi sugli spalti, impazziti per il solo fatto di esserci arrivati, a vedere una semifinale. È bellissimo.
Poi, oi, la distanza s’accorcia. A forza di sbatterci contro la testa, i macedoni si aprono uno spiraglio nel muro e - hostia puta - recuperano la differenza di punteggio, si portano in vantaggio.
Finiscono a rispondersi tiro per tiro, nessuno che avanzi per più di un momento, e lo stallo continua così a lungo che gli spagnoli fanno in tempo a dimenticarselo tre volte, com’è che hanno fatto, all’inizio, a tenere la partita sotto controllo. Dubitano pure di riuscire a vincere, ad un certo punto; comincia come una paura sottile e subito si gonfia in una rassegnazione che ha tutto il sapore della resa. Le facce in panchina sembra che dicano, ehi, non è male perdere contro la squadra del miracolo. Dai, concediamogliela, che in fondo se lo sono meritato.
Juan Carlos è come se ancora avesse attorno al collo il peso dell’oro di due anni fa, eppure, quando alza l’ennesimo tiro che s’infrange perfettamente nel canestro per i suoi trentacinque punti, non si sente affatto crudele.
Al suono della sirena celebrano con il dovuto contegno, perché in fondo è una semifinale. D’accordo, possono già prenotare l’aereo per Londra e l’albergo e la palestra ed era questo, l’obiettivo principale, ma è una semifinale, per cui non è ancora finito niente.
Juan Carlos si ritrova sballottato tra avversari, arbitri e compagni di squadra - Calde, più di tutti, - che se lo vogliono mangiare, per quanto è stato bello e bravo e, beh, neppure lui, con tutta la modestia di questo mondo, può negare che trentacinque punti non è roba che capiti proprio tutti i giorni.
Passa accanto a Pau quasi distrattamente, perso com’è in mezzo al frastuono del palazzetto, ma dopo mezzo passo si accorge di lui - sta ridendo di qualcosa che Sergio gli ha detto contro l’incavo del gomito, - e prima ancora di poterci pensare su allunga una mano, si solleva un po’ sulle punte dei piedi per arrivare a scompigliargli i capelli.
In men che non si dica Pau lascia andare Sergio, e ancor più rapidamente ha già reclamato Juan Carlos per sé, gli preme un bacio asciutto e un po’ troppo lungo sulla cima della testa. Juan Carlos ridacchia, Ricky gli compare accanto e gli strofina il naso contro il collo, facendogli il solletico con i capelli umidi, con la barba, con quelle sue ciglia lunghe chilometri.
Juan Carlos è contento.
Non è niente male, la soddisfazione calda che sta pian pianino divorando il posto dell’adrenalina dentro di lui, incurvandogli le labbra in un sorrisino mite, forse un po’ scemo. La mano di Pau è grande, callosa e familiare contro la sua nuca, tra i suoi capelli corti, e magari il suo stomaco è un po’ più leggero, adesso, e si diverte a fare le capriole esattamente come ogni volta che insacca una tripla da distanze improbabili.