Titolo: Mirror (volume II)
Autore:
el_defeFandom: RPF - Inter F. C.
Personaggi: Mario Balotelli/Davide Santon (Santonelli!), citata una quantità di gente dai gusti sessuali più o meno opinabili
Rating: VM18 (non in questo capitolo, curiosamente)
Warning: Slash, Fluff, sesso ragionevolmente descrittivo, una parolaccia o due
Note: #022 Diet Coke @
Kinks & Pervs. Il resto a fine capitolo ^^.
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro. Non si vuole offendere o essere lesivi nei confronti delle persone reali descritte. Niente di quanto narrato nelle fanfiction qui contenute è realmente accaduto e non si pretende di dare tramite esse un ritratto veritiero di eventi o personalità. È una serie di pura fantasia e non vuole descrivere atteggiamenti reali. La presenza di contenuti espliciti o non adatti a tutte le età sarà debitamente segnalata, pertanto l'eventuale fruizione di tali contenuti ricade sotto la piena responsabilità degli utenti. *piange*
Introduzione: Ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare, e lo ama, la finestra diventa uno specchio; qualunque sia la cosa che amiamo, è quello che noi siamo.
(La lingua perduta delle gru, David Leavitt)
Capitoli precedenti: (
volume I)
MIRROR
volume II
«Perché cavolo l'hai fatto?» si lamenta disperato, guardando Mario tirar via con un calcio una palla approssimata fatta con i vestiti che aveva steso accuratamente sul letto.
«Che domanda è? Ti avevo chiesto di-»
«Mi avevi chiesto di mettermi qualcosa di decente perché dovevamo andare in giro!» sbuffa, facendo il gesto di chinarsi e raccattare l'ammasso informe di stampa mimetica e mezze gambe di jeans; Mario lo spintona mentre è ancora con la schiena piegata, e Davide deve fare un gran sforzo per appoggiare subito le mani sul pavimento e non cadere faccia a terra. «Stronzo» bofonchia ancora, quando lo sente ridere.
«Qualcosa di decente, dalle mie parti, significa "qualcosa di bello da vederti addosso". Spiegami perché dovrei essere contento di vederti addosso una polo verde militare» sogghigna, un po' divertito e un po' esasperato, mentre spalanca il suo armadio e in un paio di gesti riesce a disordinare il disordinabile e a far crollare pile di magliette e boxer, in una replica dell'apocalisse cui sottopone regolarmente il proprio. «Vediamo...» lascia cadere due o tre giacche dalle grucce, spiega magliette e giubbotti per guardarli e poi rimetterli al loro posto alla bell'e meglio, e apre e chiude i cassetti fino a trovare una scatola che apre, richiude e subito gli lancia addosso. «Potresti metterti questa, tanto per cominciare.»
«Siamo invitati a un matrimonio?» Davide occhieggia la camicia con perplessità. Mario si volta a guardarlo per un paio di secondi, negli occhi la solita consapevolezza del non capirò mai se dici sul serio o se mi prendi per il culo, Dade.
«Andresti a un matrimonio con questi?» Tira fuori dall'armadio un paio di jeans scuri. «Com'è che non te li ho mai visti addosso?»
Davide ci pensa su per qualche istante. «Non saprei» risponde, stringendosi nelle spalle. «Forse eri strafatto. Ce li avevo anche alla festa in America.»
«Davvero? Non me n'ero accorto» ghigna, e si diverte ancora di più nel vedergli danzare negli occhi i ricordi di poche settimane fa, prima che li nasconda con un braccio in attesa che il rossore si plachi. «Comunque questi vanno benissimo. Dov'è che tieni le scarpe, tu?» aggiunge in tono casuale, lanciandogli un altro po' di roba.
«Lì dietro. E dov'è che andiamo, comunque?» gli chiede per l'ennesima volta in ventiquattr'ore (l'ha pregato, l'ha supplicato e l'ha ricattato: non c'è stato verso di convincerlo), ma Mario grida un "muoviti, facciamo tardi" mentre gli tira fuori le scarpe giuste, e rinuncia a ottenere una risposta. Fissa minaccioso le pareti della stanza, come se l'appartamento si fosse appena preso gioco di lui.
«Bello.»
Mario si compiace del tentativo di Davide di mascherare la sua approvazione incondizionata: il ristorante del Curtain, in realtà, è quanto di meno si possa facilmente associare a una definizione. C'è capitato per caso poco dopo l'apertura, due giorni dopo la fine del campionato, e l'aveva liquidata come un'oasi dall'atmosfera americana (una meravigliosa oasi eccetera eccetera) appena fuori città. Certezza di non essere riconosciuto, ristorante ragionevole ma eccezionalmente tranquillo, e la suite del terzo piano. Quella del quarto è molto più grande, quella del quinto più affascinante e la presidenziale è semplicemente forte, ma quella del terzo è giusta e non ha voluto altro. E in ogni caso, al momento, si compiace soltanto di fissare le labbra di Davide appena schiuse e trattenute a fatica dallo spalancarsi per la meraviglia dal suo legittimo proprietario.
«Solo bello?» mormora un po' deluso. «Ho girato per-»
«D'accordo, d'accordo. È magnifico, è bellissimo. Grazie.» Mario percepisce facilmente i cambiamenti d'umore di Davide, proprio come lui percepisce i suoi. È stupefatto, rilassato, giusto un po' nervoso perché non sa perché voglio cenare qui, elenca, sorridendogli mentre si fanno indicare il tavolo giusto in una sala praticamente e inquietantemente deserta. «Saranno tutti in vacanza» è l'unico commento che Mario fa, prima di spulciare rapidamente il menu.
«Chissenefrega, no?»
E ha fame aggiunge tra sé. «Sta' solo attento a non fare disastri.»
Davide esita un po', prima di ironizzare con un «Ah-ah» vagamente offeso, ma cerca qualcosa che non coinvolga pericolosissimo sugo e ancor più pericoloso olio d'oliva. A Mario non importa, in ogni caso, perché gli basta star lì a parlare di tutto e di niente, della necessità di avere PC separati "così potrai guardarti i filmettini in santa pace, Mà" e dell'inquietante aumento di tempo passato dal mister al telefono, dal "e chi giocherà domenica prossima, secondo te?" al "però dai, sarebbe bello restare qui... pensa tra quindici anni, tutti lì in dirigenza e noi a giocare e a ridere dei loro acciacchi da vecchi!". E neanche a Davide importa di olio o sugo: con un fremito, guardando le pareti bianche e nere della sala ancora poco frequentata, smette di chiedersi e di chiedere perché sono lì quando potrebbero essere ovunque. Non ha bisogno di altre domande. Soltanto di stare insieme.
(
Volume III)
Noticina: poco o nulla da dire, stavolta, a parte coccolarvi a mia volta perché mi coccolate tanto u.u Eppes!Def says: 804 parole anche in questo capitolo, stesso incipit, finale ciclico che ritroverete in tutti i capitoli... sì, sono pessimo, meriterei di essere abbandonato ma non lo farete çOç. A risentirci... lunedì, credo °_°