Titolo: Touch me, hug me, kiss me... tenderly
Rating: Verde
Genere: Generale, Sentimentale
Personaggi: Angelo Vivaldi, Damien Mureau, Jan Steiner
Wordcount: 1856 (
fiumidiparole)
Prompt: 10 Emotions / 008. Tenerezza @
casti_puri + 227. Fame di affetto @
500themes_itaNote: Shonen-ai, Threesome
«Perché indossi un accappatoio rosa a fiori?» domandò il biondo con il suo marcato accento francese.
Steiner abbassò lo sguardo sull’indumento in questione e parve vergognarsi di indossarlo solo in quel momento, come se non avesse realizzato cosa stesse indossando fino ad allora.
«A-ah... questo» disse, portando la mano libera a coprirsi istintivamente l’inguine, come se fosse nudo «N-non sono riuscito a trovare il mio nella valigia! Non è colpa mia, deve avercelo messo mia sorella!».
Gli altri due rimasero a fissarlo per alcuni secondi, imperturbati, prima di scoppiare fragorosamente a ridere.
«Jan...?!» esclamò Angelo Vivaldi, fissando ad occhi sbarrati il ragazzo che aveva appena varcato la soglia della camera da letto.
Angelo aveva i capelli castani corti ed irti, la fronte libera da ogni possibile ciuffo. Gli occhi marrone chiaro erano sormontati da folte e spesse sopracciglia scure. La mascella squadrata gli dava un aspetto molto virile.
Era in boxer, addossato contro la schiena dell'altro compagno di stanza, Damien Mureau. Quest'ultimo era intento a leggere un romanzo rosa fin troppo sdolcinato - il solo adocchiare il titolo aveva fatto accapponare la pelle ad Angelo - con eccessiva attenzione.
Aveva i capelli biondi e lisci e la barbetta ancora umidi per la doccia che aveva fatto poco meno di venti minuti prima.
Gli occhi blu contornati da una corolla azzurro iridescente, meravigliosi, seguivano lo scorrere delle parole sulle pagine placidi, senza alcuna furia. Pareva l’incarnazione della serenità stessa.
Attorno ai fianchi portava legato un asciugamano turchese che gli copriva l'inguine e poco più.
Damien non sembrava essere molto interessato all'ingresso dell'amico - o, per meglio dire, del suo secondo ragazzo, dato che l'altro si trovava seduto alle sue spalle.
«Jan...» esclamò di nuovo Angelo, allibito.
Al nuovo richiamo anche il biondo finalmente si voltò e a quel punto sgranò gli occhi pure lui, visibilmente stupito: Jan Steiner era avvolto in un accappatoio rosa pesca a fiori, i capelli neri ondulati che scappavano fuori da sotto il cappuccio. Nella mano sinistra teneva il suo paio di occhiali da vista con le lenti squadrate, mentre con la destra si teneva chiuso l'accappatoio sul petto. L’indumento non gli copriva molto, nonostante la sua esile corporatura: a malapena gli arrivava a metà delle cosce.
Il volto dalla mascella sottile aveva un che di vagamente femminile che gli dava un aspetto più giovane rispetto all’età effettiva che aveva - ventidue anni circa.
Posò gli occhi grigi sui visi stupefatti dei due compagni con cui divideva l’appartamento arrossendo leggermente nel sentirsi osservato.
«C-che cosa c’è da guardare in quel modo...?» domandò indignato, piegando le sopracciglia in un’espressione inquisitoria.
Gli altri due inizialmente tacquero: era così ovvio il motivo della loro sorpresa che si chiesero se fosse veramente il caso di farglielo notare; tuttavia, dopo alcuni istanti decisero che sì, era proprio il caso, dato che pareva proprio che il moro non ci arrivasse.
Fu Damien a farsi avanti in veste di portavoce.
Staccò la mano sinistra dal suo libro e protese l’indice, indirizzandolo verso il nuovo venuto. L’indicazione in sé e per sé non diceva niente a Jan che potesse essere esplicativo di cosa stesse passando per la testa di quei due.
«Perché indossi un accappatoio rosa a fiori?» domandò il biondo con il suo marcato accento francese.
Steiner abbassò lo sguardo sull’indumento in questione e parve vergognarsi di indossarlo solo in quel momento, come se non avesse realizzato cosa stesse indossando fino ad allora.
«A-ah... questo» disse, portando la mano libera a coprirsi istintivamente l’inguine, come se fosse nudo «N-non sono riuscito a trovare il mio nella valigia! Non è colpa mia, deve avercelo messo mia sorella!».
Gli altri due rimasero a fissarlo per alcuni secondi, imperturbati, prima di scoppiare fragorosamente a ridere.
«Sembri quasi una ragazzina, Jan!» lo schernì Angelo, portandosi entrambe le mani sulla pancia. Non gli capitava di ridere così tanto e così forte da parecchio tempo ormai. Gli mancava quasi l’aria tanto forte rideva ed iniziava ad avere fitte al ventre.
«Come sei carino...!» esalò Damien prima che un accesso di risa lo cogliesse, facendogli cambiare progressivamente colore del viso da rosso a quasi viola.
Jan contrasse le spalle e si irrigidì, guardando i due dall’alto in basso con aria stizzita e irritata. Si sentiva oltraggiato in un certo senso e gli prudevano le nocche tanto era il suo istinto di picchiarli fino a farli piangere.
Non era una persona rude nei modi, ma quando si arrabbiava desiderava sempre esercitare una forma di violenza estrema su chi alimentava la sua furia, anche se poi, alla fine dei conti, non era capace di alzare un dito su nessuno.
Era la rappresentazione vivente del detto “can che abbaia non morde”.
All’improvviso scattò in avanti, paonazzo, ma non si avventò sui due compagni: camminò quasi a passo di marcia attraverso la stanza, superò i due ed andò fino al suo letto, sul quale si lasciò cadere di peso.
Incrociò le braccia sul petto, imbronciato, ma le sciolse subito per afferrare il cuscino e scaraventarlo addosso al Vivaldi e al Mureau.
«Antipatici!» sbottò, addossandosi contro la testata del letto, girando la testa in modo da non guardarli.
Gli rodeva immensamente dover subire quel tipo di trattamento a causa di un brutto scherzo di sua sorella. Chissà quanto si era divertita quella strega nel sostituirgli l'accappatoio nella valigia. Non vedeva l'ora di averla di nuovo davanti! L'avrebbe strangolata più che volentieri.
Damien e Angelo non erano cattivi, in fondo. Quello che dava veramente fastidio a Jan era che stavano soffocando per quanto stavano ridendo di lui.
Rimase imbronciato a lungo, senza osare rivolgere la parola ai due, che molto piano e solo dopo diversi minuti riuscirono a calmare le risate e tornare sobri.
Angelo si asciugò una lacrima voltandosi verso lo Steiner.
«Jan, scusaci ma... è troppo divertente!» sospirò, fissandolo in attesa di una qualsivoglia risposta da parte dell'interpellato.
Quando si rese conto che non sarebbe arrivata nessuna risposta, si alzò e si avvicinò al letto.
«Jan...?» chiamò, perplesso.
Damien, da lontano, seguiva attentamente la scena. Il suo romanzo rosa adesso giaceva appoggiato sul pavimento, vicino a lui, ormai dimenticato: la sua attenzione aveva ben altro su cui concentrarsi.
«Jan... te la sei presa?» domandò, inarcando un sopracciglio mentre si alzava in piedi per raggiungere gli altri due.
«Non è colpa mia se mia sorella è un'imbecille!» sbottò inviperito lo Steiner, voltandosi finalmente verso i suoi interlocutori.
Vivaldi e Mureau si scambiarono un'occhiata.
«Su, dai... scusa» intervenne il biondo «Comunque, a parte tutto, sei molto tenero con quell'accappatoio» aggiunse.
«Tenero...?» ripeté Jan, sbattendo confuso le palpebre. Le sue guance s'imporporarono in pochissimo, divenendo fuochi ardenti.
«Sì, ha ragione...» convenne Angelo.
A guardarlo bene, Jan era veramente tenero: l'espressione a metà tra imbarazzato e ferito e la postura ritratta, come se si vergognasse di sé, alla quale si aggiungeva la sua evidente goffaggine e ingenuità dato che prima di partire per andare con loro in vacanza non si era preoccupato di controllare che sua sorella gli avesse fatto qualche scherzo - nonostante conoscesse ormai bene che tipo di persona era - lo rendevano molto più dolce di quanto già fosse in sé e per sé.
Damien allungò una mano e sequestrò gli occhiali da vista che il moro teneva ancora saldamente stretti in mano per un'asticella. Non era miope al punto da non vedere quasi per niente senza occhiali, per fortuna.
«Damien...! Cosa fai?!» esclamò lo Steiner nel sentirsi sottrarre di mano gli occhiali e vedendone la sagoma leggermente sfocata nella mano del Mureau.
«Non penso che ti serviranno oltre... e poi mi sono d'intralcio» spiegò laconicamente il biondo, calcando particolarmente sul suo accento francese. Quest'ultimo, unito al tono utilizzato, lasciavano ad intendere che nelle sue intenzioni ci fossero cose fin troppo perverse persino per essere riprodotte nell'immaginazione altrui.
Jan quella sera non aveva davvero voglia di fare sesso. Era l'ultimo dei suoi pensieri.
In quel momento tutto ciò che voleva erano coccole. Voleva godersi il lato più puramente affettuoso del loro rapporto a tre.
Fu una piacevole sorpresa, perciò, sentire la mano di Damien accarezzargli il viso e non altre parti del corpo, ben più in basso - e ben più concernenti il tipo di divertimento che sembrava avere per la mente.
«Oh...!» esclamò Jan, sollevato, abbandonandosi al contatto.
«Be', perché ti sei sorpreso?» volle sapere il Mureau, lanciandogli un'occhiata di velata indignazione «Guarda che non sono bravo solo a fare sesso» aggiunse, intuendo a priori la fonte del suo stupore.
«È vero» soggiunse Angelo, sedendosi sul bordo del materasso «Quando vuole sa anche essere un tenerone...!».
Il Vivaldi si guadagnò un'occhiataccia da parte del biondo, il quale però non accennò minimamente a staccare la propria mano dalla guancia di Jan.
Angelo scrollò le spalle e si decise a seguire l'esempio di Damien: per una volta sarebbe stato divertente assecondare la "fame di affetto" di Jan, senza costringerlo a seguire il suo "istinto maschio assopito".
Gli accarezzò il collo, solleticandogli la pelle con movimenti leggeri delle falangi.
Jan iniziò a ridere, dapprima piano e poi sempre più forte mentre Damien gli sfiorava delicatamente una natica con la mano che non era impegnata con la guancia.
Lo Steiner si stava divertendo come non gli capitava da diverso tempo.
«S-smetti...!» disse, tra una risata e l'altra, cercando di spostare la mano di Angelo dal suo collo: non riusciva ad essere convincente ed incisivo come al solito se rideva.
Il Vivaldi l'accontentò e sostituì le attenzioni dategli con la mano con le labbra: si chinò su di lui e gli posò un candido bacio sulla bocca.
Il moro rimase spiazzato dalla delicatezza con cui operò. Solitamente riusciva ad essere discretamente efficiente ed eloquente quando baciava - per non parlare dell'aggressività passionale che caratterizzava i suoi baci.
In quel momento le sue labbra si stavano comportando in modo esattamente opposto rispetto al normale. Jan, tutto sommato, non disprezzava quel cambiamento inatteso e insperato.
«Ehi! Angelo non vale! Ci avevo pensato prima io!!» esclamò indignato Damien mentre seguiva l'intera scena del bacio.
Si dedicò alle carezze al ventre e alle gambe dello Steiner, dato che la metà superiore del corpo era irraggiungibile a causa della presenza di Angelo.
Tra carezze, morsetti innocenti e giocosi, occhiate ilari e sguardi colmi di timidezza, abbracci e baci leggeri, Damien e Angelo riuscirono a soddisfare appieno il desiderio di coccole di Jan, che passò l’ora più dolce e piacevole da molto tempo a questa parte.
«Allora? Contento?» volle sapere il Mureau una volta finito, osservando il viso dello Steiner: quest'ultimo era arrossito violentemente, un po' per l'imbarazzo di tutte quelle attenzioni improvvise e un po' perché effettivamente tutto quello stare vicini gli aveva fatto venire un gran caldo.
«S-sì...» affermò il moro, sorridendo timidamente all'indirizzo degli altri due «Grazie...».
«Figurati. Adesso però ti metti i boxer o gli slip e si comincia la nostra maratona di film horror...!» s'intromise il Vivaldi, incrociando con palese impazienza le braccia sul petto.
La loro prima notte di vacanza estiva l'avrebbero passata a guardare vecchi film horror finché non fossero stramazzati a terra vinti dal sonno. L’avevano deciso durante il viaggio ed avevano intenzione di mantenere l’impegno: Angelo e Damien erano convinti che sarebbe stata un’occasione veramente interessante.
L'idea in sé e per sé non aveva entusiasmato Jan fin dal principio, ma aveva acconsentito dato che i suoi partner parevano tenerci veramente tanto - e poi sapeva che sui due compagni avrebbe potuto contare quando sarebbe venuto il momento di spaventarsi.
La menzione dell’evento, però, non aveva di certo contribuito al mantenimento dell'atmosfera che si era creata, e ciò dispiacque allo Steiner: il calore e l’affetto di quanto appena accaduto gli era diventato estremamente congeniale e gli riusciva difficile rinunciarci bruscamente.
«Sì, mi vesto...» disse mansueto ed obbediente, alzandosi dal proprio letto per andare a recuperare l’intimo dall’interno della sua valigia, situata all’altro capo della stanza.
«E la prossima volta che vedrai tua sorella, digli che probabilmente le metterò della colla al posto della cera depilatoria se non l'avrà già fatto qualcun altro!» disse il biondo in tono sostenuto, raggiungendolo per passargli nuovamente gli occhiali.
«D'accordo...!» rispose il moro, ridacchiando sommessamente all’idea mentre inforcava nuovamente le lenti.