Titolo: I francesi cantano, gli italiani piangono
Fandom: Hetalia
Personaggi: Francia/Fem!Sud Italia, Nonno Roma, Un po' tutti
Rating: SAFE
Capitoli:
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13
Parole: 1548/?.
Genere: Slice of life, Storico, Generale
Note: Per il
ChaCha di
Fiumidiparole.
Sto riscrivendo una vecchia fanfiction mai conclusa. Non scrivo più di Fem!S. Italia da diversi anni, quindi spero di riuscire a renderla decentemente. qvq
I capitoli dovrebbero essere 13, se in corso d'opera non decido di aggiungere altri periodi storici.
Riassunto: Ogni capitolo rappresenta un periodo storico in cui la Francia e il Sud Italia sono entrati in contatto, mostrando così l'evoluzione del loro rapporto.
Disclaimer: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla.
Una sorpresa gradita
51 a.C.
Dopo anni di scontri i romani riescono a conquistare la Gallia sotto la guida di di Giulio Cesare, grazie alla caduta di Alesia. Questa vittoria risulta fondamentale, in quanto ad essere sconfitta è l'intera coalizione della Gallia. Restano da sedare alcune rivolte locali, ma ne giro di due anni la regiove viene dichiarata provincia romana.
Osservò le onde azzurre, cristalline, che si gonfiavano e poi si infrangevano in una spuma frizzantina sulla battigia. Il ronzio del vento, lo scrosciare ritmico del mare, i gridi dei gabbiani, questi erano i suoi che riempivano le sue orecchie. Da quando era tornata aveva passato molte ore su quella spiaggia, quel luogo la calmava. I primi mesi erano stati particolarmente difficili. Si svegliava quasi ogni notte, urlando, a causa dei sogni in cui vedeva il nonno, o sua sorella o gli altri soldati, morire, spappolati, trafitti, macellati. Una volta era riuscita ad avvicinarsi ad un campo di battaglia, ma non era stato necessario accorciare troppo le distanze per saziare la propria curiosità. Da lì, dove si trovava, era riuscita a scorgere i due eserciti massacrarsi a vicenda. Ad alimentare i suoi incubi, poi, era bastato guardare come tornavano i soldati dalle battaglie o in quanti non tornavano affatto.
Un altro giorno, invece, aveva deciso di visitare il nonno in un momento sbagliato. Doveva essere andato storto ualcosa nello scontro o nell'accampamento, non ne era sicura, non sapeva nemmeno con chi si stava arrabbiando il nonno, perché era successo tutto troppo velocemente. Era entrata nella sua tenda, chiamandolo, ma non ebbe nemmeno il tempo di coprire metà della listanza che separava il nonno dall'ingresso che questo le aveva già rivolto uno sguardo feroce, innaturale, animale. Non era propriamente rivolto a lei, questo lo aveva capito, ma era scappata subito da quel posto, andando a rifugiarsi in uno dei suoi posti segreti - degli angoli dell'accampamento un po' meno frequentati degli altri, dove poteva sperare in un minimo di calma e pace. Quegli occhi, però,continuava a sognarli. Si svegliava nel pieno della notte mentre urlava, madida di sudore e tremante. Erano dovute passare diverse settimane prima che potesse rivolgere novamente la parola al nonnno, senza avere un attacco di panico prima, senza immobilizzarsi e non riuscire più a muovere un muscolo dalla paura in sua vicinanza.
Era passato però molto tempo. Veramente tanto per i semplici umani, non più di ualche mese dal suo punto di vista. Ora riusciva a dormire tranquillamente, non sentiva più il bisogno di isolarsi, le voci - o meglio: le urla - erano scomparse dalle sue orecchie e non aveva più quello sguardo davanti agli occhi. Ancora non riusciva a sopportare bene la vista e all'odore del sangue, ma stava rimediando. Era felice dei progressi che aveva fatto. Inspirò profondamente e con lentezza l'aria calda e salata. Sentiva la testa leggera.
« Oh, piccola! Sei qui! »
Aprì gli occhi di scatto, colta di sorpresa da quella voce inaspettata, della quale non aveva udito il proprietario avvicinarsi. Tempo. Sì, ne era passato veramente molto da quando aveva sentito quel tono basso e rauco l'ultima volta. Si alzò in piedi e con una piroetta corse ad abbracciare il nonno. I piedi scalzi che affondavano nella sabbia morbida e non eccessivamente calda.
« Finalmente ti ho trovato! Stavo iniziando a temere di dover venire a cercarti per tutta l'isola, sai? » Lui si staccò da quel contatto solo per inginocchiarsi davanti a lei e poiterla osservare completamente, dalla punta dei piedi a quella dei capelli, per assicurarsi che fosse proprio lei, tutta intera per controllare se fosse cresciuta, se era in salute. Sorrise e la strinse nuovamente tra le proprie braccia. « Dovresti saperlo che mi preoccupo facilmente, soprattutto quando ti vai a nascondere in questi posti isolati. » Rise, perché anche se non glielo avrebbe detto, almeno non ancora, sapeva benissimo da chi aveva ripreso e vedere una miniatura di sé gli metteva allegria.
Lei era riuscita a rimuovere completamente quegli orribili ricordi che per tanto l'avevano tormentata, a dimostrarlo c'erano le sue braccine che stringevano con quanta forza avevano le spalle muscolose del nonno. E forse non era solo la ferocia dell'uomo che aveva completamente metabolizzato, forse poteva tornare a farsi raccontare da lui le sue gesta in battaglia. Quei racconti di morti che pronunciati dalle sue labbra acquiaìstavano una veste nuova e si travestivano da avventure e leggende, da imprese eroiche pure e nobili. Il nemico che andava distrutto per far trionfare la pace, il popolo che andava a conquistarlo per essere liberato dalla sua ignoranza ed essere elevato alle chiare leggi romane, per sconfiggere quegli dei selvaggi e far trionfare i sacri Penati. Tutto questo, nei raccondi del nonno, era lontano dai veri orrori della guerra. Nessuno veniva martoriato, non c'erano urla, non si sentiva la puzza, si poteva dormire con entrambi gli occhi chiusi e persino la morte aveva il suo fascino: lasciare la vita per il bene della Patria, la vita di un uomo in cambio della realizzazione di grandi ideali. Sembrava che ci si tuffasse in un altro mondo, dove il tempo passava velocemente e persino la più cruenta delle battaglie poteva svolgersi in non più di un pomeriggio.
Sorrise e strusciò la guancia controllo la spalla del familiare.
« Allora? Com'è stato? Cosaè successo dopo che sono partita? Avete vinto alla fine, vero? Eh, vero nonno? »
Un fiume di domande che fece scoppiare in un'altra roca risata l'uomo, prima di separarsi da quell'abbracio e alzarsi in piedi, porgendole una mano.
« Ti racconto mentre torniamo a casa, ti va? »
Lei gli strinse la mano e seguì trotterellando i lunghi passi altrui, ascoltando con rapimento ogni parola che usciva da quelle labbra screpolate da sole, come se anche il più piccolo dei dettagli, la più insignificante delle pause potesse rappresentare un piccolo tesoro da trovare e prendere con sé.
Passi pesanti risuonavano tra le mura, seguiti da un fruscio di vesti ed uno scalpiticcio più leggero, di piccoli piedi scalzi.
« E a quel punto mi è saltato alle spalle e mi ha puntato una spada alla gola. »
« Ah! » Un piccolo urlo, terrorizzato, come se potesse realmente vedere la scena e davanti a lei ci fosse veramente il nonno in pericolo di vita.
« Ma io gli ho tirato una gomitata allo stomaco e mi sono divincolato. Con un colpo, invece, l'ho fatto cadere a terra e allora l'ho sovrastato, puntandogli la mia di spada alla gola. Non faceva più tanto il gradasso in quella posizione, ah! » Si fermò ed agitò un braccio, come se stesse realmentepuntando una spada alla gola di qualcuno steso a terra.
« E lo hai ucciso? »
Un attimo di pausa, un sospiro, un sorriso.
« No. L'ho convinto a stipulare una pace. Ed adesso sono provincia romana. » Si rimise in moto, avvicinandosi ad una porta.
« Ah! E quindi hai vinto ed adesso tutti quanti sanno che tu sei il più forte, eh? » Lei lo raggiunse, dove il nonno si era fermato.
« Certo piccola. E... » Una piccola indecisione. Aria inspirata rumorosamente nel naso. « E credo di avere, sì, una specie di sopresa per te. »
Gli occhi le brillarono e li tenne fissi sulle mani del nonno, che andarono a poggiarsi sullla porta davanti alla quale loro si trovavano per aprirla. Un attimo di tempo per abituasrsi al buio delle stanze interne, un veloce sbattere di palpebre e poi-
Capelli biondo chiaro e mossi, occhi azzurri dello stesso colore del mare di poco prima, un ragazzo poco più grande di lei. Questa volta è vestito bene, secondo le usanze romane.
Questa volta, sì, perché non ci impiega molto a riconoscerlo. È stato uno dei pochi volti che apparivano nei suoi sogni a non tormentarla, ma anzia a guidarla verso luoghi più tranquilli, verso il risveglio nel proprio letto, nella propria casa, al sicuro. Strizza gli occhi, cerca di ricordare, di assicurarsi che la sua memoria non l'abbia ingannata per tutto quel tempo e che i dettagli che costituiscono l'immagine nella sua mente siano il più verosimili possibili. Come aveva detto di chiamarsi? Doveva essere qualcosa come... François, già. Gli sorrise, timida. In fondo non lo aveva più visto dopo quella volta, non era nemmeno certa che lui si ricordasse di averla già incontrata.
Lui, però, rispose al suo sorriso.
La prima volta non aveva avuto più pallida idea di chi fosse, poteva essere un ragazzo come un altro: ora invece lo sapeva. Lui era il fantomatico nemico che il nonno aveva combattuto, era lui il barbaro ignorante e crudele, la causa di quella querra e di tutti i suoi incubi, del suo dolore. Era lui quello che - aveva sempre sentito dire - uccideva per divertimento, che rapiva le ragazza che non si comportavano bene, che faceva stragi di nobili soldati. Il male sceso in terra per minare la pace romana.
No, non poteva essere lui. Non così come lo avevano descritto.
« Starà con noi per un po' di tempo, adesso. Avete più o meno la stessa età quindi... Potreste giocare insieme. Potresti insegnarli il latino, no? Qualcosa lo capisce, ma non lo padroneggia ancora bene. Ah, già. Lui si chiama François, e questa... Questa è mia nipote. » Li presentò il nonno.
Una sorpresa, un nuovo amico, qualcuno con cui passare il tempo, qualcuno ai suoi ordini. Si sarebbe divertita, lo prevedeva.