Heroes - "Come Sempre" - Angela/Adam - PG

Mar 16, 2008 14:32

Titolo: Come sempre
Fandom: Heroes
Personaggi: Adam Monroe, Angela Petrelli, menzione di Arthur Petrelli e Daniel Linderman.
Pairing: Adam/Angela
Timeline: 1950-1960 suppongo.
Rating: PG
Parole: 850 circa
EFP: LINK.
Riassunto: Mattina presto al quartier generale dei Dodici.
Note: Ehm, boh! Ho avuto una specie di fulminazione ieri sera, e mi andava di buttar giù qualcosa. Premetto che i personaggi sono molto probabilmente OOC, raramente mi sono interessata alla fantomatica 'prima generazione', e di Angela so davvero poco o niente, però - così è venuta fuori. Dovrebbe svolgersi attorno al '50-'60 contando che Angela e Arthur si sono sposati nel 1965. Oltre a questo non saprei che altro dire, quindi - (ah! sono fiera di me, in questa ff non è coinvolto Sylar ;_; sto facendo progressi).





COME SEMPRE

Riconoscerebbe quel rimbombare di tacchi alti ovunque.

- Sei in ritardo.

Borbotta non appena gli passa accanto, senza degnarlo, come sempre, del benché minimo sguardo.

- Lo sarei se solo avessi avuto un appuntamento.

Gli risponde, scontrosa come suo solito.
Eppure gli piace il tono di voce teso e stizzito, e quella sottile piega che le si disegna vicino alle labbra tutte le volte che ha qualcosa di cattivo da dirgli.
Si stacca dal muro al quale è appoggiato, nell'ennesima estenuante e più o meno paziente attesa dell'arrivo di lei.

- Non vorrai che ti chieda di sottoscrivere un contratto in cui stipuliamo per filo e per segno tutti i nostri orari, Angela?
- Quali appuntamenti, Adam?

Calca sul nome. E' già tanto che non l'abbia chiamato Signor Monroe.
Lui le tiene dietro. Non la lascerà scappare, e lei ne è fin troppo consapevole.

- Il fatto che tu faccia finta di niente non renderà meno vero quello che è successo.

Le fa notare infilandosi le mani in tasca e sorridendole di sfuggita.
Una fitta di invidia da qualche parte, perché lei è terribilmente brava a fingere.
Troppi secoli di bugie sulle spalle ti rendono piuttosto restio alla commedia.
Ma non gliel'avrebbe mai detto. Non a lei almeno.

- Adam, Adam, Adam... la tua fervida immaginazione ci metterà nei guai un giorno.
- Non dire ci con quel tono schifato.

Le si para davanti, impedendole di proseguire nella sua folle corsa verso il suo laboratorio. Il suo personale rifugio, lontana da scocciatori e simili.
Probabilmente Arthur sarà là dentro in continua chiacchera con Daniel -

Gli sorride.
Ma non è benevola, lo sta solo prendendo in giro.

- Qualcuno potrebbe pensare che sei interessato a me.
- Ah, davvero?

Le domanda con nonchalance, divertito dal suo atteggiamento.
E lei gli si avvicina di un passo, quel tanto che basta per poterlo guardare dritto negli occhi a distanza ravvicinata.
Può sentire il suo cuore battere più rapidamente, e il sangue affluirgli più rapidamente alla testa.
Ha lo strano vizio di arrossire sul collo... non sa perché lo ha notato.

- Anche se le mie lenzuola hanno il tuo stesso odore, non hai alcun diritto di importunarmi in questo modo.
- Le tue lenzuola? Credevo fossero le mie.

Ribatte.

- Forse entrambe? Ho una pessima memoria, Signor Monroe, dovrebbe perdonarmi.

Lo sapeva.

- Sei prevedibile, Angela.
- Oh, no che non lo sono.

Alza il mento, in quell'espressione piena d'orgoglio e stizza allo stesso tempo. Eppure i suoi occhi sorridono, brillano di quella luce strana che - scommetterebbe - nessun altro conosce se non lui.

- Lo sei.

Non gli risponde. E' abituata a provocare, non a raccogliere le provocazioni.

- Anni e anni di esperienza, Adam, e ancora non puoi dire di aver capito le donne. Qualcuno potrebbe chiedersi come hai occupato fino ad ora il tuo tempo.

Insinua perfida, sfoggiando un sorrisetto che le arcua le labbra in una smorfia impietosa, prima di allontanarsi da lui e riprendere la sua marcia per il lungo corridoio.

- Qualcuno come te?

Le chiede, senza muoversi, prendendo per un attimo in considerazione l'ipotesi di non seguirla, per una volta.

- Non ho detto questo.

Alza leggermente la voce per farsi sentire, ma non ha intenzione di fermarsi. Sa fin troppo bene come andrà a finire.

Uno.

Assottiglia lo sguardo, lanciando una fugace occhiata all'orologio da polso che indossa.
7:03.

Due.

Continua a guardarla. E i suoi occhi scivolano sulla sua figura perfetta, sulla gonna scura che le fascia i fianchi perfetti, e segue la morbida curva delle sue cosce... e quelle gambe che potrebbero farlo impazzire da un momento all'altro.

Voci lontane, ma non si ferma.
Forse Arthur e Daniel ancora impegnati in una qualche assurda scommessa che si tira avanti dalla notte prima.

Passi rapidi.
Si sente afferrare per un braccio e si blocca all'istante.

Tre.

Stavolta il sorriso è ampio, l'espressione saccente quando si volta verso di lui.

- Tre, Adam. Ancora un misero tre.
- Tre? Scherzi? Avrei giurato fossero almeno cinque!
- Tre.

Ribadisce senza la minima ombra di compassione.
Alza una mano togliendogli un lungo capello nero che fa bella mostra di sé sulla sua giacca blu.

- Dovresti stare attento... qualcuno potrebbe pensare che hai trascorso la notte con qualcuno...
- Ah sì?

Ride.

- E perché mai?

Lo guarda piegando il capo di lato, scrutandolo attentamente.

- Non saprei. Hai qualche idea?
- Ti stai comportando come una liceale.
- Detto da uno che non ha mai frequentato un liceo è piuttosto singolare.

Risate conosciute risuonano dal corridoio subito adiacente al loro.

- Devo andare.
- No, non devi.

Fa finta di non averlo sentito. Quella conversazione è già stata fatta tante di quelle volte che potrebbe giurare di saperla a memoria.

- Lavorerò fino a tardi.

Sa che funziona così, ma glielo ripete comunque.
E lui sa che non lo fa per metterlo in guardia, ma solo per farglielo sapere.

- Come sempre.

Gli dà le spalle, senza dire niente.

- Come sempre, Adam, come sempre.

Sa che sta sorridendo, sa che non lo guarda perché vuole che lo intuisca.
Stavolta non la segue, le regole del gioco glielo impediscono.

Come sempre, d'altronde.

Come sempre.

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