Titolo: Tell Me I'm Angel, Take This To My Grave
Fandom: Heroes
Personaggi: Sylar, Maya, menzione di Mohinder, Elle, Molly
Pairing: Sylar/Maya
Rating: PG
Prompt: Perché?
Capitoli:
I | II |
III |
IVParole: 878
EFP:
LINK.Riassunto: Prima di tutto, gli avvenimenti di questa ff sono successivi a quelli di
No Mercy, No More: Maya, d'accordo con Mohinder, Elle & Co. frega Sylar e riesce a catturarlo. Inizia così la sua "prigionia".
Note: (
Vedi il primo capitolo. )
Tabella:
TABELLA. Capitolo I | Capitolo II |
Capitolo III | Capitolo IV
Tell Me I'm Angel, Take This To My Grave.
Parte Seconda
And say,
What I wanna say
Tell me I'm an angel,
Take this to my grave.
Tell me I'm a bad man,
Kick me like a stray.
Tell me I'm an angel,
Take this to my grave.
My Chemical Romance - House of Wolves
- Gabriel... Gabriel...
Di nuovo.
Di cosa ha paura?
- Svegliati, Gabriel...
Apre di scatto gli occhi solo quando le sue mani sfiorano le sue, in un disperato tentativo di riportarlo alla realtà.
- No!
La voce gli esce roca e bassa, in un disgustoso e disarmonico accostarsi di suoni esausti.
Lei sta trattenendo il respiro, il suo cuore batte più velocemente.
Lo sente di nuovo quel profumo. Quel buon profumo di... no, non è mai riuscito a ridurlo a qualcosa di materiale. Non gli è mai interessato. Né gli interessa.
Ma è l'improvviso appiglio a qualcosa di familiare in un ambiente che gli è totalmente estraneo e ostile.
- Sta' calmo.
Mormora, probabilmente sta parlando con se stessa, non vuole disturbarlo.
- Ti ho portato un po'... d'acqua.
Deglutisce. E' nervosa.
Crede che le sue condizioni gli impediscano di rendersi conto di ciò che sta succedendo?
No, non può essere così stupida. Non proprio adesso che si è deciso a rivalutarla, non proprio quando un insensato, masochistico orgoglio di maestro che riesce a farsi superare dall'allievo, si è impossessato di lui. Come in un'assurda rivalsa su una sconfitta altrimenti schiacciante.
E' stato davvero così imprudente? Così pronto a cadere su quegli errori che aveva disprezzato in altri. Ci è inciampato sopra, e adesso... adesso non sembra dispiacergli nemmeno tanto.
Ha quel profumo, lo conosce, è lì vicino, e sa di familiare, sa di suo.
E tanto gli basta.
- Aspetta...
Una mano si insinua dietro la sua nuca. Trema incontrollabilmente mentre si sente spingere leggermente verso l'alto. Dischiude le labbra in una patetica aspettativa.
E poi il vetro gli sfiora le labbra, e acqua fresca gli scivola lungo la gola, ridandogli un'insperata sensazione di speranza e vitalità.
Un rivolo trasparente scappa innavertitamente, bagnandogli il mento.
Ed è un gesto rapido e preciso quello che lo asciuga, prima che il bicchiere venga rimesso al suo posto, su un nudo comodino di fianco al letto.
Vorrebbe aprire gli occhi, ma teme che la minuscola luce appena accesa possa in qualche modo acciecarlo.
E' già abbastanza la sensazione di sentirsi fissato.
Occhi neri che non lo mollano un secondo, che scrutano ogni singolo centimetro del suo viso, studiandolo con attenzione e perizia.
- Dios mìo... come ti hanno ridotto, Gabriel.
- Tu...
Ha abbastanza voce per accusarla, per darle tutta la colpa, scaricarle addosso il risentimento di una partita persa per mancanza di cautela.
- No... no sei stato tu a farti questo.
Ride sommessamente, nonostante la gola gli faccia male.
- No, Maya.
- Hai ucciso Alejandro.
- Come...
Tossisce bruscamente, riaprendo di scatto gli occhi.
Un lampo improvviso gli sferza le pupille, costringendolo a richiuderli altrettanto velocemente.
- Sta' fermo.
- Lasciami s-stare!
- Gabriel, por favor...
- No...
Cade il silenzio. Non hanno più niente da dirsi.
- Mi dispiace, Gabriel... mi dispiace così tanto...
Un'improvvisa sensazione disagio, prova evidente che la situazione può peggiorare ancora.
Si sta scusando? Gli sta... chiedendo perdono?
Per averlo tratto in inganno, venduto alla mercé di qualcun altro per insulsi esperimenti, forse.
Magari, invece, aspettano soltanto il momento buono per ucciderlo, per liberarsi definitivamente di lui.
Sarebbe come se non fosse mai esistito. Tutto lavoro inutile, tutto... tutto per diventare il vago ricordo di cronache nere di tempi passati. Perso in archivi di scartoffie polverose in qualche commissariato di polizia del paese.
- Maya...
Suona come una richiesta. Forse una supplica, non ne è sicuro nemmeno lui.
Probabilmente non vuole nemmeno saperlo. Si sente già abbastanza umiliato da una situazione decisamente scomoda e spiacevole.
Ma sa... sa che se la caverà anche stavolta. Ne è convinto. Deve esserne convinto.
- Che c'è?
La voce le trema. Si è avvicinata comunque.
Gli è sembrato di vederla chinata su di lui, forse in un disperato tentativo di non perdersi una sola delle poche parole che gli scivolano giù dalle labbra.
- N-non...
- Cosa?
E' lei a sembrare impaziente adesso. Vena di un'assoluta smania di sapere, nel tono della sua voce. Lo sente dalle vibrazioni irregolari delle sue corde vocali, e dal battito sregolato del suo cuore. Quel cuore così puro, eppure macchiato di atroci crimini.
Può l'intenzione influire nella gravità di un delitto?
Cos'è che cambia?
Sono entrambi assassini. Le mani di entrambi sono macchiate di sangue più o meno innocente.
Dove sta la differenza? Dove?
Tutta là dentro, forse. In quel continuo battere accelerato di chi ha solo voglia di essere felice.
E prima che se ne possa rendere conto, muove la mano a tentoni, su quelle lenzuola sgualcite che sanno di stantio e muffa, alla ricerca di qualcosa.
Se potesse guardarla, vedrebbe che sta seguendo con lo sguardo quella mano alla disperata ricerca di un contatto.
- Devo andare, Gabriel.
Non lo sente più quel profumo.
No. Vorrebbe afferrarla per un polso e costringerla a restare lì con lui.
Non tanto per la sua compagnia, ma solo per quello spicchio di familiarità che lo convince di non essere poi così perso in terra nemica.
Si limita a deglutire.
- Devo andare...
Ripete di nuovo, come se si stesse convincendo ad alzarsi davvero e andarsene.
Non vuole farlo. O almeno...
Se potesse, le rivolgerebbe un ringraziamento di scherno per quella poca acqua che gli ha portato.
Ma non ne è in grado... e prima che possa rendersene conto, i passi, il cigolio della porta, il titinnio delle chiavi, e quel profumo, se ne sono già andati.
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