Titolo: Cinque sensi e sette peccati
Rating: rosso
Fandom: Dragon Trainer (How to train your dragon)
Paring: human!Sdentato/Hiccup
Genere: erotico, fluff
Avvertimenti:slash, vagamente PWP
Note: I personaggi non sono miei, non mi appartengono e non ne ricavo nulla.
Questa cosina è stata scritta per la sesta edizione del p0rnfest, dal fantastico promt DRAGON TRAINER Hiccup/Human!Sdentato, Cinque sensi, che adoro perché mi ha permesso di scrivere qualcosa su questa “coppia” che mi gira in testa da parecchio tempo. E la cosina potrebbe avere anche un seguito, ahimè.
CINQUE SENSI E SETTE PECCATI
Hiccup spalanca gli occhi nel buio della sua stanza e impiega qualche secondo a capire che cosa lo abbia svegliato nel cuore della notte. Solo quando intravede nell’oscurità gli occhi di Sdentato brillare e fissarlo attentamente, trae un profondo respiro di sollievo.
Sdentato muove incerto qualche passo verso di lui, camuffandosi perfettamente tra le ombre. Gli occhi verdi sono l’unica cosa che si intravede della sua figura alta e affusolata, ma tanto basta ad Hiccup per ributtare la testa sul cuscino e sospirare.
« Non riesci a dormire?».
Sdentato scuote la testa e si avvicina ancora un po’ al letto, venendo investito dalla luce pallida della luna.
«Ancora incubi?».
Questa volta il ragazzo annuisce mordicchiandosi il labbro inferiore e fermandosi proprio al suo fianco, indeciso.
Ad Hiccup viene da ridere, nel vederlo così spaventato e naïve, perché nonostante ora si possa ergere su due gambe, ai suoi occhi rimarrà ancora come un cucciolo di drago. Un cucciolo di drago capace di essere molto pericoloso, alle volte, ma incredibilmente tenero.
Hiccup è convinto che Sdentato faccia ancora fatica ad abituarsi alla sua forma umana.
Quando vola per aria, spiega le sue immense ali nere e ruggisce nel vento, sembra essere nato per dominare il cielo, e forse è davvero così. Plana sul mare senza esitazioni e si getta giù per le scogliere come se fosse la cosa più naturale del mondo, ma quando poi ritorna sulla terra ferma e assume sembianze umane, beh, è tutta un’altra cosa.
Ha impiegato settimane a imparare a camminare su due gambe anziché su quattro, e c’è voluto ancora più tempo per fargli raggiungere l’equilibrio necessario a non cadere ogni tre passi. Ma lo hanno fatto assieme, passo dopo passo, letteralmente. Hic ha imparato ad utilizzare il suo piede artificiale nello stesso modo in cui Sdentato ha incominciato a usare le mani, ed Hic pensa davvero che nessuno dei due ce l’avrebbe fatta senza l’aiuto dell’altro.
Nonostante i mesi, gli esercizi e il tempo passato in forma umana, Sdentato ha ancora qualche problema col suo corpo e con il relazionarsi con gli altri uomini senza doverli spaventare o portarli sulla schiena. Sicuramente non sarà mai impacciato e sgraziato come Hiccup, e di questo lui ne è profondamente geloso, ma allo stesso tempo non sembra essere perfettamente a suo agio a usare i piedi anziché delle zampe. E poi c’è tutto quell’apparato di emozioni e gesti tipicamente umani che Hiccup si sta sforzando di insegnargli e che spesso fanno impazzire entrambi
Come in questo momento, mentre se lo ritrova ai piedi del letto nel mezzo della notte, stupito e spaventato per uno dei suoi soliti incubi. Non ne hanno mai parlato, ma Hiccup sospetta si tratti di quella creatura abominevole che si nascondeva nel loro nido, a tormentarlo in notti fredde e piovose come quella. E non può dargli torto, perché qualche volta capita anche a lui di sognare i sei occhi di quel demone alato e le sue fauci che lo inghiottono. Rabbrividisce al solo pensiero e si sforza di tornare al presente.
« D’accordo, vieni qua» mormora in uno sbadiglio il ragazzo facendo posto all’altro nel proprio letto e con la segreta speranza che basti quello a calmarlo, perché ha davvero un sonno tremendo e tutto quello che vorrebbe è farsi una lunga, sana, dormita.
Sdentato sorride in un modo tutto suo e si getta accanto a lui, infilandosi rapido sotto le pesanti coperte di lana e pelliccia.
Sdentato si scosta dal viso i lunghi capelli corvini e poggia la testa sul cuscino sorridendogli con gli occhi che brillano, e Hiccup non può fare a meno di pensare a quanto il suo corpo umano ricordi quello da drago. Non ha proprio nulla di vichingo, tutto di lui sa di esotico, a partire dalla pelle abbronzata (così diversa da quella della gente del Nord) ai capelli d’ebano, lisci come i tessuti più rari, agli occhi sottili e verdi. Forse è solo lui a notarlo, ma c’è qualcosa nei suoi occhi, di uno strano verde brillante, che non è né felino né rettile, ma ugualmente affascinante e disturbante.
«’notte» mormora Hiccup chiudendo di nuovo gli occhi e un attimo dopo sente Sdentato accovacciarsi al suo fianco e poggiare la testa sulla sua spalla, proprio come farebbe se fosse in forma di drago.
E poi il naso dritto di Sdentato inizia a strusciarsi sul suo collo, annusando e facendogli venire il solletico.
« Smettila, dai…» sussurra Hiccup ridacchiando, ma Sdentato non sembra assolutamente intenzionato a smettere.
Questa è un’altra delle cose umane che Sdentato ancora fatica a comprendere. Troppo spesso Hiccup lo trova intento ad annusare un po’ tutto quello che trova, dal secchio dell’immondizia ai piedi di suo padre. All’inizio era divertente, ma dopo che ha annusato gli indumenti intimi di Astrid appesi ad asciugare, è diventata una cosa parecchio imbarazzante, oltre che pericolosa.
« Sdentato, non mi potresti annusare domani? Avrei davvero bisogno di dormire adesso» prova speranzoso Hic ma sa già che il suo migliore amico può diventare terribilmente testardo in questi casi. Probabilmente il nuovo olio da bagno che ha usato per lavarsi quella sera, un regalo di Astrid, deve averlo incuriosito.
Sdentato alza leggermente il capo dal suo collo e gli rivolge uno sguardo confuso e arriccia il naso in un modo che fa istintivamente sorridere l’altro ragazzo.
« Annusare, Sdentato. Quello che stai facendo si chiama annusare e non è proprio buona educazione farlo davanti o sulla gente» gli spiega con pazienza Hic e gli occhi di Sdentato si assottigliano, dimostrando ancora una volta che anche senza l’uso della parola il drago sa farsi capire perfettamente.
Hic sospira e si volta su un fianco per poterlo guardare in viso senza strane manovre. Solleva una mano e si prepara mentalmente ad un’altra lezione di “umanologia”. Si rende conto che non chiuderà occhio ancora per un bel po’ e con un mezzo sorriso gli passa un dito sul naso, facendolo arricciare.
« Il naso serve per l’olfatto, che è uno dei nostri cinque sensi. E sì, lo so, noi uomini abbiamo un olfatto molto più limitato di voi draghi, ma è per questo che non andiamo in giro ad annusare chiunque incontriamo».
La punta delle sue dita percorre con un leggero tocco il naso di sdentato dalla radice alla punta e poi di nuovo indietro, in un lento percorso inconscio. Ha il naso dritto ed elegante di chi non se lo è mai rotto, per fortuna, e Hic si sorprende a pensare che è la prima volta che sfiora qualcuno così delicatamente e intimamente.
Sdentato alza un dito e fa la stessa cosa con il naso di Hiccup, che trasalisce per la sorpresa. Gli occhi di Sdentato sono assorti e concentrati mentre i polpastrelli scivolano sulla sua pelle, avvertendo le differenze con la sua e scoprendo la forma del suo naso. Tiene le labbra socchiuse e il suo respiro caldo, troppo caldo per essere quello di un normale essere umano, ne esce a piccoli tratti.
Hic rimane a lungo pietrificato, incapace di comprendere del tutto la strana sensazione che si sta propagando nel buio della sua stanza.
Lui e Sdentato si sono sfiorati e abbracciati una miriade di volte, anche prima che Sdentato acquisisse una forma umana, e tra loro non c’è mai stata alcuna tensione o malizia. Eppure adesso c’è un silenzio troppo denso, un tocco troppo diverso per fingere che sia tutto uguale a prima. La tensione che si sta irradiando tra loro ha un’ombra di sessualità che non dovrebbe proprio esserci e di cui Hic ha profonda paura.
Il ragazzo deglutisce rumorosamente e si tira leggermente indietro, scostandosi dal tocco delicato di Sdentato.
Deve schiarirsi la voce prima di riprende, in un sussurro, a parlare.
« Gli esseri umani preferiscono usare l’udito, cioè le orecchie» riprende e Sdentato torna a guardarlo negli occhi, senza capire.
« Queste» mormora Hic e le sue mani si muovono da sole, andando a sfiorare i lobi di Sdentato, che in quel preciso istante corruccia la fronte e fa un verso strano, estremamente piacevole e compiaciuto.
Il vichingo arrossisce immediatamente, iniziando a sospettare che quella loro piccola lezione possa andare a finire in un modo non propriamente convenzionale, ma non sa come uscire da quella situazione. Inizia a sentire caldo e non è certo per i cinque strati di coperte che ha sopra di sé. È per lo sguardo di Sdentato, diventato improvvisamente languido e liquido, che sente la pelle fremere e i battiti accelerare. E questo non è bene, affatto. È una situazione orribile, paradossale, che non avrebbe dovuto presentarsi mai e poi mai. Adesso che hanno entrambi le fattezze di due ragazzi in piena tempesta ormonale dovrebbero stare il più lontano possibile, per evitare incidenti. Hic lo sa perfettamente, la sua testa continua a ripeterselo, ma le sue dita non smettono di accarezzare e grattare le orecchie di Sdentato.
C’è qualcosa che non va, questa sera, ma non è sicuro di voler sapere cosa sia. Si sente già in colpa per aver anche solo lontanamente pensato a qualcosa di sessuale riferito al suo migliore amico, figurarsi fermarsi a riflettere sul proprio respiro affannato e su cosa prova nell’avvertire il corpo umano di Sdentato così vicino al suo. Forse c’era qualcosa nella cena che hanno mangiato, o forse è stato quel sorso in più di birra che suo padre ha insistito per fargli bere, “perché i veri vichinghi bevono almeno due pinte a pasto”.
Sdentato sembra fare le fusa al suo tocco, esattamente come farebbe se fosse un drago, e Hiccup si sente avvampare ancora di più.
« Quello che però usiamo più di tutti è la vista» sussurra nel buio e le sue dita si spostano sulle palpebre abbassate dell’altro ragazzo. Sfiora con lentezza esasperante le ciglia e gli zigomi, e Sdentato si stringe a lui ancora di più.
« Noi ci basiamo sempre sulla vista, cosa che non sempre ci aiuta» confessa con leggera amarezza. Il drago l’avverte nel suo tono e apre gli occhi per una tacita domanda.
« Se non vediamo non crediamo» spiega Hic piano, osservandolo immobile mentre Sdentato avvicina il viso al suo e lo guarda direttamente negli occhi, quasi a volerci vedere qualcosa di nuovo « Un po’ come è successo con te. Nessuno credeva che potessi essere buono, finché non ti hanno visto salvarmi la vita».
Sdentato ridacchia ad una spanna dal suo viso, e Hic si sente rincuorato ricordando che se non fosse stato per quel drago nero, lui ora sarebbe morto in una nemmeno troppo lenta agonia.
Ora vorrebbe fermarsi qua, lasciar cadere ogni discorso e rimettersi a dormire, cercando di dimenticare il fremito che sta provando nell’avere Sdentato tra le braccia, per poi dare tutta la colpa alla birra, ma l’altro ragazzo gli strofina la testa sotto il mento e lo invita a proseguire.
« E poi c’è…il tatto» sussurra esitante.
Questa volta Sdentato non sembra aver bisogno di altre spiegazioni perché le sue dita, lunghe e affusolate, gli accarezzano senza indugio, quasi con innocenza, le spalle, il collo e infine il petto.
« Sdentato» lo avverte Hic teso, perché sebbene il suo sia un tocco apparentemente innocente, nessuno prima di allora lo aveva mai toccato così intimamente. Nelle lunghe notti invernali ha sognato spesso Astrid intenta ad accarezzarlo e stringerlo, ma adesso è tutto reale, concreto, e la sensazione che prova raggomitolata tra il ventre e l’inguine è tutta un’altra cosa.
Il moro non ferma le mani, semmai sembra prenderci maggior confidenza. Percorrono tutto il petto di Hic, casualmente gli sfiorano i capezzoli e poi si lasciano cadere sui fianchi troppo magri.
Hic gliele afferra un attimo prima che scendano ancora più in basso, perché quello sarebbe davvero troppo, ma a quel gesto Sdentato reprime un ringhio basso e gutturale e si preme completamente contro il suo corpo ormai eccitato.
Hic vorrebbe sprofondare sotto un mare di terra e di neve, perché è dannatamente eccitato e bisognoso di essere toccato ancora e ancora, e questo non va per niente bene. Perché nel letto con lui non c’è Astrid o un’altra ragazza del villaggio, ma Sdentato. Il suo sdentato, il drago che cavalca ogni singolo giorno e allo stesso tempo il ragazzo al quale insegna a tenere in mano coltello e forchetta.
E potrebbe anche essere colpa della birra o del fatto che ha diciotto anni e non è mai stato toccato in quel modo in vita sua, ma sicuramente sotto sotto c’è qualcos’altro che gli rimbomba nella testa.
Sdentato si struscia e preme contro di lui e per quanto Hic gema e cerchi di allontanarlo, l’altro ragazzo è più forte, più agile e più determinato a stargli addosso.
I loro bacini si scontrano con decisione e a quel punto scattano mille scintille.
Grandissimo Odino, che cosa stiamo facendo?
Sdentato fa un verso osceno, animale, ed Hic si ritrova a sentire l’erezione dell’altro contro la propria, e quindi al diavolo tutto il resto.
Ha diciotto anni e tutti gli ormoni fuori posto, è abbastanza giustificato a fare quello che sta facendo, anche se certamente il giorno successivo vorrà suicidarsi o fuggire su un’altra isola.
Con un colpo impacciato spinge i fianchi verso quelli dell’altro ragazzo e una nuova scarica di piacere gli percorre la spina dorsale.
Sdentato può anche avere alcuni problemi ad adattarsi alla sua condizione umana, ma sicuramente sa gestirla con molta più pragmaticità di lui. Hiccup nemmeno se ne rende conto, ma con un gesto rapido Sdentato tira giù i pantaloni di entrambi e afferra le loro erezioni brucianti, iniziando a muovere la mano come se non ci fosse altro da fare. E forse è proprio così, si ripete Hic, l’unica soluzione per uscire da quella situazione vergognosa è farla finita il prima possibile.
Tutta la loro inesperienza si rivela quando i movimenti si fanno scoordinati e i gemiti trattenuti a stento, col rischio che qualcuno li senta. Ma Sdentato non sembra affatto intenzionato a smettere, con i capelli corvini sugli occhi appannati e le labbra spalancate. E quando finalmente si svuotano nella sua mano sudata, Hic si perde nei suoi occhi verdi e sottili. Per un attimo pensa che non sia tutto un errore portato da una notte tempestosa e da incubi ricorrenti, ma qualcosa di inevitabile. Quasi predestinato.
È una bella illusione, che dura il tempo di scuotersi di dosso i brividi e tornare ad accasciarsi sul pagliericcio sfatto.
Rimangono a lungo distesi a riprendere fiato e calmare le palpitazioni. Il primo a muoversi è Sdentato, che ha l’espressione di uno che non ha ben capito cosa è successo ma gli è piaciuto un sacco. Onestamente Hic sa che prima o poi ne dovranno parlare, che dovrà spiegargli cosa è appena successo e che non dovrà ripetersi, ma al momento è troppo stanco e rilassato per farlo. Chiude solo gli occhi e spera che finalmente possa tornare a dormire almeno per una manciata di ore, prima di fare i conti con le recriminazioni e suo padre, che sicuramente avrà sentito qualcosa dalla stanza accanto.
Senza far rumore le labbra sottili del drago si posano sulle sue, incuriosite e tenere, e ad Hic scappa un sorriso stanco e vergognoso.
Che cosa devo fare con te?
« Gusto» mormora nel silenzio « La prossima volta ti spiego anche questo, promesso».