Titolo: Non sarebbe bello (non farci più del male)?
Fandom: DC Comics
Beta:
namidayumePrompt: Ibn Al Xu'ffasch(/Mar'i Grayson/)Allan Wilson - "Sei un empatico, dovresti saperlo." + Ibn al Xu'ffasch/Mary Grayson(/Allan Wilson) - "Direi che ti sei divertita abbastanza." @
Gomitoli di Lana.
Personaggi:
Ibn Al Xu’ffasch, (OC)
Allan Wilson,
Mary GraysonPairing: Ibn/Mary, con espliciti accenni Allan/Mary
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 1.460 (W)
Avvertimenti: Angst
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori (e quindi Allan appartiene a noi ù_ù), che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
~ Ambientata nel
lovvoverse. ♥
Ibn è una di quelle cose meravigliose che andrebbero amate a prescindere. È un piccolo Bruce in miniatura, non se ne può proprio fare a meno, ecco. ç_ç
~ Titolo da Riprendere Berlino degli Afterhours.
~ Ovviamente dedicata a Namida, che ha ideato quei prompt meravigliosi e mi ha assistita tantissimo. *_*
~ IBN/MARY VINCE! è_é
Non sarebbe bello (non farci più del male)?
Poche cose nella vita di Ibn hanno un senso e sembrano andare per il verso giusto. Ha troppe questioni che pesano tutte insieme sulle sue spalle, ha un padre assente e, spesso, volontariamente distante, sfiduciato nei suoi confronti, il lavoro a volte non procede e la frustrazione gli corrode lo stomaco, e Damian, suo fratello, di tanto in tanto pensa bene di comparire in qualche angolo degli Stati Uniti e ricordargli la propria presenza - ricordargli che, da un momento all’altro, può fallire.
I periodi difficili si susseguono e, se riesce a superarli, è quasi sempre merito di Mary - della sua risata, del suo profumo, delle sue mani calde e dei suoi occhi luminosi. Lei, consapevolmente o meno, arriva in suo aiuto e rende improvvisamente leggera qualsiasi tipo di situazione.
Solo che, ultimamente, non funziona più in questo modo; ultimamente, oltre all’ammassarsi senza tregua di problemi su problemi, c’è anche la sua lontananza con cui fare i conti, le sue bugie, il suo tradimento. E tutt’a un tratto Ibn non è più certo che la propria resistenza - sviluppata per necessità nel corso della vita - basti da sola per affrontare tutto.
*
Odia Allan Wilson, e questo è un fatto. È un fatto assodato da anni, per di più, diventato vero fin dal momento in cui si sono conosciuti. Mary si è solo aggiunta ad una lunga lista di motivi - Ibn l’ha mentalmente stilata fin nei dettagli: lei è diventata il ventitreesimo - e non ha poi cambiato di molto le cose tra loro.
C’erano ragioni, inoltre, che lo portavano a non temere affatto il legame tra Jericho e la ragazza. Mary è sua, lo è stata fin dall’inizio ed è destinata ad esserlo; non starebbe bene con nessun altro, perché nessun altro la comprenderebbe meglio di lui, nessun altro potrebbe interpretare i suoi stati d’animo così confusi e nessun altro l’amerebbe tanto da perdonarle qualsiasi errore - persino il tradimento.
Ibn è capace di tutto ciò e questo lo rende la persona giusta: tale coscienza lo ha sempre rassicurato. O almeno, lo ha sempre rassicurato fino a questi ultimi giorni, quando qualcosa è cambiato - e in peggio.
Lui non si è mai lasciato spaventare facilmente - ha paura di suo nonno, ha paura di Bruce e ha paura di se stesso; oltre questo, poco lo scuote - eppure c’è qualcosa che, in questi giorni, lo mette in agitazione, gli lascia presagire che potrebbe succedere l’irreparabile da un momento all’altro. E perdere Mary sarebbe irreparabile: vorrebbe dire non avere più freni, vorrebbe dire non avere più nessuno per cui tenersi sano.
È per questo che ha per la prima volta deciso di abbandonare la propria indifferenza e attaccare Allan. Improvvisamente, non gli è più importato di apparire debole, di esporsi, ma si è curato solo delle parole che, in breve, avrebbe pronunciato.
«Eppure sei un empatico, dovresti saperlo,» ha cominciato, guardandolo fisso da un’estremità all’altra del tavolo della Sala Riunioni dell’Infinity Inc.
Allan ha percepito le sue emozioni - di un’intensità che, da quando lo conosce, non ha mai avvertito - e una nota d’allarme è comparsa sul suo viso. «Di che parli?» ha chiesto, pur intuendo già la risposta.
«Di Mary. Dovresti sapere che lei ama me.»
La frase sembra per un momento galleggiare attraverso la stanza silenziosa, prima di giungere all’altro ragazzo. Ci sarebbero una notevole quantità di risposte possibili, da parte sua, ma Jericho sceglie esattamente quella che Ibn aveva predetto: accenna un sorriso, sposta lo sguardo in basso per un rapido istante, torna poi a fissarlo e replica, «Lo so, infatti.»
Questo impedisce al figlio di Batman un ulteriore attacco: qualsiasi cosa dicesse adesso, passerebbe per il violento, per quello che cerca di provocare la lite. Così, impassibile, si mette in piedi e annuisce. «Volevo solo esserne sicuro,» afferma; poi, gli volta le spalle ed esce dalla stanza.
Il pensiero del senso di colpa che Allan proverà - perché è certo che ne proverà - quasi lo diverte.
*
Non si aspettava davvero che la situazione migliorasse di colpo. Forse, una parte di lui lo credeva possibile, ma la sua razionalità è stata ben attenta a tenere alta la guardia, a cogliere ogni segnale.
E, infatti, mentre tutto sembra all’apparenza scorrere senza nessun cambiamento, la verità è che la situazione non sta migliorando affatto. Il suo intervento, anzi, ha reso Mary nervosa - più del solito - e questo rischia di fargli ottenere il risultato opposto.
Ha riflettuto a lungo sulla questione. La ragazza è arrabbiata con lui, cova del rancore che ha paura di riversargli addosso, che non sa in che modo riversargli addosso, e Ibn si domanda come agire senza lasciar precipitare ogni cosa.
Tenta di pianificare - tenta di trattare la propria vita sentimentale al pari di una missione qualsiasi; tenta di guardarla dall’esterno e obiettivamente, con freddezza; tenta di non pensare che magari è esattamente per questo che Mary, in quello stesso istante, è tra le braccia di un Wilson - la sua prossima mossa fin nei dettagli, di scegliere il percorso migliore, le frasi più mirate da pronunciare, i silenzi più strategici da far cadere.
Nonostante ciò, questa volta nulla sembra voler seguire le sue direttive.
*
La Bat-caverna è illuminata solo dalla luce dello schermo del computer a cui Ibn è seduto, al lavoro; Bruce sta riposando e Tim è ancora fuori di pattuglia, perciò lui ha iniziato a leggere l’ennesima scheda del Joker originale, deciso ad essere pronto quando questo nuovo imitatore tornerà a colpire.
Mary - tenuta da Robin completa di mascherina ancora addosso - fa il suo ingresso in quel momento. Il rombo del motore invade l’antro, dissolvendo il silenzio, ma Ibn appena si volta. La saluta con distrazione, gli occhi fissi sul fascicolo che tratta del passato del criminale, alla ricerca di un legame qualsiasi; se la guardasse, potrebbe vedere la delusione e il fastidio sul suo volto, però non lo fa.
«Hai ancora da lavorare?» domanda la ragazza, avanzando verso di lui e sfilandosi mascherina e mantello. Ibn annuisce, rapido. «Ho trovato qualcosa di interessante,» mormora rivolto più a se stesso.
Mary incassa il colpo. Si dirige verso lo spogliatoio e, producendo il maggior rumore possibile, inizia a togliersi il costume. Quando l’ultimo armadietto sbatte e i passi della ragazza muovono verso l’uscita dalla caverna, Ibn si rende conto dell’errore appena compiuto.
Lei, giunta alla base delle scale, annuncia, «Allora io vado di sopra, se non ti serve aiuto,» ed è pronta a salire senza attendere risposta. Ma il ragazzo si gira, si mette in piedi e Mary si blocca.
Sul suo viso, Ibn riconosce ancora tracce della precedente delusione; vede anche dell’ira, la stessa covata da giorni, e della paura di chissà cosa - di lui? Di essere scoperta? Di essere rifiutata? Se solo Mary capisse che non dovrebbe essere lei ad avere paura.
Ed è qui, esattamente, che il suo piano s’infrange e lui dice qualcosa che non aveva programmato - per la prima volta, d’istintivo.
«Vai di sopra a telefonare ad Allan?»
Quasi si sente appagato dall’incertezza che aleggia sul volto di Mary. Quasi, però, non è abbastanza; rincara la dose: «O sgattaiolerai fuori dalla finestra per raggiungerlo?»
La ragazza ha un fremito e l’incertezza scompare; c’è della rabbia, adesso, in ogni muscolo del suo viso e del suo corpo. «Tanto tu non te ne accorgeresti,» sbotta, incrociando le braccia al petto, dando finalmente modo a quel famoso rancore di uscire allo scoperto.
Ibn sorride, con un misto di ironia e rassegnazione. «Magari sì, invece. Me ne accorgerei come me ne sono già accorto ogni volta fino ad adesso.»
Le emozioni sul volto di Mary cambiano nuovamente: torna la paura e compare il dispiacere. Lui, però, preferisce non vederla più, quindi le gira un'altra volta la schiena e torna a sedersi sulla poltrona del computer. Fissa gli occhi sullo schermo e decide di andare fino in fondo, decide che, qui ed ora, quella situazione priva di nome e senso deve concludersi.
«Direi che ti sei divertita abbastanza,» ricomincia. «Direi che è arrivato il momento di scegliere, Mary.»
Lo annuncia così, senza nemmeno guardarla, senza nemmeno averci riflettuto. Non credeva che sarebbe mai riuscito a metterla alle strette; non credeva, in realtà, di averne la forza, la capacità di porla di fronte ad una scelta definitiva e, ora che l’ha fatto, avverte già crescere il pentimento nello stomaco, già la paura annebbiargli i pensieri.
Mary non risponde e l’attesa sembra protrarsi all’infinito, finché non sente i suoi passi sulle scale, sempre più rapidi fino a scomparire oltre l’apertura dietro l’orologio a pendolo. Solo allora Ibn si rimette in piedi, distoglie lo sguardo dallo schermo e lo volge intorno a sé: il silenzio è diventato assoluto e il buio, più fitto rispetto a prima, dà l’impressione di avanzare lentamente verso di lui.
Con poche speranze e troppe incertezze, Ibn gli va incontro.