[HP] Paura e polvere ~ Snape/Harry [2/2]

Apr 19, 2009 14:30

Titolo: Paura e polvere
Capitolo: 2 di 2
Conteggio Parole: 1.125 (W)
Capitolo precedente, disclaimer, note.


Paura e Polvere
Capitolo Due: Severus Snape, la casa semibuia di Spinner’s End e la patina grigia che segnala la fine - o forse è solo polvere.

Quando è tornato dall’ospedale, la casa gli è sembrata più polverosa e buia del solito. Sì, l’assenza dei mesi trascorsi ad Hogwarts si faceva sempre sentire su quelle pareti stanche, ma, questa volta, non è semplice polvere ad essersi posata sui mobili. È qualcosa di diverso e più fastidioso, come una patina grigia che segnala la fine di qualcosa.
Ed effettivamente, riflette Severus, mentre si riappropria di quelle stanze, qualcosa è finito. Un’epoca di bugie, di fughe, di sotterfugi, si è conclusa e la patina grigia, esaminata in quest’ottica, sembra incredibilmente adeguata.

Passano i giorni e la patina resta una presenza costante.
Severus la osserva, seduto sulla sua poltrona, sorseggiando del vino rosso, e pensa che è finita, di nuovo. Che Silente è morto, che Voldemort è morto e che lui… che lui ha un bicchiere di vino tra le mani e una casa che odora di fine.
Ha anche una vita?, si ritrova a chiedersi.

Passano i giorni e la notte in cui Harry Potter bussa alla porta della sua casa, Severus non si è ancora dato una risposta.
Guarda il ragazzo dall’alto in basso, con la solita espressione sdegnosa che è così abile ad eseguire, e gli sembra che stia tremando. Nasconde la sorpresa senza fatica.
“Cosa vuoi, Potter?” sibila, serrando la presa sulla maniglia della porta aperta.
“Volevo…” e non è una sua impressione, Potter sta balbettando davvero. “…ringraziarla.”
Sbuffa leggermente e arriccia le labbra. “Ringraziarmi? Il grande Harry Potter è venuto fin qui per ringraziare me?”
Il ragazzo solleva per un attimo lo sguardo, in un moto di stizza, ma qualcosa che Severus non comprende lo blocca dal rispondergli a tono.
“Se… se non fosse stato per lei, non sarei vivo, lo sa,” dice, guardando a terra. “Non ce l’avrei mai fatta, se lei…”
L’uomo schiocca la lingua. “Avevo la mia missione, Potter, sono solo riuscito a portarla a termine. Non ho certo bisogno dei tuoi ringraziamenti.”
Harry scuote la testa, sbuffando, recuperando quel fastidio inizialmente soppresso.
“Certo,” dice con astio, finalmente guardandolo in viso. “Figurarsi se lei ha bisogno di qualcosa! Da me, poi!”
Severus lo guarda con le sopracciglia aggrottate. “Potter. Davvero, mi sfugge cosa tu voglia da me.”
Il ragazzo sospira e, Severus può giurarlo, sembra non riuscire a ritrovare quella solita spavalderia e arroganza che lo contraddistinguono.
“Io,” comincia, interrompendosi per cercare coraggio. “Voglio parlarti.”
“Mi stai dando del tu, Potter?”
Ma il ragazzo evita la domanda, stringendo i pugni come se si preparasse a pronunciare qualche parola particolarmente difficile.
“So cosa--” si ferma, deglutisce, cerca gli occhi neri del suo interlocutore e li trova, fissi nei suoi, “cosa provavi per mia madre.”

È come essere improvvisamente investiti da una bufera gelata, nonostante la brezza che soffia in strada sia ancora calda. È come veder tornare fantasmi che credeva di aver superato e dimenticato per circondarlo. È come essere inglobati dal verde che non riesce a smettere di fissare e annegarci dentro, anche se tenta di resistere, di ricordarsi che quelli non sono gli occhi di lei, sono quelli di Harry. Di Harry Potter.
E poi, tutto quello che riesce a fare è indietreggiare di qualche passo e invitare l’altro ad entrare, con una sola, fredda parola.

Non gli chiede di sedersi, si appoggia alla porta e attende la sua prossima mossa in silenzio, lasciandolo da solo a combattere con il disagio nel vano dell’ingresso.
Il ragazzo sembra tornato impacciato e insicuro come quando è arrivato lì. “Io…” comincia, ma è chiaro che non sa come continuare.
“E ora che lo sai, Potter? Cosa vuoi che faccia, che facciamo?”
Harry lo guarda, di nuovo dritto negli occhi, e scuote lievemente la testa. Poi, sembra sillabare qualcosa simile a ‘al diavolo!’ e gli si avvicina rapidamente. Severus non riesce nemmeno a chiedersi cosa stia succedendo che si ritrova il corpo magro di Harry premuto contro il proprio e le sue labbra che lo cercano, lo baciano sulla bocca. Non risponde al bacio, lascia che Harry tenti di forzarlo e poi si arrenda, allontanandosi e abbassando la guardia. Quando succede, Severus gli afferra le braccia e capovolge le loro posizioni, schiacciando il corpo dell’altro contro la parete e, inevitabilmente, lo fissa.
“Cosa vuoi, Potter?” sussurra, mentre, ancora una volta, annega nel verde.
“Te,” è la risposta di Harry.
E, adesso, sono le labbra dell’uomo a cercare le sue, a invitarlo ad approfondire il bacio, con le mani appoggiate ai suoi fianchi che, lentamente, scivolano sotto la sua maglietta. Gliela toglie qualche momento dopo, scendendo a baciargli il collo. Le mani magre si muovono senza paura sul petto del ragazzo, mentre, con gli occhi chiusi, continua a baciarlo.
Non solo sta annegando nel verde, adesso, ma vi è completamente sepolto, tramortito, inebriato. Vorrebbe fingere di non essere coinvolto, ma la pressione delle sue mani e della sua bocca sulla pelle di Potter lo tradirebbero. E quando Harry non riesce più a trattenere un gemito e apre le labbra per lasciarlo risuonare nel silenzio della stanza, Severus si rende conto che ha avuto coscienza che quegli occhi non appartenessero a Lily, ma ad Harry, fin dal primo momento. E che è lui che sta baciando. E che tutto questo è assurdo.
Si stacca improvvisamente e si risistema, voltando le spalle al ragazzo e raggiungendo la poltrona.
“Vattene, Potter,” dice sedendosi.
Lui boccheggia, raccoglie la maglietta e la stringe nel pugno. “C-Cosa?”
“Ho detto di andartene, Potter. Adesso.”
Lo osserva brevemente respirare a fondo, rivestirsi e passarsi una mano tra i capelli, in un gesto nervoso. Poi Harry si dirige verso la porta, posa una mano sulla maniglia e, proprio quando Severus pensa di essersi liberato della sua insistente presenza, si volta e lo guarda, centrando in pieno i suoi occhi attraverso la stanza semibuia.
“Sa una cosa?” comincia, stordendolo con quella ritrovata freddezza. “So perfettamente che amava mia madre e so anche che odiava mio padre, ma davvero, dopo sette anni, non riesco a capire cosa prova per me,” si ferma, deglutisce e stringe ancora i pugni. Severus serra le dita sui braccioli della poltrona e non parla.
“E credo di sapere il motivo,” riprende Harry. “Perché lei ha una maledettissima paura di scoprirlo.” Prende fiato e, senza distogliere lo sguardo, “Lei è un vigliacco,” sillaba.
Senza aspettare oltre, si volta e apre la porta. “Sa dove trovarmi, se dovesse cambiare idea,” è l’ultima cosa che dice, prima di sparire oltre la soglia.
Severus fissa il vuoto lasciato da Harry per un attimo, le dita bianche per la stretta sul bracciolo. Poi si riscuote, stropicciandosi il viso con le dita ossute e sbuffando, e si guarda intorno stancamente: sembra che la patina grigia che gli ricordava la fine sia tornata a ricoprire ogni cosa nella stanza semibuia - o forse, è sempre e solo polvere.

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