“La realtà ti stupisce sempre.”

Apr 15, 2008 08:05

Questa era più o meno la risposta sintetica che davo nella serata di ieri a chi mi chiedeva cosa pensassi di un risultato elettorale che ormai era più o meno quantificato.
Dopo fior fiore di sondaggi che mostravano pareggi e pareggini, dalle urne è uscito un risultato netto che indubbiamente non mi piace (sono tra quelli che trovano Berlusconi inadatto a governare un paese e non ho mai avuto problemi a dirlo in qualsiasi contesto °°), ma che ha una sua logica.
Per quanto la mia parte emotiva mi spinga a cercare un "colpevole" (nel senso plateale del termine) e a trovarlo nell’Italia e nel suo popolo, andando al di là dello scatto di nervi mi ritrovo a non pensarla affatto in questo modo.

Perché gli italiani hanno votato un Veltroni dopo la caduta del governo Prodi o un Berlusconi nonostante tutta una serie di riserve che non sto ad elencare?

Nel momento in cui si è deciso di andare al voto con due raggruppamenti più semplici degli altri anni, non solo le piccole forze politiche si sono estinte, ma si è anche arrivati ad una semplice fotografia della cultura politica italiana che da sempre è più spostata verso il centro destra.
Chiamatelo reset degli eventi a medio e a lungo termine o come vi pare, ma ha le sue radici nella volontà di sradicare i partitini e la loro litigiosità che, alla fine, si è rivelata più forte di qualsiasi idea o programma elettorale.

Il disastro della Sinistra Arcobaleno è più facile da spiegare dati alla mano: da una parte sono stati vampirizzati dal PD, mentre dall’altra la posizione intransigente e il raggruppamento di partiti estremi non gli ha permesso di trovare nuovi consensi e non ha convinto la base.
Altro grande sconfitto di queste elezioni è il movimento dell’antipolitica e anche lì spero che si faccia autocritica invece di metter mano alla retorica per farsi dare in modo effimero ragione dai delusi.
Di fatto, con un massiccio 81% di affluenza l’Italia rimane uno dei paesi in cui la popolazione partecipa di più al voto.
Il problema dell’antipolitica è che, con una dinamica che trovo molto italiana, è passata da un giusto campanello d’allarme di un malumore radicato a terreno vergine per piccoli e grandi capi popolo che non hanno esitato ad usare la stessa demagogia e populismo del sistema che attaccavano.
In questo modo non hanno fatto realmente presa, finendo per far solo un gran baccano.
Mi sembra troppo facile dare tutta la colpa dei mali del paese ai politici, assolvendo in pieno un elettorato che ne condivide fin troppo sia la litigiosità che un certo modo di fare furbacchione.
Ed è proprio qui volevo arrivare: l’Italia per motivi storici non è un paese dall’elevato senso dello stato perché all’atto pratico è poco più di un patchwork.
Non abbiamo il gene del male nel DNA, ma siamo abituati a non contare sulle istituzioni e da sempre è più facile fregare gli altri che tirare avanti intelligentemente.

Capisco la frustrazione nel vedere che la politica cambia troppo lentamente e la delusione per una sconfitta netta, ma indipendentemente dal governo la partita la giochiamo in modo individuale.
Estremizzare ancor di più i toni, quando in generale si tratta comunque il prossimo come mota, non mi pare proprio il caso e sarebbe come voler proseguire l’iter da paese della vendetta che ha tenuto banco per più di un decennio.
Dovremmo forse emigrare in massa o sbranare chi ha votato l’altra parte anche se sono nostri amici o familiari?
Veltroni ieri ha telefonato a Berlusconi per riconoscergli la vittoria, gli augurato un buon governo e poi ha iniziato già a lavorare all’opposizione.
Non è un segno di debolezza in una guerra senza esclusione di colpi: è semplice democrazia.

attualità, pensieri

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