Prima di tutto scusate per il grande ritardo! Ho cambiato computer e non mi partiva più The Sims, alla fine ho risolto gli errori che mi dava installando anche Bon Voyage (che prima non avevo), e tutto ha ripreso a funzionare a dovere (*sospiro di sollievo*).
Vi lascio al terzo capitolo... sperando di non annoiarvi :S
Con un po’ più di lucidità nei due giorni successivi mi ritrovai spesso a domandarmi se avessi fatto bene a chiedere a Daniele di uscire insieme. Mi resi conto che forse avrei dovuto pensarci di più, invece di farlo all’improvviso nel primo momento in cui mi era passata per la mente l’idea.
Mi piaceva, ma forse non era giusto. Mi ero appena resa conto di cosa volevo: molte persone dopo la fine di una storia vogliono solo divertirsi, io volevo il contrario. Volevo una storia seria, niente che potesse illudermi e finire nel giro di qualche settimana, niente che fosse soltanto un passatempo. Forse perché quella con Vittorio non era stata davvero una cosa seria. Ma non potevo chiedere questo a Daniele, aveva solo ventiquattro anni, si può pretendere che un ragazzo così giovane voglia già una storia seria? Sono cinque mesi che ti aspetta, forse sì, diceva una vocina inascoltata nella mia testa. Ma io continuavo a preoccuparmi.
E poi c’ero io: Daniele mi piaceva, ma ero certa di non essere innamorata di lui, e non mi sentivo nemmeno in vena di diventarlo, iniziavo anzi a sentirmi bene da sola. Forse era ancora presto, o forse non era lui quello giusto. Alice si era limitata a un “Divertitevi”, era un’ottima amica e spesso sapeva dare buoni consigli ma per questa occasione aveva evitato di farlo, dopotutto non poteva rischiare di creare confusione tra la sua migliore amica e suo fratello, perciò non me la presi, tra l’altro ero abituata a sbrigarmela spesso da sola con i miei dubbi e i miei problemi. Magari finivo per peggiorare le cose, ma ero comunque abituata a non avere sempre qualcuno accanto pronto a consigliarmi la strada migliore... Si era notato con la mia fuga per correre dietro a Vittorio, e adesso avrei dovuto vedermela con queste incertezze sulla storia con Daniele.
Comunque ormai ci eravamo dati appuntamento per uscire insieme, e non mi sarei tirata indietro, era troppo tardi, gli avrei spiegato i miei problemi.
In quei due giorni tra il mio compleanno e l’appuntamento non ci eravamo visti, io avevo dovuto fare degli straordinari al lavoro, con l’arrivo della primavera e dei ponti per le feste il ristorante era più affollato del solito e quando tornavo a casa la notte era troppo tardi e io ero decisamente troppo esausta per uscire.
Il giorno dell’appuntamento arrivò troppo in fretta, nonostante avessi passato tutto il mio tempo libero pensando alle parole giuste da dire a Daniele non ero arrivata a niente. Mi passò a prendere in macchina il pomeriggio all’uscita dal ristorante (avevo la serata libera) e mi accolse con un gran sorriso:
“Ciao, passata una buona giornata al lavoro?”
“Tanta gente e tanto da cucinare”. Non potei fare a meno di sorridere in risposta, sembrava così contento... E anche io ero contenta di essere lì con lui. Mi sentivo a mio agio vicina a Daniele, davvero.
Mi accompagnò a casa, prima di tutto avevo bisogno di farmi una doccia e cambiarmi, scelsi un vestitino carino che non avevo quasi mai usato prima perché non adatto a giornate qualunque, ma non eccessivamente elegante, e mi lasciai i capelli sciolti.
In dieci minuti ero pronta, e lui mi stava aspettando in salotto. Dallo sguardo che fece quando entrai sembrava gradire i cambiamenti nel mio aspetto.
Mi stupì davvero quando, per farmi salire in macchina, mi anticipò e mi aprì la portiera, un po’ goffamente ma da vero cavaliere.
“Wow” commentai ridendo. Lui sorrise compiaciuto.
Lo guardavo mentre guidava: sembrava davvero felice... E mi intristii. Era il mio migliore amico, e probabilmente lo stavo illudendo. Non poteva funzionare, pensai, non se io continuavo a essere indecisa e a volere qualcosa che lui probabilmente non condivideva.
Probabilmente si accorse del mio cambiamento di umore, perché mi chiese:
“Qualcosa non va?”
“No, no, è tutto a posto” cercai di riprendermi, e mi sentii ancora peggio “Dov’è che andiamo?”
“Qua, siamo arrivati”.
Eravamo sul lungomare, non era ancora sera ma il sole stava già iniziando a tramontare perché le giornate ancora non erano abbastanza lunghe, e c’era una luce molto bella. Molto romantica, anche, pensai con una stretta alla gola.
“Ti va di fare due passi prima di andare a cena in un ristorante qui vicino?”. Annuii, ero in ansia e dispiaciuta per l’errore che stavo combinando, ma mi piaceva il programma della giornata. Dopotutto passavo volentieri il mio tempo insieme a Daniele, era il mio migliore amico.
La zona era piuttosto affollata, perciò non ci furono particolari situazioni “intime”, a parte qualche volta in cui mi aveva appoggiato un braccio dietro alle spalle per farmi passare avanti quando c’era poco spazio per camminare. E tutte le volte mi sentivo un nodo in gola per il dispiacere... e un brivido lungo la schiena che tentavo di nascondere a me stessa, mentre la solita vocina nella mia testa mi gridava di lasciarmi andare. Fosse stato così facile, pensavo in risposta...
Quando il sole era tramontato quasi del tutto e iniziava a fare un po’ più freddo, la gente iniziò a diminuire drasticamente. Eravamo rimasti praticamente da soli. Daniele mi mise un braccio intorno alle spalle.
“Si sta bene qua, vero? Dovremmo venirci più spesso”. Parlava già al plurale... Mi sentivo tantissimo in colpa, non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi. Da una parte volevo allontanarmi da lui e correre via, dall’altra avvicinarmi ancora di più, appoggiargli la testa su una spalla, farmi abbracciare...
“Nicoletta, che succede?” mi chiese avvicinandosi ancora di più e interrompendo le mie fantasie.
“Daniele... Mi sento in colpa”
“Che hai fatto?”
“Non dovresti voler stare con me, non è quello che vuoi”
“Cosa stai dicendo?” si stava allarmando.
“Sto dicendo che probabilmente non sono la persona adatta per stare con te. Sto dicendo che negli ultimi tempi ho capito quello che voglio, e temo che tu non la pensi allo stesso modo...”
“Vuoi tornare con Vittorio?” mi chiese perplesso, decisamente deluso e, mi parve, anche un po’ arrabbiato.
“No! No, non intendevo questo. Daniele, lo so che di solito non è così, o almeno credo, ma io... Io voglio qualcosa di serio. Non voglio una storiella leggera come tante altre, voglio qualcosa di più intenso, che duri tanto tempo, non voglio vederla finire subito...”
Si mise a ridere:
“E io che pensavo fossi tornata da quell’altro! O scemotta, ma sono cinque mesi che ti aspetto” la solita vocina nella mia testa esultava io te l’avevo detto, te l’avevo detto!, “Mi piaci tanto, e lo sai bene. Non posso assicurarti che sarà una storia che durerà tutta la vita, perché nessuno può dirlo, ma posso assicurarti che non avrò intenzione di mollarti facilmente, se vorrai stare con me”
Lo guardavo senza parole.
“E dai Nicoletta, davvero hai pensato che io volessi soltanto una storiella da poco con te? Se avessi voluto quello, pensi davvero che sarei stato tutto questo tempo ad aspettare? Sai anche di quella mia collega che ci provava con me e che ho sempre rifiutato, non ti sei chiesta perché?”
“Pensavo non ti piacesse, semplicemente...” Provai un attacco di gelosia lancinante, Daniele con quella no!
“Non l’ho neanche mai presa in considerazione, perché tanto pensavo solamente a te e aspettavo sperando che tu ti riprendessi...” Poi mi guardò sconcertato per un attimo e mi disse “Oh, no, non piangere!”
Non me ne ero neanche accorta, ma qualche lacrima insisteva per voler uscire. Mi asciugai gli occhi ridacchiando “Scusa”, aggiunsi.
Non capivo bene come mai, ma le lacrime continuavano a sgorgare, forse per la tensione, forse per l’ansia della giornata o perché finalmente mi ero sfogata parlandone direttamente con Daniele... Appoggiai la testa alla sua spalla nell’attesa di calmarmi un po’, e lui strinse un po’ di più l’abbraccio e mi dette un bacio leggero sulla fronte, sfiorandomi lievemente con le labbra.
Sorrisi. Ero sempre un po’ nel caos, mi ero aspettata tutt’altro, ma ero anche felice di aver chiarito... e di essere fra le sue braccia. Non ci fu bisogno di molte parole per capire che stavamo bene così entrambi.
Iniziavamo ad avere freddino, ma non ci importò granché finché alla temperatura inospitale non si aggiunse un gruppo di ragazzi che gironzolava e faceva un po’ di casino in zona, perciò ci avviammo verso il ristorante.
La cena era molto buona, lo notai perché da quando avevo iniziato a fare la cuoca ero diventata molto più attenta a queste cose, altrimenti non mi sarei accorta di niente, persa com’ero nei miei pensieri. Ero felice di aver chiarito la situazione, ma mi sentivo come se qualcuno mi stesse trattenendo per una spalla, cercando di convincermi a voltarmi e a cambiare strada. Eppure sapevo che quella che stavo prendendo, quella che mi portava a Daniele, poteva essere quella giusta. Lui ogni tanto mi guardava come per studiarmi, probabilmente si accorgeva del mio essere così pensierosa, e io cercavo di farglielo notare il meno possibile.
Al momento di pagare il conto insistette per offrirmela lui la cena, io non ero abituata alle galanterie di questo genere e mi sentivo addirittura anche un po’ in debito...
“Ti sei studiato un manuale di cavalleria prima di uscire oggi?” gli dissi ridendo.
“Sì sì, e mi sono scritto i bigliettini da tenere in tasca nel caso dimenticassi qualche passaggio!”. Era sempre così facile ridere e scherzare con lui, gli volevo davvero bene.
Istintivamente guardai l’orologio, e rimasi un po’ dispiaciuta quando vidi che era già mezzanotte.
“Inizia a essere un po’ tardi, che si fa?”
“Non lo so... Vuoi tornare a casa?”
“Mmm” ci pensai un po’ “Forse sarebbe meglio, non mi va, però domattina dovrò di nuovo lavorare e comunque inizio a essere abbastanza stanca”
“D’accordo... Aspettami qua che è freddo, io vado a prendere la macchina”. Lo ringraziai sorridendo, in effetti ormai era calata molto la temperatura, e io col mio vestitino leggero avevo già la pelle d’oca.
Proprio mentre me ne stavo lì a ripensare abbastanza soddisfatta alla serata e tentando di scacciare quella parte della mia volontà che mi voleva riportare indietro, mi cadde l’occhio sul ragazzo che stava camminando verso il ristorante. Mi uscì un mugugno di disapprovazione mentre pensavo “Oh no, perché proprio ora?”. Era Vittorio. Ovviamente. Mi vide e mi venne incontro. Le due parti della mia volontà che avevano lottato tutta la sera ripartirono più agguerrite che mai: “Vattene, vattene... Vittorio, Vittorio”...
“Ehi, ciao” mi salutò.
“Cia’” Ok, non era una gran risposta, ma stavo finendo l’ossigeno.
“Senti... Forse dovremmo parlare. Magari potremmo tornare insieme, che ne dici, eh? Possiamo riprovarci”.
Istantaneamente sentii uno scatto di rabbia come non mi era mai successo, non ebbi neanche il tempo di restarne stupita che già gli avevo rovesciato addosso tutta l’angoscia che avevo provato negli ultimi mesi:
“Perché, che succede, quella là ti ha già mollato e non ci sono abbastanza sostitute da queste parti? O ti è passata la voglia di stare a cercare e pensi che io passi la mia vita ad aspettare te? Che fai, credi che io sia rimasta a vivere qua perché ci sei tu?” Stavo quasi ringhiando. Per un attimo mi immaginai come un gatto che soffia, con il pelo tutto ritto, la coda gonfia, le orecchie all’indietro e i denti in mostra.
“Ma no, ma che dici... Ho fatto uno sbaglio, dai, possiamo ricominciare, no?”
“Non credo sarebbe il caso” risposi cercando di moderare un po’ il mio tono di voce. “Ho capito molte cose negli ultimi tempi. Non mi va di stare con una persona incapace di prendersi le sue responsabilità e di rispettare la persona con cui sta”. Sbuffò e stava per rispondermi quando con la coda dell’occhio vidi che era già arrivato Daniele. “Buonanotte” gli dissi rapidamente, e me ne andai verso la macchina.
Daniele, che aveva assistito almeno all’ultima parte della scena, era evidentemente irritato.
“Tutto a posto?” mi chiese.
“No, lo odio, ma va bene lo stesso. Hai sentito la conversazione?”
“Non proprio, però ho notato i toni e posso immaginare”.
Non risposi, avevo bisogno di sbollire. Ovviamente, mentre mi calmavo, in parte sentii un po’ di rimorso per la scenata. Era sempre quella parte di me che voleva tornare da lui... Non dovevo lasciarla vincere.
Eravamo già arrivati a casa, era sembrato molto più veloce il tragitto ora che mi sentivo così arrabbiata. Daniele si voltò a guardarmi, non sembrava più felice come era stato per il resto della serata, ma non ero ancora abbastanza tranquilla da essere in grado di farci davvero caso.
“Be’, quindi...” disse “Serata finita, direi”
“Già. Ci vediamo domani?”
“D’accordo” sembrava poco convinto e decisamente poco felice. “A domani, allora. Buonanotte”. Esitò un attimo, poi mi dette un bacio leggero e veloce sulle labbra prima che scendessi di macchina.
Ero ancora nervosa e nel caos più totale, feci una doccia calda per rilassarmi che però si rivelò poco utile perché l’agitazione tornò rapidamente dopo un po’ che stavo a rigirarmi nel letto rimuginando sulla serata. Mi alzai e andai in cucina, dove guardai con disapprovazione nei miei confronti la lista della spesa che mi ero lasciata, abbandonando l’idea di farmi una tazza di latte caldo: avevo dimenticato di comprarlo.
Presi una confezione di biscotti e mi misi seduta al tavolino, mangiare qualcosa di dolce mi aiutava a rilassarmi.
Squillò il mio cellulare, e mi fiondai a prenderlo: era un sms di Alice che mi avvertiva di voler parlare con me il giorno successivo dopo il lavoro.
Voleva rimproverarmi perché mi ero fatta rovinare di nuovo la serata da Vittorio? O perché l’avevo rovinata a suo fratello? Mi sentii improvvisamente molto più lucida. Come mi era saltato in mente di comportarmi così nei confronti di Daniele? Lui era sempre stato gentile con me, aveva sempre sopportato in tutti quei mesi la mia depressione, e perfino dopo che mi aveva vista discutere con Vittorio e che avevo risposto quasi male a lui mentre mi riaccompagnava a casa mi aveva comunque dato quel bacetto e augurato la buona notte. Mi ero comportata male, non lo meritava.
Avevo ancora il cellulare in mano e questo mi dette l’idea, lo guardai esitando un attimo e poi gli scrissi “Dormi?”. Avevo già il dito sul tasto d’invio, ma non lo pigiai subito, ero indecisa. Facevo bene o no?
Al diavolo la mia maledetta indecisione. Messaggio inviato.