J2 fanfiction - NC-17 - Under Falling Leaves

Nov 29, 2014 11:12

Titolo: Under Falling Leaves
Autore: germanjj
Traduttrice: thinias
Beta per la versione italiana: Ele106
Link per la storia originale: Under Falling Leaves
Genere: RPS, wincest, Non-AU che diventa AU
Pairing: Jensen/Jared, Sam/Dean, solo nominati Jensen/Danneel e Jared/Genevieve
Rating: NC-17
Warning: Siate solo sicuri che vi piacciano entrambi i parings e dovreste essere a posto.
Note: come in tutte le ff RPS dell’autrice, Kim Manners fa un piccolo cameo
Spoilers: nessuno

Sommario: inizia durante le riprese della quinta stagione di Supernatural. Inizia con Jensen che ha degli incubi e Jared che cerca di essere un buon amico con lui. Inizia con due ragazzi che si ritrovano ad un punto di svolta, con uno che si sente come se la sua vita venisse ribaltata sotto sopra e con l’altro, che non è in grado di fare nulla se non restare a guardare… ma questo non si avvicina minimamente a quello che succederà alla fine.

Note della traduttrice: non so dirvi quanto ami questa storia, per la complessità della trama e per la bravura dell’autrice che è una delle mie preferite. Va detto che io ho tradotto la versione inglese della storia, ma che in origine è stata scritta in tedesco. Spero quindi di essere stata abbastanza fedele all’originale e di averne mantenuto tutto lo spirito. Spero vi piaccia. Cercherò di pubblicare con regolarità, la storia è composta da otto capitoli compreso questo, che è più che altro una piccola introduzione. Ci saranno dei warning dedicati in alcuni capitoli, per cui fate attenzione quando leggerete.

Ho deciso di tradurre questa storia, perchè anche il mio piccolo siriano Ele106 la potesse leggere (dato che non legge in inglese :P) e questo è diventato il mio regalo di compleanno per lei, ti voglio bene tesoro, so che ti piacerà.
Ovviamente l’autrice ha autorizzato questa traduzione.

Capitolo I
“Amico? Perché ti sei alzato?” La voce impastata arrivò dal corridoio e, un secondo dopo, Jared entrò in cucina; i suoi occhi erano ancora mezzi chiusi e i suoi capelli andavano in tutte le direzioni. Sembrava ridicolo, cresciuto e muscoloso, ma ancora come un ragazzino.

Qualcosa di caldo aleggiò attraverso lo stomaco di Jensen, famigliare e non inaspettato. Jensen lo mise da parte, seppellendolo dentro di sé nel profondo, senza nemmeno rendersene conto.

“Solo un incubo.” Disse. Prese una scodella del pensile e fece un gesto con essa verso Jared, l’altro annuì. Non era la prima volta che si incontravano in cucina nel bel mezzo della notte per mangiare gli avanzi.

Versò un po’ di quanto restava del cinese della sera precedente nella ciotola di Jared, mentre l’altro si lasciava cadere senza grazia su una delle sedie. “Hai di nuovo sognato di Dean?” Chiese il più giovane sbadigliando, e Jensen annuì senza alzare lo sguardo.

Nemmeno questo era qualcosa di nuovo. Jensen sognava spesso del suo lavoro - diavolo, era normale ogni tanto - ma, nelle ultime settimane, sognare lo show, Dean e Sam, era diventato più intenso e non solo confuso. Erano sogni che non avevano un senso. I suoi fratelli si prendevano gioco da sempre di lui per il fatto che facesse sogni molto vividi (come film) e non era differente per quelli che stava avendo attualmente. Erano come scene nascoste tra gli episodi, momenti mancanti tra Sam e Dean.

E, proprio come fanno i sogni qualche volta, sembravano fin troppo reali.

“Sei sicuro di stare bene?” chiese Jared quando ebbero finito; non avevano condiviso altro che un confortevole silenzio nell’ultimo paio di minuti.

“Amico, se ti sentirai di nuovo male svegliami, ok?”

Jensen sorrise alle parole dell’altro, ma quando alzò lo sguardo, vide che diceva sul serio.

“Grazie, amico.” Disse. “Ma starò bene. Cerca di andare a dormire. Ti ho tenuto sveglio abbastanza per stanotte.”

“D’accordo.” Jared ammiccò pigramente, poi si diresse verso la sua camera da letto; Sadie stava già aspettando in cima alle scale, ovviamente controllando cosa stesse facendo il suo papà alzato nel bel mezzo della notte.

“Andiamo ragazza.” Jensen sentì Jared chiamarla piano quando il suo amico la raggiunse, carezzandola sulla testa mentre le passava vicino e facendola muovere. Li guardò scomparire dietro l’angolo prima di cominciare finalmente a muoversi per raggiungere il suo letto.

****

La mattina successiva non sembrò andare meglio. Jensen si sentiva stanco fino al midollo, echi dei suoi sogni continuavano a tornare ogni volta che chiudeva gli occhi. Sprazzi di luce e posti oscuri. Fuoco. Urla. Era come si immaginava fosse l’inferno.

Clif era alla guida quel giorno e Jensen ne fu grato. Riuscì solo a strisciare in macchina sul suo sedile, prima che i suoi occhi si chiudessero di nuovo. Sentiva Jared vicino a sé; avrebbe giurato di poter perfino sentire lo sguardo preoccupato che gli stava lanciando, ma in quel momento Jensen era troppo stanco per curarsene.

“Siete pronti?” Chiese Clif dal posto di guida e, grazie al cielo, Jared rispose per entrambi dicendogli di far partire la macchina.

“Forse dovresti prenderti un giorno di riposo Jensen.” Disse alla fine il più giovane, quando furono a metà strada dalla loro destinazione e Jensen aprì un occhio.

Scosse la testa debolmente. “Ti ho detto che sto bene, Sammy.” Rispose.

Dopo questo, Jared rimase silenzioso per il resto del viaggio. Solo più tardi, mentre stavano girando una scena con un dialogo molto simile alla conversazione che avevano avuto in macchina, Jensen realizzò come aveva chiamato Jared.

****

L’acqua fredda scivolò sul suo viso, ma non aiutò in alcun modo con le vertigini, con il calore che gli strisciava sulla sua pelle. Jensen afferrò il lavandino con entrambe le mani e si costrinse a respirare.

Dio, non sapeva cosa ci fosse di sbagliato.

Sapeva solo che continuava a svegliarsi in quel modo, confuso, sudato; si sentiva come se stesse perdendo… l’orientamento. Se stesso.

Era tutto tranquillo, scuro e silenzioso e Jensen si rifiutò di guardare l’orologio, gli avrebbe solo detto quanto fosse dannatamente tardi e quanto avesse ancora solo tre o quattro ore di sonno prima di doversi alzare di nuovo.

Lasciò il bagno e vagò per la casa, stando attento a non fare nessun rumore, cercando di calmarsi.

Fu uno sforzo fisico quello di stare lontano dalla camera di Jared e questo era quello che lo spaventava di più. L’urgenza di svegliare il suo amico e fare in modo che stesse con lui, che gli tenesse compagnia: Jensen si sentiva come se avesse ancora otto anni, spaventato del buio, con ancora il bisogno di arrampicarsi sul letto dei suoi genitori dopo aver avuto un incubo.

Non poteva togliersi quelle immagini dalla mente e, ancora peggio, quel dolore che sentiva nel petto. Continuava a sognare di Sam e Dean; della paura di Dean di perdere suo fratello.

Se Dean fosse stato reale.

“Solamente che io… io non ci credo.”

“In cosa?”

“In te.”

Le battute continuavano a tornargli in mente e Jensen giurò a se stesso che non si sarebbe più lasciato andare così in profondità la prossima volta, nella prossima ripresa, nelle scene emotive che potevano mandarlo in pezzi. Non avrebbe permesso loro di prenderlo così tanto.

Eppure si sentiva come se non fosse riuscito a scrollarsi completamente Dean di dosso e la sofferenza per aver detto quelle parole a suo fratello continuava ancora a risuonare dentro di lui.

“Esci dalla mia testa, cazzo.” Sussurrò Jensen a se stesso. Ma quando focalizzò di nuovo l’attenzione su quello che lo circondava, si trovò di fronte alla porta della stanza di Jared.

Questa volta non cercò nemmeno di fermarsi dall’entrare.

Fortunatamente, il più giovane non aveva il sonno leggero e Harley e Sadie lanciarono solo uno sguardo a Jensen, prima di girarsi e tornare nuovamente a dormire.

Si sentì strano e inquietante, appoggiato allo stipite della porta a guardare il suo amico mentre dormiva. Ma allo stesso tempo, si sentì finalmente calmo, sentì la tranquillità scivolare su di lui. Jared era sdraiato a pancia in giù sul letto, con le braccia e le gambe che spuntavano da sotto le coperte e il viso girato verso la porta. Le luci della strada gettavano nella stanza abbastanza luce perché riuscisse a vederlo.

I suoi lineamenti erano distesi e tranquilli e il respiro di Jensen sembrò farsi ancora un po’ più facile.

Quello era Jared, non Sam. Non correva il rischio di passare al lato oscuro, non era aspro ed arrabbiato e ipocrita. Era solo Jared. Ed era felice.

Jensen odiava il fatto che qualche volta i suoi incubi glielo facessero dimenticare.

Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase lì a guardare il suo amico, ma quando finalmente sentì salire una profonda stanchezza dentro di sé, scivolò fuori dalla stanza e chiuse silenziosamente la porta. Cercò di non ammettere che quella non fosse la prima volta che faceva una cosa del genere.

E fortunatamente, non sapeva che dentro la sua stanza Jared aveva aperto gli occhi nell'oscurità, lanciando uno sguardo preoccupato alla porta. Nemmeno per lui era la prima volta.

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