Fan Fiction - Harvey/Mike ("It was you from the start" - Capitolo 2)

Aug 22, 2011 22:33

Titolo: It was you from the start
Fandom: “Suits”
Conteggio parole: 1585
Stagione: Prima stagione
Rating: NC17 (non tutti i capitoli)
Pairing: Harvey/Mike, Harvey/OFC, accenni a Mike/Rachel, possibile Louis/Mike
Warning: slash, death!fic (nessun personaggio principale)
Disclaimer: I personaggi - ahimé - non mi appartengono.
Note: Scritta per bingo_italia (Primo bacio)
Riassunto: Mike si scopre innamorato di Harvey. Ad Harvey non importa di nessuno, tranne che di se stesso. E Louis è sempre in agguato...

Capitolo 1



Era stata la rabbia a far scattare così Mike in faccia ad Harvey e lì per lì il ragazzo non era cosciente di quello che aveva fatto. Ma quando l'adrenalina scemò, il ricordo di quelle parole lo colpì in pieno.
“Tu ti ritieni intelligente, ma non hai capito una cosa. Che ti amo, ti amo dal primo momento... e che sei uno stronzo!”
“Cazzooooooo!” esclamò, lasciandosi cadere sul divano con le mani sul volto. Mike era fottuto e, cosa ancora peggiore, aveva fatto tutto da solo.
Era indifendibile, neanche il miglior avvocato del mondo, nemmeno Harvey Specter in persona poteva salvarlo dalla condanna. Che lo stesso Harvey Specter si sarebbe premurato di mettere in pratica non appena Mike avesse varcato la porta dell'ufficio il giorno dopo.
Gli aveva detto che lo amava e gli aveva dato dello stronzo. In quel momento il ragazzo non sapeva decidere quale delle due cose fosse la peggiore. Optò per la seconda: in fondo se Mike amava Harvey era un suo problema, no? All'avvocato non importava di nessuno, figuriamoci se gli interessava del cuore a pezzi del suo associato. Al massimo avrebbe preso paletta e scopa per buttarli via, perché non gli sporcassero il pavimento. No, decisamente avergli dato dello stronzo era la cosa peggiore.
“Sono morto...” sussurrò Mike, chiedendosi se non fosse il caso di scappare nottetempo e di imbarcarsi per l'Australia su un battello battente bandiera panamense. Forse aveva letto troppi romanzi polizieschi...

Il giorno dopo, alle sette e mezzo in punto, Michael James Ross varcò la porta dell'ufficio di Harvey Specter in completo nero con cravatta nera. Aveva la pelle più pallida del solito e i capelli biondi sparati in testa come chi si è pettinato con un frullatore. Si voltò verso Donna che lo fissò con occhi lucidi, come si guarda chi sta partendo per una missione suicida, ed entrò prendendo un profondo respiro.
“Buongiorno, Harvey” mormorò. Aveva cercato di dare al tono della sua voce un'impronta austera... e ne era uscito un pigolio da ubriaco col singhiozzo.
L'avvocato non alzò neanche la testa. “Sei in orario” disse soltanto, come se annunciasse la buona novella.
Mike annuì, rendendosi subito conto che Harvey non poteva vederlo, così aggiunse un “Sì” sibilato che provocò un'alzata di occhi da parte del suo capo.
“Era una domanda retorica, Mike” disse, prendendo dalla scrivania alcuni documenti. “Questo è il nostro nuovo caso, studialo per bene, trova eventuali falle e arginale. Non voglio perdere in tribunale” ordinò, porgendoglieli mentre continuava a scrivere con l'altra mano.
Mike si avvicinò titubante e prese gli incartamenti. Il passaggio successivo sarebbe stato salutare ed avviarsi verso il proprio cubicolo. Il ragazzo optò, invece, per restare fermo e fissare Harvey con la stessa espressione di una cernia, almeno fino a quando l'avvocato non alzò di nuovo lo sguardo.
“Cosa c'è?” chiese, alzando un sopracciglio.
“Io... non devi dirmi altro?” chiese Mike con un filo di voce.
“Mh... sì...” mormorò Harvey pensieroso, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia. “Porta il tuo culo fino alla tua sedia, se non vuoi che ti prenda a calci. Ti basta?”
Mike annuì e un attimo dopo era fuori dallo studio. Donna lo guardò interrogativa e il ragazzo poté rispondere solo con un'alzata di spalle. A quanto sembrava il grande Harvey Specter era troppo superiore per curarsi dei sentimenti e delle offese di un ragazzino.
Sospirando, Mike andò alla sua scrivania, non sapendo se essere felice per lo scampato pericolo o buttarsi dalla finestra per essere stato ignorato.

Quando la porta a vetri si chiuse dietro le spalle di Mike, Harvey alzò la testa, giusto in tempo per godere della visione di quel culo che aveva appena minacciato.
Chiuse la penna e rimase a fissare quel punto, anche dopo che Mike se n'era andato. Cosa gli stava succedendo? Niente, era il solito Harvey Specter: bello, affascinante, di successo. E dal giorno prima, pieno di dubbi e di pensieri, entrambi concentrati su Mike Ross.
La sua dichiarazione, urlata in quel modo incivile in mezzo ad una strada, lo aveva scosso, ma invece di farlo incazzare - oddio, a dire il vero un po' si era incazzato: lui non era uno stronzo! - lo aveva fatto riflettere. Mike si era innamorato di lui e Harvey, che si vantava di leggere le persone come libri aperti, non si era accorto di niente. In realtà quella frase spiegava molte cose: la visita improvvisa di Mike ubriaco a casa sua, il fatto che il ragazzo lo seguisse costantemente come un cucciolo randagio, quel rossore improvviso che gli saliva alle guance quando lo beccava a spiarlo.
Ma non era questo il vero problema. Il dannato, fottuto problema era che Harvey aveva cominciato a trovare affascinante tutto ciò, specialmente Mike.
Si accorse che gli piaceva tutto di lui, anche quella vagonata di difetti che il ragazzo sembrava non voler perdere. Gli piacevano i completi scadenti con quelle ridicole cravatte sottili, la borsa a tracolla da studente di college, la bicicletta da due soldi attaccata al lampione davanti al palazzo. Adorava quei capelli che non volevano stare giù neanche con chili di gel, le guance rosse di timidezza, gli occhi piccoli e profondi come il cielo, le labbra carnose e piene, succose come pesche mature, il culo...
“Harvey?” A quella voce l'avvocato saltò sulla sedia e fissò allucinato Jessica che schioccava le dita davanti al suo naso. “Tutto bene?”
“S-sì...” balbettò Harvey, ricomponendosi. La donna alzò un sopracciglio, sempre più stupita: Harvey che balbettava? Allora Babbo Natale esisteva sul serio!
“Sembravi perso in pensieri molto piacevoli” disse allusiva. Davanti allo sguardo interrogativo dell'uomo, Jessica ridacchiò. “Stavi per sbavare sulla scrivania. A chi stavi pensando? A qualche nuova cliente?”
L'avvocato riprese il suo autocontrollo e sorrise sarcastico. “Non si bussa più?”
“Harvey, mi sono spezzata le unghie a forza di bussare, mentre tu te ne stavi seduto qui. Temevo avessi avuto un ictus!”
L'uomo sospirò e glissò sull'argomento. “Volevi parlarmi di qualcosa?”
Malgrado la curiosità, Jessica fece altrettanto: in fondo lei ed Harvey condividevano il rispetto per la vita privata.

I giorni passarono e anche le settimane. Malgrado l'attrazione fosse ormai reciproca, Mike e Harvey si guardavano bene dal confessarlo: il primo troppo depresso e spaventato per ritentare un approccio, il secondo troppo preso ad enumerare i problemi di andare a letto con il proprio associato, per di più maschio. In mezzo a loro, Donna assisteva a questa partita a ping pong con i nervi a fior di pelle, decisa più che mani a prendere i due uomini per un orecchio ed usarli come antistress.
Era inutile, ci voleva qualcosa per farli avvicinare, ma solo il destino poteva aiutarli. E il destino, impietosito, ci mise del suo.
Mancavano pochi giorni a Natale quando il cielo decise di regalare la tanto agognata neve. Mike uscì dal lavoro sul tardi, come al solito e trovò la sua bicicletta sommersa da una montagna candida. Con un sospiro si avvicinò e cercò di toglierla, tremando per il freddo. Non aveva guanti, né sciarpa, né cappotto, ma solo una vecchia felpa di quando andava al college.
Pochi minuti dopo, quando Harvey uscì, vide il giovane che si soffiava sulle mani per scaldarle, tentando di continuare il suo lavoro mentre la neve continuava a cadere.
“Cos'è, una prova di resistenza?” chiese avvicinandosi a lui e sentendosi stringere il cuore anche se non voleva darlo a vedere.
Mike gli rivolse un sorriso triste e scosse la testa. “Se voglio andare a casa, devo salvare la mia bici.”
“Mh mh...” mormorò Harvey, guardandolo con attenzione. “Per caso vivevi alle Hawaii prima? Non ti sembra di esserti vestito in maniera un po' troppo leggera per l'inverno?” In effetti l'associato stonava se paragonato al suo capo, che indossava un elegante cappotto di Armani, sciarpa di lana e guanti di pelle.
Il ragazzo scosse la testa, combattendo contro la neve con le mani che erano ormai ridotte a due lastre di ghiaccio. “Altra domanda retorica, mh?” ridacchiò. “No, questi vestiti mi ingombrerebbero mentre vado in bicicletta e poi stare in movimento mi scalda” rispose, omettendo il particolare dei soldi che ci volevano per comprarsi un cappotto, anche non di marca.
L'avvocato non disse niente, ma all'improvviso prese le mani di Mike tra le sue e le sfregò, riscaldandole col calore dei guanti. Il ragazzo era senza parole. “Ma... cosa... fai?” chiese, respirando a fatica tanto veloce batteva il suo cuore.
“Ti salvo le mani” rispose Harvey, guardandolo negli occhi per una frazione di secondo. “Se si congelano, dovranno amputartele e io che me ne faccio di un associato monco?” borbottò, ignorando il sorrisone che si era appena dipinto sulle guance di Mike.
“Grazie...” sussurrò il ragazzo.
Harvey alzò di nuovo lo sguardo con un lieve sorriso sulle labbra, per notare subito con sconcerto come le labbra del giovane avessero assunto una bella colorazione blu elettrico. “Cazzo, Mike!” esclamò l'avvocato prendendogli il viso tra le mani. “Devi andare in un posto caldo o morirai di freddo!”
Harvey-Non-Me-Ne-Frega-Niente-Del-Mondo-Specialmente-Di-Te era entrato in paranoia e, senza starci a pensare troppo sopra, posò le sue labbra su quelle di Mike per scaldarle. Il resto venne da sé: le labbra del ragazzo che si aprivano, la lingua dell'avvocato che vi passava in mezzo e il delizioso gioco che si instaurò con quella di Mike mentre sospiri di piacere aleggiavano nell'aria.
Il bisogno di ossigeno gli fece staccare ed entrambi rimasero a guardarsi negli occhi, ansimanti e sconvolti per il loro primo bacio.
“Harvey...” sussurrò Mike con sguardo sognante.
L'uomo non rispose a parole: prese il suo associato per mano e si voltò verso Ray, l'autista, che li fissava a bocca aperta. “Casa mia, adesso. Niente domande o sei licenziato” mormorò, spingendo il ragazzo sul sedile di dietro.
Ray divenne più silenzioso di una mummia e si affrettò a mettere in moto l'auto.

Continua....

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