Kurt ovviamente era ancora là e Blaine fece un grande respiro, strinse la mano di Michael e si avvicinò al tavolino in cui stava seduto il suo ex (e c’erano davvero poche situazioni così imbarazzanti al mondo, e qualunque esse fossero, ora come ora Blaine non le ricordava comunque).
«Kurt,» lo salutò, sentendo Michael che gli si era avvicinato ancora di più (Blaine avrebbe sbuffato, ma aveva paura di come avrebbe risposto l’altro).
Kurt si voltò di scatto, sorridendo (ma non era uno dei suoi sorrisi a trentadue denti, era un poco timido, un poco imbarazzato, come quello di un bambino che era stato colto a fare qualcosa che non avrebbe dovuto).
«Blaine, ehi, sei stato veramente bravo, e…» e poi si voltò a guardare Michael. E non successe nulla. La terra non si aprì per risucchiare Blaine, un fulmine non lo colpì in pieno e il mondo non finì.
Era tutto abbastanza anticlimatico.
«Michael,» si presentò il suo ragazzo, stringendo la mano di Kurt - e non cercò nemmeno di fare una di quelle prove da macho, stringendogliela con troppa forza, Blaine era fiero di lui.
«Kurt,» rispose l’altro, come se ci fosse un qualche dubbio.
E fino ad ora era andato tutto bene, no? Blaine trasse un respiro di sollievo.
«Io…» mormorò poi Kurt, arrossendo un pochino «mi dispiace di essere piombato qui dal nulla ma… volevo… mi sono appena trasferito qui a Chicago,» disse, guardando ora verso Michael, e Blaine fu incredibilmente lieto del fatto che Kurt stesse cercando di includere anche l’altro nella conversazione - Blaine sapeva che non sarebbero mai diventati amici, ma possibilmente Michael avrebbe smesso di avercela con lui se Kurt si fosse dimostrato quantomeno sopportabile «e non ho molti amici e mi sono ricordato di questo locale di cui mi aveva parlato Blaine e…»
E poi era stato Michael a parlare «e speravi di vedere Blaine perché almeno è una faccia amica,» e non sembrava esattamente arrabbiato, né geloso. Il suo tono era privo di qualsiasi emozione, a Blaine non piaceva molto.
Kurt non aveva detto nulla ed era stato un po’ come dire sì.
Poi Michael gli aveva lasciato la mano, posandogli un bacio sulla tempia e bisbigliandogli all’orecchio «Ti aspetto al bar, okay?» e Blaine aveva dovuto chiedergli «Sei sicuro?» e Michael aveva riso e gli aveva detto «Dovrai offrirmi tanta birra, lo sai vero?»
E Blaine rise mentre il suo ragazzo si allontanava.
E improvvisamente erano di nuovo soli e Blaine era sollevato di essere lì con il benestare di Michael, ma allo stesso tempo non riusciva a guardare Kurt negli occhi. Era una strana sensazione.
«Mi dispiace,» ripetè Kurt, ma Blaine scosse le spalle.
«Non fa niente, mi fa piacere vederti, sono stato un poco…» ma non finì la frase e Kurt rise.
«Lo sei stato,» confermò e Blaine si fermò un secondo perché non si era aspettato quella risposta. Ed era stato stupido da parte sua, perché quello era Kurt e Kurt - un po’ come Michael, ma molto molto peggio - non aveva peli sulla lingua.
Era una delle cose che aveva sempre ammirato di lui, quindi rise, gettando la testa all’indietro.
«Oddio, mi ero scordato quanto fossi…» e lasciò la frase in sospeso, guardando mentre gli angoli della bocca di Kurt si alzavano leggermente.
«Cosa? Fantastico? Velenoso? Un figlio di puttana?» e tutte e tre le definizioni andavano bene, ma non erano esattamente quelle che Blaine aveva in mente.
«Quanto fossi Kurt,» supplì alla fine, e Kurt evidentemente non si era aspettato quella risposta perché sorrise di cuore, finalmente.
«Anche tu sei abbastanza Blaine,» gli disse, come se fosse un grande complimento - e magari lo era, anche se Blaine non aveva la minima idea del perché avrebbe dovuto esserlo. Non dalla persona che l’aveva mollato per prima, comunque.
«Michael sembra un…» e Blaine aveva immediatamente bloccato quel pensiero.
«Ti prego non dire bravo ragazzo,» lo implorò, ridacchiando «non lo è, davvero, è tutta una facciata. La prima volta che ci siamo parlati mi ha praticamente chiamato tappo e siamo finiti a lanciarci insulti nel mezzo di una biblioteca,» spiegò, guardando Kurt che alzava un sopracciglio sorpreso.
«Uh, e dire che ai miei tempi ci si limitava a spiarli i futuri fidanzati,» e magari non era così divertente, ma Blaine non riuscì a resistere e presto stavano ridendo entrambi, e Blaine stava cominciando a ricordarsi che prima di essere stati insieme, prima di quel disastro che era stata la fine della loro relazione e i mesi che ne erano seguiti, erano stati amici. Migliori amici.
A Blaine mancava il Kurt con cui passava ore a parlare di Rent e Vogue e che gli parlava per ore ed ore di sciarpe e Lady Gaga e Will Shuester e i suoi temi privi di qualsiasi originalità.
E Kurt doveva aver percepito il cambiamento nell’aria perché si fermò, improvvisamente e cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, come se avesse qualcosa da dire, ma non aveva la minima idea di come farlo. Blaine poteva relazionarsi.
«Senti, puoi dirmi ovviamente no, posso capirlo, con Michael e…» e poi prese il telefono dalla tasca -era un nuovo modello, probabilmente con un numero che Blaine non conosceva - «ho davvero pochissimi amici qui a Chicago, leggi nessuno, e continuo a chiamare Rachel Berry colto da istinti di nostalgia - e adoro Rachel, ma davvero… - e ho davvero bisogno di un amico e… ma se non vuoi, ovviamente, non ci sono proble-»
«Kurt, vorresti che ci scambiassimo numeri di telefono?» gli chiese improvvisamente Blaine, fermando il fiume di parole che stava uscendo dalla bocca dell’altro. Kurt si bloccò, interdetto per qualche secondo, probabilmente convinto che Blaine gli avrebbe risposto negativamente.
«Io… sì,» disse, allungandogli il suo telefono e lasciando che Blaine memorizzasse il suo numero e si facesse uno squillo. «Non pensavo sarebbe stato così facile,» rifletté ad alta voce quando Blaine gli restituì il telefono e lui non poté fare a meno di ridere.
«Oh, andiamo, sono sempre stato abbastanza facile, Kurt,» gli ricordò, godendosi la risata incredula dell’altro.
E magari potevano anche farcela a tenere in piedi questa amicizia. Kurt aveva bisogno di un amico e Blaine era disposto ad aiutarlo, e se non avesse funzionato sarebbero semplicemente tornati ad ignorarsi.
Aveva la situazione sotto controllo. Più o meno.
O almeno sperava.
«Vi siete scambiati i numeri,» fu quello che gli disse Michael, come saluto - e non era arrabbiato, ma neppure particolarmente felice e Blaine sapeva di doversela giocare bene se non voleva finire a dormire sul divano per i prossimi tre milioni di anni.
«Non mi piacerà, non è vero?» chiese Michael, squadrandolo da capo a piedi e Blaine cercò di regalargli una delle sue migliori espressioni da cucciolo.
«Oddio, non solo non mi piacerà, odierò qualsiasi cosa sia, non riuscirò a dormire pensando a quanto il mio odio per questa vostra idea sia grande,» disse, e Blaine ci rimase un po’ male che il suo sguardo non aveva aiutato (Michael mormorò qualcosa come “Blaine, ci conosciamo da due anni, non ci casco più”, ma Blaine avrebbe continuato a sostenere che non erano altro che bugie).
«Abbiamo deciso di essere amici!» annunciò allora e Michael aprì la bocca e poi la richiuse. Poi emise un gemito di frustrazione e appoggiò la fronte sulla spalla di Blaine.
«Devi comprarmi almeno se- facciamo nove bottiglie di vino, almeno,» ma non sembrava particolarmente arrabbiato.
«Guarda chi ha smesso di essere geloso,» disse, accarezzandogli i capelli e Michael rise.
«Credimi, non ho smesso di essere geloso, nemmeno lontanamente,» mormorò, alzando la testa e spingendosi Blaine addosso dalla vita «ho deciso di provare questa filosofia del fidarsi del proprio nanetto personale, dicono vada molto di moda.»
A quel punto Blaine fu costretto a baciarlo per paura di quali insulti gli avrebbe ancora rivolto - dopotutto non aveva voglia di litigare, anche se bonariamente, in quel momento.
Il primo messaggio era stato da parte sua - dopotutto probabilmente Kurt si sarebbe sentito in imbarazzo a farlo per primo, con Michael e tutto il resto.
Ci aveva messo esattamente dodici minuti a decidere un argomento abbastanza sicuro da scrivere e il risultato era altamente penoso, ma Blaine non aveva altre idee, quindi sbuffò, sperando che Kurt avesse un qualche recondito interesse per il diritto o fosse abbastanza disperato da stare ad ascoltare i suoi lamenti disperati (solo perché gli mancavano due esami non voleva dire che Blaine non fosse con i nervi a fior di pelle o che non dovesse cominciare a studiare quattro mesi in anticipo, okay Michael?)
To Kurt:
Ho come l’impressione che più leggo, più le pagine aumentino. Credo di aver scoperto un nuovo fenomeno soprannaturale.
Liz aveva letto il messaggio ed aveva cominciato a ridere per venti minuti (e non era nemmeno certo di come Liz fosse venuta a conoscenza di tutta quella questione, davvero, quella ragazza era semplicemente una ninja - «O ho parlato con Michael nell’ultima settimana e mezza,» gli aveva suggerito la ragazza, ma a Blaine la sua idea piaceva di più).
Aveva letto altre trenta pagine prima di rialzare gli occhi e guardare il suo cellulare
From Kurt:
Evidentemente sei sprecato per la carriera di avvocato, avresti dovuto fare il fisico.
E Blaine stava sorridendo prima ancora di rendersene conto, dimenticandosi per un attimo del libro che aveva davanti.
To Kurt:
Penso la chiamerà la teoria Anderson, suona bene no? (Come va? Hai già chiamato Rachel in lacrime oggi?)
Solo dopo aver premuto il tasto invia si rese conto di cosa avesse scritto. Si era comportato come se fossero ancora allo stesso punto della loro amicizia di tre anni prima, come se potessero stuzzicarsi senza alcun problema, ma non lo erano.
Non lo erano e Kurt avrebbe potuto benissimo offendersi, ne avrebbe avuto ogni ragione e non era quello che Blaine voleva. Non ora che stavano cercando di essere di nuovo amici, non ora che Kurt aveva bisogno di lui.
Eppure non poteva mandargli un altro messaggio per chiedergli scusa, o per dirgli che non voleva dirlo, sarebbe stato anche peggio.
Chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul libro, maledicendosi internamente. Perché era patologicamente incapace di non fare gaffe? Perché non era in grado di intrattenere un’intera conversazione senza dire esattamente la cosa sbagliata al momento sbagliato?
Se solo fosse stato un supereroe avrebbe potuto essere il suo potere (non che avrebbe avuto alcuna utilità… magari avrebbe potuto irritare i suoi nemici a morte, ovviamente la sua, di morte, ma meglio che niente).
E ora stava blaterando anche dentro la sua mente, non era un bel segno.
Quando il cellulare aveva vibrato tra le sue mani, Blaine quasi l’aveva lasciato cadere per la sorpresa. Guardò lo schermo illuminato per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore sperando che qualcosa gli avrebbe detto che cosa avrebbe dovuto aspettarsi (okay, magari aveva davvero studiato un po’ troppo per quella giornata).
From Kurt:
Vedo che il tuo gusto non è migliorato in questi anni. (Tutto a posto, ho i muscoli un poco indolenziti per le prove di ieri sera. E no, oggi era il turno di Mercedes, onestamente Blaine, cerca di ricordare la tabella).
Rilesse il messaggio tre volte, incredulo e felicemente sorpreso. E quella fu la prima volta in cui Blaine pensò che tutta quella situazione avrebbe potuto finire bene.
Che in qualche modo avrebbero potuto imparare a diventare amici - o re imparare, in un certo senso.
«Oh, smettila di sorridere come un ebete, Blaine,» lo rimproverò Liz, dandogli uno scappellotto «a meno che non sia Michael, ma so già che non lo è. »
Blaine sbuffò, facendo posto alla ragazza accanto a lui «Non è come pensi tu,» le disse, guardandola mentre si sistemava sulla panca - Blaine era estremamente divertito dal fatto che quello fosse ormai diventato il loro tavolo, come se fossero i proprietari dell’intera biblioteca «stavo semplicemente pensando che forse potremmo davvero essere amici, sai?» e poi aggiunse, giusto per chiarire «solo amici.»
To Kurt:
Non so di cosa tu stia parlando, io ho un gusto impeccabile. (Oh! Prove! Sono andate bene? :D E scusami, non ho avuto ancora tempo di leggerla tutta).
«Non eri sicuro avrebbe funzionato? » gli chiese Liz, piegando la testa di lato e cominciando a giocare con il lato della copertina di uno dei suoi libri.
«Beh, è una situazione…» complicata, assurda, paradossale, da mal di testa «mi sarebbe piaciuto esserne certo, ma realisticamente parlando c’erano delle difficoltà,» concluse.
Liz sorrise «Oh, stai pensando a qualcosa realisticamente? Il nostro piccolo Blaine cresce!» a quel punto Blaine decise di mandarla per la sua strada (dopotutto lei lavorava lì).
«Non hai libri da catalogare? Scaffali da spolverare? » le chiese, spingendola via e Liz si sporse in avanti, dandogli un bacio sulla guancia.
«Michael mi ha fatto promettere di controllarti,» gli disse, candidamente, e Blaine emise un suono che era a metà tra l’indignato e il sorpreso, «onestamente Blaine, se Michael fosse improvvisamente di nuovo in contatto con il suo scintillante, mai dimenticato ex tu che faresti?»
Blaine si ripromise di tornare a casa prima e trascinare Michael a letto.
From Kurt:
Immagino che l’orrendo crimine alla moda dell’altra sera debba supportare la tua teoria? (Fantastiche! Ovviamente io sono il più talentuoso del gruppo, ma alcuni non sono per niente male - e per favore Blaine, basta con le faccine, abbiamo quasi venticinque anni).
To Kurt:
Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando (:D ^____^ :) ;D)
From Kurt:
Ti odio.
Blaine rise ad alta voce a quel punto e Liz sbuffò sonoramente alle sue spalle - ma sembrava divertita anche lei.
Era stato incredibilmente facile, dopo quella prima volta, ricadere in tutte le loro normali attività. Blaine aveva invitato Kurt a prendersi un caffè e poi Kurt l’aveva invitato a fare shopping e in qualche modo strano, una settimana dopo, erano finiti lui, Michael e Kurt a parlare davanti ad un paio di drink.
Michael sembrava più tranquillo ora, dopo aver passato del tempo in compagnia di Kurt - a volte, quando lui e Kurt si perdevano in racconti dei tempi del liceo o in qualche scherzo che conoscevano solo loro due, la bocca di Michael si piegava in una smorfia strana, ma era molto di più di quanto Blaine avesse mai potuto sperare.
(Specialmente perché per convincerlo ad essere un poco più amichevole con Kurt, Blaine aveva dovuto dire qualcosa come “Quando ti viene voglia di strangolarlo pensa che tornerò a casa con te, dopo” che sembrava funzionare incredibilmente bene).
Era stato fin troppo facile, a dire il vero, e più volte Blaine si era dovuto fermare dal prendere la mano di Kurt o dal voltarsi e baciarlo dopo che aveva distrutto verbalmente la commessa di un negozio per aver anche solo pensato di proporgli una sciarpa di un colore che non si abbinava alla sua carnagione (“non sono molto esigente, comprendo che non sia esattamente una boutique di alta moda,Blaine, ma certamente mi aspetto professionalità”). E qualche volta aveva visto Kurt ritrarre la sua mano, o allontanarsi un poco da lui, come a cercare di controllare un impulso.
Era sempre stato questo il problema tra loro. Era sempre stato troppo naturale (banale, aveva detto Kurt, no?) nessuno di loro due si era mai fermato a riflettere, avevano semplicemente lasciato che quello che ci fosse tra di loro bruciasse e bruciasse, velocemente e senza controllo, come una miccia imbevuta di benzina.
Il fuoco li aveva travolti e non li aveva mai lasciati andare ed era stato troppo e troppo velocemente. Non avevano avuto controllo sulla loro stessa relazione, su quello che accadeva tra di loro e intorno a loro. Era stato quello che aveva cambiato con Michael, quello che avevano l’avevano costruito lentamente e con difficoltà, tra dubbi ed incertezze e non era stato facile.
Tutti dicevano che amare qualcuno non doveva essere facile, e lui e Kurt non li avevano mai capiti. Forse avevano avuto ragione loro fin dal principio e loro si erano solo ingannati.
Il tempo sembrava dimostrare esattamente questo, dopotutto.
Quando Michael gli disse «Perché non porti Kurt? Io non posso saltare questa cena e so quanto ci tenevi a questo spettacolo,» abbracciandolo e baciandogli il collo, Blaine per un secondo pensò di aver sentito male.
Michael non poteva stare suggerendo che Blaine passasse la serata con il suo ex nel loro palchetto - quello che avevano comprato rinunciando a parecchie cene fuori, giusto perché Michael voleva rendere Blaine felice e perché Blaine si era innamorato di quel teatro quasi immediatamente.
«Oh, non fare così,» ridacchiò Michael, dato che Blaine era quasi saltato in aria per la sorpresa «io… tu e Kurt, non dico che smetterò di essere geloso o che mi piaccia il fatto che sembrate attaccati come due maledetti gemelli siamesi,» e Blaine poteva sentire dal suo tono quanto poco gli piacesse, quindi si sporse per baciarlo, lentamente, cercando di fargli comprendere che lui aveva fatto la sua scelta «però… devo imparare a fidarmi di te e non voglio continuare a litigare sempre per lo stesso argomento,» disse alla fine, sospirando e sistemando il colletto di Blaine (che non aveva alcun bisogno di essere sistemato, certo, ma glielo lasciò fare comunque).
Blaine si chiese se lui, al posto del suo ragazzo, avrebbe avuto la forza di fare lo stesso - lui con le sue mille insicurezze e la sua abitudine di essere al centro dell’attenzione (Kurt diceva che era qualcosa che tutti i migliori artisti prendevano prima o poi, come una specie di malattia collettiva che si trasmetteva attraverso le luci del palco e gli applausi del pubblico). Non ne era certo, e il pensiero lo rendeva triste e fiero al tempo stesso.
«Ti amo,» gli disse, perché era vero, perché Blaine ne era certo ed era probabilmente importante per l’altro ricordarselo. Michael rise.
«Sì, lo so, e posso capirlo… voglio dire,» e poi si indicò, guadagnandosi un pugno da parte di Blaine (e una sonora risata, perché Blaine poteva anche essere d’accordo, ma questo non voleva dire nulla).
«Sai, se avessi saputo prima che umiliarmi e pregarti di essere mio amico mi avrebbe portato biglietti gratis per il teatro, probabilmente l’avrei fatto prima,» gli disse Kurt, che stava saltellando il più discretamente possibile (ovvero, davvero per niente), eccitato come un bambino in un negozio di caramelle.
«Sì, posso capirlo, essere mio amico porta dei certi vantaggi. Teatro gratis, una quantità di caffè davvero imbarazzante ed una tessera speciale della biblioteca!» e tirò fuori la sua carta platinata che, davvero, non aveva alcuna funzione diversa da quella di tutti gli altri, ma che Liz aveva trovato assolutamente adorabile. E che aveva fatto anche per Michael, Jade (che non aveva messo un piede in biblioteca in tutta la sua vita) e Kurt.
«Ho molto apprezzato che fosse viola,» annuì Kurt, solennemente «è il colore di questa stagione. Mi chiedo se per l’anno prossimo possa convincerla a farmene una di un altro colore…»
Blaine rise, mentre conduceva Kurt verso il loro palco.
«Sono certo che se glielo chiederai Liz sarà ben felice di accontentarti,» e poi ci pensò un poco «e di aggiungerci ancora più glitter,» concluse, annuendo e mandando Kurt in una fitta di risate isteriche.
Quando finalmente presero posto, Kurt si guardò intorno, assolutamente rapito.
«Dev’essere costato…» ma non concluse la frase, Blaine sorrise fiero.
«Davvero molto di più di quanto potevamo permetterci,» concluse, «abbiamo chiesto a degli amici di Michael di pagare per un quarto, e poi ho chiesto aiuto ai miei e Michael ha versato una parte del suo stipendio,» spiegò, arrossendo leggermente al ricordo di quanto aveva voluto quel posto, di quanto aveva pregato tutti (sua madre, suo padre, l’amica di Michael - che non conosceva nemmeno tanto bene, ma Blaine era sempre stato incapace di provare vergogna quando si trattava di raggiungere un risultato - poteva portare il Gap Attack come prova).
Kurt annuì, perché poteva comprendere, perché se c’era qualcuno che poteva capire il desiderio folle che aveva colto Blaine era probabilmente lui, che stava lì con il suo papillon e uno sguardo rapito.
«Un giorno spenderemo decisamente troppo per venire a vedere te, in un teatro del genere,» gli disse alla fine, perché ci credeva sul serio, perché non aveva mai smesso di credere che Kurt avrebbe fatto qualcosa di grande nella sua vita. Che sarebbe diventato una stella più brillante di quanto potesse anche solo immaginare.
Kurt si era voltato e gli aveva sorriso, un poco timido, un poco felice, e Blaine si era bloccato.
Si era bloccato perché erano lì e tutto sembrava un appuntamento e lui non poteva, non poteva e lo sapeva fin troppo bene e stavano vagando in un territorio troppo pericoloso.
Improvvisamente maledisse l’idea di Michael e la sua decisione di accontentarlo, sperò che il suo ragazzo lo chiamasse e gli dicesse che si era sbagliato, che la cena era domani. Qualsiasi cosa lo potesse distrarre dal papillon di Kurt e dalle sue mani e da tutta quella situazione assurda.
Dovevano essere amici, amici e nient’altro. Avevano provato ad essere altro, avevano provato a fare la loro storia alla “Harry ti presento Sally” ed era finita peggio di quanto Blaine avesse mai previsto. E un ballo di mezzanotte e una dichiarazione da favola non sarebbero bastati a sistemare le cose, non bastavano mai nella vita reale.
Quel genere di cose funzionavano solo per Meg Ryan e l’ultima volta che aveva controllato nessuno dei due aveva i capelli biondi.
E poi le luci si erano abbassate e lo spettacolo era cominciato e Blaine non sapeva nemmeno di cosa si stesse parlando. Blaine amava il teatro, amava le storie, amava soprattutto quelle italiane (colpa dei suoi genitori, davvero, che avevano avuto sempre troppi soldi per il loro bene ed una voglia di sentirsi sofisticati e lo avevano portato a teatro ogni volta che la Traviata o la Tosca venivano rappresentate) ma ora non gli interessava.
Qualsiasi cosa stessero dicendo su quel palco, qualsiasi storia stessero rappresentando, per Blaine non faceva differenza. Non aveva tempo di preoccuparsi delle storie d’amore altrui mentre la sua vita continuava a vorticare senza sosta.
Era innamorato di Michael, non aveva mai mentito, ma era sempre stato innamorato di Kurt - questo non era mai cambiato, nemmeno in tutti quegli anni - e non sapeva se fosse possibile amare due persone allo stesso tempo - probabilmente no, ma allora Blaine non sapeva come spiegare quello che stava provando.
Si sentiva come una protagonista di un qualche Harmony di terza categoria, divisa dal suo amore per due uomini diversi (e Dio, stava anche pensando come una di loro).
E Kurt stava accanto a lui, assolutamente tranquillo e Michael stava dall’altra parte della città con la sua nuova e ritrovata “Fiducia-in-Blaine”.
Blaine dovette trattenersi dal prendersi la testa tra le mani e urlare.
«È stato un bello spettacolo, mh?» gli disse Kurt, sorridendo, e Blaine annuì, senza alcun entusiasmo. Kurt lo conosceva fin troppo bene per non capire che c’era qualcosa che non andava, Blaine avrebbe dovuto trovare una scusa e in fretta.
«Non ti è piaciuto?» gli chiese, sconvolto - probabilmente perché era il tipo di spettacolo che, normalmente, Blaine avrebbe adorato.
Quindi Blaine scosse la testa, portandosi una mano alla tempia e cercando di regalare all’altro il migliore dei suoi sorrisi doloranti «Non so perché dopo il primo tempo mi è venuto un mal di testa fortissimo.»
(E davvero? Mal di testa? Blaine, cerca almeno di inventare una qualche scusa credibile, maledizione).
Kurt però non sembrava minimamente insospettito e si sporse in avanti, poggiando una mano sulla fronte di Blaine (caldalisciafermofermofermononmuovertiperfavore).
«Non sei caldo,» disse, sovrappensiero, «ma tu sei sempre stato una di quelle persone a cui sale la temperatura in giusto due secondi, dovresti andare a casa a riposarti.»
Dio se si sentiva in colpa, ma andare a casa era esattamente quello che voleva, quindi annuì, aggiungendo un «Forse dovremmo dividere il taxi, posso solo offrire io per farmi perdonare di essere stato una cattiva compagnia,» ma Kurt scosse le spalle, rifiutando categoricamente (e Blaine tirò un sospiro di sollievo, perché l’idea di rimanere chiuso dentro un taxi con Kurt lo mandava nel panico).
«Cerca di riprenderti,» gli disse Kurt, quando finalmente Blaine si sedette in un taxi e oh, il senso di colpa stava diventando davvero insopportabile.
«Mi dispiace ancora,» disse allora, sperando che sarebbe servito ad alleviare un poco il dolore che provava al petto (non ci sperava sul serio, ma probabilmente era meglio così).
Kurt sbuffò, uno sbuffo che trasmetteva per metà esasperazione e per l’altra metà affetto, in una maniera tale che solo Kurt poteva riuscire a fare senza sembrare un bastardo che lo stava guardando dall’alto verso il basso (okay, magari solo un po’…).
«Vedo che non hai perso il vizio di scusarti mille volte per cose che non sono colpa tua,» lo rimproverò Kurt, allontanandosi leggermente e salutandolo con la mano.
Blaine diede l’indirizzo al tassista e rispose al saluto di Kurt.
Quando fu certo che l’altro non potesse più vederlo chiuse gli occhi e scivolò sul sedile, non aveva le forze di mantenere la schiena dritta.
Avrebbe voluto dire “Ma questa volta è colpa mia, Kurt, è assolutamente tutta colpa mia,” ma non sapeva ancora cosa potesse fare per rimediare al disastro.
Non ne aveva la minima idea e si odiava un po’ per questo.
Quando Michael era rientrato a casa, Blaine era a letto, la luce spenta, ma non stava dormendo.
Michael gli aveva chiesto «Tutto bene?» sdraiandosi accanto a lui e Blaine si era detto “se ha funzionato per uno, funzionerà anche per l’altro” e aveva mormorato «Mal di testa.»
Michael gli aveva piantato un bacio sul collo e poi aveva cominciato a massaggiargli le spalle e poi le tempie e poi Blaine non ricordava molto altro oltre i gemiti di Michael e la sua pelle sotto le sue mani.
E quello era giusto, quello era come avrebbe dovuto essere.
Quella era la sua maledetta scelta e Blaine non le avrebbe voltato le spalle.
Non l’avrebbe fatto, non importava quanto una parte di lui lo pregasse di farlo.
Non stava evitando Kurt, questa era una menzogna bella e buona. L’aveva accompagnato a fare shopping giusto l’altro giorno e quella mattina erano andati a prendere in giro i poveri passanti del parco e non stava evitando Kurt.
A parte per il fatto che lo stava evitando, facendo in modo che nessuno lo capisse. Il che era molto più difficile di quanto potesse sembrare, perché, per non farlo capire a nessuno, doveva passare del tempo con Kurt. Il che rendeva tutto incredibilmente inutile.
Il punto era che Blaine non voleva evitare Kurt, non davvero. Se avesse saputo un altro modo per rimettere a posto i suoi pensieri che non comportasse avrebbe comportato tutto questo? Avrebbe preso questa possibilità al volo.
Ma Blaine non la conosceva.
E il mal di testa che aveva fatto finta di avere a teatro? Ormai l’aveva tutto il tempo, tutto il giorno. Era una presenza incessante nella sua mente, che brulicava di pensieri che non avrebbe dovuto avere e sensi di colpa che minacciavano di mangiarlo vivo. E non c’era nulla che lui potesse fare.
Quindi non stava evitando Kurt, ci stava provando, fallendo miseramente. Era un pensiero un poco deprimente, a dire il vero.
Alla fine Blaine aveva deciso di fare l’unica cosa che gli era venuta in mente.
«…vuoi stare qui per due giorni? » gli aveva chiesto Jade, giusto per essere sicuro, e Blaine aveva annuito un’altra volta, il borsone con le sue cose che gli pesava sulla spalla.
«No, no, fammi riformulare la frase: vuoi nasconderti qui per due giorni, evitando così il tuo ragazzo e il tuo ex-ragazzo perché non riesci a pensare quando sei con loro,» chiarificò e Blaine annuì di nuovo.
Era un codardo, era una cosa che aveva sempre saputo, se qualcosa si faceva troppo complicata o troppo difficile, Blaine si andava a nascondere. Almeno per un po’ di tempo.
Quando era stato per i bulli si era nascosto per un intero anno, dietro le mura della Dalton, protetto dalle regole ferree di un mondo diverso da quello reale.
Ora gli sarebbero bastati due giorni (o almeno questo sperava).
«Ho detto ad entrambi che sarei tornato a casa dai miei,» spiegò, stringendosi il borsone addosso, «ho solo bisogno di pensare. E non sapevo dove altro andare,» e quella era stata casa sua un tempo e a Blaine mancava a volte, la semplicità della convivenza con Jade.
«Pensavo che stessi cercando di evitare solo Kurt,» mormorò Jade, facendosi da parte per farlo entrare e Blaine l’avrebbe baciato seduta stante, se non fosse stato un pensiero un poco rivoltante.
«Poi mi sono reso conto che probabilmente avrei fatto bene ad evitare anche Michael,» spiegò, lasciandosi andare sul divano e buttando la testa all’indietro - aveva ancora mal di testa, ma era molto più sopportabile di prima.
Jade sbuffò, ma andò in cucina e prese due birre dal frigo e si andò a sedere accanto a lui. Aprì una birra e ne bevve un sorso. Non gli passò la seconda bottiglia.
«Non so ancora se ti meriti di bere,» gli spiegò, massaggiandosi una tempia. «Mi piace Michael,» gli disse, con una voce lamentosa, come se Blaine stesse cercando di portargli via il suo giocattolo preferito.
«Anche a me,» rispose, perché amava Michael, lo sapeva, ma il punto era: lo amava più di Kurt? Era lì la domanda, perché sapeva di amare Michael e non aveva mai smesso di amare Kurt e in qualche modo uno dei due amori doveva essere minore dell’altro.
Non era semplicemente possibile amare due persone alla stessa maniera, Blaine doveva semplicemente prendere una decisione.
«Però ti piace anche Kurt,» Jade continuò, ma non era una domanda, quindi Blaine si limitò a scuotere le spalle «e ora cosa stai cercando di fare? Capire qual è la tua opzione migliore?»
Blaine rimase in silenzio per un poco, chiudendo gli occhi e concentrandosi sul suo respiro - e sul dolore acuto che gli stava perforando la mente.
«No,» disse alla fine, stanco «sto cercando di fare la cosa giusta. Non è sempre così facile come sembra.»
Apparentemente era la risposta giusta da dare, perché improvvisamente Jade gli aveva passato la seconda bottiglia di birra ed aveva annuito, come se stesse dando la sua approvazione al progetto.
«Giusto per sapere…» aveva poi detto, e Blaine aveva scosso la testa.
«Mia madre non ha la minima idea di tutto ciò e nessun’altro sa che sono da te,» gli spiegò, prendendo il cellulare dalla tasca, «ho detto a tutti di chiamarmi al cellulare, se ce ne fosse bisogno.»
Jade aveva annuito, dandogli una piccola pacca sulla spalla.
«Puoi stare qui quanto vuoi, amico,» aveva detto alla fine, (come se Blaine non avesse ancora la chiave dell’appartamento o come se la sua vecchia stanza non fosse stata libera per mesi).
«Grazie,» aveva risposto comunque, sorridendo all’amico.
Non aveva la minima idea di quale sarebbe stata la decisione che avrebbe preso, né se questo ritiro sarebbe stato davvero d’aiuto, ma era un tentativo.
Un tentativo che andava fatto perché non era giusto continuare a prendere in giro entrambi, non era giusto continuare a rimanere così, incerto dei suoi stessi sentimenti.
Aveva promesso a Michael di essere sempre sincero con lui, quindi lo sarebbe stato. Anche se era più facile a dirsi che a farsi.
«Decisamente pizza,» aveva urlato Jade improvvisamente, e Blaine aveva riso.
«Pizza, va bene,» dopotutto se doveva prendere una decisione poteva partire dalla pizza.
Il fatto era che Blaine pensava davvero che non ci sarebbe stato alcun problema - aveva detto a tutti di raggiungerlo sul cellulare e non aveva intenzione di mettere piede fuori dall’appartamento quindi sì, perché mai qualcosa sarebbe dovuto andare storto?
Blaine un giorno avrebbe imparato che non era in grado di formulare piani decenti, un giorno.
Era la mattina del secondo giorno e Blaine aveva appena finito di parlare con Michael ed era pronto ad immergersi nuovamente nelle sue elucubrazioni (fino ad ora era riuscito solamente a confondersi ancora di più le idee con tutta questa questione di Kurt e Michael e in qualche modo era finito a pensare ai loro corpi sotto il suo e uh, sì).
A dire il vero Blaine si aspettava di non essere disturbato fino al pomeriggio tardi, quando Michael lo avrebbe richiamato per raccontargli della sua giornata, quindi quando il suo cellulare iniziò a squillare, Blaine fu abbastanza sorpreso.
«Kurt?» rispose, confuso.
«Blaine,» la voce di Kurt era strana, ma Blaine non avrebbe saputo dire perché avesse questa impressione «Blaine… tutto bene?»
«Uh? Sì, certo! Tu?» rispose, andando in cucina a prendersi un po’ d’acqua.
«Tutto a posto,» okay, Kurt era certamente strano, la sua voce era gelida, come se fosse arrabbiato con lui o preoccupato o da qualche parte in mezzo (e Blaine non sapeva cosa potesse essere).
«Sicuro? Sembri un po’…» provò quindi, ma Kurt lo interruppe ancora prima che potesse finire la frase.
«Dove sei, Blaine?» gli chiese, e Blaine non poté fare a meno di arcuare un sopracciglio.
«A casa mia, Kurt, te la ricordi, vero? Ci sei venuto parecchie volte,» quando stavano ancora assieme e uh, no, questo non era territorio in cui avventurarsi, non con Kurt al telefono almeno.
«Oh,» Kurt mormorò, e Blaine voleva sapere cosa diamine stesse succedendo.
«Kurt?»
«Mi devi spiegare questo tuo trucco, Blaine,» iniziò Kurt, che sembrava aver deciso di essere arrabbiato, «perché deve essere difficile stare a casa di qualcuno che non ha la minima idea che tu sia lì. Tua madre era parecchio sorpresa quando le ho chiesto…»
A questo punto Blaine aveva le idee un po’ più chiare.
«Hai parlato con mia madre?» chiese, incredulo, perché cosa diamine ci faceva Kurt a parlare con sua madre?
«Oh, sì, perché il problema è questo, giusto? Avevo pensato di andare a Lima dopodomani e ti volevo chiamare per chiederti se ti andava di rimanere un qualche giorno in più,» spiegò Kurt, che ora sembrava più furente che arrabbiato, «il tuo cellulare era occupato e visto che avevo ancora il tuo vecchio numero di casa…»
«Hai pensato di chiamarmi lì,» concluse Blaine, passandosi una mano sugli occhi e trattenendo un involontario gemito di frustrazione, «Kurt, posso spiegare.»
«Inizia con lo spiegarmi dove sei,» sibilò Kurt, prima di ripensarci un attimo e chiedergli «non ti sei cacciato in un guaio, vero? Sei sempre stato un po’ troppo fiducioso e…»
«No, Kurt,» lo interruppe, perché non era mai stato bravo ad inventarsi storie e scuse, certamente non cose così complicate comunque «non è niente del genere io…»
«Se non sei in pericolo perché mai hai mentito a tutti?» e ora la voce di Kurt era un pochino troppo stridula (proprio come prima di una delle loro litigate più feroci).
E ovviamente Blaine non era mai stato bravo a dire la cosa giusta per evitare lo scontro. E quindi la sua geniale risposta era stata: «Beh, non tutti, Jade sa dove sono.»
«Oh, oh, scusami. Il fatto che Jade sappia dove tu sia risolve tutto quanto, ovviamente,» Blaine poteva sentire Kurt gesticolare fin da lì «non importa che il tuo ragazzo e i tuoi amici non abbiano la minima idea di dove tu ti sia nascosto. Jade sa tutto, rendiamo grazie al signore e andiamo ad assaltare un negozio di Chanel!»
Blaine probabilmente si era meritato quella scenata, quindi rimase in silenzio.
«Dimmi che sta succedendo, Blaine,» lo pregò Kurt, che ora sembrava persino aver passato lo stadio di arrabbiatura ed essere arrivato da qualche parte che Blaine non sapeva riconoscere, ma che somigliava molto a “stanchezza”.
E Blaine ci aveva provato a far le cose in segreto, a cercare di evitare Kurt senza realmente evitarlo, di nascondersi per avere qualche giorno tutto per sé per pensare. Non aveva funzionato, magari ora avrebbe potuto provare a dire la verità e poi avrebbe cercato di sistemare qualsiasi disastro questo avrebbe causato.
«Sono da Jade, nel mio precedente appartamento, lo ricordi? Quello vicino a quel vecchio negozio di libri usati,» gli disse, andandosi a sedere alla finestra, appoggiando il viso sul vetro e chiudendo gli occhi.
Lui e Kurt avevano passato parecchi finesettimana in quell’appartamento, quando ancora stavano assieme e tutto sembrava giusto e Blaine si sentiva in grado di tendere le mani e afferrare il mondo.
«Perché sei lì? Perché non l’hai detto a nessuno? Bl-» ma Blaine aveva voglia di continuare a parlare ora che aveva iniziato. E non sapeva nemmeno cosa volesse dire esattamente.
«Ci svegliavamo, la mattina, e andavamo nel bar all’angolo, quello che aveva i croissant come piacevano a te, anche se costavano troppo e…» e poteva ancora vederla da quella finestra e poi al lato «c’è quella boutique dove hai comprato quella sciarpa leopardata che io ho sempre odiato - no, seriamente Kurt, so che in fatto di moda sei tu l’esperto ma… leopardata?»
Il respiro di Kurt, dall’altra parte del telefono era leggermente irregolare, Blaine si chiese perché «Blaine, perché mi stai dicendo tutto questo?»
«Perché non era abbastanza, Kurt? Tre anni fa, perché non è stato abbastanza?» ed era quello il centro della questione, la domanda che non riusciva a togliersi dalla testa. Perché se anche avesse scoperto alla fine di amare di più Kurt… come avrebbe potuto tornare da lui sapendo che prima o poi avrebbe potuto lasciarlo di nuovo?
Blaine non aveva quel tipo di forza, quel tipo di coraggio. Non l’aveva mai avuto. Quel poco coraggio che aveva trovato, Kurt l’aveva portato via in un batter d’occhio. Blaine non sapeva che farci.
«Blaine,» magari Kurt stava piangendo. A Blaine non importava.
«Rispondi alla domanda, Kurt,» gli intimò (se lo avesse avuto davanti l’avrebbe scosso, probabilmente, cercando di convincerlo).
«Eravamo giovani, Blaine,» disse allora Kurt, (Blaine poteva immaginarlo nel suo soggiorno, vestito di tutto punto, gli occhi chiusi e il respiro spezzato. Blaine voleva essere lì con lui, così tanto,) «e ci - o forse mi, non lo so - ci è sfuggito tutto di mano e… e non… tu sei stato il mio primo ragazzo, Blaine, non eravamo pronti, non sapevamo cosa stavamo facendo.»
«Un tempo avresti detto che stavamo imparando assieme,» glielo rinfacciò perché voleva fargli male, almeno un poco.
«Un tempo non saremmo stati qui ad avere questa conversazione,» gli rispose acidamente Kurt, «è questo tutto il problema, Blaine? Ancora? Pensavo avessimo risolto, pensavo…»
E Blaine era stanco e arrabbiato e confuso e voleva semplicemente che tutto finisse.
«Il problema è che sono innamorato di te, lo sono stato per gli ultimi sette anni, Kurt, e tu… tu no. Il problema è che amo Michael, lo amo più di quanto io possa dire, ma non sono certo di amarlo più di quanto amo te. E lui si merita di più, Kurt,» stava parlando, stava parlando ed era ancora più doloroso di quando l’aveva detto a Jade, perché ora era reale, ora era… ora era più doloroso di quanto potesse dire.
«Il problema è che non voglio essere innamorato di te, Kurt, ma non so come si fa a smettere. Quindi perché non mi riveli il tuo grande segreto, mh? Perché non mi dici come hai fatto tu a smettere di essere innamorato di me?» stava urlando, non se n’era nemmeno reso conto.
«Io… Blaine…» Kurt senza parole, beh, Blaine avrebbe dovuto segnare la data sul calendario, era un evento «io non lo so, se trovi un modo dillo anche a me. Perché nemmeno io ho mai smesso di amarti in sette anni, Blaine, ho solo cercato di convincermi che l’avessi fatto. Perché al tempo avevo bisogno di scoprire se c’era altro.»
«Vaffanculo, Kurt,» e Blaine non aveva usato una parola del genere in mesi (colpa di sua zia, davvero, l’aveva educato troppo bene) ed aveva chiuso. Perché improvvisamente non aveva la minima idea di come avrebbe mai potuto continuare a sentire la voce di Kurt o qualsiasi altra cosa.
Quando il suo cellulare aveva ripreso a squillare qualche secondo dopo, Blaine l’aveva lanciato dall’altra parte della stanza e aveva fatto finta di non sentirlo.
Non stava esattamente funzionando, ma non importava.
Part 2 |
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