Glee; BigBangItalia; Blaine/Kurt, Blaine/OMC; Take it all aways 4/4

Nov 17, 2011 16:54

La chiamata che Blaine non si era aspettato di ricevere, per nulla, era quella di Rachel Berry (non ricordava nemmeno di aver mai dato il suo nuovo numero a Rachel, probabilmente l’aveva avuto da Kurt).

«Non ho la minima idea di cosa sia successo,» aveva esordito Rachel, «e per quanto io possa ammettere una sana dose di curiosità, che è assolutamente normale per una star del mio livello, so che Kurt Hummel che mi chiama dal nulla per sfogare su di me il suo dramma da diva è un problema. Gli ho consigliato di esprimere tutte le sue emozioni in una canzone, come i più grandi artisti della storia, ma non per tutti funziona bene come che con me,» e wow, Blaine non ricordava che Rachel parlasse tanto e così veloce.

«Ma quando respiri?» non riuscì a trattenersi dal chiedere, temendo di essere stato un po’ inopportuno. A Rachel non sembrava importare.

«I miei istruttori, che sono tra i migliori al mondo, avendo riconosciuto il mio talento, mi stanno facendo fare esercizi di controllo della respirazione. È tutto incredibilmente affascinante, non che io ne abbia bisogno, ma magari si può migliorare la perfezione,» Blaine non riusciva a respirare, i suoi istruttori dovevano essere davvero bravi o Rachel aveva un superpotere o qualcosa di simile «quello di cui volevo parlare non è questo, però. Non che parlare di me non sia una buona cosa, ovviamente, ma il soggetto qui è Kurt Hummel e questa vostra parodia di storia romantica che assomiglia un pochino troppo a Friends e un pochino troppo poco ad un porno per i miei gusti, oh, non fare quel suono Blaine Anderson, sono cresciuta con due padri gay, ho avuto la mia fase di scoperta.»

«Ci sono cose che non ho assolutamente bisogno di sapere, Rachel, mai. Ti sarei infinitamente grato se smettessi di parlarne,» la pregò, chiudendo gli occhi e cercando di costringersi a dimenticare quello che aveva appena sentito. Era più difficile del previsto.

Quando Rachel era rimasta in silenzio per qualche secondo, Blaine si era chiesto se, per caso, avesse esaurito le batterie, o magari non avesse più un singolo soffio d’aria nei polmoni. Entrambe ipotesi plausibilissime.

«Blaine,» disse finalmente, con una voce che sembrava meno da “pazza psicotica assassina” e più da “ambiziosa piccola bastarda con un cuore d’oro sepolto da qualche parte dietro l’ambizione” «non ho la minima idea di cosa sia successo, non voglio saperlo nemmeno, ma qualsiasi cosa sia non rende Kurt felice. E quello che voglio chiederti è… tu sei felice? Perché se lo sei va bene, non dirò nulla, e mi occuperò di Kurt,» e improvvisamente si rese conto che quella non era una chiamata per perorare la causa di Kurt o chissà che altro, Rachel Berry l’aveva chiamato perché voleva che Kurt e Blaine fossero felici, e ora evidentemente almeno uno di loro non lo era.

«Io sono felice, Rachel,» le disse, perché lo era, Michael lo aveva reso felice in quei due anni, più felice di quanto fosse mai stato dopo che Kurt l’aveva lasciato. Ma più felice di prima? Questo non lo sapeva «ma forse potrei essere più felice e… sono confuso, Rachel, e sto provando a capire, a chiarire ma…»

«Ci stai davvero pensando seriamente, mh?» gli chiese lei, gentilmente, e Blaine annuì, anche se lei non poteva vederlo. «Allora va bene,» ed era come se stesse cercando di convincere anche lui, come se gli stesse dicendo che sarebbe andato tutto bene, che stava facendo la cosa giusta.

Blaine si chiese come Rachel Berry potesse sapere di cosa avesse bisogno, lontana kilometri e kilometri com'era.

«A volte penso che tu sia davvero la più speciale di tutti noi,» le disse ridendo e Rachel ricambiò, Blaine si chiese se aveva ancora i capelli lunghi, se si vestisse ancora come se avesse appena rapinato un negozio di abbigliamento degli anni 60, del brutto periodo degli anni 60.

«No, Blaine, voglio dire, sono parecchio speciale ovviamente,» e beh, Blaine non poteva dire di non esserselo aspettato «ma non più speciale. È stato tutto quello che il Glee club ci ha insegnato, no? Siamo tutti speciali a nostro modo. Questo e che le vesti del Prof Schuester sono davvero orrende.»

Blaine non poteva davvero negare.

«Hai preso una decisione?» gli chiese Jade la mattina dopo, mentre Blaine chiudeva il suo borsone.

«No,» rispose, poi ci pensò un attimo «non lo so ancora,» che era un poco meglio, ma non era ancora perfettamente corretto. «Quasi,» supplì alla fine, che era comunque un grande passo avanti.

Jade si morse il labbro, evidentemente in imbarazzo, Blaine decise di non aiutarlo (a volte gli piaceva essere un po’ un bastardo, lasciarlo cuocere nel suo brodo).
«Lo sai che… cioè se Mike... »

«Lo odia quando lo chiami Mike,» lo interruppe, guardando mentre Jade gli lanciava un’occhiataccia.

«Dicevo, se Michael, ti caccia fuori di casa perché hai deciso di essere un bastardo e spezzargli il cuore,» (Blaine si trattenne dal dire “Grazie mille, cretino,” per miracolo) «puoi… puoi venire qui. Questa è ancora casa tua, lo sarà sempre,» e arrossì pietosamente alla fine.

Blaine avrebbe voluto ridere, o abbracciarlo o piangere un po’ (perché non voleva che Michael lo buttasse fuori, ma era una possibilità concreta che gli spezzava il cuore) ma si limitò a sorridergli e dargli una pacca sulla spalla.

«Lo so, ma… grazie,» gli disse alla fine e Jade lo spinse un po’ troppo forte, facendolo cadere a terra «cosa diamine…?»

«Troppe smancerie, okay? Non… non faccio questo genere di cose, quindi alza il tuo culo da puttana e vai a capire quale dei due uomini vuoi, okay? E possibilmente non farla finire come in Moulin Rouge,» e Blaine lo guardò sconvolto.

«Mi stai paragonando ad una puttana di alto borgo? E chi esattamente sarebbe il conte in questa analogia?» chiese, assolutamente oltraggiato e Jade scosse le spalle.

«Non ho mai detto di essere un genio, okay? Magari non ho pensato abbastanza profondamente alle ramificazioni di questo paragone, ma non è questo il punto,» disse alla fine, prendendolo per un braccio e spingendolo fuori dalla porta «il punto è, Satine, che tu devi decidere nelle braccia di chi dei due vuoi morire di tifo!»

«Tutto questo mi disturba incredibilmente,» non riuscì a non dire Blaine.
Jade si limitò a chiudergli la porta in faccia, canticchiando “Diamonds are a lady’s best friend”.

Blaine si era sentito in dovere di urlare «Sei il peggiore eterosessuale che sia mai esistito!» Jade se lo era meritato comunque.

Quando arrivò a casa, Michael era sdraiato sul divano, un libro in una mano ed un bicchiere di vino nell'altra, indossava dei pantaloni della tuta ed una maglietta troppo grande per lui. Blaine rimase per qualche secondo a guardarlo, senza muoversi.

«Beh? Sei improvvisamente diventato uno stalker?» scherzò Michael, alzando il viso e sorridendogli.

Blaine lasciò cadere il borsone sul pavimento, ma non andò a sdraiarsi accanto a Michael, come avrebbe tanto voluto fare. Si limitò a sedersi nella poltrona accanto.
Michael si mise a sedere immediatamente, evidentemente confuso dal suo comportamento. Avevano imparato a conoscersi in quei due anni e poteva capire perché Michael fosse allarmato, Blaine non poteva nemmeno rassicurarlo.

Non aveva le parole, non aveva mai saputo mentire bene. Non era certo di avere le forze per farlo.

«Blaine? E' successo qualcosa a casa tua?» e oh, stavano iniziando subito con qualcosa di difficile apparentemente, perfetto.

Prese un profondo respiro e allungò il braccio per prendere il bicchiere di vino di Michael (avrebbe dovuto prenderne un altro, avrebbe dovuto prendere l'intera bottiglia, in un certo senso era quasi certo che sarebbe servito).

«Non sono tornato a casa, Michael,» gli disse, chiudendo gli occhi per non vedere il viso dell'altro - aveva paura che avrebbe perso anche quel poco di coraggio che aveva trovato per fare quel discorso.

Aveva paura che avrebbe semplicemente riso e gli avrebbe detto che stava scherzando, che ovviamente era tornato a casa per il fine settimana. Non poteva, non ora, quindi tenne gli occhi chiusi.

«Avevo bisogno di pensare,» continuò, forzando le parole fuori dalla sua bocca, sforzandosi di non tremare «dovevo pensare perché non so più cosa fare, Michael.»

Michael non parlò e Blaine aprì gli occhi, incontrando lo sguardo sconvolto, preoccupato e arrabbiato dell'altro - se lo meritava, aveva provato a giostrarsi troppe cose contemporaneamente, aveva provato a far finta di nulla. Aveva provato ed era stato stupido.

«Io... non capisco... Blaine, se non sei tornato a casa...?» la domanda più facile a cui rispondere, bene.

«Da Jade,» supplì immediatamente, e ridendo leggermente «che ti manda i suoi saluti, tra parentesi, e mi ha ricordato almeno tre volte di dirti testualmente "Ciao Mike," e io gli ho detto che tu lo odi, ma...»

«Non m'interessa cosa aveva da dire Jade, Blaine,» quasi ruggì Michael e Blaine si bloccò immediatamente «che ci facevi da lui? Perché mi hai mentito?»

E a quel punto Blaine se ne rese conto.

«Perché non mi chiedi a cosa dovevo pensare?» poteva capire perché non avesse scelto di porla come sua prima domanda, ma Michael era sempre stato diretto, Blaine se l'era aspettata almeno nei primi cinque minuti di discussione. E invece l’altro sembrava non avere alcuna fretta di chiederglielo.

Michael si passò una mano sugli occhi a quel punto, come se fosse stanco e arrabbiato e semplicemente frustrato.

«Perché so già a cosa dovevi pensare, Blaine, non sono stupido,» grugnì il suo ragazzo, come se Blaine fosse lo stupido tra i due, come se Michael lo conoscesse molto meglio di quanto lui conoscesse se stesso. Probabilmente era anche vero.

«Oh,» si limitò a dire lui, ancora un poco sconvolto e Michael rise. Non c'era nulla di allegro in quella risata, nulla di felice; Blaine non avrebbe mai voluto che Michael facesse un suono simile.

Mai.

«L'unica cosa che non so è perché ti sei sentito in dovere di mentirmi,» continuò Michael, «o chi tu abbia scelto.»

«Non è questione di chi dei due sia meglio, Michael,» chiarì immediatamente Blaine, che voleva mettere la questione in chiaro. Non era mai stato questo il problema, non era mai stato chi era meglio di chi. Non era mai stata una lotta tra caratteri o personaggi o chissà cosa. «Dovevo solo capire cosa provavo, Michael, perché ti amo, ma amo anche Kurt e non potevo...»

«Non potevi andare avanti senza sapere chi amassi di più, nonostante mi hai detto tantissime volte che ero io,» c'era un poco di rabbia nelle sue parole, tradimento. Come se Blaine gli avesse mentito, come se Blaine avesse continuato a mentirgli per mesi e mesi.

«Perché al tempo ne ero sicuro. Perché al tempo non avrei mai potuto pensare di tornare a stare con Kurt,» gli disse, cercando di poggiare la mano sul ginocchio dell'altro. Michael si spostò velocemente e Blaine non afferrò che aria.

«Oh, oh e ora ci stai pensando, ora ci puoi credere?» chiese Michael, alzandosi e allontanandosi da lui il più possibile. Blaine avrebbe voluto dire no, assolutamente no. Ma non voleva mentire, non gli piaceva mentire.

«Non lo so,» disse quindi, così sincero che quasi gli faceva male il cuore. Non sapeva come spiegare a Michael cosa provasse, non sapeva come spiegargli tutti i pensieri che aveva in testa, non sapeva nemmeno se avessero un senso.

Doveva provarci comunque, in qualche modo.

«Quando noi ci siamo conosciuti, io ero... io ero appena uscito da uno dei periodi peggiori della mia vita,» gli disse, guardandolo negli occhi «e tu mi hai salvato. Mi hai salvato a forza di insultarmi e di essere una delle persone più detestabili che io conosca e io ti amo, ti amo.»

E poi si bloccò, chiuse gli occhi e riordinò un attimo le idee «Quando ho incontrato Kurt è stato un po'... al tempo mi credevo superiore al mondo, volevo far credere a tutti di essere più in controllo di quanto in realtà fossi. Io e Kurt ci siamo salvati a vicenda, in un certo senso,» probabilmente Kurt sarebbe stato in grado di salvarsi da solo, probabilmente Blaine non gli era stato indispensabile come Kurt lo era stato per lui, ma gli piaceva pensare di aver avuto un piccolo contributo nel creare il Kurt Hummel che esisteva oggi.

Michael si era seduto di nuovo e lo guardava senza fiatare, sembrava anche quasi spaventato di muoversi. Blaine non sapeva di cosa avesse paura, ma avrebbe voluto stringerlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene.

«Però eravamo troppo giovani e troppo stupidi e ci siamo innamorati troppo in fretta, non ci siamo mai fermati a riflettere e abbiamo perso il controllo, in maniera alquanto plateale anche,» e Kurt aveva deciso di lasciarlo alla fine, e per quanto Blaine non avrebbe mai smesso di soffrire per quella decisione, probabilmente era stata quella giusta.

Probabilmente era stata l'unica cosa che li aveva salvati. Kurt Hummel aveva sempre ragione, dopotutto, perché mai Blaine si stava sorprendendo.
«Perché mi stai dicendo tutto questo, Blaine?» chiese alla fine Michael, che sembrava ora più confuso che altro.

E ora sarebbe venuta la parte difficile, lo sapeva.

«Io sono felice con te, Michael, tu mi hai donato più di quanto tu possa realmente immaginare,» gli disse, perché Michael gli aveva ridato il canto quando lui credeva di non potere più salire sul palco e gli aveva ridato la fiducia in se stesso quando lui non ne aveva più. Però... «Cosa ti ho dato io, Michael? Tu... tu sei davvero felice in questa relazione?»

E a quel punto, come si era aspettato, Michael aveva cominciato ad urlare «Oh maledizione, Blaine, risparmiati queste cagate da psicologo, per Dio! Cosa credi? Che queste tue parole mi risveglino da un incantesimo e improvvisamente io mi renda conto di aver sbagliato ogni singola cosa degli ultimi tre anni? No. No, vaffanculo, Blaine. Prenditi il coraggio delle tue azioni per una volta nella vita,» stava urlando, era più arrabbiato di quanto Blaine l'avesse mai visto.

E aveva tutte le ragioni del mondo.

«Io credo dovremmo lasciarci,» disse dunque, cercando di trattenere le lacrime, cercando di guardare l'altro negli occhi senza abbassare lo sguardo, senza tremare, senza chiedergli di dimenticare tutto.

L'aveva detto. Aveva preso una scelta e non sapeva ancora cosa farsene, non sapeva se era quella giusta, non sapeva che fare ora.

Però almeno aveva fatto un passo avanti, almeno aveva scelto la sua battaglia. Almeno aveva... affrontato qualcosa.

Michael improvvisamente scoppiò a ridere, ma Blaine poteva sentire la rabbia e il dolore dietro quella risata e si odiava un po’ per questo - aveva amato Michael, lo aveva amato con tutto il cuore e se non ci fosse stato Kurt, se Kurt non fosse mai tornato nella sua vita, probabilmente sarebbero rimasti insieme per anni, si sarebbero sposati e avrebbero adottato una piccola bambina che avrebbero cresciuto come una nuova Rachel Berry (tra l'egocentrismo di Michael e il suo bisogno di attenzioni non sarebbe potuta crescere diversamente, davvero).

Però Blaine aveva incontrato Kurt nella sua solita caffetteria e avevano cominciato ad orbitare l'uno intorno all'altro di nuovo e Blaine sapeva che probabilmente aveva preso la scelta sbagliata, che magari si sarebbero feriti di nuovo, altre mille volte (perché Blaine non sapeva controllarsi intorno a Kurt, non sapeva come non volere Kurt e Kurt a volte era un po’ troppo egocentrico, un po’ troppo ambizioso, forse un po’ troppo maturo e deciso per Blaine).

«Non ha semplicemente funzionato,» gli disse allora, perché forse era stato destino, forse era stato qualcos'altro, ma quella era la verità.

Michael aveva alzato lo sguardo e i suoi occhi erano rossi, ma concentrati, pieni di una rabbia e di una grinta che gli aveva visto poche volte in quegli anni.

«No, Blaine. Non è vero che non ha funzionato, sei tu che non l’hai mai fatta funzionare Blaine,» ed era come se volesse imprimere quel concetto nella sua mente, come se volesse farglielo capire non per vendetta o qualcosa di simile, ma semplicemente perché era la cosa giusta, semplicemente perché l'amava e voleva che aprisse gli occhi. Quindi Blaine ascoltò. «Questo,» e indicò loro, il bicchiere di vino vuoto, tutto «questo è tutto sulle tue spalle, accetta i tuoi errori. Non sei perfetto, impara ad accettarlo.»
Probabilmente se gli avesse tirato uno schiaffo avrebbe fatto meno male.

Blaine se ne andò qualche ora dopo, dopo aver raccolto la maggior parte della sua roba (era giusto che fosse Michael a tenere l'appartamento, considerando anche che era sempre stato suo, fin da principio) e promettendo che sarebbe tornato presto a prendere il resto.

Michael lo bloccò poco prima che potesse attraversare la porta, afferrandogli il braccio e accarezzandoglielo leggermente. Blaine avrebbe dovuto fermarlo, probabilmente, non poteva far loro bene, ma non ne aveva le forze.

«Stai andando da lui?» gli chiese, come se anche solo il pensiero gli facesse male. Blaine non aveva voglia di mentire, non aveva voglia di far nulla se non rimanere lì ancora per un altro po’.

Anche se non poteva più, anche se aveva rinunciato a quel diritto, aveva rinunciato a Michael e aveva rinunciato a quella vita.

«No, non subito almeno. Sto pensando di andare a lasciare questa roba da Jade,» spiegò, scrollando le spalle. A dire il vero non aveva ancora pensato a quando e come avrebbe parlato a Kurt. In realtà non era nemmeno sicuro di volerci tornare immediatamente insieme.

Si erano rotte troppe cose in quei tre anni, e a volte pensava che nonostante fossero entrambi pronti a riprovarci, non sarebbe stato abbastanza. Rise da solo - ecco di nuovo il coraggio che se ne andava. A dire il vero era un po’ patetico.

«Io... non ti ho lasciato solo per stare con Kurt,» disse però, perché era qualcosa che aveva bisogno di dire, anche se probabilmente Michael non aveva bisogno di sentirlo «se anche non tornassi con Kurt io... Kurt mi ha dimostrato che non ero pronto, che ti avrei semplicemente... trascinato con me, e forse avremmo avuto una grande vita e forse saremmo stati felici ma…»

«Ma cosa? Perché non può essere abbastanza?» gli chiese Michael, leggermente disperato. Blaine dovette chiudere gli occhi nuovamente per non cedere, per non dire sì, hai ragione, è abbastanza.

«Ma potremmo essere più felici, Michael,» concluse alla fine. E stava piangendo, poteva sentire le lacrime agli angoli degli occhi, pronte a scendere.

Non gli importava sul serio.

Poi si sporse in avanti e baciò Michael - l'ultimo bacio, sì - inspirò il suo profumo, memorizzò il suo sapore e si lasciò andare per l'ultima volta contro di lui.

«Non è mai successo nulla tra me e Kurt,» buttò fuori, improvvisamente, «in questi mesi, dico, non ti ho mai tradito, mai... io non...» non era certo del perché fosse importante, ma lo era.

Michael annuì, un po’ triste, un po’ sollevato. Un po’ tutt'e due.

«Lo so, l'ho sempre saputo. Sei patologicamente incapace di mentire,» e poi prese un grosso respiro «era una delle cose che mi piacevano di più di te.»
Blaine avrebbe voluto dire “a me piaceva tutto di te”, ma avrebbe solo peggiorato la situazione - l'avrebbe peggiorata di molto, sì, quindi prese le sue cose e si incamminò fuori dall'appartamento e poi fuori dal palazzo e dentro la sua macchina.

Era finita e Blaine non riusciva a sentirsi le gambe o le braccia, non riusciva a respirare, non riusciva a pensare. Voleva solo piangere per ore ed ore o tornare indietro e chiedergli scusa o tornare indietro di mesi e non entrare in quella maledetta caffetteria.

Poi voleva prendere la macchina e andare da Kurt e capire cosa avrebbero fatto di quello che c'era tra di loro. Cos'avrebbe fatto di se stesso quando tutta questa questione fosse finita.

Alla fine fece esattamente questo.

Kurt non era a casa, ovviamente non era a casa e probabilmente sarebbe dovuto tornare indietro, probabilmente sarebbe dovuto tornare a casa di Jade, posare le cose (esattamente come aveva pianificato) e poi chiamare Kurt.

Invece rimase seduto davanti alla sua porta come un pazzo, stringendosi nel suo cappotto.

Aveva appena lasciato il suo ragazzo di due anni e ora stava aspettando che il suo ex con cui si era lasciato tre anni prima tornasse. Era patetico.

Era più che patetico, perché non era ancora riuscito a smettere di piangere e wow, come l'avrebbe spiegata questa a Kurt? Sto piangendo perché ho dovuto lasciare il mio ragazzo per te?

Non sembrava esattamente un discorso molto romantico.

Eppure era anche l'unico che aveva e, comunque, Blaine non era mai stato bravo ad essere romantico. Era troppo impacciato, un po’ troppo ottuso, aveva un concetto del romanticismo non esattamente molto chiaro (erano tutte parole di Kurt, le ricordava ancora oggi, cinque anni dopo che erano state pronunciate) e non aveva mai realmente potuto dire che non fossero la verità.

Quindi sarebbe rimasto lì ad aspettare pateticamente il suo ex ragazzo e poi sarebbe stato onesto, gli avrebbe detto tutta la verità e in qualche modo... in qualche modo qualcosa sarebbe successo. Anche se non aveva la minima idea di cosa.

Ora aveva anche mal di testa.

In un certo senso era appropriato che Blaine fosse rimasto ad aspettare Kurt per ben un’ora - e c’era freddo, c’era dannatamente freddo - probabilmente era la punizione che si meritava per tutto il casino che aveva combinato.

L’unica cosa buona era che era riuscito a smettere di piangere, dopo venti minuti, solo che ora aveva gli occhi gonfi e il naso che colava. Era in uno stato pietoso, ma quando Kurt gli si presentò davanti, scoprì che non gli importava.

L’altro era rimasto pietrificato davanti a lui, e Blaine si affrettò ad alzarsi da terra, perché preferiva parlare mentre erano entrambi in piedi, piuttosto che con lui seduto pietosamente accanto alla porta di Kurt, come una specie di cagnolino o un barbone.

«Blaine,» disse Kurt, come se non riuscisse ancora a crederci - e Blaine poteva anche capirlo dopo la loro ultima conversazione.

«Ehi,» rispose, facendo un piccolo gesto con la mano (e, davvero, Blaine? La mano? Cosa…?) e quando Kurt non accennò a muoversi, si morse il labbro inferiore, nervosamente. «Fa… fa un po’ freddo qui fuori quindi…»

«Sei venuto qui per mandarmi a quel paese anche di persona?» disse improvvisamente Kurt, che sembrava così spaventato (come se Blaine fosse davanti a lui con un coltello in mano pronto ad ucciderlo) «perché posso anche capirlo, ma ne farei davvero a meno. Sappi che sono ampiamente depresso, sei riuscito a ferirmi, sono davvero davvero a terra e non ho voglia di sentire quanto tu e Michael siate la coppia più perfetta dell’universo o di quanto io abbia rovinato la tua esistenza o…»

«Io e Michael ci siamo lasciati,» disse Blaine, ma il suo commento venne assolutamente ignorato.

«…O di quando abbiamo fatto quel viaggio nell’estate del nostro primo anno e… aspetta, cosa?» si fermò finalmente Kurt, guardando Blaine come se gli fosse spuntata una seconda testa. Blaine avrebbe riso, ma non era nemmeno sicuro di cosa ci fosse di divertente.

«Io e Michael ci siamo lasciati esattamente… un’ora e trenta minuti fa, sono quasi certo di meritarmi il premio per l’ex più stronzo d’America,» ripetè, fingendo una sicurezza che non aveva, con cui non era direttamente mai nato.

«Oh,» fu l’eloquente risposta di Kurt, che sembrava essersi completamente dimenticato che erano ancora fuori, dove sarebbe potuto passare chiunque (e dove la vicina di Kurt con i mille gatti probabilmente stava sentendo ogni parola, perché era una di quelle che consideravano origliare il loro lavoro).

«Credi che potremmo entrare ora che abbiamo stabilito che non sono qui per rendere la tua vita un inferno?» chiese alla fine, speranzoso, perché dopo un’ora aveva solo voglia di entrare e scaldarsi un poco le mani.

Kurt sembrò uscire dalla trance in cui era caduto e cominciò ad annuire, sbrigandosi a prendere le chiavi dalla tasca e superandolo per andare ad aprire la porta.

Blaine ringraziò il cielo e tirò miseramente su col naso - non esattamente in maniera attraente, ecco.

Arrossì furiosamente, anche se Kurt non aveva dato il minimo segno di essersene accorto.

«Io… uh… credo di essere rimasto qui fuori troppo a lungo,» offrì come spiegazione, cercando di non balbettare troppo e a quel punto Kurt si voltò verso di lui, arcuando un sopracciglio.

«Da quanto sei qui fuori, Blaine?» gli chiese sospettoso e Blaine temette che sarebbe arrossito ancora di più - anche se era matematicamente impossibile diventare più rossi di quanto non fosse già.

«Uh, un’ora?» disse, cercando di dare all’altro il suo sorriso più affascinante (anche se probabilmente non funzionava bene quando aveva ancora gli occhi troppo rossi e il naso gonfio e stava sbattendo leggermente i denti).

«Un- sei completamente pazzo? Voglio dire, che fossi un poco stupido è un fatto risaputo, ma non pensavo che fossi andato anche fuori di testa,» urlò Kurt, che quando era preoccupato reagiva cominciando ad insultare a profusione «entra immediatamente,» continuò, prendendolo per un braccio e spingendolo dentro casa di forza (non che Blaine avesse davvero bisogno di essere spinto, certo).

Lo trascinò sul divano, facendolo sedere e correndo a prendere una coperta - e okay, questa era un po’ un’esagerazione.

«Kurt,» lo richiamò, ma quando l’altro non sembrò sentirlo lo ripetè un’altra volta, questa volta con più forza.

Kurt finalmente si voltò verso di lui, e Blaine non sapeva cosa dire, era ancora peggio che con Michael, perché con lui almeno aveva avuto un’idea di come si sarebbe concluso il discorso.

Qui c’erano così tante possibilità, così tante strade aperte.
Aprì la bocca una volta, due, ma non riusciva a pensare a qualcosa da dire. Non riusciva a riordinare le idee abbastanza perché ne venisse fuori qualcosa di decente.

Paradossalmente fu Kurt a rompere il silenzio «Perché sei qui, Blaine? » disse, guardandolo fisso negli occhi (Kurt era sempre stato il più coraggioso tra loro dopotutto) «io sono abbastanza famoso per i miei film mentali,» ammise Kurt, con un sorriso di scherno «ma ti presenti qui dopo esserti appena lasciato con il tuo ragazzo e l’ultima volta che ci siamo sentiti abbiamo… puoi capire cosa sto pensando, giusto? Quindi ti conviene dirmi che mi sto sbagliando immediatamente…»

«E se non ti stessi sbagliando?» lo interruppe Blaine, cercando di non abbassare lo sguardo, cercando di non mostrare quanto fosse spaventato. «Se fossi qui per dirti esattamente quello che stai pensando? Andrebbe… andrebbe bene?»

Kurt aveva la bocca aperta e lo sguardo stralunato e Blaine cercò di non mordersi il labbro fino a farlo sanguinare - se la serata si fosse conclusa come voleva lui avrebbe avuto bisogno di quel labbro.

«Io…» mormorò alla fine Kurt, lasciandosi cadere nel divano accanto a Blaine, «andre- Blaine, Blaine no io… devi dirmi di cosa stiamo parlando. Cioè so di cosa stiamo parlando, ma ho bisogno che tu me lo dica chiaramente, ho bisogno che tu me lo dica così mi convincerò che tutto questo,» e indicò loro due e poi il divano e poi fece un gesto strano con le mani che Blaine attribuì al nervosissimo «non è solo frutto della mia immaginazione. Mi è già capitato, la mia immaginazione in questo campo è pericolosa e…»

E a quel punto Blaine dovette fermarlo, perché stavano raggiungendo livelli di stupidità (entrambi) difficilmente pareggiabili. «Kurt, Kurt, pia-» ma pensò che, probabilmente avrebbe fatto meglio a zittirlo in un altro modo e quindi gli coprì una bocca con una mano.

«Kurt, sta zitto un attimo,» gli disse e poi aspettò che Kurt annuisse per lasciarlo, e cominciò il suo discorso solo quando fu certo che l’altro non avrebbe ricominciato a parlare «sono qui perché ti amo, perché non so per quale strana ragione penso che forse potremmo riprovarci, perché in questi mesi ho ritrovato il mio migliore amico e mi era mancato parecchio,» e cercò di sorridere a quel punto, perché stava facendo un discorso abbastanza sensato, no? Stava andando bene «e perché mi hai detto che anche tu mi ami ancora - e se non è così dillo ora, non ho intenzione di continuare a rendermi ridicolo,» ma Kurt stava negando con la testa e Blaine tirò un sospiro di sollievo (perché wow, in quel caso sì che sarebbe stato imbarazzante) «e ancora non sono certo di quanto tempo ci vorrà perché vada tutto a posto, ma…»

E poi improvvisamente Kurt lo stava baciando e in qualche modo gli era quasi finito sulle gambe e Blaine non si sarebbe certamente lamentato.

(E ricordava quello che aveva detto a Michael, che non aveva intenzione di ritornare in una relazione con Kurt immediatamente, ma in quel secondo non gli importava sul serio).

E poi si erano staccati e stavano ansimando e Blaine aveva mormorato «Stiamo per fare sesso, non è vero?» e Kurt aveva annuito.

Chi era Blaine per fermare il naturale corso degli eventi, dopotutto.

«Quindi…» provò Blaine, mentre Kurt continuava a tracciare cerchi invisibili sul suo petto.

«Quindi…» gli rispose Kurt, nello stesso tono. Nessuno dei due aveva alcuna voglia di rovinare il momento, erano ancora negli istanti di pura pace che seguivano l’orgasmo e non avevano alcuna fretta di riprendere il discorso precedente.

«Immagino che potremmo riprovarci,» ammise Blaine, che non si ricordava nemmeno più perché aveva avuto qualche dubbio. Kurt stava ridendo leggermente e il suo respiro caldo sulla sua pelle gli stava facendo venire voglia di iniziare un terzo round.

«Ti ho scopato fino a conquistarti, mh?» scherzò Kurt (e Blaine cercò di ricordarsi dove era andato a finire il sedicenne che si imbarazzava a parlare anche di quando si prendevano per mano).

«Qualcosa del genere,» concesse Blaine, che sinceramente non si stava nemmeno concentrando troppo. Avrebbe potuto sentirsi in colpa ma ehi, era stata una giornata stressante per lui, okay?

«Dovremmo avere tutte le nostre conversazioni così, prendiamo decisioni molto più facilmente,» e Blaine non aveva nulla in contrario, ma disse comunque qualcosa come “Credo che questa sia la definizione dell’espressione: prendere decisioni con il proprio basso ventre”.

Kurt si limitò ad alzare le spalle e baciargli il petto.

Blaine pensò che magari Kurt non aveva poi torto.

La mattina dopo avevano deciso di andare a fare colazione in un bar vicino a casa di Kurt (Blaine aveva deciso di evitare il loro solito caffè, era quasi certo che Elliot sarebbe stato dalla parte di Michael nella loro separazione e non aveva la minima voglia di occuparsi di lui, quel giorno) e avevano camminato mano nella mano, senza fare alcuna attenzione a chi li stesse guardando, godendosi il momento.

Kurt gli stava parlando di una sua collega e Blaine stava giocando con un bottone del cappotto di Kurt e sembrava giusto, ed era perfetto.

Blaine razionalmente sapeva che quello era il periodo “luna di miele” che stavano semplicemente scegliendo di ignorare tutti i problemi di cui avrebbero dovuto parlare e godersi quello che avevano timidamente costruito.

Eppure se avessero continuato così sarebbero probabilmente incappati negli stessi errori, si sarebbero persi nella familiarità, nella naturalezza e si sarebbero dimenticati di porre dei paletti, di assicurare la loro relazione in maniera tale che non cadesse loro addosso, che non si schiantasse senza controllo, lasciandoli distrutti e rotti.

Eppure mentre Kurt blaterava accanto a lui, le guance arrossate dal freddo, Blaine non riusciva a concentrarsi su altro che sulle loro mani, sulla pelle liscia dell’altro, sul modo in cui il cappello di Kurt gli stesse assolutamente perfetto e al succhiotto che spuntava prepotentemente dal colletto del suo cappotto.

Davvero, era difficile concentrarsi sulla loro futura disgrazia con queste immagini davanti, Blaine era semplicemente un essere umano, c’erano cose che andavano anche oltre il suo potere.

Quindi avevano passato la giornata fuori, a girare per la città, a mangiare in un piccolo bar del centro - come se fossero dei turisti con troppi soldi da spendere e senza alcun problema.

Non avevano parlato di Michael o di tre anni prima o di nulla che avrebbe potuto riportarli bruscamente alla realtà.

Non ancora, continuava a ripetersi Blaine, ne parleremo dopo, abbiamo tempo.
Non si meritavano quel giorno, dopotutto? Non si meritavano una singola giornata per sentirsi al centro del mondo? Per sentirsi come se tutto fosse possibile semplicemente perché erano assieme?

Era la sensazione che aveva provato a sedici anni, quando aveva baciato per la prima volta Kurt, quando avevano danzato nel bel mezzo del ballo studentesco, la corona di Kurt che continuava a finirgli davanti agli occhi.

Era quella sensazione che gli era mancata così tanto in quegli ultimi anni anche se non l’aveva mai saputo.

Era quella sensazione che voleva proteggere con tutto se stesso.

«Quando entreremo a casa dovremmo parlare, non è vero?» gli chiese Kurt, che era poggiato con la schiena alla porta di casa sua e che aveva ancora le labbra gonfie per il bacio che si erano appena scambiati.

Blaine avrebbe voluto dire no, avrebbe voluto dire che non aveva importanza, che avrebbero potuto continuare così, che quel giorno era stato perfetto e che ne avrebbero avuto mille altri esattamente identici.

Blaine non era capace di mentire così bene però.

«Ieri non saremmo nemmeno dovuti finire a letto,» rispose, ridendo leggermente. Kurt rise a sua volta.

«Se ricordi non ci siamo finiti,» e beh, sì, aveva ragione lui, ma non era esattamente il punto che stava cercando di fare lui. «È solo che… non credi che abbiamo parlato anche troppo in questi mesi? Abbiamo… non credo ci sia altro da dire, Blaine…»

Blaine scosse la testa «Abbiamo parlato solo del passato, abbiamo parlato solo di quanto ci siamo feriti a vicenda, di come la nostra relazione non abbia funzionato, di cosa sia andato male…» ne avevano parlato tanto, sì, ma… «non abbiamo mai parlato di cosa vorremmo da questa nuova relazione, di cosa pensavamo di volere da quella precedente. Non abbiamo parlato di quello che farai una volta finito lo spettacolo, di quello che farò io finita l’università. Non abbiamo parlato di dove vogliamo vivere, se questa è una cosa a lungo termine o meno, se…»

«Okay,» lo interruppe Kurt, improvvisamente, aprendo la porta di casa e spingendocelo dentro, come la sera prima «io so che voglio stare con te per sempre e lo volevo anche prima, so che voglio tornare a New York perché è la mia città, perché è il mio sogno e so che voglio che tu venga con me. So che non sappiamo farle, le relazioni a distanza, non siamo tipi. So che ti amo, che i tuoi ricci sono diventati un’ossessione e che per quanto abbia cercato di dimenticarlo mi ricordo qualsiasi tipo di caffè ti piaccia, come ti piace prenderlo, come ti piace intingerci il biscotto - due volte, perché se no non è abbastanza inzuppato - come ti svegli la mattina, come gemi quando sei sotto di me. E forse non è abbastanza, ma è tutto quello che ho.»

Blaine ringraziò il cielo che riuscirono ad arrivare al letto quella volta, per un attimo Blaine aveva considerato di spogliare Kurt in mezzo al corridoio e prenderlo lì, sul pavimento.

Era stato davvero un miracolo che non l’avesse fatto.

«Dovremmo smetterla di finire le nostre discussioni così,» ragionò Blaine, anche se non lo pensava sul serio. Nemmeno Kurt a giudicare dal modo in cui aveva cominciato a ridere.

«Okay, sì, è un modo fantastico per concludere le nostre discussioni, ma non riusciamo ad arrivare mai da nessuna parte!» si lamentò Blaine, che magari aveva un tono un poco lamentoso.

«O forse arriviamo esattamente nel punto giusto!» obbiettò Kurt.
Questa volta fu Blaine a ridere «Ti sei reso conto da solo di quanto suonasse stupido, vero?»

«Sì, preferisco non rifletterci su.»

«Lo sai che prima o poi dovrai affrontare Elliot, vero? E Liz. Specialmente Liz. Mi piacciono le sue tessere della biblioteca plastificate e glitterate,» gli disse Kurt quando Blaine decise di andare a prendere il caffè in un posto diverso dal solito.

Blaine sbuffò «Menzogne, tu menti. Posso nascondermi nel tuo appartamento e non uscire più e diventerei il tuo piccolo segreto e prima o poi tutti si dimenticheranno persino di aver mai conosciuto un Blaine Anderson!»

Kurt si limitò a bere il suo caffè, rumorosamente.

Blaine potè comunque udire il suono della sua disapprovazione.

Il fatto era che era quasi certo di aver tenuto Liz nella separazione (come se fosse un set di piatti d’argento), ma questo non voleva dire che la ragazza non gli avrebbe urlato addosso per ore ed ore (o forse solo un’ora, ma semplicemente perché Kurt le piaceva, non per altro).

Quando, cinque giorni dopo, aveva finalmente trovato il coraggio di entrare in biblioteca, Liz lo aveva colpito in testa con un libro. Forte.

«Ahi!» aveva urlato, massaggiandosi la nuca.

«Te lo sei meritato,» aveva sibilato l’altra - e Blaine per un attimo si era chiesto se magari Liz non fosse stata invece dalla parte di Michael (avrebbe fatto male, molto male, Liz era sempre stata più amica sua che di Michael).

«Potevi almeno scegliere un libro con, che ne so, cinquecento pagine in meno!» le rinfacciò però Blaine, guardando il libro che l’altra teneva tra le mani (e che probabilmente era il terzo libro più grosso della biblioteca).

«No, questo era della grandezza giusta,» gli disse lei, squadrandolo per bene.
Blaine aveva quasi paura di quale sarebbe stata la sua prossima domanda, invece Liz lo aveva tirato per un braccio e poi lo aveva fatto sedere al suo solito tavolo, senza proferire una singola parola.

Solo quando erano entrambi seduti sulla loro solita panca aveva chiesto: «Pensi sia la scelta giusta?» e Blaine non sapeva che rispondere ancora, quindi rimase in silenzio.
Liz annuì e poi gli chiese: «Sei felice?»

E Blaine sapeva come rispondere a questo e quindi annuì, senza alcuna esitazione, perché forse c’erano cose di cui avrebbero dovuto parlare, perché non erano perfetti e giusto quella mattina Kurt aveva passato due ore e mezza a sistemarsi i capelli e Blaine avrebbe voluto strozzarlo, ma era felice.

Era felice. Wow.

Liz aveva continuato a fissarlo per almeno trenta secondi - i trenta secondi più lunghi della storia - prima di annuire, sorridere e poggiare la testa sulla sua spalla. Blaine riprese a respirare.

«Okay allora,» disse, ridendo, e Blaine avrebbe voluto abbracciarla o baciarla o entrambe le cose, semplicemente perché non si era nemmeno reso conto di quanto avesse avuto bisogno di questo atto di accettazione, non fino a che non l’aveva ricevuto. «Se sei felice per me va bene, mi piaceva Michael, ma mi piace anche Kurt. E comunque tu mi piaci di più di tutti,» e nella mente di Liz questo ragionamento era abbastanza.

Quindi Blaine le cinse la vita con un braccio e cominciò a raccontare (perché Liz era una ficcanaso e perché voleva dire tutto a qualcuno).

Avevano cominciato a parlare di trasferirsi a New York solo due settimane dopo essersi rimessi assieme (Blaine non era ancora entrato nel solito bar e non vedeva Elliot da due settimane e mezzo, non gli mancava poi molto) e stavano andando troppo veloce. Era ovvio, quindi Blaine li aveva frenati un poco.

Se avesse lasciato fare alla natura, si sarebbero buttati a testa bassa in questa relazione come in qualsiasi altra cosa e avrebbero rischiato di rovinarla, di darla per scontato e non era quello che Blaine voleva.

Blaine voleva che funzionasse, che funzionassero. Che dieci anni dopo sarebbero stati ancora assieme e si sarebbero guardati indietro a quei tre anni che avevano passato separati e avrebbero riso.

Era questo quello che Blaine voleva più di qualsiasi altra cosa. Più di Chicago, più del posto di lavoro, più di Liz, più di Jade, forse anche più del Kurt che aveva ora tra le braccia.

Era quello e l’avrebbe avuto, anche se fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto.

Quando Kurt era andato a trovarlo a casa sua, Jade aveva aperto la porta e l’aveva salutato dicendogli «Ciao, scrittore squattrinato.»

Blaine e Jade avevano continuato a ridere per dieci minuti di fila, lasciando Kurt decisamente confuso. Blaine non aveva voluto spiegargli lo scherzo però, non sembrava adeguato.

E in qualche modo stavano continuando a non parlarne e stavano commettendo degli errori e ne avrebbero commessi tanti altri, perché erano loro ed erano stupidi e in qualche modo sarebbe andato bene lo stesso.

Blaine non sapeva perché ne fosse certo, (non avrebbe dovuto, dopotutto, non con i loro precedenti) ma lo era, ed era abbastanza.

Part 3 | Masterpost

*bigbangitalia, paring: blaine/omc, !fan fic, fandom: glee, paring: klaine, character: kurt hummel, character: blaine anderson

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