Glee; BigBangItalia; Blaine/Kurt, Blaine/OMC; Take it all aways 2/4

Nov 17, 2011 17:17

La prima volta che avevano fatto sesso erano a casa di Michael (che viveva da solo e non aveva insopportabili coinquilini che avevano un esame a breve), non era stato particolarmente romantico, ma nessuno di loro due, dopotutto, era particolarmente bravo in tutta quella roba (Blaine ci aveva provato, con Kurt, e beh, visto com’era finita?).

La prima volta che si erano detti ti amo era stato mentre si urlavano addosso (e Michael aveva possibilmente dato un calcio al divano - il biondo continuava a dire che era stato un incidente, Blaine continuava a non credergli) ed era stato qualcosa come:
«Perché non puoi mai darmi ragione?» aveva urlato Michael, infuriato.

«Perché sei un maledettisismo pallone gonfiato e perché hai torto e non importa quanto ti ami, se dici cretinate io-» aveva risposto Blaine, ma Michael l’aveva bloccato urlandogli di sopra.

«Anche io ti amo, ma questo non vuol dire che tu non sia un piccolo bastardello con l’insopportabile bisogno di infilarsi sempre in qualsiasi faccenda!»

In qualche modo erano finiti a terra e oh, Blaine aveva avuto le ginocchia rosse per giorni.

La prima volta che Blaine aveva lasciato qualcosa di suo a casa di Michael volontariamente, era accaduta esattamente un anno dopo il loro incontro/scontro in biblioteca («Devo studiare praticamente ogni secondo libero,» aveva detto e il “e passo ogni secondo libero qua” era rimasto sottinteso).

La prima volta che Blaine si era reso conto di non aver pensato a Kurt in mesi era stato un anno e due mesi dopo aver incontrato Michael, un anno dopo che si erano messi assieme, al loro primo anniversario, quando l’altro gli aveva fatto trovare la tavola apparecchiata e aveva cucinato per lui (qualcosa di assolutamente incommestibile ed erano finiti a mangiare dell’indiano e guardare CSI). E Blaine si era appoggiato completamente contro il suo ragazzo e si era sentito bene e felice ed esattamente dove doveva essere.

La prima volta che presentò Michael a sua madre fu quando lei lo venne a trovare per le vacanze e Blaine dovette darle una spiegazione sul perché la sua camera sembrasse così vuota (e lo era, incredibilmente vuota, Blaine non se ne era mai reso conto, Dio. Stavano già praticamente abitando assieme?).

Michael era stato carismatico e affascinante fino a farlo quasi vomitare e quando Blaine gli aveva chiesto spiegazioni l’altro si era limitato a dire «Devo uscirne vincitore dal confronto,» e Blaine aveva capito che stava parlando di Kurt ed ebbe voglia di abbracciarlo e baciarlo e spingerlo contro il tavolo della cucina e spingere dentro di lui per ore ed ore. Quindi lo fece.

La prima volta che avevano litigato sul serio era stato per qualcosa che ora Blaine nemmeno ricordava, ma che al tempo era sembrata un ostacolo insormontabile, Michael era uscito dall’appartamento sbattendo la porta troppo forte e Blaine si era chiesto cosa dovesse fare perché si trovava nell’appartamento di Michael e sarebbe dovuto toccare a lui andarsene come una furia.

Si era lasciato andare contro il divano, le braccia incrociate e aveva sbuffato, rendendosi conto che nemmeno mezz’ora dopo tutta la rabbia che aveva provato stava sparendo velocemente. Michael era rientrato a casa meno di dieci minuti dopo.

«Non dovremmo essere più sconvolti?» aveva chiesto e Blaine aveva piegato la testa di lato.

«Forse siccome litighiamo tutto il tempo, ormai ne siamo immuni?» aveva detto, avvicinandosi all’altro e abbracciandolo alla vita, stringendoselo contro.

«Sesso?» aveva domandato, sporgendosi in avanti, senza però toccargli le labbra, fermandosi a qualche centimetro dalla bocca.
Michael aveva riso e riso. «Mi hai mai sentito dire no?» aveva chiesto e no, effettivamente Blaine non l’aveva mai sentito dire di no a nulla.

Non era stato come con Kurt, non era stato come Blaine se l’era aspettato. Con Kurt, Blaine ricordava la sensazione di abbandono, come se stesse cadendo da un grattacielo, incapace di fermarsi, perso nel vuoto.

Blaine ricordava il desiderio di averne di più, di non averne mai abbastanza, non importava quanto allungasse le mani ed afferrasse.
Con Michael era diverso, non c’era il fuoco che cercava di consumarlo, non c’era l’eccitazione febbrile che non riusciva a controllare, lui e Michael avevano imparato a conoscersi a poco a poco, si erano creati uno spazio tutto loro piano, con difficoltà. Per mesi Blaine era stato insicuro di aver fatto la scelta giusta e Michael era stato riluttante ad aprirsi a Blaine e non era stato facile e non era stato bello.

A volte Blaine pensava che fosse meglio - ora, con due anni di relazione alle spalle, Blaine e Michael erano molto più stabili di quanto Blaine e Kurt non fossero mai stati (colpa dell’età, della loro voglia di avere tutto ed averlo presto) ma non altrettanto innamorati, non altrettanto persi l’uno nell’altro. Forse era uno scambio equo.

Michael l’aveva portato in libreria il giorno dopo il suo ultimo esame importante e Blaine aveva ventiquattro anni e Michael venticinque e magari avevano parlato qualche volta del futuro, cosa avrebbero fatto quando Blaine si fosse laureato - avevano parlato magari di cambiare città, di fare un viaggio di un mese e non guardarsi indietro.

Non ne avevano mai parlato sul serio, però, non abbastanza da preparare Blaine alla vista della chiave che Michael gli stava porgendo (nulla l’avrebbe mai preparato a quello, ne era sicuro).

Stavano assieme da due anni e una parte di Blaine voleva dire che non era abbastanza tempo, che per quanto pensassero di essere pronti non lo erano e sarebbe tutto finito incredibilmente male.

L’altra parte di lui era ferma ad ammirare quel piccolo oggettino di metallo come se possedesse il potere di distruggere il mondo e poi rimetterlo assieme.

«Oh,» era stata l’unica cosa che era stato in grado di dire (e si sentiva un po’ in colpa, anche se Michael si era limitato a mettergli la chiave tra le mani, senza alcun discorso, e a borbottare qualcosa che poteva essere “Vieni a vivere con me,” come anche “Mi va una tazza di te”). «Oh,» aveva ripetuto perché Michael gli stava chiedendo di trasferirsi nel suo appartamento. E Blaine era quasi certo che avrebbe detto sì.

Era questa consapevolezza la cosa che lo spaventava di più, il fatto che anche sapendo che era probabilmente un’idea terribile, che sarebbe finito tutto in un disastro, Blaine avrebbe comunque detto sì.

Avrebbe detto sì perché metà dei suoi vestiti era già da Michael e perché a Blaine piaceva svegliarsi prima la mattina e preparare la colazione all’altro (le cui capacità culinarie variavano da un “completamente immangiabile” a un “possibilmente vomitevole”) e perché amava Michael e Michael amava lui ed era una sensazione che a volte ancora lo lasciava senza fiato.

«È un oh buono o un oh cattivo? Perdona la domanda ma mi stai…» e Blaine si rese conto che l’altro stava tremando un poco e aveva le mani sudate e venne improvvisamente colpito da un’ondata di affetto che non sapeva come controllare.

Quindi si sporse in avanti, poggiando una mano sulla guancia dell’altro e se lo tirò addosso, baciandolo con tutte le sue forze (e non importava nemmeno che, lì vicino, ci fossero una coppia di persone che li stavano guardando come se fossero insetti - era questo il bello di avere un ragazzo che aveva fatto box per i suoi anni di liceo).

«Quindi è un sì, giusto?» chiese per conferma (assolutamente inutile) Michael quando si furono finalmente staccati (e Blaine poteva vedere i due ragazzi che venivano scacciati via da Liz - che ora gli stava dando l’okay con i pollici e oh, Blaine l’avrebbe uccisa un giorno).

«Perché non torniamo a casa nostra, mh? Credo che potrei dimostrarti quanto sia un sì più facilmente lì,» fu l’unica risposta che gli diede, mentre Michael rideva e quasi lo trascinava di peso fuori dalla biblioteca.

In definitiva? Blaine poteva dire di essere felice - poco più di tre anni dopo essersi lasciato con Kurt, quasi due anni dopo essersi messo con Michael, Blaine poteva tranquillamente dire di essere felice.

Aveva una casa che condivideva con l’uomo che amava, era quasi laureato, e sebbene non fosse ancora certo di cosa avrebbe fatto dopo, era abbastanza.

Jade l’aveva preso in giro in eterno quando Blaine l’aveva avvertito che si sarebbe trasferito, ma poi l’aveva abbracciato così forte che Blaine aveva avuto quasi paura che l’avrebbe stritolato a morte (e Blaine gli aveva mormorato un grazie sulla spalla, perché se era lì, quel giorno, era tutto merito suo e Jade aveva riso e lo aveva chiamato cretino).

Insomma la vita di Blaine non era per nulla male. E ovviamente a quel punto Dio, o chi per lui, aveva deciso di gettargli Kurt Hummel tra le braccia.

Non letteralmente. Qualcosa di simile.

Michael era impegnato con il lavoro quel giorno, un impegno che l’avrebbe tenuto fuori città fino alla sera e Blaine si era ritrovato a fare la coda al loro solito bar da solo - normalmente facevano la fila assieme e Blaine ordinava il cappuccino di Michael, mentre l’altro ordinava il caffè di Blaine, come se fossero ancora a quello stadio della loro relazione. Era un po’ strano ritrovarsi lì da solo, in un certo senso, e Elliot, il barista, continuava a guardarlo come se Blaine fosse un povero cucciolo che si era perso e si sentiva incredibilmente solo (che poteva essere anche una rappresentazione adeguata - probabilmente avrebbe scritto un messaggio a Michael, ora).

Quindi, in definitiva, Blaine non stava prestando minimamente attenzione a quello che gli succedeva attorno - magari solo ad Elliot e allo stato del suo caffè - per cui non c’era stato alcun motivo che gli aveva fatto alzare la testa quando la porta si era aperta.
E a Blaine piaceva pensare che potesse essere stato il fato, in un certo senso - anche se un fato incredibilmente bastardo e un po’ sadico, certo - a fargli alzare la testa nello stesso istante in cui Kurt Hummel entrava nel suo bar.

Per poco Blaine non fece cadere il cellulare (in cui rimaneva incompiuto un messaggio con su scritto “Elliot è ovviamente compiaciuto della tua mancanza, penso voglia provarci con me :D tu co-“) e giusto in quel momento Elliot decise di urlare «Blaine, muoviti a prendere la tua ordinazione e smettila di importunare quel povero ragazzo,» e Kurt si voltò verso di lui e Blaine non seppe esattamente cosa fare.

Non si sentivano da quel giorno (nonostante Kurt avesse detto che voleva continuare ad essere amici, Blaine aveva saputo fin dal principio che non sarebbe mai stato possibile) e oltre l’imbarazzo che era rimasto dal loro ultimo incontro, Blaine sentiva anche il peso di quella promessa infranta.

E a parte tutto, quello era Kurt e Blaine non aveva mai smesso di amare Kurt in sette anni (ancora oggi, quando ripensava ai loro anni assieme, Blaine provava un rimpianto cocente, nonostante avesse Michael e lo amasse in maniera indegna) e l’altro aveva probabilmente smesso di amarlo dopo quattro. Era tutta una situazione imbarazzante insomma.

Quindi prese il suo caffè (lanciando un’occhiataccia ad Elliot, perché sì) e si diresse verso Kurt - non salutare sarebbe stato infantile e stupido e poco educato.

Per lo meno, Blaine rifletté, Kurt sembrava imbarazzato quanto lui (grazie al cielo, perché Blaine aveva il triplo di probabilità in più del solito di fare una figura assolutamente ridicola e se Kurt fosse stato perfettamente tranquillo e controllato, Blaine avrebbe dovuto andare a nascondersi in Alaska).

«Ehi,» disse, sentendosi incredibilmente stupido mentre ricordava i mille altri modi in cui si erano salutati nel corso degli anni - no, non doveva pensare a cose simili. Doveva smetterla di pensare a cose simili.

«Blaine…» rispose Kurt, che sembrava a metà tra il sorpreso, l’imbarazzato e l’eccitato di vederlo lì. Stava bene, Blaine concluse, aveva i capelli un po’ più corti, la pelle sempre incredibilmente rosea (e probabilmente anche liscia) e i suoi occhi erano sempre spettacolari come ricordava.

Blaine era felice che Kurt stesse bene, dopotutto.

«Non ci sentiamo da…» Blaine si rese conto che Kurt si era trattenuto dal dire qualcosa come “da quando ci siamo lasciati” o “da quando ti ho mollato tre anni fa,” prima di fermarsi (Dio, grazie) «da tanto,» supplì alla fine, e Blaine annuì.

«Sì, ti trovo bene,» gli disse allora, perché sembrava il genere di cose da dire in situazioni del genere - non che Blaine avesse tante esperienze, l’unico ex oltre Kurt che aveva era Len, ma la loro storia non era stata minimamente intensa quanto quella con Kurt.

«Anche io,» gli rispose Kurt sorridendo (oh, wow, Blaine era ancora debole a quel sorriso, buono a sapersi) e Blaine si rese conto che erano arrivati al bancone e che Elliot li stava guardando confuso - e un po’ curioso.

«Lo pago io il suo caffè,» disse, velocemente, senza nemmeno sapere perché e Kurt stava per protestare, poteva ancora quasi indovinare che parole avrebbe usato, ma ora che si era proposto non si sarebbe tirato indietro «no, insisto, questo è il mio bar, El, non accettare soldi da lui.»

«Vorrei solo sapere da quando questo è il tuo bar,» brontolò Elliot, prendendo l’ordinazione di Kurt e roteando gli occhi abbastanza teatralmente (Blaine sapeva che questo voleva dire non solo che Elliot non era davvero arrabbiato, ma che la sua curiosità era schizzata a livelli indicibili).

«Visto che non ho alcuna possibilità di dire di no,» borbottò Kurt, imbarazzato, ma non davvero arrabbiato «grazie, ma non dovevi.»
Blaine scosse le spalle, voltandosi verso Elliot. Rimasero in silenzio per qualche secondo, osservando gli altri clienti del piccolo locale e poi Kurt cominciò a parlare.

«Allora? Come va? Vai sempre alla stessa scuola? Vedo che il tuo amore per il caffè non è cambiato…» ed era ovvio che stava provando a spezzare la tensione che si era creata tra di loro, ma Blaine non poteva fare a meno di pensare come sarebbe stato bello rispondere “Che ti interessa? Non voglio dirtelo e sì, non riesco a smettere di amare qualcosa così facilmente”, ma Blaine era troppo educato per dire qualcosa del genere.

«Tutto bene,» cominciò, molto più diplomaticamente di quanto la sua testa avrebbe voluto «sì, mi manca poco per laurearmi però, e beh,» e a quel punto arrossì, perché aveva sempre avuto un’insana ossessione con la caffeina, sì, in qualsiasi forma.

Kurt rise a quel punto, gettando leggermente la testa all’indietro e Blaine si fermò a guardarlo (rideva esattamente come Blaine si ricordava da tre anni prima, ma anche in maniera completamente diversa. Le piccole rughette d’espressione ai suoi occhi erano leggermente più pronunciate e lo rendevano ancora più bello ai suoi occhi. Blaine sospirò internamente).

«E tu?» chiese perché, ora che si sentiva un poco meno scombussolato, il fatto che Kurt fosse lì a Chicago era un po’… era strano, ecco «che ci fai qui? New York era troppo piccola per te e Rachel?»

Kurt rise di nuovo, il che voleva dire che Blaine era nella direzione giusta (anche il fatto che Elliot continuava a guardarli come se fossero due interessantissimi animali era un segnale che Blaine era nella direzione giusta - e che dovevano andarsene via il prima possibile, ovviamente).

Quando Kurt prese finalmente la sua tazza di caffè, Blaine era quasi pronto a dire “perché non me lo racconti mentre camminiamo?” (e davvero, non avrebbe dovuto, Blaine sarebbe dovuto scappare via di lì a gambe legate perché quello era Kurt e Michael non ne sarebbe stato minimamente contento) e invece fu Kurt a dire «E’ una lunga storia, perché non ne parliamo fuori di qui?»

E Blaine disse sì, anche se non aveva la minima idea del perché l’avesse fatto (anche se Blaine non aveva mai la minima idea del perché facesse metà delle cose che faceva).

E non aiutava il fatto che Elliot lo stesse guardando come se fosse a metà tra il pedinarlo e il farlo morire di una morte lenta e dolorosa (e non c’era motivo, perché Blaine non aveva alcuna intenzione di tradire Michael, non ne aveva la minima intenzione, ecco. Il problema non erano le intenzioni, comunque).

«Mi hanno offerto un lavoro,» stava dicendo Kurt, tra un sorso di caffè e un altro, e Blaine era grato che l’altro stesse parlando così tanto, perché non era certo che avrebbe potuto sopportare il silenzio imbarazzato che ci sarebbe stato altrimenti (o almeno quello che pensava ci sarebbe stato, non aveva alcuna prova certa) «è per una piccola produzione, certo, ma è un inizio.»

«Oh, è incredibile, Kurt!» e lo era, perché in pochi cominciavano subito con Broadway, allargare i propri orizzonti e fare esperienza prima era incredibilmente utile.

Kurt sorrise, arrossendo un poco, e Blaine avrebbe voluto dirgli che era una mossa sleale, che non poteva fare quella faccia mentre era con lui, non più comunque.

Invece rimase in silenzio e si limitò a guardarlo (come avrebbe voluto fare tante volte in quegli ultimi anni, come pensava non avrebbe potuto più fare).

«Tu? Cosa mi racconti?» gli chiese improvvisamente Kurt e Blaine si rese conto che era il momento, che poteva inserire Michael nel discorso con nonchalance, come se non fosse realmente importante, come se quello non fosse Kurt e loro non avessero una storia alle spalle lunga come un papiro.

«Non è cambiato molto,» disse invece, maledicendosi mentalmente (erano cambiate un sacco di cose, maledizione. Era cambiata la sua casa, il suo coinquilino, era cambiato tutto, qual è il tuo problema Blaine! Fatti crescere una spina dorsale).

«Oh,» si limitò a dire Kurt, piegando leggermente la testa, come se stesse pensando a qualcosa. Blaine avrebbe dovuto fermarlo, perché era quasi certo che qualsiasi cosa stesse pensando non gli sarebbe piaciuta.

«Hai qualcosa da fare oggi?» aveva infatti chiesto Kurt dopo, e Blaine non aveva realmente nulla da fare (non con i prossimi esami a tre mesi di distanza, Michael lontano per lavoro e Jade impegnato con la sua fidanzata di turno) ma avrebbe dovuto dire sì comunque. O anche sì, ma se anche non lo fossi non passerei la giornata con te, Kurt, perché non ne può venire nulla di buono, maledizione.
«No,» disse invece, mandandosi calci mentali «è la prima giornata completamente libera che ho in un sacco di tempo,» no, davvero, Blaine era un idiota colossale.
Stava quasi per dire qualcosa come “però probabilmente dovrei…” quando Kurt gli aveva sorriso come se Blaine gli avesse appena offerto la luna, o qualcosa di egualmente schifosamente romantico. E quello era il modo in cui lo aveva guardato così tante volte nei quattro anni in cui erano stati assieme, quello sguardo adorante che gli concedeva quando erano da soli - e a Blaine quello sguardo era mancato incredibilmente.

Quindi avrebbe dovuto dire tante cose, davvero, ma non poteva. Non poteva. E si odiava un po’ per questo (specialmente quando prese il cellulare dalla tasca e non solo si rese conto di non aver mai più mandato quel messaggio a Michael, ma che l’altro gli aveva mandato due messaggi - per lamentarsi della stupidità dei suoi colleghi, messaggi a cui Blaine spesso non rispondeva che con vaghi messaggi di incoraggiamento, ma non era quello il punto).

Dio, era il ragazzo peggiore della storia (okay no, magari era un pochino meglio di quei bastardi che picchiano i propri compagni, ma probabilmente era in lizza per il secondo posto).

Solo che improvvisamente lui e Kurt stavano parlando, come se non si vedessero da due giorni e non da tre anni, e Blaine ricordava che era sempre stato così con Kurt - che erano diventati amici così velocemente da fargli quasi perdere la testa. Che lui e Kurt erano sempre funzionati in una maniera tale che nessun’altro era mai riuscito davvero a comprendere.

Forse Kurt aveva avuto ragione tre anni prima, forse sarebbero funzionati meglio come amici (probabilmente Blaine sarebbe stato più credibile se fosse riuscito a dire all’altro di avere un compagno, sì, ma non erano cose a cui gli piaceva pensare).

E improvvisamente era ora di pranzo e loro non avevano smesso di parlare nemmeno per un secondo, e quando Kurt aveva detto “mangiamo qualcosa?” Blaine lo aveva portato nel parco vicino casa sua - a cui non doveva pensare, perché se no gli si sarebbe ripresentato il problema del “non ho detto al mio ex-ragazzo che ho un compagno con cui vivo assieme e ci sto probabilmente un po’ provando con il suddetto ex e Dio santo, che sto facendo?”

E in tutto questo Blaine si era salvato dicendosi che sarebbe stato solo per quel giorno, che al calar del sole sarebbe tornato a casa dal suo ragazzo e gli avrebbe raccontato di aver passato la giornata con un suo amico del liceo e sarebbe tutto finito lì.

Poi Kurt gli aveva chiesto «Uhm… per la cena… ti va di… venire da me, magari?» e Blaine era quasi certo di non stare interpretando male quella frase. Il che era tutto il problema.

Quindi Kurt lo stava invitando a mangiare a casa sua, a parlare ancora un altro poco - probabilmente insieme ad una pizza ordinata lì vicino - e a… beh, okay, magari no perché quello era sempre Kurt e non aveva pianificato così tanto, ma era sicuramente una possibilità.

Michael gli aveva mandato almeno sette sms e l’ultimo era un pochino sull’isterico andante (qualcosa del genere “Devo pensare che ci sia una ragione per il fatto che mi stai completamente ignorando, Blaine?”) quindi avrebbe dovuto chiedere scusa e andare via - anche perché era questo il patto, no? Il patto che Blaine aveva fatto con se stesso. Solo fino al calar del sole.

Però voleva dire sì, voleva dire sì così tanto - e questo lo faceva infuriare, perché Kurt l’aveva lasciato, Kurt l’aveva lasciato e non si era voltato indietro e ora, dopo tre anni, quando finalmente Blaine si era rifatto una vita, tornava e pretendeva di poter fare quello che voleva?

Non funzionava così, maledizione, non funzionava così.

«Io non so…» disse quindi, cercando di contenere la rabbia e l’irritazione che provava, cercando di ingoiare di nuovo tutte le parole che avrebbe voluto sputargli in viso, tutte quelle cose che avrebbe potuto usare per fargli male. «Non penso sia una buona idea…» ho un ragazzo e lo amo e tu mi hai lasciato (avrebbe davvero dovuto dirla questa parte).

«Blaine io…» e Kurt era voltato verso di lui, e Blaine poteva vedere tutta la sua incertezza, tutta la sua insicurezza. E non gli importava perché non era Kurt quello che era stato ferito, ma lui.

E ora Kurt non aveva alcun diritto, non aveva nessun fottuto diritto.

«Blaine, ti prego…» e Blaine non era sicuro per cosa l’altro lo stesse pregando - non sapeva se era perché voleva che Blaine lo lasciasse spiegare, perché voleva che Blaine andasse con lui. Il punto era che, probabilmente, era un pochino tutt’e due.

E Blaine non sapeva cosa rispondere, non sapeva nemmeno cosa stava provando. Voleva urlare mi hai ferito o lo sai quanto ci sono stato male? O ancora perché sei tornato ora che sono felice?

Però quello era Kurt e quindi disse «Okay,» e non sapeva ancora perché.

Casa di Kurt non si trovava nemmeno troppo lontano dalla sua, Blaine si rese conto, mentre Kurt apriva il portone (c’era una specie di sadica fatalità in tutto quello probabilmente). Era al terzo piano, in un appartamento che costava probabilmente un poco più di quanto Blaine sarebbe mai stato disposto a pagare da solo, ma aveva le comodità a cui Kurt non avrebbe mai saputo rinunciare.
Era abbastanza spaziosa, pulita e decorata egregiamente - probabilmente Burt e Carole avevano aiutato Kurt con il lato finanziario della faccenda.

«Accomodati,» gli disse Kurt, allontanandosi, probabilmente per prendere il numero della pizza a domicilio (Blaine sapeva a memoria il numero di una pizzeria lì vicino, la preferita di Michael, ma la sola idea di dirlo gli faceva venire la nausea); non presero nulla di complicato, una semplice margherita, perché nessuno dei due aveva realmente voglia di mangiare qualcosa di più sostanzioso.

Si sedettero sui divani, uno davanti all’altro, e tutta quella complicità che avevano avuto per tutta la giornata sembrava sparita, annegata in tutti i loro problemi, annegata nella colpa di Blaine e in qualsiasi cosa Kurt stesse provando  (Blaine non ne aveva la minima idea, l’altro era sempre stato incredibilmente bravo a nascondere quello che sentiva realmente, se non voleva che nessun’altro lo sapesse).

Blaine pensò a cosa avrebbe potuto dire, ma la sua mente era completamente vuota. Si passò una mano sulle tempie, massaggiandole lentamente, cercando di far sparire il mal di testa che poteva già sentire arrivare.

Kurt si stava guardando le mani come se queste avrebbero potuto dirgli come risolvere la situazione, come risolvere loro due. Blaine avrebbe potuto ridere, ma sarebbe stato un suono inappropriato in tutto quel silenzio, quindi rimase completamente fermo e si sforzò di non pensare a nulla, quasi di non respirare.

E a quel punto tutto tornò a posto. A quel punto le parole arrivarono alle sue labbra come se non avessero mai aspettato altro, come se in quei tre anni si fossero solo nascoste da qualche parte ma fossero rimaste attente, pronte a ferire.

«Io non… Io pensavo andasse tutto bene, Kurt, quando tu sei venuto e mi hai detto che volevi che ci lasciassimo,» disse, anche se era una cosa che non aveva mai ammesso a nessun’altro, troppo imbarazzato «e poi tu eri lì e io… io ti amavo così tanto, ma tu volevi che ci lasciassimo, eri così deciso,» ed era così che ricordava Kurt tre anni dopo, perché l’altro non era mai stato nulla se non deciso (sempre, sempre deciso, sempre senza alcuna esitazione, sempre pronto a fare quello di cui c’era bisogno, sempre così coraggioso e fermo)  al contrario suo, che traballava da una situazione all’altra tra errori e indecisioni «e cosa potevo dire io? Naturalmente ho detto sì, ma ero distrutto, Kurt, ero…»

A quel punto si zittì, perché non era certo di come continuare, non era certo di volerlo fare comunque, e sapeva che non era colpa di Kurt, che Kurt non aveva mai voluto ferirlo (non era stupido, maledizione) ma aveva fatto male nonostante tutto, aveva fatto incredibilmente male.

«Blaine… quello che avevamo era…» e poi Kurt si morse il labbro, come se non sapesse se completare la frase, Blaine alzò gli occhi, incontrando lo sguardo dell’altro, e lo sfidò a continuare (voleva avere la sua spiegazione, con tre anni di ritardo, ma voleva averla) «era… scontata. Ti amavo, Blaine, ma era come se lo facessi perché ormai c’ero abituato… e dovevo capire…»

«Capire se mi amassi davvero solo perché eri abituato?» chiese, sputando l’ultima parola come se gli avesse fatto un’offesa personale (e l’aveva fatto, l’aveva offeso peggio di qualsiasi altra parola al mondo).

«Blaine,» e poi Kurt si bloccò, e sospirò «ho fatto uno sbaglio forse, ma era quello di cui avevo bisogno. Quello di cui entrambi avevamo bisogno,» Blaine avrebbe voluto dirgli che Kurt non aveva la minima idea di cosa avesse bisogno Blaine, ma non era vero, non era mai stato vero.

E sapeva che Kurt probabilmente aveva anche avuto un poco ragione, che se fossero rimasti ancora insieme, probabilmente Kurt si sarebbe cominciato a stancare di Blaine, che avrebbero cominciato a litigare, insoddisfatti e che aveva fatto bene a chiuderla se era insicuro. Ma quella era la parte razionale di Blaine che parlava, quella che aveva interiorizzato il tutto due anni prima, che non aveva passato mesi e mesi a saltare da un letto ad un altro pur di non pensare a Kurt.

Era la parte a cui Blaine era più affezionato, ma anche la più debole.

Da una parte però era bello sapere che non aveva perso Kurt per New York, per mesi e mesi aveva pensato di aver perso contro la scintillante vita New Yorkese, che Kurt avesse visto cosa il mondo aveva da offrirgli e si fosse chiesto cosa ci facesse ancora con Blaine Anderson, che veniva dal Westcester e non aveva assolutamente nulla di favoloso - non come Kurt, almeno.

E poi Blaine aveva visto Kurt muoversi, per abbracciarlo o per prendergli la mano, non ne era sicuro, ma in quel secondo squillò il citofono e Kurt si alzò, correndo a rispondere.

Blaine non poteva muoversi però, perché quello era Kurt e Blaine poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata ed era sera e Michael stava per tornare a casa e Kurt l’aveva quasi abbracciato (o gli aveva quasi preso la mano e Blaine non sapeva quale delle due sarebbe stato peggio) e improvvisamente non poteva più farlo.

Non poteva rimanere lì, mentre Michael continuava a mandargli messaggi e Kurt pensava che Blaine potesse dargli qualcosa di più di un chiarimento (anche se avrebbe potuto, perché era ancora innamorato di lui, non aveva mai smesso, ma ora amava anche Michael e non poteva. Non poteva.)

Si alzò di scatto dunque, prendendo il cappotto e quasi correndo verso la porta. Kurt, che era appoggiato all’uscio che aspettava il fattorino lo guardò stupito.

«Blaine?» gli chiese, confuso e spaventato e Blaine cominciò a parlare.

Come poco prima, tutte le parole che aveva cercato di dire, fallendo, per tutto il pomeriggio cominciarono ad uscirgli fuori dalla bocca velocemente, come se non vedessero l’ora di essere libere, come se fossero state chiuse per troppo tempo.

«Non posso… Kurt io… ho un ragazzo, viviamo assieme da due mesi, stiamo assieme da due anni, non posso, Kurt,» non posso, non posso, era come un mantra.

Kurt non disse nulla, o forse stava per dire qualcosa, Blaine non lo sapeva, perché uscì dall’appartamento velocemente, incontrando il fattorino all’uscita dall’ascensore.

Prese venti dollari dal portafoglio e glieli diede - perché probabilmente era il minimo che potesse fare  - «La pago io,» gli disse, quando il fattorino lo guardò confuso «la prego di consegnarla solamente, può tenersi il resto.»

E poi corse a casa.

Michael non era arrabbiato, era un poco infastidito, e quando Blaine era entrato in casa gli aveva detto, ridendo, «Finalmente! Pensavo che fossi scappato, visto che è tutta una giornata che non mi rispondi,»  e per un secondo Blaine pensò di non dirgli niente.

Pensò di rimanere in silenzio, che Michael avrebbe potuto non saperlo mai, che non aveva alcuna intenzione di rivedere Kurt e che non aveva importanza dirglielo o meno.

Poi pensò ad Elliot e alla sua lingua lunga e al fatto che l’aveva visto andare via con Kurt - e sapeva perfettamente che non poteva non dirglielo.

Michael non sapeva tutto di Kurt, ma sapeva abbastanza, Blaine gliel’aveva raccontato una sera, quando era un poco brillo e l’altro gli stava facendo un massaggio alle spalle e Blaine era riuscito a trovare la forza di parlarne.

Quindi prese due respiri profondi e disse «Oggi ho incontrato Kurt,» e quello fu abbastanza.

Michael lasciò cadere il mestolo che aveva in mano (Michael cucinava raramente e Blaine si sentì ancora più in colpa). «Oh,» mormorò, voltandosi a guardarlo.

Blaine si chiese a cosa avrebbe pensato lui se le situazioni fossero invertite, nulla di buono.

«È…?» chiese, senza però concludere la domanda, lasciandola pesare tra di loro come un macigno. Blaine era felice che la prima domanda era anche quella a cui poteva rispondere in maniera corretta.

«No, Michael, non è successo assolutamente nulla,» e fece due passi in avanti, ma non provò a toccare l’altro, non fece nulla «te lo giuro, abbiamo solo parlato.»

Michael annuì, ma la tensione dalle sue spalle non sparì «Okay, avete parlato… vi siete incontrati di pomeriggio sul tardi?»
Blaine chiuse gli occhi, sapendo che la sua risposta non sarebbe piaciuta per niente all’altro.

«No,» disse, velocemente, come se stesse togliendo un cerotto (di botto, con un movimento veloce) «stamattina, abbiamo preso il caffè assieme e poi…»

Ma a quel punto Michael non lo stava ascoltando più «S-stamattina? Avete parlato per dieci ore? Dovrei credere che avete solo parlato per tutto questo tempo?» la sua voce era un poco isterica, e Blaine non poteva certo arrabbiarsi perché l’altro non gli credesse. Non poteva arrabbiarsi perché si meritava questo ed altro.

Però doveva cercare di farglielo capire, doveva cercare di spiegarsi… «Dovevo capire, io… dovevo capire perché, Mich,» e si avvicinò ancora un po‘, guardando con tristezza Michael che indietreggiava «Mi dispiace, mi dispiace così tanto, ma dovevo… dovevo dirtelo lo so, ma è stato tutto così all’improvviso e un minuto ti stavo scrivendo un messaggio e il minuto dopo c’era Kurt, dal nulla e…»

«Non sono stupido, sai? » disse improvvisamente Michael, continuando a guardare ovunque tranne che nella sua direzione «l’ho sempre saputo che non ti eri mai dimenticato di Kurt ma…»

E improvvisamente Blaine si spinse in avanti e prese il braccio dell’altro, perché Michael doveva capire che se n’era andato. Se n’era andato perché aveva pensato a lui, ai mille caffè che gli aveva portato in quei due anni e non aveva potuto.

«Io ti amo,» gli disse - perché era vero, perché ne era certo, perché questa consapevolezza non aveva mai vacillato nella sua mente.

«Ma ami anche lui,» e non era una domanda quella di Michael, era una frase. Ed era vera.

Blaine avrebbe voluto spiegargli come Kurt fosse stato il suo primo ragazzo, il suo primo vero amore, come non era certo sarebbe mai riuscito a dimenticarsi di una cosa simile, però era quasi certo che non ci fosse un modo di dirlo senza allontanare il suo ragazzo.

«Amo te di più,» e anche questo era vero, e Michael doveva saperlo. Doveva.

E poi improvvisamente l’altro lo stava baciando, lo stava spogliando velocemente e Blaine lo lasciò fare, perché sapeva che Michael aveva bisogno di essere rassicurato, di sapere che Blaine era lì, che non sarebbe andato via.

Che era lì per restare.

La mattina dopo - o più tardi durante la sera, Blaine non ne era certo - Michael si scusò, disse qualcosa come «So di avere esagerato, ma avevo paura e…» e Blaine lo baciò, zittendolo.

Non avrebbe più rivisto Kurt, non poteva, quindi non aveva importanza.

Ed effettivamente Blaine non l’aveva visto per ben una settimana. Una settimana in cui Michael aveva cominciato a chiamarlo ad orari strani e in cui Blaine aveva cercato di mitigare la sua irritazione - dopotutto se l’era cercata, davvero e ancora oggi Elliot a volte lo guardava male (e Blaine avrebbe voluto dirgli sì, lo so che hai una cotta per il mio ragazzo, ma scordatelo).

Michael aveva cominciato a rilassarsi gradualmente, aveva smesso di chiamarlo ventisette volte al giorno e non gli chiedeva più dove fosse stato (le sue risposte variavano tra in biblioteca o a casa di Jade o a casa, Mich).

E poi Blaine stava cantando al Whiskey, Michael che rideva dietro le quinte - se così poteva essere chiamata la parte di stanza nascosta da una tenda - (ormai era diventata una specie di tradizione) e tra una strofa e l’altra aveva alzato la testa e si era aspettato di trovare Jade, o magari Liz (che continuava a girare loro intorno e definirsi la loro fatina, e loro la sopportavano perché in fondo le volevano bene) ma lì c’era Kurt, che lo stava guardando come quel giorno tanti anni prima con Teenage Dream. Per un pelo Blaine non mancò l’attacco.

E poi si rese conto che avrebbe dovuto presentare Michael a Kurt ed ebbe voglia di scappare il più velocemente possibile. Perché il mondo ce l’aveva con lui in quel periodo? Che aveva fatto di male?

La canzone si dissolse, lasciando Blaine ansimante sul palco dopo uno show di un’ora.

Il proprietario lo guardava raggiante e Michael stava ancora applaudendo. Blaine continuò a sorridere, ringraziando il suo pubblico e dicendo qualcosa come “e ci vedremo la prossima volta, a meno che i miei fan non mi uccidano prima” e poi era corso via, abbracciando Michael di slancio.

«Oh, wow, non che non ne sia contento ma…» stava dicendo il suo ragazzo e Blaine probabilmente avrebbe dovuto addolcire la pillola, ma non era mai stato bravo con le parole.

«Ho visto Kurt tra il pubblico,» disse, velocemente, prima di aggiungere «non ho la minima idea di cosa ci faccia qui, te lo giuro.»
Michael era di nuovo teso e Blaine non sapeva cosa fare per farlo sciogliere.

«Che ci fa qui?» chiese, quasi digrignando i denti - e Blaine non aveva mai davvero saputo quanto fosse geloso Michael fino a quel momento.

«Non lo so,» sbuffò, allontanandosi dall’altro «è difficile sapere i pensieri di una persona quando non si ci parla da una settimana.»

«Non usare quel tono, Blaine,» sibilò Michael e improvvisamente Blaine era stanco di quell’atteggiamento.

«Ho passato una settimana a chiederti scusa perché mi sono comportato male,» gli disse, piccato, «ma questo non è colpa mia e non mi scuserò. Non ho alcun potere sulle decisioni di Kurt,» in più si sentiva ancora scombussolato - vedere Kurt tra il pubblico, come lo era stato così tante volte nel corso della loro relazione, era stata una visione strana e malinconica in un certo senso. Gli aveva ricordato cosa aveva perso e quello che aveva e tante cose strane che non avrebbe saputo spiegare.

E Michael non si era ancora rilassato, Blaine poteva sentirlo, ma in qualche modo sembrava aver focalizzato la sua rabbia meno su Blaine e più su qualcos’altro (Kurt, probabilmente) il che era un miglioramento.

Blaine gli prese il viso tra le mani, cercando di calmarsi a sua volta, e gli chiese «Se vi presentassi sarebbe meglio? Se conoscessi Kurt e vedessi…» e non sapeva come continuare la frase, perché non c’era una competizione, perché Kurt e Michael non erano nemmeno sullo stesso piano. Perché Michael sembrava pronto a ricominciare ad urlare e Blaine non avrebbe avuto la forza di trattenersi e sarebbero finiti a litigare di nuovo - e per quanto Blaine apprezzasse il sesso che ne seguiva, non gli pareva il momento adatto.

Michael rimase in silenzio per qualche secondo, Blaine gli lasciò il suo spazio, cominciando a giocare con le ciocche di capelli biondi che l’altro aveva sulla nuca - stavano cominciando a diventare troppo lunghi, ma a Blaine piacevano così.

Alla fine Michael annuì «Sì, credo che… così continuo solo a farmi film mentali e…» non continuò, ma Blaine non ne aveva bisogno.

«Okay,» disse, dandogli un bacio a fior di labbra e prendendolo per mano «è anche possibile che sia andato via,» lo avvertì però, perché davvero non sapeva cosa ci facesse Kurt, se fosse lì per uno strano caso del destino o perché stava cercando lui (dato che gli aveva raccontato molte volte dei suoi spettacoli al Whiskey e l’aveva portato nel locale almeno tre volte, la seconda sembrava la possibilità più concreta, ma non aveva intenzione di dirlo a Michael, che sembrava pronto a trasformarsi in un angelo vendicatore ed ucciderli tutti).

Part 1 | Part 3

*bigbangitalia, paring: blaine/omc, !fan fic, fandom: glee, paring: klaine, character: kurt hummel, character: blaine anderson

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