Star Trek/Once Upon a Time/Thor; Jim/Spock; True Love's Kiss;

Oct 31, 2011 16:33

Titolo: True Love's Kiss
Autore: chibi_saru11 
Beta: ///
Fandom: Star Trek, Once Upon a Time, Thor
Personaggi: Jim Kirk, Spock, Winona Kirk (Emma Swan), Biancaneve, Azzurro, BonesUhuraPavelHikaruScotty, menzione di Geroge Kirk(Thor)
Pairings: Jim/Spock, Azzurro/Biancaneve, George Kirk/Winona Kirk
Rating: PG13
Avvertimenti: Crossover, CRACK COME NON L'AVETE MAI VISTO.
Word: 5280 (Fidipù)
Riassunto: La famiglia Kirk è un poco complicata. Nessuno ha molta voglia di spiegare perchè, ma poi Storybrooke è di nuovo in pericolo e Jim Kirk non ha altra scelta se non salvare la situazione. 
Note:
1. Vedete questa fic? QUESTA FIC NON HO LA MINIMA IDEA DI COSA SIA E STO ANCORA RIDENDO E HO TUTTA UNA BACKSTORY CHE NON SONO RIUSCITA AD INSERIRCI. MAGARI UN GIORNO SCRIVERO' UN PREQUEL.
Disclamier: Sttttttar Treeek non è mio. Once Upon a Time non è mio e Thor non è mio. Che cazzo c'avrò poi.

Jim non parlava spesso della sua famiglia e, fortunatamente, nessuno faceva troppe domande (probabilmente tutta la questione del “Capitano Salva 400 Persone Combattendo Contro Un Romulano Venuto Dal Futuro” era un buon deterrente).
Il punto era? Tutti credevano che Jim non parlasse della sua famiglia per via di quello che era successo a suo padre (ed ehi, era anche un po’ vero) ma la verità era che… la verità era che la situazione era leggermente più complicata.
E con leggermente Jim intendeva fottutamente più complicata e lui era felicissimo di lasciare che il resto del mondo vivesse nella convinzione di sapere tutto della famiglia Kirk.
Almeno fino a che, sette mesi dopo che erano partiti per la loro missione, non vennero richiamati sulla terra.
«Ammiraglio,» disse Jim, mordendosi il labbro «siamo a quasi due settimane di viaggio dalla terra e…»
«Senti Kirk, non capisco bene nemmeno io, ma apparentemente è necessario che l’Enterprise - o meglio tu - torni sulla terra,» spiegò Pike, massaggiandosi le tempie.
Jim aggrottò le sopracciglia.
«Mi perdoni, ammiraglio,» si inserì Spock - con cui Jim non era ancora in ottimi rapporti, ma almeno ora si parlavano senza che qualcuno (vale a dire lui) finisse su un pianeta ghiacciato o mezzo-soffocato da qualche parte, questo era quello che lui chiamava un incredibile miglioramento. «La sua richiesta appare… insolita, se mi permette,» e Spock lo poteva anche urlare perché cazzo sì se era insolita.
E poi Pike sospirò e disse: «Non è una mia richiesta,» ed era ovvio che non riuscisse a credere a cosa stesse dicendo «ma apparentemente da parte di una certa Mary Margaret Blanchard,» a questo punto Jim si alzò in piedi.
«Co-» provò, ma non riuscì esattamente a parlare. Cosa poteva essere successo? «Non mi dica… oddio non ha mangiato una mela, giusto? Non può… non un’altra volta!»
Tutti si voltarono verso di lui, chiedendosi, probabilmente, se per caso non stesse ancora soffrendo degli effetti negativi del gas allucinogeno di qualche giorno prima. Jim aveva problemi più grandi a cui pensare.
«Non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo,» lo smontò immediatamente Pike, arcuando un sopracciglio «tutto quello che ho capito è che c’entra una strega, una cittadina che non avevo mai sentito e un armadio?»
Jim si lasciò cadere sulla sedia e si prese il viso tra le mani.
«Non di nuovo,» mormorò, pateticamente. No, seriamente, quanto poteva essere passato dall’ultima volta? Troppo poco tempo. «Stiamo tornando,» borbottò.
Non è che avesse molte alternative.

Erano passati quasi più di cento anni dal giorno in cui Emma Swan aveva sconfitto la strega cattiva ed aveva ristabilito l’ordine nel popolo delle fiabe.
Popolo delle fiabe che non abitava in uno stupidissimo bosco come dicevano le leggende, ma che aveva un suo pianeta e tutto.
Un pianeta dove la magia, il bacio del vero amore e i vissero tutti felici e contenti erano all’ordine del giorno. Dove una mela poteva essere più pericolosa di qualsiasi spada (e Jim provava un certo piacere ogni volta che ne addentava una, come se stesse sfidando qualche maledetta strega a fare qualcosa) e tutti erano disgustosamente felici.
Erano passati quasi trent’anni da quando Emma Swan aveva lasciato il pianeta di Storybrooke - rinominato dopo gli anni che il popolo  delle Fiabe aveva passato nella piccola cittadina americana - per cercare il suo Vissero Felici e Contenti ed aveva incontrato tale George Kirk.
Si erano innamorati avevano avuto Samuel George Kirk e poi James Tiberius Kirk.
(E poi era accaduto tutto il casino con la Narada e Nero e oh, Jim non voleva cominciare a rivangare quella parte del racconto).
Il punto era? Non avrebbero dovuto imparare? Dopo centotrent’anni? (Okay che il tempo di Storybrooke era diverso da quello della terra e cento anni terrestri corrispondevano a sei anni Storybrookiani, ma non era questo il punto).
Il punto era che Jim doveva andare a salvarli e non ne aveva la minima voglia.

«Cosa sta succedendo, Jim?» gli chiese Bones, dopo che Jim si era assicurato che avessero cambiato rotta esattamente come previsto.
Jim guardò Bones e poi Spock e immaginò che avrebbe dovuto dire a qualcuno, almeno, perché stavano facendo rotta verso la terra.
«Okay. Spock, Bones, con me. Sulu, le lascio il comando, tanto saprete tutto tutti in tipo dieci minuti, visto il gossip mostruoso in questa nave,» annunciò, cominciando a camminare e sentendo il dottore e il suo primo ufficiale seguirlo.
Si chiese come avrebbe potuto spiegare cosa stava succedendo, esattamente. Sospirò, probabilmente sarebbe stato meglio lasciare perdere la parte paterna della sua situazione, ecco.
Li fece sedere nella sala riunioni e poi si sedette a sua volta.
«Cosa sapete voi del mondo delle fiabe?» chiese, pentendosi immediatamente della sua domanda - perché, davvero? Davvero? Jim, come avresti mai potuta dirla peggio?
«Non comprendo cosa, un mondo inventato, abbia a che fare con la nostra missione,» commentò Spock, arcuando un suo sopracciglio estremamente curato.
«Jim, non ho alcuna voglia di stare qui mentre tu ti prendi gioco di noi, dicci cosa sta succedendo o-» borbottò Bones e Jim sospirò.
Non c’erano modi di rendere quello che stava per dire meno strano, quindi decise di fottersene.
«Biancaneve è mia nonna. Azzurro, suo marito, e lei governano Storybrooke, un pianeta che è protetto magicamente da chiunque non ci crede abbastanza,» disse onestamente - scrollando le spalle - «un po’ di tempo fa hanno avuto qualche problema con questa strega e… e pare che sia successo qualcos’altro - ovviamente,» e ora  si stava cominciando a ricordare perché si fosse irritato poco prima «che, se ci pensate, quanto possono essere stupidi, mh? E siccome non possono salvarsi da soli hanno bisogno dell’aiuto mio o di mamma, ma immagino che mamma non abbia voglia di partecipare alla battaglia finale una seconda volta.»
A quel punto si rese conto di cosa avesse detto e guardò i suoi due amici (okay, Bones era suo amico, Spock era… non aveva idea di cosa fosse Spock, qualcosa). Come da previsto lo stavano guardando come se fosse pazzo e oh, Jim sapeva esattamente quanto era assurdo quello che ha appena detto, ma sapeva anche quanto fosse reale.
Aveva voglia di mangiare una mela (anche per fare arrabbiare sua nonna, sapeva quanto odiasse questa sua abitudine).
«Jim,» disse lentamente Bones, alzandosi «sono sicuro che tu credi che sia tutto vero ma…»
Prima che Bones potesse completare la frase, la voce di Uhura li interruppe.
«Capitano? Ha un messaggio privato da parte di sua madre, vuole che la metta in attesa?» chiese, professionale, ma ovviamente curiosa di sapere cosa stava succedendo.
Jim aveva mal di testa.
«No, tenente, la prendo qui,» disse ed un secondo dopo il viso di sua madre apparve nello schermo grande della stanza.
«Mamma,» la salutò, mentre Winona (o meglio, Emma Swan) annuiva.
«Io mi tiro fuori,» disse, bruscamente e Jim se l’era immaginato, davvero. «In ogni caso sei più adatto tu a combattere la battaglia finale contro qualsiasi cosa abbia attaccato questa volta. Basta che prendi il martello di tuo padre e sarai okay.»
Jim vorrebbe zittirla perché no, non aveva intenzione di rivelare agli altri due che suo padre non era semplicemente George Kirk, ma Thor (poteva quasi immaginare come quella conversazione sarebbe andata).
«Sai almeno cosa è successo? Henry ti ha detto qualcosa?» chiese, perché non aveva voglia di andare lì e doversi mettere anche a scoprire quale fosse il problema - beh, almeno sua nonna si ricordava di lui, il che voleva dire che non aveva completamente perso la memoria.
Sua madre scosse la testa. «Non ne ho idea, ragazzino,» gli disse, sbuffando «ma probabilmente sarà qualche strega o stregone cattivo, o un troll, o… o non lo so, c’è un motivo per cui sono dovuta tornare qui per avere il mio Vissero Tutti Felici e Contenti,» borbottò le donna. Jim roteò gli occhi a quell’affermazione.
Vissero Tutti Felici e Contenti un cazzo.
«Okay, okay,» le disse comunque, «vedrò di prendermi cura di qualsiasi cosa sia  tutta questa storia, e poi pregherò la nonna di smetterla di mettersi in questo tipo di situazioni,» borbottò prima di prepararsi a chiudere la chiamata (anche perché Bones sembrava pronto a svenire sul posto) quando sua madre lo fermò.
«Jimmy, aspetta,» disse, squadrandolo «non è che hai trovato colui o colei che ti darà il Bacio del Vero Amore, mh? Sai quanto sono utili quelli…»
Oh, Jim lo sapeva. Il Bacio del Vero Amore era quello che aveva salvato sua nonna quella volta che aveva mangiato la mela, che aveva svegliato la sua cugina di terzo grado, quella Aurora, che continuava ad addormentarsi in luoghi poco comodi.
Insomma sì, il Bacio del Vero Amore - c’era anche una canzone al riguardo, l’inno di Storybrooke.
«No,» rispose, comunque «sono ancora privo di Bacio del Vero Amore, non ho trovato nessuno per cantare il Duetto che Proviene dal Mio Cuore e, certamente, non ho nessun Potere dell’Amore che Supera Ogni Difficoltà.»
Sua madre rise, rise e rise ancora un poco. Dio, erano delle pessime fiabe.
«Chi se ne frega, sai che lo chiedo solo per tua nonna, abbiamo salvato entrambi il mondo senza nessuna di queste cose parecchie volte,» disse, ghignando «andrai bene ragazzino, ora vai e restituisci a tutti i loro E Vissero Felici e Contenti.»
Sua madre chiuse bruscamente la chiamata a quel punto e Jim si voltò verso gli altri due occupanti della stanza. Bones sembrava sul punto di svenire e Spock sembrava sul punto di lasciare che la sorpresa che stava provando venisse mostrata sul suo viso (che era quasi come se stesse per svenire).
«Uhm… ve l’avevo detto?» provò e due secondi dopo Bones stava urlando contro di lui e il suo mal di testa era peggiorato visibilmente.

Ad aspettarli non c’erano solo Pike e gli altri Ammiragli. Jim se l’era aspettato.
«Henry, seriamente?» chiese, comunque, perché nemmeno quei dieci giorni che avevano passato in viaggio avevano fatto passare la sua irritazione. «Seriamente?»
Il bambino - che era pure il suo fratellastro, ma Jim cercava di non pensarci - si nascose un poco dietro il suo libro.
«Potrei dire, a mia discolpa, che non è stata colpa mia,» disse, «io l’avevo detto che andare a disturbare il riposo del drago non sarebbe stata una grande idea. Ma Azzurro mi ha ascoltato? Ovviamente no.»
«Non chiamarlo Azzurro,» borbottò Jim (che era impegnato a pensare che, maledizione, avrebbe dovuto combattere un drago. Odiava combattere i draghi)  «è tuo nonno, chiamalo nonno.»
Henry lo guardò, chiaramente poco impressionato. «È anche tuo nonno, eppure tu lo chiami sempre Azzurro.»
Touchè.
Però Jim non era come Henry, non aveva un posto nel mondo delle fiabe, né era intenzionato ad averne uno e sembrava strano chiamare Biancaneve nonna o Azzurro nonno. Sembrava strano perché, nonostante sapesse che i suoi nonni gli volessero bene… beh, Jim sapeva che erano diversi.
Loro erano… loro erano il Re e la Regina del mondo delle fiabe, di Storybrooke, avevano trovato il loro Vissero Felici e Contenti e il potere del loro Bacio del Vero Amore era qualcosa di straordinario.
Jim era un ragazzino che era stato fatto capitano probabilmente un po’ troppo presto e che non era certo avrebbe mai trovato il suo Vissero Felici e Contenti. Quindi sì, insomma…
«Okay,» disse alla fine, «portami da questo drago. Spero almeno che nessuno si sia scordato della sua identità,» borbottò, mentre poteva sentire Uhura (che aveva sentito tutto da Spock, probabilmente) che cercava di non ridere.
Si voltò verso la sua ciurma, «voi… boh, prendetela come una vacanza? Andate a divertirvi, a trovare la vostra famiglia… non lo so, fate qualcosa.»
Bones arcuò un sopracciglio, Spock stirò la schiena, Uhura continuò a ridere, Hikaru e Pavel sghignazzarono e Scotty tirò fuori una fiasca di rum. Okay.
Jim li conosceva abbastanza bene da sapere che questo voleva dire che sarebbero andati con lui.
Fottutamente perfetto.

Apparentemente il drago aveva deciso che la punizione migliore per coloro che avevano disturbato il suo sogno era stato rinchiuderli nello stesso paesino che li aveva fatti soffrire tanto tempo prima (perché inventarsi maledizioni quando ce n’era una bella pronta, dopotutto?).
E Jim avrebbe voluto ridere per il fatto che ovviamente erano riusciti a trovare un drago che era, in realtà, un potente mago trasfigurato. Ovviamente.
«Trovo tutto questo altamente illogico,» disse Spock mentre Henry raccontava loro tutta la mitica storia di Emma Swan (Winona Kirk) e la Battaglia Finale.
«Benvenuto nel mio mondo,» rispose Jim, ridendo, mentre Henry sbuffava (Jim era destinato a non andare d’accordo con i suoi fratelli, lo sapeva fin troppo bene).
Quando passarono davanti ad una casetta in mezzo al bosco fatta di caramelle, Pavel si sporse dal finestrino e Jim lo riportò indietro, tirandolo per la maglietta.
«Credimi non vuoi andare lì, la Signora Ginger sarebbe fin troppo felice di rimpinzarti fino a farti scoppiare - o fino a che non si diventato abbastanza grasso per essere un bel bocconcino,» disse, ridacchiando, ricordando tutte le volte in cui era dovuto scappare dalle grinfie della donna.
«Immagino dal tuo tono di voce che si tratti dell’antagonista della fiaba terrestre Hansel e Gretel,» commentò Spock, mentre Pavel si mordeva il labbro.
Jim annuì, aggrottando le sopracciglia.
«Sei sorprendentemente preparato sull’argomento,» disse, perché era effettivamente strano, Spock non gli sembrava il tipo.
Il vulcaniano rimase silenzioso per qualche secondo prima di dire, in un tono strano «Mia madre trovava piacevole leggermi queste favole terrestri la notte, prima che mi addormentassi, per quanto illogico.»
Nessuno disse più nulla.

Sua nonna, Biancaneve, lo abbracciò immediatamente.
Quindi sì, ricordava, okay. Okay, facevano passi avanti.
«Oh, Jim, meno male che sei arrivato,» disse e Jim la strinse a sua volta (perché, dopotutto, era pur sempre sua nonna e… e profumava di neve e fresco e Jim non aveva bisogno di ragioni per abbracciare sua nonna, no?).
«Ho fatto il prima possibile,» le disse, indietreggiando un poco «scusa, non ho pensato di portarti qualcosa. I cuochi nella mia nave fanno una torta di mele spettacolare,» e ridacchiò mentre la donna gli diede un piccolo colpo sulla spalla.
«James Tiberius Kirk, sai benissimo che mangiare le mele è pericoloso,» sibilò, anche se poteva vedere che era divertita a sua volta.
«Ora presentami i tuoi amici,» Jim sospirò, ma fece come gli era stato detto.

Non era sorpreso che tutti sembrassero adorare sua nonna - Biancaneve - perché, davvero, chi non amava Biancaneve?
Biancaneve che era coraggiosa e piena di speranza, che parlava di bontà e di Vero Amore ed era aggraziata ancora oggi, dopo tutto questo tempo.
Azzurro - che, nella sua precedente vita a Storybrooke (la cittadina, non il pianeta) si era fatto chiamare John Doe per un poco di tempo (quando era ancora in coma) e poi era diventato James Blanchard, prendendo il nome della moglie - li guardava tutti divertito, ma non aveva davvero stretto con nessuno.
Jim preferiva la compagnia di suo nonno a quella di Biancaneve, potevano parlare di strategie di guerra e cose che non avevano nulla che fare con i sette nani, i loro figlioletti e i cerbiatti nella foresta.
«Quindi come hai intenzione di sconfiggere il drago?» chiese Azzurro, alla fine della cena e Jim prese un sorso d’acqua.
«Qualcosa mi inventerò,» rispose, perché non sapeva esattamente quale sarebbe stato il piano migliore per sconfiggere un drago, comunque.
Biancaneve sorrise, accarezzandogli i capelli. «Credici, perché la Speranza sarà l’arma più potente che avrai in questo combattimento,» e no, Jim avrebbe avuto il possente Mjölnir (che avrebbe potuto prendere la speranza a calci sempre e comunque), ma annuì comunque.
Biancaneve gli sorrise, avvicinandosi a suo marito e posandogli un leggero bacio sulle labbra. Erano disgustosamente felici e disgustosamente innamorati (e, in qualche modo, Jim era felice che, almeno questa volta, la maledizione non li aveva costretti a separarsi per anni ed anni).
«Ugh,» si lamentò Henry, che aveva finito in quel momento di spiegare a Pavel ed Hikaru la vera storia di Aurora (la bella addormentata nel bosco) e per una volta Jim era completamente d’accordo con il suo fratellastro.
Ugh.
«A volte ho come l’impressione che tu abbia davvero dieci anni, Henry, e non più di cento anni,» si lamentò Azzurro, ma stava ridendo. Henry roteò gli occhi come a dire “chi se ne frega” e tornò a parlare con Pavel.
Sì, decisamente suo fratello.

Jim non riusciva a dormire. Non era esattamente strano, si trovava a casa dei suoi nonni, nella cittadella fatata di Storybrooke, il giorno dopo avrebbe dovuto sconfiggere un drago e sua nonna non aveva fatto altro che parlare dell’importanza dell’Amore, della Speranza, del Bacio del Vero Amore e cose simili.
Si alzò, camminando a piedi nudi fino alla veranda e chiuse gli occhi per assicurarsi di poter richiamare a sé Mjölnir all’occorenza.
Fu per questo che non si accorse della persona seduta sulla veranda. «Capitano,» disse Spock, facendogli venire un mezzo infarto.
«Oddio,» saltò in aria, allontanandosi un poco e mettendosi la mano sul cuore, «oddio Spock, mi hai fatto saltare in aria! Un infarto quasi! »
L’altro piegò la testa, e Jim poteva quasi sentire lo “stupido, illogico umano” che l’altro stava probabilmente pensando.
«Mi perdoni, Capitano, non volevo spaventarla,» mormorò l’altro, comunque, e Jim scosse le spalle.
«Non ti preoccupare troppo, è colpa mia, stavo pensando ad altro,» lo rassicurò, guardandosi un attimo intorno e decidendo poi di sedersi accanto al suo Primo Ufficiale «e comunque non siamo sull’Enterprise e, in teoria, siamo in vacanza. Chiamami Jim,» provò, anche se era quasi certo che Spock avrebbe arcuato un sopracciglio (che era praticamente l’equivalente di “va a quel paese” in vulcaniano) e avrebbe ignorato il suggerimento.
Spock invece annuì «Molto bene,» disse e Jim lo guardò, annuendo. Okay, okay, stava succedendo qualcosa e lui non aveva la minima idea di cosa, esattamente. Eppure era qualcosa.
Okay.
«Non riesci a dormire?» chiese, cercando di rompere il silenzio e Spock scosse la testa.
«I vulcaniani hanno bisogno di meno ore di riposo per raggiungere una condizione fisica ottimale,» spiegò, anche se ovviamente Jim avrebbe dovuto saperlo (Dio, come faceva ad essere un fallimento totale pur nella sua assoluta perfezione?)
Jim annuì, comunque, perché era una delle conversazioni più lunghe che avevano avuto che non si incentrava in alcun modo sull’Enterprise. Era una cosa importante, sapeva dell’amicizia che Spock Prime gli aveva promesso e che non era mai arrivata.
Rimasero in silenzio per qualche altro secondo prima che Spock ricominciasse a parlare. «E tu, Jim? » e oh, era strano sentire il suo nome dalle labbra di Spock (non brutto, semplicemente strano) «come hai detto tu prima “non riesci a dormire”? »
Jim si morse il labbro, passandosi una mano tra i capelli. Era nervoso, un poco… a rigor di logica sarebbe dovuto andare tutto bene, la famiglia Kirk era destinata a salvare il mondo delle fiabe (tutta la questione dell’armadio li aveva protetti da qualsiasi maledizione che si sarebbe mai abbattuta sul mondo di Storybrooke - e wow, che colpo di fortuna) e poi lui aveva ance la protezione di Asgard (e Jim era sempre così felice che i collegamenti tra la terra ed Asgard potessero ammontare ad un numero tra zero e nulla) però… però.
Però era sempre un intero mondo che contava su di lui, la sua famiglia che contava su di lui e Jim… la famiglia Kirk (o Swan o Blanchard - e dovevano davvero decidere che nome utilizzare) non era mai stata una famiglia esattamente convenzionale o con rapporti facili.
«Non è nulla, Spock,» rispose comunque - perché non gli sembrava il caso di stare ad ammorbare l’altro on i suoi enormi problemi familiari.
Si aspettava, ora, che Spock si alzasse per andare a fare qualcosa di più utile che stare a sentire “l’illogico umano” (probabilmente meditare, o qualcosa di simile), ma Spock non si mosse.
«Mi è stato riferito dalla tenente Uhura che, spesso, parlare dei problemi comporta un miglioramento nella salute psichica di voi esseri umani,» disse Spock, senza guardarlo e Jim ci mise qualche secondo prima di capire di cosa stesse parlando.
«… mi stai dicendo che se voglio parlarne sei disposto ad ascoltare? » chiese, divertito, mentre Spock arcuava un sopracciglio nella sua direzione.
«Sì, è esattamente quello che sto facendo, Jim,» confermò, stoico, come se non avesse appena detto a Jim che poteva piangere sulla sua spalla (okay, no, non l’aveva fatto, ma a Jim piaceva girare i discorsi in maniera tale come pareva e piaceva a lui).
Jim sentì quasi il bisogno di passare una mano dietro le spalle di Spock e ridere e ridere… magari era un poco più nervoso del previsto. Non avrebbe dovuto, tra lui, suo padre e sua madre avevano davvero salvato l’universo un numero decisamente nauseante di volte (a volte temeva che il mondo non riuscisse a stare senza un Kirk a parargli il culo).
«È solo ansia da prestazione, mi dispiace dire,» scherzò, (anche se la risata aveva lasciato uno strano sapore in bocca) «non che ce ne sia motivo, dopo che abbiamo preso a calci in culo Nero e un bel poco di alieni in questi ultimi anni, mh?»
Spock annuì, e non disse assolutamente nulla. Jim ne era stranamente grato.
Non voleva stare a sentire una qualche specie di frase standard, non ne aveva realmente bisogno. Sapeva di potercela fare, sapeva  di essere Jim Kirk e Jim Kirk riusciva in tutto quello che si metteva in testa di fare (i risultati variavano poi a seconda delle situazioni). Quelle erano semplicemente…
«Grazie Spock,» disse dopo un po’, spingendosi un poco all’indietro.
«Illogico, non ho fatto nulla che potrebbe meritare…» cominciò l’altro e Jim rise, dandogli una pacca sulla spalla - come se, in qualche modo, questo avesse potuto spiegare quello che aveva in testa (difficile, visto che nemmeno lui ne aveva la minima idea) «Prendi i ringraziamenti e basta, Spock,» gli disse, sorridendo al modo in cui Spock sembrava completamente confuso dal suo comportamento.
Jim Kirk adorava essere assolutamente imprevedibile.
«Bene, ora direi che possiamo fare qualcosa di più cool che stare qui a parlare dei nostri problemi,» decretò alla fine, mettendosi in piedi.
«Cosa proproni di più “cool”?» Jim ghignò, e dal modo in cui Spock lo stava guardando probabilmente stava facendo un ottimo lavoro.
«Che ne dici, vuoi provare a vedere quanti uccelli riusciamo a richiamare fischiettando? » chiese, divertito (era una delle cose che l’avevano sempre divertito di quel mondo, specialmente quando era piccolo e faceva cadere qualcosa a terra e sua nonna gli diceva di lasciarlo, che ci avrebbero pensato i cerbiatti - e sì, lo facevano davvero).
Spock era ovviamente indeciso se alzarsi davvero e lasciarlo perdere o controllare che non si trattasse di uno strano crollo nervoso. Jim ghignò più forte.
Spock si alzò e sospirò. «Sei impossibile,» gli disse, e in qualche modo Jim pensava fosse una specie di complimento - perché ovviamente Spock aveva uno strano modo di complimentare le persone, o non sarebbe stato Spock.
Improvvisamente non si sentiva poi così nervoso. Spock era fantastico.

Il drago, ovviamente, era il sindaco.
Originalità? Nulla. Non c’era originalità lì in giro nemmeno a chiederla per favore ed al primo folletto di turno.
 Nessuno, apparentemente, condivideva il suo problema con quest’evoluzione della storia.
«Non capite? La strega cattiva? Sindaco! Il drago cattivo? Sindaco! Per favore smettetela di eleggere sindaci! » urlò verso Henry e Azzurro, che si limitarono a guardarlo come se non fossero certi della sua sanità mentale.
La gente doveva davvero perdere il vizio di farlo, ecco.
«Mi rendo conto, ora, che tra troll e favole e chissà cos’altro nessuno si è posto questa domanda,» borbottò Bones - e oh, Jim adorava quando l’altro cominciava con una delle sue solite tirate, lo rilassavano incredibilmente - «ma come faremo a sconfiggere un drago? »
Henry ed Azzurro si voltarono verso di lui, Jim si morse un labbro. «Devo davvero?» chiese, perché già la spiegazione che sua mamma era un personaggio delle favole era stata strana. Come poteva spiegare che suo padre era un Dio Nordico (che non era poi tanto un Dio, ma più un alieno, dato che Asgard esisteva e si trovava solamente ad una quantità di anni luce francamente imbarazzanti - attimi per gli Asgardiani, ma millenni per i terrestri)?
Tutti si erano già voltati verso di lui però e Jim sospirò. Avevano fatto trenta? Tanto valeva fare trentuno.
Lasciò andare il sacco che si era portato in spalla, e che sarebbe stato pesantissimo per chiunque altro - anche Spock con la sua superforza, sì e oh se non sarebbe stato uno spettacolo da vedere - e l’aprì, tirandoci fuori Mjolnir.
«…Capitano,» disse Hikaru - e Jim poteva quasi sentire il suo nerd interiore che cominciava ad agitarsi (Hikaru e la sua passione per le armi, davvero) «cosa è quello? »
«Questo, mio caro Sulu, è un martello,» rispose, sghignazzando «okay no, non è un normale martello. Apparteneva a mio padre,» continuò, alzandosi e passandoselo da una mano all’altra.
Poteva vedere gli sguardi di tutti - tranne quelli di Henry ed Azzurro, che si erano anche un poco annoiati di sentire la spiegazione - puntati sull’arma che aveva in mano. Poteva ammettere che era un bel martello, anche senza considerare il suo potere.
«A George Kirk? » chiese Spock, che apparentemente non aveva la minima idea di quali fossero gli argomenti da non toccare nemmeno con un palo lungo tre metri. Jim scosse le spalle.
«George Kirk, Thor, comunque tu lo voglia chiamare,» confermò, aspettando che qualcuno (chiunque) facesse il collegamento.
«Thor,» mormorò Uhura - ovviamente - guardando prima il martello, poi Jim e poi di nuovo il martello. Poi sbuffò, si piantò una mano sul fianco e gli lanciò un’occhiataccia da manuale. «…vai a quel paese, Jim Kirk. Mi stai prendendo per il culo? No, semplicemente non…» e Jim scoppiò a ridere perché okay, ne era valsa la pena solo per la faccia che ora stava facendo Uhura.
Spock li guardò, aggrottando le sopracciglia. «Temo di essermi perso qualche passaggio,» mormorò, e Bones annuì a sua volta.
«Concordo con il mostro verde qui,» sibilò, «di che state parlando? »
Fu Uhura a rispondere, sorprendendo Jim. «Nell’antichità, tra le storie di divinità che sono state rese obsolete verso il venticinquesimo secolo, vi erano delle storie di divinità del Nord, tra le quali quelle di Thor, figlio di Odino, che combatteva con il possente Mjolnir,» disse, mentre Jim annuiva a sua volta (non c’era motivo di stare a spiegare tutta la storia degli Avengers, di come suo padre, millenni dopo il loro scioglimento e la morte dei suoi più cari amici e di Jane, si sentisse solo e avesse deciso di scendere di nuovo sulla terra, prendendo una forma umana, avesse incontrato Bella Swan - Winona Blanchard - e avesse deciso di rimanere e vivere con lei).
Bones si voltò verso di lui, sconvolto, e Jim non riuscì a resistere. «Aw, Bones, e tu che non mi credevi mai quando ti dicevo che ero un Dio,» e okay, si era meritato lo scappellotto.
«Il nostro Capitano è un semi-Dio,» mormorò Scotty, «che vi avevo detto? Questa nave è eccitante! »
Spock arcuò un sopracciglio - ma Jim aveva notato che gli angoli della sua bocca si fossero alzati di un centimetro - Uhura sbuffò, Pavel sorrise e Hikaru gli chiese se poteva toccare Mjolin.
Tutto considerato era andata molto meglio del previsto.

La battaglia no. Dio, la battaglia era andata un poco una merda a dire il vero.
Il Drago non era stato felice di vederli - e questo era semplicemente un eufemismo, perché Jim non aveva mai visto qualcuno così arrabbiato in tutta la sua vita (e in molti gli avevano detto che aveva un’abilità speciale e che riusciva ad irritare tutti in maniera spettacolare, quindi voleva dire qualcosa). E tutto quello che Jim aveva fatto era stato presentarsi.
Fottutamente perfetto.
Li aveva accusati di essere lì per ucciderlo (e okay, era possibilmente vero, ma Jim aveva sperato, per un poco, che avrebbero potuto risolvere tutto pacificamente - era molto migliorato nelle faccende diplomatiche, davvero, ci stava prendendo la mano) e si era immediatamente trasformato in una bestia enorme e sputa fuoco.
Jim aveva sospirato e aveva preso in mano Mjolnir.
Il drago sputava fuoco? Bene, Jim avrebbe fatto cadere su di lui milioni di fulmini. Sembrava uno scambio equo, no?
E la cosa bella? La cosa bella era che Jim aveva vinto. Aveva vinto.
Il drago era a terra, incapace di muoversi, fritto a puntino e Jim non aveva altro che un paio di ustioni di primo grado - niente che Bones non avrebbe potuto curare in pochi minuti.
E si era girato perché voleva mostrarsi vittorioso a suo nonno ed Henry e la sua ciurma - perché ce l’aveva fatta! Ce l’aveva fatta! - quando il drago, che apparentemente non era ancora morto (e quando mai, davvero) l’aveva colpito con una zampa gigantesca.
Jim si era sentito schiacciare, le sue ossa che si stritolavano sotto il peso dell’altro ed era riuscito solo a fare discendere degli altri fulmini, finendo l’altro.
Ho vinto, avrebbe voluto dire, ma respirare gli veniva stranamente difficile.
Maledetti Vissero Felici e Contenti, chissà perché non funzionavano mai per loro.

Poi Jim aprì gli occhi.
Non si trovavano più a casa del sindaco - anzi era quasi certo che quello fosse il palazzo dei suoi nonni nel pineta di Storybrooke (il che voleva dire che aveva rotto la maledizione, no?) - ma tutto quello che riuscì a vedere inizialmente fu Spock, o meglio, il viso di Spock, incredibilmente vicino.
Bzuh?
Si guardò intorno, perché Spock sembrava sconcertato e Jim non riusciva a capire perché. Bones era alla sua sinistra ed era così pallido da fare quasi impressione.
Uhura stava scuotendo la testa, e Jim non era certo se lo stesse mentalmente mandando a quel paese o se stesse ridendo di lui (probabilmente entrambe le cose assieme, Uhura era brava in questo genere di cose).
Hikaru, Pavel e Scotty stavano ridendo così tanto che sembravano sull’orlo di morire asfissiati (probabilmente se lo meritavano, quindi Jim non se ne preoccupò più di tanto).
Azzurro e Biancaneve (i suoi nonni) lo stavano guardando come se Jim fosse diventato un bambino vero (maledizione a Pinocchio) e loro fossero così felici per lui. Henry sembrava assolutamente disgustato.
A quel punto Jim riportò la sua attenzione su Spock, che era arrossito dalla punta delle sue orecchie fino al collo e aveva la bocca chiusa in una linea tesa e nervosa.
Jim aggrottò le sopracciglia, cercando di comprendere cosa avrebbe potuto portare tutte quelle differenti reazioni. Jim, che era un Dio (no, il gioco di parole non era stato volontario) comprese subito cosa diamine stava succedendo e si mise a sedere immediatamente.
«No,» disse, scuotendo la testa «no, Spock, no. Non puoi essere tu il mio Bacio del Vero amore! » urlò quasi, perché era assolutamente ridicolo.
Spock. Spock che, Jim poteva ammetterlo, non era così male come aveva pensato inizialmente, ma era pur sempre Spock.
Avrebbero dovuto avere un’amicizia che sarebbe stata ricordata nei secoli, non una storia d’amore che sarebbe stata ricordata nei secoli (non che a qualcuno fregasse qualcosa, ovviamente, storia della sua vita, sul serio).
«Ma lo è!» disse sua nonna, che sembrava come una bambina il giorno di Natale (non che quello non fosse il suo normale aspetto, certo).
«Apparentemente,» rispose Spock.
Bones si limitò a maledire l’universo.

Jim non aveva la minima idea di cosa fare mentre salutava sua Biancaneve ed Azzurro (ricordava ancora quando sua madre l’era venuta a sapere e non aveva smesso di ridere per un’ora).
Lui e Spock… Spock l’aveva salvato (stava per morire a causa del colpo del Drago e a Storybrooke Bones non aveva gli attrezzi necessari a salvarlo e poi BOOM, magia del Bacio del Vero Amore e Jim era in condizioni perfette (non che avrebbe funzionato in qualsiasi altro posto… o magari sì, Jim non ne era certo).
Il punto era… come doveva comportarsi con Spock? Non erano amanti, non erano nemmeno amici, non davvero.
Apparentemente però erano ognuno il Vero Amore dell’altro.
Bah.
Si ignorarono per due giorni, fino a che non si ritrovarono da soli in palestra e Jim si rese conto di quanto fossero ridicoli.
«Non ho intenzione di mettermi a cantare,» gli disse - perché c’erano certi punti limite a cui non avrebbe mai rinunciato.
«Trovo l’idea logica e mi ritrovo d’accordo con la sua decisione, Capitano,» disse Spock, annuendo. Quindi Jim gli prese il bavero della divisa e lo baciò (non aveva potuto apprezzare il suo primo Bacio del Vero Amore dato che era svenuto, ma aveva intenzione di godersi tutti quelli dopo).
«Credo di poter convivere con tutto questo,» disse, a tre centimetri dalle labbra dell’altro.
Spock non gli rispose e lo baciò di nuovo.
Jim era sorprendentemente perfettamente d’accordo con la sua decisione.

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