Titolo: Fidarsi fino alla fine
Fandom: Kamen Rider Den-O
Pairing: Urataro x Nogami Ryotaro
Rating: NC17
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: “Vuoi passare la notte con me?”
Erano state quelle le parole che Urataro, appena finita la battaglia, gli aveva sussurrato all’orecchio, con voce lenta e roca.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “204. Ginocchia che tremano” e per la tabella Hurt/Com di
contestmania con il prompt “Sesso e amore”.
WordCount: 1888
fiumidiparole **
“Vuoi passare la notte con me?”
Erano state quelle le parole che Urataro, appena finita la battaglia, gli aveva sussurrato all’orecchio, con voce lenta e roca. L’umano aveva sentito distintamente un brivido percorrergli la spina dorsale, dandogli una scarica di adrenalina che mai aveva provato in vita sua.
Poi aveva annuito, altrettanto lentamente perché aveva il cervello completamente vuoto, si era fatto possedere dall’imajin. Dai suoi occhi aveva visto la città scorrergli davanti, mentre si approcciava più o meno amichevolmente alle persone che lo circondavano e non con poca ansia aveva anche visto mentre entrava in un lussuoso love hotel.
La stanza era bella, grande per essere solo un posto dove si fa sesso e Ryotaro si scoprì ad osservarla attentamente poco dopo, una volta ripreso possesso del proprio corpo. Per stemperare la tensione, dato che nessuno dei due parlava, Ryotaro decise di farsi una doccia, sentendo la voce della televisione che, probabilmente, aveva acceso l’imajin nell’attesa.
Tentò di perdere più tempo possibile, sentendosi sempre più agitato, mentre vedeva le mani che stringevano la spugna tremargli sempre con più forza. Sussultò quando sentì l’altro bussargli alla porta.
« C-Cosa? » esclamò chiudendo l’acqua per sentirlo meglio.
« Non ci stai mettendo un po’ troppo nella doccia? Ti senti bene? Vuoi che entri? »
« N-No! » urlò assicurandosi che l’ante scorrevole della doccia fosse ben chiusa « Ora arrivo, tranquillo. U-Un minuto e ho fatto, lo prometto. »
« Fai con calma. » tentò di dirgli Urataro « Ero solo preoccupato perché non sentivo niente. Non voglio metterti fretta. »
« Mh. Ora arrivo. »
Tornato di nuovo nel silenzio della doccia, Ryotaro aprì di nuovo l’acqua, finendo di lavarsi i capelli e di sciacquarsi dalla schiuma.
Infilò l’accappatoio uscendo finalmente dal bagno e rimanendo fermo, torturandosi le mani senza alzare lo sguardo verso l’imajin.
« S-Scusa l’attesa Urataro. Io… »
Il più grande si avvicinò a lui, afferrandolo per una mano, tirandolo verso di sé.
« Nessun problema. Per Ryotaro avrei aspettato anche mille anni. »
« Mh. » mugolò chinando di nuovo gli occhi e arrossendo.
Si fece trascinare verso il letto e quando si stese continuò a tenere gli occhi chiusi e il respiro pesante.
Sentì Urataro stendersi sopra di lui, iniziando ad accarezzargli dolcemente il volto, chinandosi su di lui, baciandolo con delicatezza, mentre gli slacciava con lentezza l’accappatoio, lasciandolo nudo sotto di lui.
Ryotaro sussultò, coprendosi di nuovo con l’accappatoio.
« I-Io, aspetta, non penso che… »
« Ryotaro. » lo interruppe piano l’imajin « Stai tranquillo. Non voglio farti del male, né costringersi a fare nulla contro la tua volontà. Se tu non vuoi, allora non fa niente. »
« No, lo voglio, ma… » arrossì ancora, più violentemente di prima e non lo guardò più.
« Farò tutto con delicatezza, te lo posso giurare sul mio onore. Ti fidi di me? »
Ryotaro annuì ancora e tentò di lasciarsi andare, senza preoccuparsi di altro. Sentì di nuovo le mani di Urataro accarezzarlo con delicatezza, mentre scivolare fra le sue gambe, stringendo in una sua mano la sua erezione, muovendola avanti e indietro. Il più piccolo gemette, iniziando a spingere in avanti il bacino, tentando di provare ancora più piacere.
Urataro ridacchiò, scendendo con la bocca su di lui, iniziando a succhiare e a leccare la sua erezione, iniziando a prepararlo con le dita.
Ryotaro si irrigidì, non avendo mai sentito dentro di sé un’intrusione di quel tipo e storse il naso, infastidito.
« Ti fa male? Vuoi che mi fermi? »
L’umano avrebbe voluto dirgli che non era abituato e che si sentiva terribilmente a disagio ma non aveva nemmeno voglia di deludere così tanto Urataro dopo che si stava preoccupando così tanto per lui, quindi scosse con vigore la testa.
« Continua. Mi piace. » mentì sistemandosi meglio sotto di lui.
Urataro rimase fermo qualche secondo prima di riprendere da dove si era fermato, continuando a prepararlo, scendendo anche con la lingua, riempiendosi le orecchie con i gemiti del più piccolo, soddisfatto nel vedere come si fosse arreso di fronte alle sue carezze, come si stesse fidando così tanto di lui.
Quando si trovò improvvisamente privo di attenzioni, Ryotaro gemette di frustrazione, aprendo debolmente gli occhi, mordendosi un labbro.
« Ryotaro, vorrei che tu mi fermassi in ogni momento, va bene? » chiese a voce bassa all’orecchio del più piccolo.
Lui annuì velocemente, stringendo le mani sulle sue spalle, muovendosi verso di lui.
« Se è Urataro… allora mi fido. » mormorò solo.
L’imajin annuì, passando le braccia sotto le ginocchia di Ryotaro, alzandole piano e appoggiando la propria erezione contro l’apertura del più piccolo, iniziando a spingere lentamente.
Ryotaro strinse con più forza le mani nelle spalle di Urataro, stringendosi a lui, mordendosi un labbro per evitare di gemere dal dolore a voce alta, nascondendo il viso contro il petto di Urataro per non farsi vedere mentre piangeva.
« Ryotaro, vuoi che… »
« No! » esclamò l’altro con voce strozzata « No, per favore… continua. »
L’imajin iniziò a muoversi lentamente, stringendolo a sé per non fargli ancora più male, mentre prese a spingersi fino in fondo, uscendo e rientrando, desiderando solo farlo godere e gemere ancora di più.
Iniziò ad accelerare le proprie spinte solo quando udì i primi gemiti di piacere del più piccolo, prendendogli di nuovo l’erezione in una mano, muovendola alla stessa velocità delle proprie spinte, continuando fino a che non lo sentì venire nelle sua mano.
Si concentrò su sé stesso, continuano a sentire solo i gemiti di Ryotaro, venendo poco dopo a sua volta dentro di lui.
Urataro rimase qualche secondo dentro di lui, tentando di stabilizzare il proprio respiro, ascoltando ancora e ancora il respiro di Ryotaro. Scivolò al suo fianco e vide Ryotaro coprirsi di nuovo, ancora imbarazzato.
« Ti senti male? »
« No, io… Urataro, volevo dirti… »
« Ah! » lo interruppe l’imajin improvvisamente a disagio e ansioso di andarsene « Devo tornare al treno. Ci vediamo la prossima volta, ok? » esclamò scomparendo nel giro di un paio di secondi.
Ryotaro rimase fermo nel letto da solo, stringendo le mani sull’accappatoi, tentando in tutte le mani di fermare le lacrime che scivolavano lungo le sue guance.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma evidentemente per Urataro era stato solo sesso. Ridacchiò fra i singhiozzi, dandosi dello stupido per essere stato così avventato e così ingenuo da poter credere di poter piacere davvero all’imajin. In fondo, era solo uno stupido umano che non era in grado di fare nulla da solo.
Che attrattiva poteva avere mai ai suoi occhi?
Si asciugò gli occhi e le guance, dicendosi che nel giro di qualche giorno avrebbe dimenticato tutto. Non c’era altra soluzione in fondo non quella di spingere tutti quei ricordi in un angolo della memoria e lasciarla là a vegetare, insieme ai suoi sentimenti che non avrebbe mai visto la luce.
Ryotaro rientrò a casa, aprendo debolmente la porta del Milk Diper, cercando di fare il minor rumore possibile. Sua sorella probabilmente stava già dormendo e non voleva disturbarla più del dovuto.
Spiegargli poi perché era tornato a casa a quell’ora di notte, sarebbe stato ancora più problematico.
Salì lentamente le scale che dal negozio lo portavano in camera sua, le ginocchia che gli tremavano per la stanchezza e per lo sforzo di quella giornata.
Si buttò sul letto, passandosi le mani sul volto, decidendo di tagliare tutto fuori perché altrimenti non sarebbe nemmeno riuscito a dormire. Infilò il pigiama, buttandosi sul letto e socchiudendo gli occhi, desiderando solo di poter addormentarsi.
Non ci riuscì e il ricordo costante di quello che era appena accaduto con Urataro gli impediva di concentrarsi su qualcos’altro. Sentì di nuovo le lacrime sull’orlo delle lacrime e non riusciva a fare nulla per fermarle.
Stava quasi per addormentarsi, stremato dal pianto, quando ai piedi del suo letto apparve Momotaro.
Si alzò a sedere, spaventato, prima di rendersi conto di chi era e si asciugò velocemente gli occhi, dandogli le spalle.
« Cosa c’è? » mormorò piano.
« Ero preoccupato per te, mi sei sembrato strano e… »
« Non ho nulla. Davvero Momotaro, puoi tornare sul treno, io sto bene. »
L’imajin si sedette davanti a lui, incrociando le gambe.
« Ryotaro, sei il mio compagno di squadra. Se posso fare qualunque cosa per farti stare meglio, per favore dimmelo. »
L’umano sospirò pesantemente, voltandosi verso di lui e accennando un sorriso.
« Mi sono solo fidato della persona sbagliata, tutto qua. Devo solo metabolizzare il tutto e poi starò meglio, promesso. »
Momotaro iniziò a muovere la testa da un lato all’altro, schiarendosi poi la voce.
« Sappi che non so queste cose perché io ti abbia sbirciato o chissà che cosa. Sai che siamo collegati e che posso sentire qualunque cosa. Questa sera sei scomparso per un attimo e pensavo che tu non volessi essere disturbato, ma ad un certo punto ho sentito… cose strane e… »
« Ah! Non continuare per favore! » esclamò Ryotaro avvampando dall’imbarazzo.
Era sempre stato bravo nel creare una barriera nella sua mente per evitare interferenze da parte degli imajin quando voleva stare un po’ da solo, ma evidentemente nel pomeriggio qualcosa gli era sfuggito di controllo.
Si coprì il volto con il cuscino, desiderando sprofondare per quanto si stava vergognando in quel momento.
« Insomma, quello che voglio dire è che… se c’era quella tartaruga pervertita, io lo uccido. Non avrebbe dovuto farti certe cose. »
« Se Urataro non mi ama non ci puoi fare nulla Momotaro! » esclamò ancora Ryotaro facendo spuntare solo gli occhi da dietro il cuscino « Non puoi obbligarlo a volermi bene lo sai. »
« E allora non avrebbe dovuto portarti a letto! » sbottò il più grande.
Ryotaro sentì il fiato mozzarsi in gola, ma rimase in silenzio per un po’. Stava per rispondere quando sentì la presenza di Urataro. Nel giro di pochi secondi avevano già iniziato a litigare e l’umano sentiva la testa scoppiargli a causa delle urla e del pianto.
Si frappose fra i due, tentando di separarli come meglio poteva e solo a quel punto i due si allontanarono. Momotaro scomparve e di nuovo Ryotaro sentì il nervosismo stringergli stomaco e il ricordo di poco prima apparire violentemente nella sua testa.
Gli diede le spalle.
« Puoi andare. Non dovevi intervenire per forza. Posso gestire Momotaro anche da solo. »
Udì l’imajin sospirare, sentendosi poi stretto fra le sue braccia. La schiena gli premeva contro il suo petto e non riuscì più a connettere il cervello con la bocca.
« Mi dispiace per prima. Avrei dovuto immaginare che avresti frainteso. » rimase in silenzio qualche secondo attentando una risposta che non arrivò « Mi sono sentita disagio perché non sapevo come parlarti. Ti amo Ryotaro e so che è grottesco e senza senso, ma... puoi perdonarmi? »
Ryotaro si voltò nel suo abbraccio, alzando la testa per fissarlo negli occhi.
« Sei serio Urataro? Dimmelo subito se è uno scherzo perché posso farmene prima una ragione se non mi ami. »
« Sono più che serio Ryotaro. Mi dispiace davvero averti fatto credere il contrario. »
Ryotaro allora annuì e sorrise, alzandosi sulla punta dei piedi per baciarlo.
« Allora ti amo anche io. Starai al mio fianco per sempre? »
« Per tutto il tempo che vorrai, starò con te Ryotaro, te lo posso promettere. »
Finalmente libero dal peso di pochi minuti prima, l’umano sbadigliò rumorosamente, quindi Urataro lo spinse ancora verso il letto.
« Ora dormi. Devi dormire un po’ così ti riposi per bene. »
Ryotaro annuì, stendendosi nel letto e tirandosi le coperte fino alle spalle, sbadigliando ancora.
Si addormentò nel giro di un istante, stringendo nella sua la mano di Urataro, sapendo che questa volta non se ne sarebbe più andato.