Titolo: Il futuro che mi aspetto per me e per te
Fandom: Kamen Rider Den-O
Pairing: Momotaro x Nogami Ryotaro
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Quando aveva pronunciato quelle parole, Ryotaro aveva sentito una parte di sé andare in frantumi.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “169. Un momento di tenerezza” e per la tabella Hurt/Com di
contestmania con il prompt “Incomprensioni e fare la pace”.
WordCount: 1288
fiumidiparole **
« Non voglio più combattere con te, Momotaro. »
Quando aveva pronunciato quelle parole, Ryotaro aveva sentito una parte di sé andare in frantumi.
Aveva osservato il più grande negli occhi, aveva visto la delusione, la confusione e la rabbia alternarsi velocemente e l’umano non aveva la più pallida idea di come l’altro avrebbe reagito. Sapeva che Momotaro riusciva ad essere imprevedibile e sperava che, in caso di attacco, fosse in grado a reggere il colpo.
Ne dubitava fortemente, eppure per ogni eventualità si appoggiò al tavolo dietro di lui, stringendo le mani sul bordo.
Ryotaro si era davvero immaginato di tutto, ma non che l’imajin si sedesse ad un tavolo del treno, prima di urlare che allora se ne poteva anche andare e che non gli interessava nulla di quello che poteva capitargli. Il più piccolo si morse un labbro, sentendosi via via sempre più debole, ma ormai aveva calato le sue carte e non poteva di certo tornare indietro.
Scappò via dal treno, camminando senza meta per la città, fino a che per disperazione, non tornò di nuovo a casa, al Milk Diper.
Si sentiva svuotato, improvvisamente privo di vita e non riuscì a fare altro che a lasciarsi andare contro una sedia del locale, osservando il soffitto con ancora appese le stelle che aveva messo Yuuto qualche settimana prima.
Le osservò attentamente, più che altro per distrarsi che per reale interesse, cercando di decifrare ogni costellazione che vedeva, prima di abbandonarsi di nuovo contro la sedia.
Provava emozioni contrastanti in quel momento. Si sentiva come abbandonato, perché alla fine Momotaro non aveva nemmeno provato a combattere un po’, non aveva nemmeno cercato di capire perché gli avesse detto una cosa del genere.
Se ne era lavato le mani ed era quella la cosa che lo feriva di più. Non che si fosse appena tirato fuori da tutta quella questione degli imajin, di Kai o dei Rider, ma che avesse messo velocemente un pietra sopra su loro due, su quel legame morboso che si era creato, sulla loro relazione, sulle loro dichiarazione di amore e su tutto il resto.
Era stato quello a ferirlo ed era stato sempre quello che lo faceva sentire così male, perché in fondo il primo ad aver iniziato era proprio lui.
Eppure quando aveva visto che prima o poi gli imajin sarebbero scomparsi, si era sentito prendere fra due fuochi.
Quello di volerli proteggere, di voler stare con loro, con tutte le sue forze e il desiderio di voler invece difendere il suo tempo, quel tempo in cui era nato e cresciuto e in cui avrebbe voluto continuare a vivere.
Si era sentito improvvisamente perso e solo e nulla di quello a cui poteva pensare lo faceva raggiungere ad una soluzione.
Decise di uscire di nuovo per continuare a camminare un po’ e prendere ancora un po’ di aria fresca, sperando che così riuscisse anche a schiarirsi le idee su ciò che avrebbe dovuto fare in futuro.
C’era l’addestramento, le battaglie, Kai. Cose che lui non poteva affrontare da solo perché era troppo debole e troppo inutile per poter fare qualcosa. Arrivato al parco dietro casa si lasciò andare contro l’altalena, iniziando a dondolarsi. Era un po’ così che si sentiva. Inutile perché non c’era niente che riuscisse a fare da solo, perché doveva sempre fare affidamento sui Momotaros-tachi e perché non riusciva a combattere.
Continuò a dondolarsi sull’altalena, scoprendo come niente riusciva a distrarlo, a farlo stare meglio e a fargli pensare ancora che Momotaro provasse effettivamente qualcosa nei suoi confronti.
Stava ancora lì fermo a rimuginare quando udì uno scricciolio provenire da sopra di lui. Ebbe solo il tempo di realizzare quello che stava accadendo, senza nemmeno riuscire a spostarsi, quando vide Momotaro al suo fianco che aveva bloccato il palo dell’altalena a pochi centimetri da lui.
Ryotaro lo guardò perplesso, chinando comunque la testa in cenno di ringraziamento.
« Grazie. » borbottò tornando a fare lo scostante.
Si sedette sul marciapiede, abbastanza sicuro, almeno in quel modo, di non combinare danni. Incrociò le braccia al petto, evitando di guardarlo.
Se lo avesse fatto Ryotaro era sicuro che tutta la sua determinazione sarebbe andata a farsi friggere ed era l’ultima cosa di cui al momento aveva bisogno.
Sentì l’imajin prendere un profondo respiro, come se si stesse auto controllando e poi lo vide seduto al proprio fianco.
« Ryotaro, mi vuoi dire cosa c’è che non va? » domandò a denti stretti.
« Nulla. Semplicemente voglio combattere da solo, senza di voi. »
« E’ un po’ una follia, non ti pare? Non perché tu non sia forte, ma… » si fermò un secondo, come per rimediare a quello che aveva appena detto « Ma ecco, a volte un semplice umano non può fare molto da solo, no? Anche Yuuto deve farsi sostenere da Deneb a volte. »
« Yuuto a differenza mia sa combattere. » mormorò in risposta il più piccolo, mordendosi poi la lingua.
Non era il caso di lasciarsi andare in quel momento. Ancora solo un po’ e poi sarebbe riuscito a lasciarsi alle spalle, non li avrebbe visti svanire, non avrebbe sofferto e avrebbe ugualmente tentato di salvare il suo tempo.
« Siete diversi te e lui, in tante cose. »
Momotaro si avvicinò a lui, stringendolo a sé e Ryotaro sentì quanto gli era mancato quel contatto, quella vicinanza, il calore della sua pelle contro la sua.
« Se c’è qualunque cosa di cui tu voglia parlare, io sono qua che ti ascolto. »
Ryotaro sapeva quando l’imajin doveva essere sforzato per dire quelle cose, per mantenere quel tono calmo e per evitare di urlare e di litigare in mezzo alla strada e fu quel piccolo momento di tenerezza che fece barcollare definitivamente Ryotaro.
Scoppiò a piangere, trattenendo a fatica i singhiozzi, mormorando a spizzichi e bocconi tutto quello che gli passava per le mente, tutti i suoi dubbi e le sue paure e tutte le incertezze.
Quando riuscì finalmente a fermarsi e a riprendere fiato, Momotaro era ancora in silenzio accanto a lui. Lo afferrò per il mento, alzandogli il volto e baciandolo, spingendolo con la schiena sull’erba, continuando a toccarlo e baciarlo, prima di alzarsi di nuovo a sedere.
Imbarazzato Ryotaro rimase immobile al suo posto, senza muoversi e osservando la schiena dell’imajin davanti a lui, prima di sentirlo scoppiare improvvisamente a ridere.
« Sei veramente tonto Ryotaro! » lo prese in giro voltandosi verso di lui, sdraiandosi a sua volta al suo fianco.
« Eh…? »
« Anche noi vogliamo salvare questo tempo. Non ci interessa quello che ci accadrà dopo, ma abbiamo giurato che ti avremo protetto e aiutato. Avresti dovuto parlarci subito, per evitare tutte queste stupide incomprensioni. »
« Ma se sparite, io… »
« La tua vita continuerà lo stesso Ryotaro. » lo interruppe ancora Momotaro « Anche dopo che saremo scomparsi, anche dopo che io sarò scomparso. Continuerai a vivere perché è giusto che sia così. » sospirò alzando gli occhi al cielo.
« Momo… »
« Se io potessi esprimere un desiderio Ryotaro, sarebbe proprio questo. Che tu possa continuare felicemente la tua vita, anche quando io non ci sarò più. Saperti felice renderebbe tutto più facile, lo sai? »
« Momotaro, io non ti dimenticherò, né starò mai con qualcun altro. Io voglio te e farò tutto quello che è in mio potere per impedire che tu o gli altri ve ne andiate. »
Il diretto interessato si voltò verso di lui sorridendogli, posandogli una mano sulla testa e accarezzandogli i capelli, guardando con tenerezza.
« Intanto pensiamo a goderci questi momenti insieme, no? Al domani ci penseremo domani, ok? »
Ryotaro si morse un labbro, annuendo lentamente.
Si accoccolò contro di lui, osservando le stelle, parlando del più e del meno per tutto il resto della notte.
Dovevano godersi il presente, Momotaro aveva ragione. Al futuro, ci avrebbero pensato quando sarebbe arrivato e, in fondo al cuore, Ryotaro desiderò che arrivasse il più tardi possibile.