Nick Autore: simph8
Titolo: I Want You
Numero Parole: 6548
Pairing/Personaggi: Ohno Satoshi / Ninomiya Kazunari
Raiting: NC17
Avvertimenti: Slash
Intro/Note: Ok. Era nata come una semplice porn. Invece è uscita fuori questa segamentalizzazione mentale di proporzioni cosmiche. La prossima volta fermatemi please, prima che io sforni cazzate come quella che vi apprestate a leggere u.u
Questa storia fa parte della "Sagra del Kink" indetta da
kinkmemeita **
RPF Idols - Ohmiya - NC17
Kink: "Dicono che sei una vera macchina del sesso" - "Non sono solo voci"
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Decisamente. Qualche volta Nino avrebbe dovuto mordersi la lingua a sangue per evitare di parlare.
Il suo ego era qualcosa di smodatamente enorme. Era sempre stato convinto che nessuno poteva batterlo, saperne più di lui.
Quella volta aveva fatto il piede più lungo della gamba. Aveva deciso di sfidare l’uomo sbagliato che, paradossalmente, sembrava tutto fuorché pericoloso. Invece lo aveva stupito.
Quel giorno di quasi due settimane prima, avevano scommesso. Più che altro, Nino si stava annoiando e voleva rompere le scatole al Riida che disegnava sul divanetto accanto a lui, in attesa dell’inizio delle registrazioni.
« Riida, facciamo una scommessa. » esclamò.
Il ragazzo non alzò nemmeno lo sguardo dal disegno.
« Mh. »
« Scommettiamo che in una settimana rimorchio più ragazze di te. »
« Mh. »
« Chi vince decide di far fare all’altro qualunque cosa. » Nino alzò la posta in gioco, sicuro di vincere.
Avrebbe usato Ohno come suo schiavetto per tutto il tempo. Ghignò.
« Lo sai che non mi piacciono le donne. » si limitò a dire quell’altro « Preferisco averci a che fare il meno possibile. »
« Ok. Allora rimorchia dei ragazzi. »
La matita del più grande si fermò.
« “Qualunque cosa” hai detto prima? » ripeté
Nino aveva male interpretato l’atteggiamento di Ohno. Pensava che avesse paura.
« Certo. » ghignò beffardo il più piccolo « Qualunque cosa. Niente limiti. »
Ohno aveva abbozzato un sorriso.
« Chi rimorchia di più in quanto tempo? » chiese ancora.
« Quattro giorni. Per il fine settimana faremo il conteggio. »
Il cantante annuì. Tornò a disegnare, come se non avessero detto nulla.
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In quel momento Nino si disse che avrebbe dovuto rendersene conto prima. Conosceva Ohno da quanto, almeno 12 anni, no?
Doveva sapere che se non sapeva di avere qualche vantaggio non si buttava in missioni suicide.
La lista non era lunghissima. Kanji elegantemente scritti su un foglio dimostravano senza alcun dubbio che Ohno vinceva, con due uomini in più delle sue donne.
Nino schioccò la lingua, seccato e irritato. In quei giorni si era fatto i suoi calcoli e i suoi progetti e adesso vedeva andare tutto in fumo.
Ohno gli si avvicinò e accostò la bocca al suo orecchio.
« Lunedì sera. A casa mia. Alle 8.00. Non fare tardi lo sai che non mi piace. » bisbigliò.
Un brivido corse lungo la schiena di Nino.
Che diavolo aveva in mente quel vecchio pervertito?
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Il ragazzo si presentò a casa dell’amico come d’accordo. Non sapeva esattamente che cosa aspettarsi.
Ohno riusciva sempre ad essere imprevedibile quando voleva farlo. Si era lambiccato per tutto il fine settimana.
Nulla.
Ogni cosa che pensava gli sembrava troppo scontata o troppo impossibile.
Ohno gli aprì la porta, sorridendogli come tutte le volte che lo andava a trovare. Indossava un semplice jeans con una maglietta da casa, sporca di pittura.
« Scusa. » gli disse mentre Nino infilava le ciabatte degli ospiti « Ero nel mio studio. »
« Tranquillo. » replicò l’altro scrollando le spalle.
Si diressero in cucina. La tavola era apparecchiata per due. Al centro del tavolo una ciotola d’insalata, degli hamburger e patatine fritte.
Nino sorrise.
« Hai cucinato gli hamburger. » commentò sedendosi.
« Certo. Sei un ospite, no? »
Nino si sistemò, a disagio. Non si era mai considerato un ospite con Ohno. Forse perché era sempre nella sua casa di famiglia. E forse perché anche quando Ohno era andato a vivere da solo aveva sempre frequentato quell’appartamento con una certa assiduità.
Anche lui viveva da solo, ma certe volte il peso della solitudine lo schiacciava e allora correva dal Riida. Avendogli regalato quasi tutte le console con tutti i suoi giochi preferiti, Nino si stanziava nel salotto del compagno.
Ohno non era mai di compagnia. O si chiudeva a sua volta nello studio dove dipingeva, oppure stava sul divano a leggere o a disegnare sul blocco.
Raramente parlavano, se non per sapere cosa dovevano mangiare per cena o per pranzo.
Però la sua sola presenza bastava.
Non era da solo. E questo per Nino era già tanto.
« Tu odi le cose fritte. » cercò di dirgli, non notando nessun cibo giapponese sulla tavola.
« E allora? Nemmeno a te piace la cucina giapponese eppure quando vieni da me la mangi sempre. »
Nino decise di chiudere quell’argomento. Come tanti altri, non avrebbe portato a nulla di buono.
Mangiarono, come la maggior parte delle volte, in silenzio.
Ohno sparecchiò e infilò i piatti e le posate sporche dentro la lavastoviglie, avviando il lavaggio con una certa praticità.
Nino lo osservava muoversi nella cucina e abbozzò un sorriso.
La figura di Ohno indaffarato, forse perché contrastava così tanto con quella abituale da pigro che passava al pubblico, era piacevole da vedere e da osservare.
Dopo qualche minuto Ohno si stiracchiò.
« Andiamo in salotto? Ho comprato dei dvd. Mi pare che non hai ancora avuto il tempo di guardare l’ultimo film di Final Fantasy, vero? »
Nino lo seguì, perplesso, in salotto, sedendosi sul divano.
Non riusciva a capire. Voleva davvero guardare un film?
« Quale dei tanti? » chiese poi.
« Uhm… quello che è simile ad un cartone. »
« L’”Advent Children”? Non è un cartone. E’ in computer grafica. Di ultimo modello. Sembra quasi fatto con attori veri, come puoi definirlo solo “cartone”? » sbuffò Nino « Ed è uscito da poco, non ho ancora avuto il tempo di vederlo a causa dei concerti. »
« Non ci capisco di queste cose, lo sai. » si giustificò sorridendo « Comunque sia, è quello. Non lo hai visto, vero? » domandò accucciandosi davanti alla vetrina sotto la televisione.
« No. Come fai a saperlo? » accavallò nervoso le gambe osservando Ohno che continuava a trafficare con i dvd sparsi all’interno della vetrina.
« Dato che è una delle tue serie di videogiochi preferite, mi avresti tartassato per tutta la serata in cui l’avresti visto con mail del tipo “Finalmente lo sto guardando” o “Riida è bellissimo” o anche “Ma come fai a passare il tuo tempo a dormire e a pescare, Sephirot sta per uccidere Cloud, dobbiamo fare qualcosa! ”. »
Nino arrossì dalla vergogna. Davvero era così? Lo martellava così tanto con mail che lui non voleva nemmeno leggere?
Sbuffò, cercando di non eccedere alla vergogna e alla rabbia.
« Bè, se le cose stanno così, smetterò di mandarti mail quando faccio qualcosa che mi piace, vecchiaccio. » sbottò nervoso.
Ohno si fermò, guardandolo perplesso.
« Perché dovresti? Mica ho detto che mi danno fastidio. Anzi, mi fanno felice. Mi fa piacere leggerle perché così so che stai pensando a me anche quando sei impegnato a fare qualcosa che ti piace. »
Il rossore sulle guance di Nino aumentò. Ma era un bravo attore, perciò spero di riuscire a dissimulare la sua vergogna.
Raramente Ohno era aperto riguardo i suoi sentimenti e, per qualche motivo, quelle frasi lo riempievano sia di imbarazzo che di piacere.
« Ah, trovato finalmente. Dovrei mettere un po’ di ordine qua dentro, ci sono troppi dvd. » commentò fra sé e sé Ohno alzandosi in piedi e stiracchiandosi le gambe.
Poi si voltò verso il compagno.
« Allora a te va bene? » domandò poi.
« Sì certo. Adoro Final Fantasy, lo sai. »
Non era semplice farlo imbarazzare. Specialmente se stava parlando con Ohno, che riusciva sempre a toglierlo da situazioni di disagio solo con una stupida battuta o con una frase altrettanto stupida, riuscendo così a far calare la tensione.
La situazione per lui era del tutto nuova.
Per la prima volta Nino era a disagio nello stare nella stessa stanza con il Riida. Eppure lui sembrava perfettamente normale.
Sorrideva, diceva stupidaggini, cucinava e lavava i piatti. Pensava a lui.
Cose del tutto normale, atteggiamenti e sorrisi che Nino aveva davanti gli occhi da almeno cinque o sei anni. Anzi, da prima considerando che lo conosceva già dai tempi dei Juniors. Quasi il doppio forse.
Ohno si buttò al suo fianco, impugnando il telecomando e facendo avviare il film. Spense la luce e si appoggiò a lui, spalla contro spalla, gamba contro gamba.
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A fine film Nino si stiracchiò.
« Il film è stato bellissimo. » commentò annuendo « Mi ha fatto venire voglia di giocare nuovamente a tutta la saga. »
« Non sono cinque o sei videogiochi? » esclamò Ohno sbarrando gli occhi.
« Undici Riida, se conti quelli on-line. Undici. Non ti ricordi? Mi hai accompagnato l’anno scorso all’anteprima dell’ultimo gioco per comprare le limited edition e i codici per giocare online. »
« Oh sì. Certo. Quando abbiamo passato il nostro week end libero accampati davanti alla sede centrale della Squere Enix. »
« Esatto, esatto. » commentò compiaciuto Nino alzandosi in piedi.
Anche Ohno lo imitò.
« Oh. Ti ho preso anche un regalo, lo davano insieme al film. Vieni, ce l’ho in camera. »
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Dentro la stanza Nino si sedette al centro del letto, osservando Ohno che apriva l’armadio e iniziava a frugarci al suo interno.
In un piccolo angolo del secondo scaffale partendo dal basso, Nino intravide dei preservativi e del lubrificante.
Una sensazione di nervosismo lo colpì alla bocca dello stomaco.
Aveva sempre saputo dell’omosessualità del suo Riida. Era stato l’unico, all’inizio, a cui lo aveva confidato e nemmeno per un secondo il suo affetto per lui era vacillato, anzi, grato di quella confessione così intima, il loro rapporto si era fatto ancora più solido.
Aveva sempre saputo che Ohno si divertiva quando non aveva impegni o non passava le nottate a pescare con i suoi amici. E aveva sempre saputo che non era tanto casto e puro come in molti potevano pensare.
« Mi hanno detto che sei una macchina del sesso ultimamente. » commentò leggero senza ricordarsi chi era stato a dirglielo.
Forse Matsuoka, in una delle tante feste che dava a casa sua. O da qualche amico in comune.
Non ricordava. Ma ricordava bene la sensazione di rabbia incontrollata che lo aveva costretto ad andarsene prima del tempo.
Ohno non si prese nemmeno la briga di voltarsi. Scrollò le spalle, ridacchiando.
« Non sono solo voci. »
Per qualche ragione, non si era mai addentrato dentro la sua vita intima. Tanto meno Ohno era andato da lui a decantargli le sue nottate passionali con il ragazzo del momento.
Eppure, vedere là quella scatola semi aperta e la boccetta di lubrificante mezzo vuota, gli lasciò una sensazione strana, quasi di gelosia.
Sapeva per lui Ohno conservava un posto speciale dentro di lui. Sapeva che se solo glielo avesse chiesto avrebbe scalato una montagna senza bombole di ossigeno, perché Ohno era così, per gli amici era sempre disposto a dare tutto quello che possedeva.
Ma non aveva mai pensato al fatto che un giorno Ohno avrebbe potuto innamorarsi di una di quelle tante fiamme, di quelle tante scappatelle e via. E che quel qualcuno poteva a sua volta innamorarsi di lui, di tutti quei pregi e difetti che rendevano Ohno una persona splendida, la maggior parte delle volte.
E che un giorno quel qualcuno glielo avrebbe rubato, portato via, strappandogli così uno dei pochi punti fermi che aveva da quando era entrato alla Johnny’s dopo il violento divorzio dei suoi genitori.
Ohno non gli avrebbe più rivolto quei sorrisi caldi, non lo avrebbe più accompagnato alle svendite di videogiochi o alle anteprime o alle fiere in parti assurde del mondo.
Non ci sarebbe più stata quella casa e quella parola di conforto quando si sentiva troppo solo e il suo orgoglio non voleva ammettere che, in fondo, da solo ci stava male.
« Sei innamorato? » domandò, di getto osservando quella schiena che bene o male gli piaceva.
Ohno si voltò verso di lui, stupito da quella domanda. Poi sorrise.
« Certo. »
Nino lo osservò, con il cuore che batteva più forte del consentito. Era una sua paranoia, o il sorriso di Ohno non era mai stato così sincero e caldo?
« Mh. Deve essere un tipo apposto. Lo hai fatto già conoscere a tua madre? »
Era il giro di boa. Se la madre lo aveva conosciuto allora…
« No. » esclamò Ohno « Cioè. E’ difficile da spiegare. Lui non sa che mi piace. Perché è etero. »
« Oh. » riuscì solo a dire, piano « E da quanto tempo? Non me ne hai mai parlato! » esclamò piccato.
« Mh. Da qualche anno. Sai che di queste cose non ne parlo con nessuno. »
Nino si sentì quasi un mostro. Non sapeva perché e di certo non era colpa sua se questo fantomatico ragazzo era etero e non gay, come il suo Oh-chan.
Però quel sorriso triste gli dava fastidio. A modo suo, in tutti quegli anni, aveva sempre cercato di proteggerlo dalle cattiverie della gente, dai pregiudizi, da tutto. Lo teneva dentro una campana di vetro, perché, sotto sotto, il suo Riida era troppo fragile e sensibile.
Aveva sempre avuto paura che un giorno qualcuno lo avrebbe potuto ferire troppo a fondo e che lui allora si sarebbe chiuso ancora di più e non si sarebbe più ripreso.
Ohno lo guardò e gli sorrise. Nino si chiese se si era reso conto del suo malumore di fronte a quella nuova notizia.
« Tranquillo, lo sapevo già. Ma è stata una cosa stile colpo di fulmine. Non ho potuto fare a meno di innamorarmi. »
Il Riida rise, di quella risata imbarazzata che a Nino piaceva tanto e che tirava fuori quando, ai concerti o nei programmi, si divertiva a ridicolizzarlo davanti a tutto lo stadio.
« Ecco qua. Davvero, dovrei farmi insegnare da mia madre come tenere in ordine le cose, sono troppo disordinato. »
Dall’armadio prese un pacco. Era un’action figure, piccolina, da mettere su una mensola o sulla scrivania.
Era di Cloud.
Era bellissima.
« E’ stupenda. E’ per me? » chiese prendendola in mano.
« Ovvio. Sai che a me non piacciono. Ah, ti puoi prendere anche il film. »
Lentamente, mentre parlava, Ohno prese la statuina e la appoggiò sul comò. Si avvicinò alla porta e se la chiuse alle spalle, girando due volte la chiave nella toppa.
Ohno ci si appoggiò sopra, osservandolo con uno sguardo che a lui non aveva mai rivolto, ma Nino lo riconosceva bene.
Aveva accompagnato Ohno a qualche festa e quello ero lo sguardo seducente che tirava fuori quando voleva fare colpo su qualcuno.
Nino arretrò istintivamente sul letto, finendo quasi contro la moltitudine di cuscini che aveva vicino alla testata in metallo.
« Ohno…? »
« Sai una cosa? Non ero interessato alla tua scommessa. Fino a quando non hai messo in palio quel “qualunque cosa, senza limiti”. E allora mi sono detto che si poteva fare. Che potevo riuscirci, perché è da qualche mese, se non di più, che ho una voglia matta di fare sesso con te. »
« C-Cosa? Ohno, starai scherzando vero? Lo sai che… »
Ohno fu davanti a lui in un lampo e socchiuse gli occhi, sporgendosi verso di lui, annusandogli il collo.
« Lo so. » lo interruppe Ohno « Ma è colpa tua. Hai detto “qualunque cosa, senza limiti” e tu sapevi che poteva accadere qualunque cosa, no? »
« S-Si, ma non questo! Insomma! »
Nino cercò di sfuggirgli, ma il più grande si buttò su di lui, appoggiandosi sul suo stomaco e serrando le proprie mani intorno ai suoi polsi.
« Vuoi venir meno alla parola data? » chiese in un sussurro sulle tue labbra « Vuoi davvero ferire così il tuo ego? Per una semplice scopata? »
« I-Io… non voglio. » ringhiò Nino continuando a tentare di ribellarsi.
Ohno sbuffò, accasciando la testa al petto. Odiava incontrare ostacoli sul suo cammino.
« Ok. Allora mi obblighi. Potevo evitare tutto questo. »
Tenendogli fermi entrambi i polsi con una mano, Ohno allungò la mano libera sotto il cuscino e da là tirò fuori delle manette, immobilizzando così Nino alla tastiera del letto.
« Così sarà molto più semplice, no? »
« S-Smettila immediatamente. Il gioco non è divertente. » sibilò Nino strattonando i polsi.
« E chi ha mai detto che è un gioco? Sono serio. Voglio fare sesso con te. » commentò con il solito tono incolore, continuando a rimanere seduto su di lui.
Poi si sistemò meglio e si stese sopra di lui, allargandogli le gambe e inginocchiandosi.
Aveva intenzione di godersela tutta, senza fretta.
Si fermò un attimo per osservarlo. Il suo volto era furioso e spaventato allo stesso tempo.
Si sarebbe dovuto sentire in colpa. Non aveva mai forzato Nino a fare niente, nemmeno per alzarsi per andare a prendersi una bottiglietta d’acqua.
Eppure in quel momento non sentiva nulla, se non la voglia che lo mangiava dall’interno di toccarlo, di farlo suo. Al suo odio, alla loro amicizia avrebbe pensato dopo.
Come se dovesse dipingere su una tela vergine, Ohno fece scorrere le sue dita sulla maglietta di Nino. Lo osservò, per qualche secondo.
Poi gli tolse la maglietta, lasciandola incastrata fra i polsi di Nino. Di nuovo con i polpastrelli sforò quella pelle incredibilmente bianca e si morse un labbro.
Quante volte sotto la doccia aveva desiderato allungare le mani e toccarlo, sfiorarlo?
Quasi in trance, Ohno continuò a toccarlo. Nino continuò a rimanere in perfetto silenzio, anche se lungo i suoi fianchi Ohno poteva percepire la pelle d’oca. Ancora non sapeva se per la paura o l’eccitazione.
Rimanendo a sua volta in silenzio, Ohno avvicinò le labbra all’ombelico, baciandolo dolcemente. Nino si tese sotto di lui, tirando indietro la pancia per allontanare il più possibile quel contatto.
Ohno abbozzò un sorriso, ma non si fece troppi problemi. Si aspettava atteggiamenti di quel tipo. Sapeva di doverlo prendere dal lato della gentilezza. Poi sarebbe stato suo.
Letteralmente.
Ohno sfiorò con il naso la pelle di Nino, continuando a toccarla. Poi iniziò a baciarla, lentamente, mentre le sue mani sfioravano la pelle senza sosta.
Ohno avrebbe voluto concludere, là e subito. Dovette costringersi a trattenersi. Perché se l’avesse fatto allora sì che avrebbe rovinato tutto.
Forse invece, c’era ancora una piccola speranza…
Lentamente risalì lungo il petto. Gli sfiorò i capezzoli che, volente o nolente, erano sensibili sotto le sue dita. Sorrise, soddisfatto. Ne baciò uno. Poi lo mordicchiò. Lo leccò, continuando a sfiorare quell’altro con i suoi polpastrelli.
Il corpo di Nino continuava a tendersi sotto di lui. Alzando la testa riuscì vedere quella di Nino lanciata leggermente all’indietro, mentre si mordeva un labbro.
Perse di nuovo interesse, tornando a quello che stava facendo pochi secondi prima.
Passò al secondo capezzolo, riservandogli lo stesso trattamento del primo. Poi la sua lingua scivolò lungo la clavicola, quella clavicola che aveva sognato per chissà quanto tempo, adesso completamente alla sua portata.
Ne baciò e leccò l’intera lunghezza, soffermandocisi quando udì un lieve gemito da parte del ragazzo sotto di lui.
Alzò la testa, stupito, fissandolo.
« N-Non mi guardare. Anzi. Liberami. Adesso. Non sto scherzando. Giuro. Ti denuncio. » sibilò.
« Oh, non lo faresti mai. E lo sai perché? Perché sei troppo orgoglioso. E poi non hai segni di violenza sessuale addosso. »
« I polsi! » gli ricordò Nino.
Ohno gli sorrise. Di nuovo, quel malefico sorriso che Nino aveva sempre odiato e amato allo stesso momento, quello che aveva sempre rivolto ad altri e mai a lui.
« Non è un gioco erotico questo? » sussurrò sulle sue labbra.
Nino aspettò un bacio che non arrivò mai. Ohno tornò ad occuparsi, questa volta del collo. Lo baciò, lo leccò, lo morse per un tempo indescrivibile, mentre le sue mani, quelle mani da artista che chissà quanti altri corpi maschili avevano toccato, lo facevano impazzire.
Gemette, di nuovo, quando per caso la gamba di Ohno toccò l’erezione di Nino, la quale era dura dentro i pantaloni.
« Perché non ti lasci andare? » domandò Ohno rimanendo comunque sopra di lui, a baciargli il collo, il pomo d’Adamo e concentrandosi su quella minuscola e sensibile parte appena sotto l’orecchio.
« Perché non l’ho mai fatto con un altro uomo. » esclamò Nino con gli occhi lucidi, frustrato da tutta quella situazione. Desiderava solo scappare, andarsene e dimenticare tutto, per tornare a quel rapporto idilliaco che c’era sempre stato.
Ohno lo guardò, perplesso.
« E dov’è il problema? » domandò.
Poi si morse un labbro, senza fissarlo.
« Sono io il problema per caso? Se… fosse stato qualcun altro ti sarebbe andato bene? »
« No! Non è quello il punto. E’ che io… io… ho paura di rovinare tutto. Capisci? Se… Se io e te adesso facciamo sesso, non potremo più tornare indietro! »
« Non possiamo già più tornare indietro. » sussurrò Ohno continuando a non guardarlo.
Gli sfilò i pantaloni e i boxer, osservandolo in tutta la sua nudità. Lo aveva già visto altre mille e più volte nudo. Ma in quel momento gli sembrava di non averlo mai visto prima.
E desiderava ogni centimetro di quella pelle con una intensità tale che lo faceva quasi stare male.
« Dimmi solo una cosa. »
Nino guardò il Riida. Raramente lo aveva visto con quello sguardo serio. Voleva dirgli di guardarlo negli occhi, ma le parole si rifiutavano di uscirgli dalla gola e non capiva il perché. Era lui dalla parte del giusto, non il Riida. Perché si sentiva così stramaledettamente in colpa allora?
« Cosa? » riuscì a chiedere.
« Fino adesso… ti è piaciuto? » domandò pianissimo.
Nino si adagiò sul materasso, fissando il soffitto. Gli era piaciuto? Bè, al suo corpo poco ma sicuro, considerando il fatto che la sua erezione era ancora là, vispa e allegra fra le sue gambe.
Le mani di Ohno, la sua lingua, la sua bocca era state su buona parte di lui nell’ultima ora.
E sì, gli era piaciuto.
All’inizio cercava di soffocare quelle sensazioni, catalogandole sotto il nome di “disgusto”. Però poi qualcosa era scattato.
Gelosia, rabbia, nervosismo, delusione erano state sopite da qualcosa che non capiva.
Gli piaceva fare sesso. Da quando aveva iniziato, le donne per lui erano state come una droga. Una droga continua. Le prendeva, le toccava, le sentiva gemere.
Ed era musica per le sue orecchie.
Eppure c’era sempre qualcosa che stonava. Ma fino a quel momento lo aveva ignorato, per noia, per paura, perché non voleva darsi delle domande.
Ohno, tralasciando l’episodio delle manette, non era stato violento con lui. Lo aveva toccato con dolcezza, con attenzione, così come si tocca un vaso di porcellana che non si vuole rompere.
« Sì, mi è piaciuto. » allentò i muscoli delle spalle e delle braccia, lasciandole ricadere molli fra i cuscini.
« Posso… posso continuare allora? »
« Una scommessa è una scommessa. » si limitò a dire.
Ohno sorrise, leggermente. Non si sbilanciò più di tanto. Rimase fermo qualche secondo.
Poi tornò di nuovo in ginocchio fra le sue gambe.
Sfiorò con le dita l’erezione di Nino, che rispose alle sue attenzioni. Poi, lentamente avvicinò la propria bocca alla punta.
Iniziò a succhiare e a leccare, continuando a toccare con più forza le cosce del ragazzo.
Sdraiato in mezzo alle sue gambe, con l’erezione che Nino gli spingeva quasi fino in fondo alla gola, stringeva con possesso le gambe dell’altro, mentre le sue dita penetravano nella sua carne.
Nino gemeva più liberamente adesso.
E venne nella sua bocca, con uno spasmo più forte, più potente. Ohno si fermò qualche secondo dopo, ingoiando lo sperma del ragazzo con una facilità che stranì l’altro.
« Fai sempre così? » sussurrò l’altro nervoso.
Ohno scrollò le spalle.
« Non sempre. Dipende. » si limitò a dire.
« Dipende da chi, vero? »
Ohno serrò le labbra. Non avrebbe voluto rispondere. Anzi. Voleva tenersi il più alla larga possibile da quell’argomento.
« Cercherò di non farti male. Ma sappilo… farà male. » mormorò cambiando argomento.
Nino annuì e osservò Ohno alzarsi dal letto e prendere il lubrificante e il preservativo.
Lo vide prepararsi e versarsi il gel freddo sulle mani che lui spalmò di nuovo sul preservativo, nonostante fosse già lubrificato. Poi ne prese ancora. Gli massaggiò l’ano e Nino si irrigidì.
« Non essere rigido. » lo ammonì dolcemente dandogli un nuovo bacio sulla gola.
Ohno cercò di distogliere l’attenzione il più possibile, mentre lo penetrava con le dita. Lo sentiva stringere i muscoli e si maledisse. Avrebbe dovuto fermarsi quando ne aveva avuto l’occasione. Adesso…
« Farò piano. » lo avvisò all’orecchio.
Nino annuì, mordendosi un labbro. Il più piccolo lo vide sistemarsi fra di lui. Poi, mentre stava per iniziare, Ohno si fermò. Allungò di nuovo la mano, versandosi altro lubrificante.
Iniziò a penetrarlo. Lentamente. Centimetro dopo centimetro.
Nino gemette, serrando i denti. Il dolore era atroce, insopportabile. L’erezione di Ohno spingeva dentro di lui e a nulla servivano le parole dolci di Ohno per calmarlo.
Faceva fottutamente male.
Alla fine il più grande entrò completamente. Ohno artigliò le mani sui fianchi di Nino, graffiandolo.
Il respiro gli si mozzò, completamente. Nino era così caldo, così stretto, così maledettamente bollente, che il Riida sentiva i suoi sensi esplodere.
Rimase però fermo.
Nino stava male. Doveva farlo abituare. Non poteva lasciarsi andare ai suoi istinti animali come faceva di solito.
« Sto meglio. » biascicò Nino serrando gli occhi, pieni di lacrime.
Ohno annuì.
Uscì, lentamente, di poco. Poi lo spinse di nuovo dentro.
Continuò così, per un po’. Lentamente, dolcemente. Voleva che gli piacesse. Voleva che godesse.
Ad un certo punto spinse un po’ più a fondo e Nino sentì qualcosa di diverso. Faceva sempre male. Ma un po’ di meno se toccava là, quel punto.
Ohno sembrava averlo capito. Nonostante l’aumento di intensità delle spinte, continuava a toccare là. E gli piaceva.
Non tantissimo. Non ancora.
Ma il dolore iniziava ad essere quasi sopportabile. E poi le mani di Ohno avevano ripreso a toccargli l’erezione, di nuovo dura nella sua mano.
Ohno avrebbe voluto continuare così per il resto della notte, della settimana, della sua esistenza.
Dentro Nino, per sempre. Dentro quel corpo così bello che raccoglieva quella persona stupenda che aveva accanto ogni giorno e non aveva mai potuto sfiorare in quella maniera.
Nino venne nuovamente, sporcandogli la mano. Ma all’altro non interessava minimamente. Continuò a spingere dentro di lui. Voleva godersi quegli attimi il più possibile, il più a lungo possibile.
Alla fine raggiunse l’orgasmo. Fu travolgente, come si era immaginato durante tutte quelle notti.
Rimase fermo qualche secondo, continuando però a spingere debolmente dentro di lui.
Aveva le lacrime agli occhi.
Sarebbe finito tutto. Nino avrebbe smesso di parlargli. Non lo avrebbe più guardato in faccia. Il rapporto che c’era fra di loro sarebbe stato solo un lontano ricordo e loro due sarebbero diventati degli estranei.
Cercò di impedire alle lacrime di scivolare lungo le sue guance. Osservò Nino, che ansimava ad occhi chiusi sotto di lui.
Si asciugò velocemente gli occhi e uscì, delicatamente dal corpo di Nino.
« Mi dispiace. » commentò piano.
Nino scosse la testa, osservando Ohno nudo che girava per la stanza e buttava nel cestino il preservativo.
« Vado a farmi una doccia. » commentò il Riida poi « Tu riposati, riprenditi. Intanto ci sono dei fazzoletti di carta sul comodino. Starai un po’ male per qualche altro minuto. »
« Tranquillo. Mi sono già abituato. »
Ohno sapeva che mentiva. Era sempre difficile la prima volta, lo era per tutti e avrebbe continuavo a fare male. Ma quella piccola bugia gli risollevò leggermente lo spirito e alleggerì il senso il colpa.
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Quando tornò nella stanza, Nino aveva indossato un pigiama di Ohno e si era già addormentato. Era accoccolato su un lato del letto e non lo avrebbero svegliato nemmeno le cannonate.
Ohno lo imitò. Infilò a sua volta un pigiama e si addormentò al suo fianco, stringendosi a lui come se potesse sfuggirgli da un momento all’altro.
**
Il mattino successivo Nino si svegliò prima del padrone di casa. Cercò di muoversi, ma la schiena gli faceva male ed era un po’ difficile rimanere seduti per più di qualche minuto, ma nel contesto poteva ritenersi abbastanza soddisfatto.
Scese dal letto, cercando di fare meno rumore possibile. Per quanto all’inizio era furioso con Ohno per quello che gli stava facendo, qualcosa dentro di lui si era sopito, per poi scomparire del tutto quando lo aveva visto piangere, alla fine, nonostante avesse gli occhi socchiusi e dalla notte prima non faceva che chiedersi il perché.
Gli era piaciuto. Ohno era bravo, era sensuale, era tutto quello che un uomo poteva chiedere se lui decideva di venire a letto con te.
Con lui era stato dolce, gentile, quasi romantico. Come se si stesse ribellando a quello che faceva, ma non riusciva più a trattenersi.
Eppure qualcosa continuava a dargli fastidio.
Ohno aveva detto che erano mesi che voleva portarselo a letto. Ma gli sembrava una bugia. Perché per quanto non era bravo come altre persone, anche Nino era abbastanza bravo a leggere quello che pensava la gente.
E sapeva che dietro le parole di Ohno c’era qualcosa di più, qualcosa di non detto, qualcosa di segreto e inviolabile.
Si diresse verso la cucina. Prese il cartone del latte e si riempì una tazza. Poi andò in salotto e accese la televisione.
La luce dello schermo illuminò la porta dello studio dove Ohno si chiudeva quando dipingeva.
Affascinato, si avvicinò. C’era un grande cartello che avvisa gli estranei di non entrare.
Nino non si era mai considerato un estraneo per Ohno. E dopo quella notte, si considerava qualcosa di più.
Aprì la porta e l’odore acre dell’acqua raja e della tempera gli penetrò con violenza nelle narici.
Su un lato c’era un lungo tavolo dove erano accatastati tutti gli oggetti di lavoro che usava quotidianamente.
Dall’altro lato qualche telaio e delle tele, incompiute. Si avvicinò alla scrivania e vide dei disegni che lo raffiguravano coperti da tele di piccole dimensioni. Tutte raffiguravano lui, in ogni momento della giornata che lui e Ohno passavano insieme.
Ne prese una. La guardò, affascinato. Quel quadro sembrava parlare. Era pieno di vita.
Cercò qualche riferimento all’uomo amato da Ohno. Una foto, una lettera, un disegno.
Nulla.
C’erano solo le tele che lo riguardavano e i disegni astratti o paesaggi.
Così come nel resto della casa, non c’era altre foto. Quelle di Ohno e Nino. Di Ohno e con gli altri Arashi. Di Ohno e i suoi amici più intimi. Di Ohno con la sua famiglia. Non c’era nessuno, nessuno che Nino non conoscesse e di tutti loro era assolutamente certo che non rientrava nei canoni sentimentali di Ohno.
Mentre se ne stava andando, un blocco aperto attirò la sua attenzione. Poggiò la tazza sul tavolo e prese il blocco in mano.
Promessa fatta ad Aiba - chan: Diventare i migliori (22.08.04)
Nino abbozzò un sorriso. Si riferiva a due anni prima, quando Aiba aveva scritto la lettera rivolta a tutti gli Arashi.
Sfogliò con poco interesse i fogli. Erano tutti appunti di canzoni, di parole, di riunioni, di impegni.
L’ultimo foglio era in parte strappato. Lo osservò meglio.
Parecchi kanji erano con la scrittura di Jun, leggermente più disordinata di quella di Ohno.
Battibecchi senza alcun senso, su cosa indossare ai concerti. Ohno si lamentava delle paillettes e Jun ribatteva che era l’ultimo modo per farsi vedere da tutte le fans.
Poi, un disegno abbozzato. Due o tre linee per tratteggiare il volto di profilo. I capelli che scivolavano lungo il viso. Era interrotto. In cima c’era la data di due giorni prima. Era la loro ultima riunione.
Di nuovo, quel disegno raffigurava lui.
In basso una specie di didascalia, uno dei tanti botta e risposta di Jun e Ohno.
Dì a Nino che lo ami. - Scordatelo. Mi odierebbe.
Il blocco cadde a terra. Nino rimase paralizzato nello studio, senza sapere che cosa pensare.
Era a lui che si riferiva la sera precedente quando gli aveva detto di essere innamorato di un etero? Quindi era colpa sua se aveva quel sorriso incredibilmente triste?
Proprio lui?
Perché non gliene aveva mai parlato?
Perché glielo aveva sempre tenuto nascosto? Era incredibile.
Nervoso tornò nella stanza. Salì sul letto, strattonando il Riida.
« Svegliati. Adesso. » gli ordinò scuotendolo con tutta la forza che aveva in corpo fino a quando l’artista non aprì gli occhi, assonnato.
« Nino… Cosa c’è, stai male? » chiese poi aprendo di scatto gli occhi.
L’altro scosse la testa, con la gola secca. Non sapeva nemmeno perché lo aveva svegliato. Non sapeva cosa pensare, cosa fare, come comportarsi.
Avevano fatto sesso, anche se per Nino quella notte rappresentava qualcosa di più, perché lui era stato il primo uomo con il quale era stato.
E gli era piaciuto, fottutamente piaciuto. E non sapeva se perché era stato con Ohno o se c’era qualcosa di mai espresso in lui.
In più scopriva anche che Ohno era innamorato di lui.
« Perché? » si limitò a chiedergli.
« “Perché” cosa, Nino? »
Nino continuò a guardarlo negli occhi, cercando di mettere ordine nella sua testa.
« Sono stato nel tuo studio. » ammise.
Ohno sbarrò gli occhi e si morse un labbro, allontanandosi da lui.
« Non… Non avresti dovuto. » balbettò « In quello studio non ci può entrare nessuno. C’è… Cè tutta la mia vita là dentro. »
Nino lo guardò. Sapeva quanto era vero. Là dentro aveva visto tutto e tutta la verità si era aperta davanti a lui.
E aveva capito quanto Ohno avesse sofferto. Quanto si fosse chiuso in sé stesso, quanto doveva aver seppellito i suoi sentimenti per potergli stare accanto, giorno dopo giorno e fingere di essere quell’amico, e solo un semplice amico, su cui tutti, lui incluso, potevano contare.
« Non c’è più bisogno di fingere. Perché non mi hai detto la verità ieri notte? Perché non mi hai detto che sei innamorato di me “da qualche anno”? » mimò facendogli un grottesco verso.
« Non era necessario che tu sapessi la verità. Nino, guardiamo in faccia la realtà. Tu sei fottutamente etero. Ti piacciono le donne, ti piace toccarle e scopartele. Io sono gay. Come… Come pensi che avrei potuto dirti tutta la verità? Che sono innamorato di te da non so quanto tempo? Come avrei potuto? » ripeté con gli occhi lucidi.
« Sarebbe stato tutto diverso. » mormorò Nino.
« Non ho mai voluto la tua pietà, lo sai. Non volevo che tu ti sentissi in obbligo perché ero il povero gay innamorato di un etero. » ringhiò con rabbia.
« Io non ti ho mai dato la mia pietà. Pensi che invece legarmi al letto e scoparmi contro la mia volontà sia meglio? » urlò Nino lanciandogli un cuscino, furibondo.
« Sì. Perché tu non avresti saputo nulla. Tu non dovevi sapere quanto sei importante per me, quanto ti ami, quanto ti desideri, quanto… »
Nino bloccò le parole e le lacrime di Ohno afferrandogli il volto e baciandolo. Fu solo un contatto di labbra. Le dita di Nino gli stringevano le guance e Ohno non riusciva a muovere un solo muscolo.
Poi il più piccolo lo lasciò. Il Riida lo guardava, ad occhi sbarrati, troppo sconvolto per fare qualsiasi cosa.
« C-Cosa… hai… fatto? » bisbigliò « Perché mi hai baciato? E’ per prenderti gioco di me? Un contentino perché ti faccio pena? »
Nino non sapeva perché aveva baciato il suo Riida. Non lo sapeva, ma voleva solo fargli capire che tutto quello che era successo da ieri sera fino a quel momento non era stato per pietà o altro. Lo aveva voluto. Tutto quanto.
Dopo quella discussione che avevano avuto, aveva deciso di accontentarlo.
« Non è pena. Te l’ho già detto. Alla fine era tutto voluto. E lo sai. Tu non saresti mai andato realmente contro la mia volontà. E lo so perché mi hai chiesto se volevo. Questo mi basta. »
Frustrato il più grande si morse un labbro a sangue. Ohno poteva sentire il sapore ferroso scivolargli lungo la gola. Strinse le mani su un cuscino.
No. Nino non poteva capire.
« Vorrei essere una donna per stare con te come vorrei. » bisbigliò Ohno abbracciandolo e nascondendo il volto nella spalla di Nino.
Lo strinse con forza, premendo le mani sulle sue braccia e annusando l’odore delicato che emanava la sua pelle.
Nino ricambiò l’abbraccio.
Sapeva solo che quando Ohno si frequentava con altri ragazzi era geloso. Sapeva solo che gli dava fastidio la sola idea di qualcuno che gli ronzasse intorno, anche solo per pura ammirazione. Sapeva che odiava vedere il suo sorriso felice e non era stato lui a causargli quella felicità.
Avrebbe voluto proteggerlo e farlo ridere, tutti i giorni, anche quando lo faceva arrabbiare con la sua disattenzione e indifferenza.
Anche lui strinse le sue braccia intorno ad Ohno.
A quelle parole, proprio quelle parole che esprimevano tutto il suo dolore, Nino aveva sentito come una pugnalata, che gli trapassò il petto da parte a parte.
Voleva bene al suo Riida. Ma quanto andava oltre, il suo bene? Era quanto ne voleva Ohno a Nino?
Il più piccolo non lo sapeva. E aveva paura di farsi quella domanda, perché aveva paura della risposta.
Sapeva che una volta ottenuta la risposta nulla sarebbe stato più come prima.
« Tu sei perfetto così come sei. Riida, possiamo provarci se vuoi. » sussurrò alla fine socchiudendo gli occhi. « Non so se è chiamato amore. Io fin’ora non mi sono mai innamorato. » iniziò allontanandosi leggermente e guardandolo negli occhi. « Ma so che ti voglio felice e che sono geloso quando altri ragazzi ci provano con te. So che vorrei starti accanto per proteggerti da tutto il mondo e che adoro quando ti preoccupi per me, quando sei romantico e anche quando sei menefreghista e passi tutta la tua giornata nello studio o a pescare. » lo baciò, di nuovo.
Istintivamente Ohno si ritrasse, ancora. Era troppo stupito da quel discorso.
« Vorrei stringerti e stare ancora con te, insieme. Come questa notte. » aggiunse cercando di usato il tono più eloquente possibile « Te l’ho detto. Non so se è amore. Ma lo voglio scoprire. Tu mi vuoi al tuo fianco… Satoshi? » sussurrò accennando un sorriso.
Ohno rimase in silenzio per qualche minuto. Nino poteva vedere come le piccole, e solitamente lente, rotelle nel suo cervello giravano questa volta alla velocità della luce.
« Non stai scherzando? » domandò, incredulo.
« No. Sono serio. »
Il più grande tornò in silenzio, mentre non riusciva a smettere di piangere. Lo abbracciò, stringendolo ancora una volta a sé.
« Sì che ti voglio al mio fianco… Kazunari. » balbettò.
Era felice. Nino era felice perché per la prima volta quel sorriso bellissimo che di solito Ohno rivolgeva ai ragazzi con cui usciva era finalmente rivolto a lui.
Solo e solamente a lui.
Fine