[Johnny's Entertaiment] Shitsuji no koi

Mar 10, 2013 19:43

Titolo: Shitsuji no koi
Fandom: Johnny's Entertaiment
Pairing: Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Inoo Kei
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, AU!
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Yuri si ritrova improvvisamente in una realtà che non è la sua. Da orfano, ad erede di una delle più ricche e famiglie del Giappone. Con tutti i pro e i contro.
Note: Scritta per la think-fluff con il prompt “Marshmallow”, per la 500themes-ita con il prompt “216. Diamente grezzo”, per la think-angst con il prompt “School!AU”, per la diecielode con il prompt “Viaggio nel tempo” e per il COW-T3 di maridichallenge con il prompt “Tema libero”
WordCount: 5478 fiumidiparole

**

Chinen Yuri aveva sempre definito sé stesso una persona ordinaria. Aveva i suoi amici più cari, frequentava il doposcuola per riuscire ad avere voti più alti e poi tornava all’orfanotrofio dove abitava fin da quando era piccolo. Più o meno si era sempre trovato bene in quella grande casa. Era meglio della strada, meglio della fame, meglio del freddo.
La famiglia che gestiva la casa era molto gentile e non aveva mai fatto mancare nulla né a lui, né agli altri bambini che nel corso degli anni si erano ritrovati a vivere là. Yuri aveva sedici anni, poche speranze ormai di essere adottato ma comunque ancora poco e finalmente avrebbe raggiunto i diciotto anni e vedeva davanti a lui a portata di mano la libertà, un lavoro e un appartamento proprio, dove sentirsi finalmente del tutto a casa.
I suoi “genitori” gli avevano già detto che avrebbero provveduto loro a lui, fin quando non avrebbe trovato un posto stabile e sicuro e un lavoro con cui mantenersi, ricordandogli poi di non preoccuparsi. In ogni caso, loro ci sarebbero stati.
Yuri ricordava quei giorni e quella discussione in particolare con affetto. Non che ne fossero passati poi così tanti, più o meno due settimane, ma in quei giorni Yuri si era ritrovato sballottato da una realtà all’altra, scoprendo quando potesse essere enorme il divario fra lui, un povero orfanello senza un soldi, e quelli dell’elite della società giapponese.
Il ragazzino si fece scivolare sotto il bordo dell’acqua della vasca, osservando il resto della stanza da quella strana prospettiva. L’acqua increspata distorceva ogni dettaglio intorno a lui e Yuri si sentiva esattamente in quella maniera.
Distorto, deviato.
Non gli piaceva quella sensazione di disagio che scivolava via sotto la sua pelle, marchiandolo come se fosse una creatura sbagliata. Aveva sempre vissuto con quell’impressione di sé stesso, cercando comunque di non darlo troppo a vedere. A scuola cercava sempre di essere il migliore in tutto sia nello studio che nello sport, come per dimostrare che un orfano potesse essere alla stessa altezza di chi aveva una famiglia e anche a casa aveva sempre cercato di essere felice, perché era giusto che fosse così.
Perché era giusto che lui andasse bene a scuola, era giusto che fosse felice, era giusto che aiutasse i suoi “fratelli” con i compiti o se avevano un problema, era giusto che non pesasse sulla famiglia andando a piedi a scuola invece che con il treno.
Anche in quel momento, era giusto che si trovasse là, come se si sentisse di ripagare un debito, come se andandosene e afferrando a piene mani l’occasione di essere qualcun altro, avrebbe aiutato sé stesso a smettere di sentirsi un essere umano rotto e impossibile da aggiustare.
Socchiuse gli occhi, sentendo che il respiro che stava trattenendo si stava esaurendo, ma non si mosse.
Se non si fosse alzato tutto sarebbe finalmente finito. Tutte quelle assurdità si sarebbe esaurite e lui… Lui se ne sarebbe andato, per sempre.
Non avrebbe più passato le sue notti insonni a cercare di capire perché i suoi genitori lo avessero abbandonato per la strada, condannandolo a morte certa e avrebbe finalmente passato un riposo sereno e felice.
Sentiva la voce di Yuya fuori dalla porta del bagno che lo chiamava. Sembrava preoccupato e Yuri aprendo di nuovo gli occhi si chiese perché. Perché fosse preoccupato per lui, perché si interessasse così tanto a quello che faceva. Gli sembravano incredibilmente stupide tutte attenzioni, specialmente perché non ci era abituato, ma il tono urgente della sua voce lo fece ritornare con i piedi per terra.
Si rialzò cercando violentemente aria e passandosi le mani sul volto, togliendo l’acqua e i capelli che gli coprivano la visuale.
Era giusto ritrovarsi là, ma era giusto morire?
Yuri decisamente ancora non lo sapeva nonostante quell’idea avesse sfiorato la sua mente per molto tempo, ma in quel momento non voleva pensarci. Aveva fame e freddo. Uscì dalla vasca, infilandosi l’accappatoio e iniziando a strofinarsi i capelli umidi con il cappuccio. Desiderava solo mangiare qualcosa e andarsene a letto prima che di nuovo la sua giornata in quella scuola infernale iniziasse di nuovo.
Doveva solo resistere un po’ e poi tutto sarebbe diventato più semplice, ne era sicuro. O almeno, era solo quello che sperava fin dal primo istante che aveva messo piede là dentro.
« Yuri - sama? » esclamò ancora Yuya da fuori il bagno « Yuri - sama, stai bene? » continuò a domandargli bussando un paio di volte alla porta.
« …Sì. » esalò alla fine il più piccolo « Sì, ora esco, tranquillo. » mormorò lasciandosi ricadere contro il bordo della vasca.
Yuya era il maggiordomo di Yuri o almeno così il ragazzino aveva capito. Yuya era entrato nella sua vita all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, rivoltando ogni più piccola certezza che Yuri era riuscito a costruirsi in tutti quegli anni.
Gli aveva detto che era stato scelto, che era stato adottato, che da quel momento in poi tutto sarebbe stato diverso, più bello forse e che lui lo avrebbe servito per sempre. Yuri non aveva mai immaginato che i maggiordomi fossero in quella maniera. Yuya era bello, bravo e incredibilmente servizievole.
Sembrava essere in grado di soddisfare qualunque sua richiesta, anche la più assurda e il ragazzino alla fine si era stancato di metterlo alla prova.
Certo, aveva visto qualche telefilm prima di quel momento o dei film, ma nulla era paragonabile a quello che stava vivendo. Era tutto praticamente surreale, il lusso e la ricchezza che stata tastato con mano lo stordivano, come se qualcuno avesse spruzzato intorno a lui un profumo troppo forte.
Forse, non era sicuro di riuscire a resistere. Era una situazione decisamente più grande di lui.
Si rivestì velocemente, tenendo l’asciugamano sulle spalle e quando uscì fu investito dal freddo a causa della differenza di temperatura e rabbrividì. Yuya, subito al suo fianco, gli posò un giacchetto sulle spalle, invitandolo poi a sedersi.
Una cosa che a Yuri era piaciuta fin dal primo istante, nonostante il disagio, era stata quello di farsi asciugare i capelli da Yuya. Da quello che aveva capito i maggiordomi facevano tutto e Yuri aveva compreso che intendevano proprio tutto quanto. A Yuri piaceva il tocco del più grande. Era gentile, leggero e allo stesso tempo sembrava che gli facesse un delicato massaggio alla testa, riuscendo nell’incredibile intento di farlo rilassare, insieme al getto d’aria calda che lo inondava completamente.
« Grazie Yuya. » mormorò piano Yuri accennando un sorriso imbarazzato, ma l’altro si limitò ad inchinarsi, come sempre.
« Nessun problema, Yuri - sama. » commentò l’altro sorridendo a sua volta « Yuri - sama desidera qualcosa di particolare per cena? » chiese poi.
« No grazie. Prepara quello che preferisci di più. » tentò di dirgli, ancora in imbarazzo per tutto quel servilismo.
Era il suo maggiordomo sì, ma non si era abituato all’avere una persona del genere che lo viziava dalla mattina alla sera.
« Inizio a studiare qualcosa, altrimenti rimarrò decisamente indietro. » concluse alla fine, prendendo i libri e sdraiandosi sul letto.
« Se c’è qualcosa che non comprendi, puoi sempre chiedere a me Yuri - sama. »
« Emh. Sì. Certo. Grazie. » balbettò poi, tornando di nuovo a studiare.
Decisamente, quelli sarebbero stati anni molto lunghi e difficili.

**

All’inizio non era stato per niente felice di quella decisione. Non voleva cedere, nemmeno sotto tortura.
Odiava i ricchi che giocavano a proprio piacimento con la vita degli altri esseri umani e l’uomo che lo voleva adottare si stava comportando esattamente in quella maniera. Il fatto che poi suo “padre” si era rivelato un completo deficiente con il cervello annacquato dall’oro, era un fatto fondamentalmente irrilevante.
La prima volta che lo aveva visto era stato poco meno di un mese prima.
Lo aveva aspettato davanti l’ingresso della scuola e quando lo aveva vista la sua prima impressione era stata quella di un ragazzo molto ricco e molto annoiato. E la sua impressione non era poi così sbagliata considerando che in realtà colui che aveva deciso di adottarlo aveva a malapena trent’anni, era incredibilmente ricco ed era decisamente annoiato.
Era entrato nella sua limousine solo per curiosità e quando gli aveva detto che lo voleva come figlio adottivo, Yuri aveva quasi rischiato di svenire. Come poteva un trent’enne bello e ricco scegliere lui per farlo suo successore? Decisamente, qualcosa non quadrava.
Kitayama Hiromitsu ci aveva messo davvero poco prima di spifferargli tutto quello che aveva in mente. Lui e il suo migliore amico, Fujigaya Taisuke, avevano scommesso che lui sarebbe riuscito nell’intento di rendere un orfanello un perfetto obocchan. Non solo non poteva assolutamente perdere, ma aveva così finalmente trovato il coraggio e l’occasione di adottare qualcuno che potesse succedergli.
Lui non poteva avere figli e non era sua intenzione sposarsi. Quindi, con una pacca sulla spalla e un sorriso smagliante, gli aveva dato il benvenuto nella famiglia Kitayama, attualmente la più potente e ricca di tutto il Giappone dopo la famiglia Imperiale.
La mattina dopo Yuri aveva trovato nella sua stanza Yuya che riordinava e lui, alla fine, si era fatto trascinare in quella stupida scuola per ricchi signorini di famiglia viziati e da quel momento era iniziato il suo incubo.
Nella sua classe c’erano persone completamente diverse l’uno dall’altro.
C’era Nakajima Yuto, il capoclasse, con il suo maggiordomo Hikaru e l’apprendista maggiordomo Keito. Yuto aveva uno sguardo sempre serio e abbastanza severo, così come sembrava severo anche Hikaru, che non faceva altro che rimproverare il suo kouhai. Il capoclasse sedeva sempre al tavolo accanto alla finestra, intento in ogni momento della giornata a studiare, ad organizzare gli eventi di classe oppure a parlare con i membri del comitato studentesco, cioè alcuni ragazzi del terzo anno.
Al suo fianco, che faceva più disordine che altro, c’era Yamada Ryosuke con il maggiordomo Arioka Daiki. Da quel che aveva potuto osservare, fra di loro c’era decisamente un rapporto torbido che fra padrone e servitore non avrebbe dovuto esserci.
Ryosuke non faceva altro che mangiare dalla mattina alla sera e che proporre pratiche erotiche a Daiki, il quale era più che felice che accettare, trascinando sempre il suo bocchan in qualche angolo appartato dell’istituto per amoreggiare.
Dalla parte opposta della stanza si trovava Tamamori Yuta e il maggiordomo Kamenashi Kazuya. Tamamori non sembrava esattamente pervaso della stessa aura dorata da ricchi che aleggiava intorno agli altri compagni ed era abbastanza timido e un po’ distratto, come se non si trovasse esattamente nel loro stesso universo e Kazuya, molto devoto, si sforzava molto di farlo tornare con i piedi per terra.
Davanti a lui, con i tavoli vicini perché erano amici di infanzia, si trovavano Taiga Kyomoto con il servitore Tanaka Juri e l’amico Nakajima Kento con il maggiordomo Kikuchi Fuma. Fra quest’ultimi sembrava esserci più o meno lo stesso rapporto che c’era fra Ryosuke e Daiki.
Davanti al capoclasse invece si trovava un’altra coppia abbastanza chiassosa, cioè Nikaido Takashi e il maggiordomo Senga Kento. Loro stavano per i fatti loro per la maggior parte del tempo a fare cose che sicuramente Yuto avrebbe trovato inutili, almeno a giudicare dallo sguardo perplesso e pieno di disapprovazione che gli lanciava continuamente.
Infine al centro dell’aula c’era la persona che aveva fatto del rendere la sua vita infernale una vera e propria missione personale.
Inoo Kei, probabilmente quello più ricco dopo di lui, era un ragazzino viziato e arrogante, convinto di essere il più bello e il più intelligente di tutto e inoltre era anche sicuro di essere una ragazza, dato che aveva costretto il suo servitore, un povero ragazzo di nome Yabu Kota, a chiamarlo ojou - sama o hime - sama.
Fin dal primo istante che aveva messo piede in quella classe, Inoo Kei lo aveva odiato e Yuri ancora si chiedeva il perché. Yuya aveva azzardato alcune ipotesi, tutte troppo fantasiose, ma rimaneva il fatto che da quel momento era sempre sotto attacco dei suoi scherzi di dubbio gusto.
Nelle classi del secondo anno spiccavano in particolar modo Tegoshi Yuya seguito da Masuda Takahisa, Nishikido Ryo con il maggiordomo Ohkura Tadayoshi mentre dell’ultimo anno conosceva solo Ikuta Toma che non si staccava mai dal servitore, Yamashita Tomohisa.
Tutti e tre gli obocchan facevano parte del comitato studentesco.
Quella era decisamente una scuola particolare, gestita dai ragazzi in quasi tutto e per tutto. Solo per le faccende amministrative e per i contatti con gli esterni c’era un preside, altrettanto particolare.
Takizawa Hideaki amava tutto ciò che era eccessivo e si premurava personalmente nell’organizzazione degli spettacoli della scuola, servito da un maggiordomo che spesso probabilmente non lo stava nemmeno ad ascoltare di nome Imai Tsubasa.
Erano tutte persone eccentriche e singolari e ancora Yuri si chiedeva esattamente come fosse finito in quel posto che poteva essere tranquillamente un centro di igiene mentale. Aveva sempre sostenuto che la ricchezza, oltre al renderti decisamente viziato e capriccioso, rendeva anche pazzo e quella scuola ne era esattamente la prova. Come avrebbe fatto ad integrarsi con loro, ancora non riusciva a spiegarselo tanto che ogni tanto avrebbe voluto avere il potere di viaggiare nel tempo per poter tornare indietro a quel pomeriggio e ignorare Kitayama.
Ignorare la sua proposta, i suoi soldi, la sua prospettiva di vita e il senso di colpa che provava verso l’orfanotrofio e che lo aveva spinto ad accettare tutto quello.
Ma a volte si rendeva conto che non potevano esserci altre soluzioni. E l’unica cosa che poteva fare era impegnarsi con tutte le sue forze e riuscire in tutto quello che faceva. In fondo, era abitato ad essere il migliore in tutto.
Era solo questione di ottica. Appena si sarebbe abituato un po’, tutto sarebbe diventato più semplice.

**

Yuri quella mattina sentiva che c’era decisamente qualcosa che non andava. Era da quando si era seduto per la prima lezione che sentiva lungo la sua schiena lo sguardo malevolo di Kei. Ogni volta che si voltava a guardarlo era sempre là, che lo fissava e Yuri non riusciva quasi a concentrarsi.
Era appena uscito dalla doccia dopo le lezioni di educazione fisica quando qualcuno gli aveva stretto l’asciugamano intorno agli occhi e lo aveva spinto fuori dalla palestra, togliendogli l’accappatoio che indossava.
Sentì la porta chiudersi e si ritrovò improvvisamente nudo, in mezzo al corridoio con alcuni compagni di classe che ridevano di lui. Ovviamente in mezzo c’era Kei, che rideva malignamente, indicandolo, mentre al suo fianco si trovava Ryosuke, con una busta di marshmallow in mano e che lo fissava con uno sguardo annoiato e Tamamori, con il solito sguardo distratto e perso.
Nonostante tutto, Yuri era convinto che Tamamori non fosse pienamente consapevole di dove si trovasse.
« Guardate, l’orfano non ha nemmeno i soldi per dei vestiti. Forse la sua famiglia ha deciso che è troppo sporco per spendere qualcosa per lui. »
« Dammi i miei vestiti! » ringhiò Yuri.
« Quali vestiti? » replicò innocentemente il più grande « Io non ho nulla di tuo. Di certo non mi sprecherei a toccare i tuoi sudici vestiti. Chissà quante malattie portano. »
« Essere orfano non vuol dire essere sporco. Idiota. » sibilò fra i denti l’altro sentendo la rabbia iniziare a montare dentro di lui.
Ad un certo punto vide Ryosuke dare un leggero colpo con il gomito al fianco di Kei e l’amico sbuffò, seccato. Da dietro la schiena tirò fuori l’accappatoio, lanciandoglielo addosso, giusto in tempo per l’arrivo di Yuya e gli altri maggiordomi.
« Yuri - sama, che cosa sta succedendo? » domandò Yuya mentre il più piccolo si infilava velocemente l’accappatoio, rabbrividendo per il freddo « Si prenderà una polmonite se non andiamo subito ad asciugarci i capelli. »
« Kei - sama! » esclamò a voce alta Kota, il suo maggiordomo, avvicinandosi a passo di marcia al padrone.
« Sì, Kota? » cinguettò il più piccolo voltandosi verso di lui, sbattendo ripetutamente le ciglia.
« Non è successo nulla. » borbottò Yuri senza guardare Yuya « Mi sono ritrovato fuori dalla palestra e Kei - san è stato così gentile da portarmi qualcosa con cui coprirmi. » concluse.
« Ora andiamo Kei - sama. Questa volta ha veramente esagerato. » sospirò il maggiordomo passandosi una mano sul volto.
Kei sbuffò di nuovo e, agitando elegantemente le dita in sua direzione come un saluto, si incamminò lungo il corridoio, seguito prima da Kota e poi dai loro compagni di classe.
Yuya spinse delicatamente Yuri dentro la palestra, portandolo negli spogliatoi riscaldati e subito iniziò ad asciugargli i capelli. Di solito Yuri si lasciava andare quando sentiva le dita del maggiordomo sulla sua testa, eppure quella volta non riuscì a rilassarsi come al solito.
Sentiva rimbombargli nella testa le parole di Kei e quelle parole erano riuscite a ferirlo, più che quello che avrebbe mai immaginato.
« Stai bene, Yuri - sama? Hai freddo? Posso fare qualcosa? »
« Uhm, no Yuya, grazie. » mormorò il ragazzino, giù di morale.
« E’ per quello che ti ha detto Kei - sama? »
Yuri scosse le spalle, senza rispondere e Yuya prese quel gesto come una risposta affermativa.
« Kei - sama è abituato a dire e a fare quello che vuole. Non è cattivo, è solo un po’ viziato ed egoista. Si annoia e tu sei il nuovo giocattolo. Appena si sarà stancato, vedrai che non ti tormenterà più. »
Il più piccolo rimase di nuovo in silenzio. Eppure c’erano cose che non andrebbero dette, Yuri ne era convinto.
Yuya osservò il padrone per tutto il resto del pomeriggio. Non aveva spiccicato una sola parola nemmeno se lo avessero pregato in ginocchio e anche in quel momento, mentre stava cenando, sembrava ancora molto depresso.
« Yuri - sama, sei ancora in pensiero per oggi pomeriggio? » domandò piano Yuya, versando del succo di frutta nel bicchiere del padrone.
Yuri sospirò. Poi alzò lo sguardo verso di lui e a Yuya sembrava che potesse scoppiare da un momento all’alto.
« Yuya, tu non pensi che io sia sporco, vero? Sono orfano, non sporco! »
Il più grande rimase un secondo spiazzato da quella domanda, poi, accennando un sorriso, si inginocchiò davanti al ragazzino.
« Yuri - sama, la volete sapere una cosa? » prendendogli una mano e stingendola fra le sue.
« Cosa? »
« Non sono i padroni a scegliere i maggiordomi, ma il contrario. Quando vi ho visto alla residenza di Hiromitsu - sama ti ho osservato per un paio di giorni ed è stato là che ho deciso che ti avrei servito per il resto della mia vita. Sei come un diamante grezzo Yuri - sama e sono assolutamente convinto che diventerete un perfetto obocchan una volta diplomato. »
« Quindi non mi dicevi quelle cose solo perché sei il mio maggiordomo? » domandò a mezza voce Yuri, sentendosi un po’ stupido nello cercare quelle conferme.
« No. Ti voglio bene perché sei Yuri - sama e nessun altro. »
Yuri sorrise più apertamente e tornò a mangiare di più gusto. Yuya riusciva a renderlo sempre felice e sentiva che stava diventando via via sempre più indispensabile.

**
Kota osservò il suo padrone seduto scomposto sulla poltrona, mentre cambiava annoiato canale alla televisione. Tornò a concentrarsi sulla cena, cercando di non fare altro che potesse irritarlo ulteriormente.
« Kota! » chiamò lamentoso il più piccolo.
« Sì Kei - sama? » domandò l’altro, destreggiandosi fra le pentole.
« Mi sto annoiando. Quanto manca all’ora di cena? » chiese « E poi mi devo ancora lavare i capelli. Non avrai mica intenzione di farmeli fare tardi, vero? Sai che ho un minimo di ore da dormire, altrimenti la mia pelle non si riposa abbastanza. »
« Ovvio che non voglio che accada una simile disgrazia, Kei - sama. » commentò sarcastico il maggiordomo « La cena è quasi pronta e mentre mangi ti preparo un bagno caldo con i sali del Mar Morto che ti ha portato tua sorella dal suo ultimo viaggio. E dopo ti sistemo i capelli, ti piace come piano per la serata? »
« Sarebbe perfetto se tu non mi bruciassi la cena. Oh Kota, ma cosa devo fare con te? » si lamentò teatrale, lasciandosi ricadere sul bracciolo della poltrona.
Il più grande lo ignorò, un po’ come faceva per buona parte della sua giornata e mise in tavolo ciò che aveva cucinato. Lasciando il padrone a mangiare più o meno tranquillamente Kota iniziò a preparare il bagno.
Controllò che la temperatura fosse quella giusta, altrimenti Kei si sarebbe lamentato fino a che non si fosse addormentato.
Recuperati i panni sporchi di Kei, assicuratosi che avesse tutto a portata di mano e preparato il pigiama sul letto, Kota si lasciò andare sulla poltrona cercando riposo per qualche secondo.
Riposo che durò anche meno, dato che Kei iniziò a chiamarlo con tutta la voce che aveva. Il più grande si scapicollò all’interno del bagno e vide il padrone con le braccia incrociate e il broncio sul viso.
« Cosa succede Kei - sama? » chiese preoccupato.
« Il sapone è quello che sbagliato. Voglio quello alla cioccolata, non alla ciliegia. »
« Ma… me lo avete detto voi pochi minuti fa che… »
« Sì, ma adesso ho cambiato idea. Kota, portami il sapone giusto. » gli ordinò Kei interrompendolo.
« Subito Kei - sama. »
Kota si avvicinò allo sportello del bagno, prendendo il sapone richiesto e poi lo appoggiò sul porta oggetti accanto alla vasca.
« Kota, me lo fai un massaggio? » domandò poi con un sorrisetto malizioso.
« Come vuoi, Kei - sama. »
L’altro sbuffò, lasciandosi andare alle carezze del più grande.
« Ko, lo sai che quando siamo così non voglio che mi chiami in quella maniera. » si lamentò.
« Mi dispiace Kei. » sussurrò al suo orecchio, mordendogli delicatamente il lobo.
« Kota, ma ti pare che puoi rimanere fuori dalla vasca? » ansimò il padrone « Su, devo proprio dirti tutto io? »
« Mi piace quando Kei - sama mi ordina di fare il bagno con lui. »
« Allora muoviti, stupido vecchio. » borbottò osservandolo spogliarsi.
Kei amava Kota. Lo amava così tanto che aveva quasi paura di svegliarsi un giorno e accorgersi che era stato solo un sogno e sapeva che se mai un giorno tutto quello si sarebbe avverato sarebbe morto di dolore.
Kota era l’unica cosa che lo teneva ancora alla Terra, che gli faceva ricordare che cosa volesse dire essere un umano, che lo rimproverava e che lo amava. Era l’unico di cui si fidasse ciecamente e anche l’unico per il quale si sarebbe gettato tutta la vita alle spalle se quello gli avesse assicurato di averlo sempre accanto a sé.
Fra lui e Kota c’era un legame che mai nessuno avrebbe potuto spezzare, perché era le due facce della stessa medaglia e per Kei il suo affetto e le sua approvazione erano la cosa più importante di tutte.
Non gli importava che cosa potessero pensare gli altri di lui, cosa gli sarebbe accaduto da lì al giorno dopo non gli interessava.
Ciò che davvero gli premeva, era che nel suo futuro ci fosse Yabu.
« Kota, portami sul letto, adesso. Facciamo l’amore Ko. » mugolò il più piccolo senza nemmeno farlo entrare nella vasca.
Il maggiordomo ridacchiò, annuendo e facendo passare un braccio sotto le sue gambe e un altro intorno alle sue spalle lo prese in braccio, stendendolo sul letto.
Gli divaricò gentilmente le cosce, stendendosi in mezzo a lui, continuando a baciarlo e a toccarlo, beandosi dei suoi gemiti come se ne andasse della vita, come lo nutrissero quotidianamente.
Gli morse il collo, mentre anche le mani di Kei non riuscivano a staccarsi dalla sua pelle, incredibilmente bollente. Kota scivolò con la lingua lungo il petto, soffermandosi solo un po’ sui capezzoli già turgidi, mentre faceva muovere lentamente la mano lungo la sua erezione, osservandolo mentre l’altro si mordeva un labbro.
Continuò a scendere, succhiando solo un po’ la punta dell’erezione, scendendo immediatamente alla sua apertura, iniziando a stuzzicarlo e a penetrarlo con la lingua e le dita. Non si fermò fino a che non vide come il bacino di Kei si muovesse sempre di più verso di lui, contro lingua e dita che lo stavano torturando.
Sorrise leggermente Kota, prima di alzarsi e passare le braccia sotto le sue ginocchia, spingendole lentamente verso il petto, iniziando a penetrarlo. Lo baciò ancora e ancora, mentre sentiva le dita di Kei stringersi con forza nella pelle della schiena, graffiandolo e marchiandolo a modo suo.
Gemette fra i baci, muovendosi quasi immediatamente verso di lui, senza nemmeno darsi il tempo di abituarsi e Kota iniziò a muoversi come voleva il suo padrone. Spinse velocemente, prendendo tra le dita l’erezione di Kei, muovendo la mano alla stessa velocità delle proprie spinte, osservandolo mentre raggiungeva l’orgasmo, con il volto stravolto dal piacere.
Si concesse qualche altro secondo per osservarlo, prima di riprendere a spingere e venendo a sua volta dentro il bocchan.
Si stese al suo fianco, per permettersi di riprendere fiato e Kei si strinse a lui, in cerca di coccole che Kota fu ben felice di dispensare.
« Ti amo Ko. » mormorò piano Kei ad occhi chiusi, ascoltando il battito del cuore del fidanzato.
« Anche io Kei. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. »
Kei sorrise e rimasero così per un po’, perché in fondo l’unica cosa di cui avevano entrambi bisogni era la presenza dell’altro al proprio fianco.

**

Yuri non riusciva mai a svegliarsi in tempo. Yuya era troppo buono con lui e tendeva sempre a farlo dormire un po’ di più, con il risultato che, come quella mattina, arrivasse sempre in ritardo a lezione.
Di solito sulla soglia c’era sempre il capoclasse Yuto a controllare l’arrivo di tutti gli studenti e tendeva sempre a rimproverare chi, come lui, non fosse puntuale e ricordava quasi ogni mattina che la puntuale era uno degli obblighi di un bravo obocchan.
Quella mattina però l’intera classe era accalcata intorno alla lavagna e c’era un gran vocio da far girare la testa.
Yuri si avvicinò a sua volta, facendo largo fra i compagni di classe e osservò a bocca aperta le foto che raffiguravano Kei e Kota insieme a letto, mentre si baciavano, mentre si toccavano e per le altre Yuri ringraziò la presenza del lenzuolo che copriva i loro corpi.
Distolse lo sguardo e si spostò appena in tempo per l’arrivo di Kei, stravolto. Rimase immobile per qualche secondo, prima di strappare dalla lavagna tutte le foto che riusciva a prendere, aiutato dal suo cameriere, che rimaneva ad occhi chini.
Yuri osservò come Kei si mordesse il labbro inferiore, fino a farlo sanguinare e avesse gli occhi pieni di lacrime. Aveva lo sguardo arrabbiato e distrutto, come se si stesse per abbattere su di loro una tempesta tremenda.
« Ora basta. » tuonò una voce dietro di loro.
Si voltarono tutti e vide Yuto seguito dai ragazzi del comitato studentesco. Al suo passaggio si spostarono tutti quanti e il capoclasse si fermò davanti a Kei e Kota, il maggiordomo un po’ in disparte e osservò le foto.
Poi sospirò, passandosi una mano sul volto e si affiancò a Kei, iniziando a togliere a sua volta le foto, subito aiutato dai suoi maggiordomi.
« Idiota. » ringhiò « Avresti dovuto stare più attento. »
Kei chinò gli occhi, stracciando fra le mani le foto recuperate e si inchinò leggermente.
« Mi dispiace. » mormorò con la voce rotta.
Tegoshi, il capo del comitato studentesco si avvicinò a loro e sospirò a sua volta, tamburellandosi una guancia come le dita.
« Direi che non c’è molto altro da fare. » iniziò « Purtroppo quando ci sono foto così esplicite il regolamento d’istituto mi impone di avvisare la famiglia e l’Associazione Internazionale dei Maggiordomi per denunciare Yabu. » dichiarò « Detto questo, Yabu sarà confinato in un’altra stanza mentre Kei - san avrà un nuovo maggiordomo temporaneo che sostituirà il suo. » guardò tutti gli altri « Non serve ricordarvi che le relazioni fra obocchan e servitori sono assolutamente vietate dal regolamento d’istituto. » sottolineò alla fine, scoccando un’occhiata a Ryosuke e al maggiordomo.
« Posso prestargli Keito. » mormorò Yuto riportando l’attenzione al tema principale« Se a Kei - san va bene. » commentò poi voltandosi verso il diretto interessato.
Kei alzò lo sguardo verso Yuto e Yuri poté vedere le sue guance rigate dalle lacrime.
« Non c’è nessun’altra soluzione? » ansimò « Kota è il mio maggiordomo da anni, non potrei sopportare questa separazione. » si aggrappò al gilet del capoclasse, tentando in tutti i modi di smettere di piangere « Yuto - san, devi fare qualcosa, non puoi permettere tutto questo. » esclamò poi a voce alta.
« Avrei potuto farlo se non ci fossero state queste foto, Kei - san. » ringhiò il più alto afferrandolo per i polsi e liberandosi dalla sua presa « Ma purtroppo le prove ci sono e io non posso fare nulla per impedire tutto questo. » sibilò poi andandosene.
Kei lo fissò per un istante che sembrò interminabile, poi scappò via, lasciando la stanza.

**

Yuri si inoltrò in uno dei giganteschi giardini dell’Istituto e fu lì che trovò Kei che piangeva, in un angolo, mentre Kota cercava in tutti i modi di consolarlo. Per quanto Kei avesse tentato di tutto per rendergli la vita un vero inferno, Yuri sentiva il cuore stringersi ad ogni singhiozzo di Kei, mentre ordinava a Kota di fare qualcosa, qualunque cosa per impedire tutto quello.
Il più grande si limitò ad abbracciarlo, stringendolo a sé, senza dire nulla.
In fondo, non c’era nulla da dire e questo era palese ormai a tutti e due.

**

Il ragazzo tornò a grandi passi dentro l’aula per le lezioni pomeridiane. Kei era seduto al suo solito posto, con Keito al suo fianco. Il padrone era di cattivo umore e non faceva altro che mandare il maggiordomo avanti e indietro dalla cucina. Era accovacciato sulla poltrone e fulminava chiunque tentasse di avvicinarsi a lui.
Yuri in realtà non sapeva perché stava per fare quello che aveva ideato poco prima, forse semplicemente per far vedere a Kei che lui non era così male come pensava e, perché no, magari sarebbero anche potuti diventare amici.
Si avvicinò a Yuto che era seduto al suo solito posto insieme ai rappresentanti.
« Yuto - san, volevo dirti che… le foto di Kei - san non sono vere. » esordì a voce alta.
Yuto lo fissò, perplesso, mentre Kei si alzò dalla sua poltrona, guardandolo con lo stesso sguardo interrogativo.
« Cosa vuoi dire? » chiese Tegoshi, quasi divertito.
« Ecco, ieri io e Kei - san abbiamo avuto una piccola discussione e ho voluto vendicarmi modificando alcune foto di attori trovati su internet e le ho appese per tutta la scuola. » si inchinò quasi fino a toccare il pavimento « Mi dispiace. Punitemi come meglio credete, ma non voglio che a causa di un mio errore Kota vada via e Kei - san rimanga senza maggiordomo. » ansimò poi per rendere più credibile la sua sceneggiata.
Sceneggiata che non sembrò essere stata colta da Yuto, almeno a giudicare dal suo sguardo ancora indeciso e dal sopracciglio alzato.
Ma a Tegoshi doveva essere piaciuta, dato che si alzò in piedi battendo le mani.
« Takahisa, vai a richiamare Kota. Ah, meno male che hai detto la verità, mi aspettavo già un intero pomeriggio di telefonate a rimproveri. » ricadde su una poltrona mentre il suo maggiordomo, prima di andarsene, gli porgeva un bicchiere di tè.
« Quindi… Kota non sarà denunciato? » mormorò timidamente Kei avvicinandosi a loro.
« No. » commentò Yuto guardandolo « Ma che cose di questo genere non accadano più, sono stato chiaro Kei - san? »
« Sì. » esclamò il diretto interessato sopprimendo un gridolino di gioia « Certo. Mai più. »
« Riguardo te… » sbuffò Yuto fissando Kei « Non potrai uscire dall’accademia per le giornate libere istituite almeno per tutto il mese, d’accordo? »
« Certo Yuto - san. » sorrise Yuri prima di andarsene.
« Un ragazzino interessante, no Yutti? » domandò piano Tegoshi, nascondendo un sorriso dietro al ventaglio che si portava sempre dietro.
« Abbastanza. Almeno così si è guadagnato la stima eterna di Kei - san, no? »
Tegoshi annuì e Ikuta rimase immobile a fissare il ragazzino che se ne andava. Avrebbe dovuto decisamente tenerlo d’occhio.

**

Quella sera Yuri si era ritrovato non sapeva ancora come nella stanza di Kei e stavano mangiando insieme. All’inizio aveva pensato che il cibo fosse avvelenato, ma poi si riprese. Il ragazzo sembrava davvero sincero nel suo pentimento.
« Perché lo hai fatto? » domandò a fine « Non mi meritavo un favore del genere da parte tua. »
Yuri scosse le spalle.
« Non era giusto. » lanciò un’occhiata a Yuya « Essere separati dal proprio maggiordomo deve essere terribile, no? »
Kei arrossì, ma non commentò. Quella decisamente era stata la giornata più brutta della sua vita dove aveva visto per un attimo il suo intero mondo crollare in mille pezzi. Mai più sarebbe stato così avventato da permettere di nuovo un episodio del genere.
Perché sia lui che Yuri sapevano benissimo che quelle foto erano originali e che quindi qualcuno li aveva spiati, distribuendole poi in giro con il chiaro intento di farlo buttare fuori dalla scuola.
« Mi dispiace. Per tutto quello che ti ho fatto. » mormorò poi Kei.
« Ah, nessun problema. Mi hanno insultato in maniera molto peggiore. » gli sorrise « Ora siamo amici, no? » domandò Yuri allungando una mano verso di lui.
L’altro sorrise, stringendola con forza. Perché no, magari sarebbe nata un’amicizia davvero inaspettata.
Yuri non sembrava essere così male, alla fine.

challenge: cow-t3, challenge: 500themes ita, pairing: yabu x inoo, pairing: takaki x chinen, challenge: diecielode {#future}, fandom: johnny's, challenge: think fluff {cibo}, challenge: think angst {au!}

Previous post Next post
Up