[Like a Doll] Capitolo quattro: Even it’s not necessary

Apr 05, 2011 17:55

TITOLO: Like a Doll
AUTORE:  seleraf nbsp;
GRUPPO: Arashi
PERSONAGGI: Di questo capitolo: Masaki Aiba, Kazunari Ninomiya, Satoshi Ohno, Sakurai Sho.
COPPIE: Sho Sakurai/Masaki Aiba; Kazunari Ninomiya/Satoshi Ohno; Kazunari Ninomiya/Masaki Aiba {F-ship}; Jun Matsumoto/Sho Sakurai {F-ship; one-side love}
RATING: dall'R all'NC-17 {causa argomenti}
GENERE:  Introspettivo. Romantico. Angst.
AVVERTIMENTI: Longfict. Slash. AU. Non per stomaci delicati (?).
RIASSUNTO: Masaki Aiba era diventato quello che era all’età di tredici anni quando era stato venduto dai suoi genitori adottivi a un uomo che gestiva un club d’indubbio genere; aveva cominciato a credere di essere soltanto una bambola, un oggetto che veniva usato e poi gettato via dai propri padroni, mascherandosi dietro un sorriso perenne che spesso confondeva gli altri facendo credere che fosse felice di tutto ciò.
NOTE: Basata sull’omonima doubledrabble scritta per la BDT [la trovate QUI].
Alcuni dei titoli dei capitoli che si susseguiranno, non saranno altro che titoli o frasi delle canzoni degli F.T Island così come il titolo della doubledrabble e di questa longfict.
DEDICATA A: che ha subito (e sta subendo) ogni mia stupida paranoia.
DISCLAIMER:  Non sono miei: appartengono soltanto a se stessi. Tutto quello che è scritto è pura finzione per cui non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere e dell’orientamento sessuale di queste persone, né offenderle in alcun modo.


Capitolo tre: How can I give that person away? | Capitolo cinque: Even though now, I'm sending you away
Capitolo quattro: Even it’s not necessary
«Come sta? Il mio nome è Sho Sakurai, piacere di conoscerla»
Fino ad allora, nessuno si era presentato inchinandosi davanti a lui in un luogo come il privè; quel ragazzo, però, lo stava facendo: si era inchinato così profondamente che Aiba era stato preso dall’imbarazzo e non aveva potuto far altro che inchinarsi anche lui, dicendo il proprio nome.
Per tutta la sera aveva seguito il consiglio di Nino, ma non appena il proprietario gli aveva indicato uno dei due seduti al tavolo proibito, non aveva potuto fare poi molto; così si era ritrovato in quella parte del locale nascosta, di cui aveva maggior confidenza.
Quando si era tirato su aveva visto Sakurai guardarsi intorno, stupito dall’arredamento della stanza: probabilmente non si aspettava che ci fosse qualcosa così di classe in un luogo come quello.
Anche lui, dopo quell’orrenda prima volta, era restato leggermente affascinato dal contrasto tra il locale in generale e quelle stanze: la grezza classe che può trovarsi in un nightclub e l’eleganza lussuosa che ricordava le descrizioni delle suite di hotel prestigiosi.
«È davvero un bel posto questo» aveva detto Sho, risvegliandolo dai suoi pensieri; Masaki aveva annuito appena e si era messo dietro di lui, togliendogli la giacca.
«Grazie» aveva mormorato l’altro, andando a sedersi sul letto a due piazze posto al centro della stanza, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi a causa dell’agitazione; non aveva potuto fare a meno di maledire con tutto se stesso il suo amico in quel momento: pagare un’intera notte a nome suo solo per divertirsi alle sue spalle. Si era sentito morire dall’imbarazzo e non aveva fatto altro che comportarsi in modo goffo.

Aveva aperto un po’ di più gli occhi quando Aiba gli si era avvicinato con un sorriso ed aveva cominciato a slacciarsi i polsini della camicia.
«Sakurai-san» aveva detto in tono pacatamente gentile, avvicinandosi a lui e inginocchiandosi a terra, in mezzo alle sue gambe. «ha delle preferenze?» aveva domandato, appoggiando le braccia sulle ginocchia dell’altro osservandolo intensamente. Sho lo aveva guardato negli occhi, distogliendo lo sguardo quasi subito
«Preferenze?» aveva chiesto di rimando. «Non credo di avere delle preferenze. È la prima volta che vengo in un posto del genere e non sono certo di volere qualcosa in particolare» aveva chiarito.
«Capisco» aveva risposto Aiba, mantenendo il sorriso e poi aveva lasciato che le proprie mani scorressero sulle gambe dell’altro arrivando fino ai piedi. Aveva puntellato i palmi sul pavimento e si era dato una spinta per alzarsi. «Di solito a chi viene qui per la prima volta mostro un piccolo spettacolo» aveva detto, sfilandosi con lenta sensualità il gilet che aveva indosso. «Inoltre lei, Sakurai-san, ha detto di non avere particolari preferenze» aveva osservato innocente l’uomo seduto dinanzi a sé e aveva lasciato che le proprie mani sbottonassero con eleganza i bottoni della propria camicia «quindi lasci fare tutto a me» ed aveva sorriso ancora, ma questa volta con una punta di malizia.
Masaki era abituato a sottostare ai voleri di vecchi frustrati, ma l’uomo che aveva di fronte era davvero diverso: era giovane e di bell’aspetto.
«Quanti anni hai?» Aiba si era portato una mano al pantalone, slacciando il bottone e abbassando la zip.
«Quanti me ne dà Sakurai-san?» aveva osservato Sho guardarlo con attenzione, mentre si alzava e gli si avvicinava.
«Non sembri minorenne…» aveva riflettuto, portando una mano in mezzo alle sue gambe per rialzare la chiusura lampo. «… ventisei anni?» aveva sussurrato sul suo collo, mentre le dita dell’altro gli avevano afferrato la sua mano, aiutandolo a riaprire la zip.
«Wow Sakurai-san è davvero bravo a scoprire le età degli altri» ed aveva sorriso, giocherellando con due dita con un bottone della camicia di Sho. «…proviamo a scoprire anche le altre abilità di Sakurai-san?» aveva aggiunto con tono eloquente, mentre liberava il bottone dall’asola.
«Aiba-kun» lo aveva chiamato, afferrandogli le mani per fermarlo.
«Di solito mi chiamano Aiba-chan» lo aveva corretto gentilmente lui, abbassando il capo per baciare le mani che tenevano le sue. Sakurai aveva fremuto appena, tentando di non perdersi troppo in quel sorriso divertito; aveva trattenuto il fiato, prima di parlare di nuovo.
«Aiba-chan da quanto tempo fai questo lavoro?» lo aveva guardato trattenere a stento un riso divertito, prima che gli sbottonasse del tutto la camicia.
«Non credo sia questo ciò che conta ora…» aveva detto Masaki, tracciando dei cerchi sul petto dell’altro. «… non è d’accordo Sakurai-san?» le sue mani si erano accostate alla cintura dei pantaloni di Sho: con un gesto glieli aveva sbottonati, lasciandoli cadere.
«… che ne diresti di chiamarmi Sho-kun?»

Aveva gemuto, spingendosi affondo e stringendo tra le dita i fianchi magri dell’altro: si era abbassato a mordicchiargli il collo, lasciando che quello si spingesse contro di lui in modo frenetico.
Satoshi aveva preferito invocare il nome dell’altro più e più volte, quando Nino aveva colpito un punto al suo interno che lo aveva fatto godere di più.
«Satoshi… dio santo… Satoshi» lo aveva sentito lamentarsi subito prima di avvertire le sue labbra sulle proprie, scambiando con lui un bacio lento e per nulla disperato.
Ninomiya non sapeva esattamente quando i baci dati con una certa foga erano diventati un lento gioco di lingue e gemiti morti tra un tocco e l’altro; quando faceva sesso con Ohno, non poteva esimersi da quei contatti: amava sentirlo fremere sotto i propri tocchi, mentre lasciava affondare le dita stringendogli con forza le braccia. Il tempo era trascorso in modo veloce dalla prima volta in cui l’avevano fatto e si sentiva incredibilmente bene ogni volta che poteva vederlo, baciarlo, toccarlo…
Aveva sentito Satoshi mugugnare qualcosa simile al suo nome, mentre fremeva di più, tentando di controllare l’incontrollabile: ogni volta il più grande tentava di prolungare di più l’amplesso, come se non volesse che avesse fine, come se il calore che andava man mano scemando sottolineasse una separazione non voluta. Ohno non amava il distacco: Nino l’aveva capito la terza volta, quando si erano addormentati insieme perché l’altro non voleva andarsene - ricordava ancora la punizione del proprietario e l’extra che aveva dovuto pagare Satoshi.
«Ka… Kazunari…» aveva gemuto in preda all’estasi con la voce che si faceva più acuta; in quei momenti Nino preferiva appoggiare le labbra sul collo dell’altro sentendo la pelle vibrare a causa di quell’azione e dei gemiti, sorridendo di quei sorrisi che soltanto lui sapeva fare, oscurati soltanto dal pesante ansimare.
Quando furono arrivati al punto in cui si scambiavano calore, Satoshi aveva afferrato con cura il capo di Ninomiya, conducendolo verso il proprio viso, baciandogli le labbra: erano quelli gli unici baci focosi e incontrollabili che si concedevano; ogni altro era diverso.

Kazunari aveva riso senza fiato quando, una volta staccati, Satoshi si era appoggiato sul suo petto, chiudendo gli occhi.
«Ho sonno» lo aveva sentito mormorare, prima che cominciasse a dormire.
«Non puoi dormire qui, non siamo una coppia. Io sono soltanto la tua puttana» quelle parole gli erano passate per la mente molte volte, probabilmente troppe, ma erano andate via quasi subito, sentendolo rilassarsi accanto a sé.

Capitolo tre: How can I give that person away? | Capitolo cinque: Even though now, I'm sending you away

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