TITOLO: In Silence and Tears.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Romantica. Introspettiva. Presenza di scene violente. Amore morboso (
Limerence).
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING:Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Lee Jinki, Kim Kibum { OnKey } ; Choi Minho, Lee Taemin ( 2Min ) ; Kim Jonghyun, OC {JjongOC} .
RIASSUNTO: Questa fanfiction si presenterà in tre diverse parti. Il primo prologo tratta esclusivamente del rapporto di pura amicizia tra Jonghyun e Minho. Il primo si innamorerà di Junsu, un ragazzo che pare un angelo, ma che racchiude dentro di sé un terribile segreto.
Minho d'altro canto, ha una relazione con una persona speciale, l'unico che riesce a renderlo felice, Lee Taemin, ma ogni storia bella è destinata a finire.
Il secondo prologo tratta dell'amore tra Kibum e Jinki, tratta delle loro vite, dei loro passati fatti di gioia, ma anche di molto dolore. Qui vi sono le parti forse più esplicite in materia di violenza.
Vi è poi l'inizio della nostra storia, una storia complicata e per niente facile da raccontare, fatta di tradimenti, di sangue e di lacrime. Preparatevi a scoprire che il filo rosso del destino non risparmia mai nessuno e quando vi accorgete di esso è già troppo tardi: lui vi ha ormai legato per sempre alla vostra anima gemella. Che voi lo vogliate oppure no.
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata (e mi sta incoraggiando) durante la scrittura. A
yuya_lovah, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 1996, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI: Prologue #01 :
#01 ;
#02 ;
#03 ;
#04 ;
#05 ;
#06 - Prologue #02 :
#01 ;
#02 Proloque #02 - Chapter #03 : No tongue would ask no eye would mourn
La convivenza in un appartamento non era così semplice: la vita di coppia riservava sorprese che loro non erano stati in grado di immaginare prima di poter effettuare quel grande passo in una realtà completamente nuova.
Jinki passava fin troppo tempo (almeno secondo gli standard del più piccolo) a studiare. Non sempre difatti, staccava gli occhi dai suoi dannati libri appena Kibum si metteva a pretendere un po' di attenzione.
Jinki doveva realmente studiare, ma l'altro sembrava non essere in grado di concepire che potesse esistere qualcosa capace di distogliere l'attenzione del suo ragazzo da lui. Insomma, per Kibum era inconcepibile che Jinki non stesse a guardarlo tutto il giorno, paralizzato dalla sua immensa perfezione. Era o non era stato proprio il più grande a dirgli: "Sei così perfetto che tutti gli Angeli del Paradiso impallidiscono dinanzi a te?".
"Sei sicuro di poterti permettere anche la mia istruzione? Se esco fuori di casa i miei genitori mi disconosceranno."
Jinki gli aveva detto di non preoccuparsi. Aveva riferito al padre che, oltre all'Università, avrebbe seguito un ulteriore corso di specializzazione. Il padre era stato ben felice di pagare.
Quei soldi, però, non erano andati a finire in nessun corso. Jinki aveva mentito al padre per la prima volta nella sua vita, costretto a farlo per poter dare un futuro al ragazzo che amava.
Inutile dire che dopo si era dovuto punire a lungo per via di questo indicibile peccato.
"E' uno dei dieci comandamenti, più precisamente il quarto: onora tuo padre e tua madre, affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore tuo Dio ti dà. Io non l'ho rispettato. Devo purificarmi."
Si era spostato sotto il getto della doccia dopo aver pronunciato quelle parole. L'acqua si riversò sul suo corpo in uno scroscio violento e ghiacciato. Le labbra di Jinki ci avevano messo pochi secondi a diventare blu ed il suo volto era cianotico.
Uscì solamente dopo cinque minuti di quella tortura e, ancora tremante, gocciolò fino allo specchio posto sopra il lavabo, curioso di vedere cosa ritraesse.
"Sì… ora sono di nuovo puro."
"Perché stai tremando? L'acqua calda era finita?".
Jinki scosse la testa, rannicchiandosi accanto al corpo caldo dell'altro. Purtroppo suo padre ogni giorno gli chiedeva notizie del suo corso e lui era costretto a mentire, per poi punirsi da solo finché l'impurità non si allontanava dal suo corpo.
"Tranquillo, è tutto a posto."
Lo baciò dolcemente sulle labbra sapendo bene che quell'azione calmava il più piccolo. Difatti Kibum si tranquillizzò visibilmente dando così tempo a Jinki di appuntarsi mentalmente di punirsi per questo.
"Grazie… so che è dura per te essere costretto a mentire a tuo padre…"
Jinki lo guardò interrogativo. Erano giorni che Kibum gli teneva il broncio chiedendogli di studiare di meno ed occuparsi di più di lui e ora se ne usciva con quelle parole.
"So che… mi sono comportato male pretendendo che tu mi dedicassi tutta la tua attenzione. Alla fine se studi così tanto è anche per poter mantenere me… Solo che a volte ho bisogno di essere rassicurato, di sapere che sono ancora importante per te, proprio come il giorno in cui mi hai chiesto di andare a vivere insieme."
Jinki l'aveva guardato con un misto di dolcezza infinita, l'aveva stretto a lungo tra le braccia ripetendogli in continuazione -con voce bassa e cadenzata- quanto si riteneva fortunato ad avere un ragazzo come lui.
Kibum si era lasciato trascinare ben volentieri tra quelle lenzuola di lino bianco, godendo dello sguardo colmo di desiderio di Jinki su di sé.
"Ecco, è proprio questo che intendevo dire. A volte ne ho davvero bisogno~".
Jinki gli aveva sorriso, per poi andare ad accarezzargli la guancia destra teneramente. Continuò con l'esplorazione della pelle dell'altro scendendo sul suo collo, soffermandovisi a lungo.
L'altra mano indugiava sull'orlo dei pantaloni del più piccolo. Ancora non aveva il coraggio di sfilarglieli come se niente fosse, non se prima Kibum non gli avesse dato il permesso. Permesso che non si fece attendere molto, comunque.
"Avanti, Jinki… Non resisto più."
Kibum aveva sempre gongolato nel notare la timidezza del più grande anche sotto -e soprattutto- le lenzuola, ma in quel momento proprio non riusciva più a resistere.
Tra l'altro era più unico che raro che fosse Jinki a prendere l'iniziativa, a fargli capire con pochi gesti che ne aveva voglia anche lui, e Kibum non voleva perdere la grande occasione.
Jinki si spogliò per primo, e poi gli sfilò velocemente gli indumenti che ricoprivano il suo corpo, arrossendo alla vista del membro già gonfio e turgido del compagno.
"Lo vedi cosa mi provochi con la tua innocenza?".
A dire la verità non era stato tutto merito di Jinki. Kibum stava godendo delle sensazioni della sua stessa mano (la fidata amica destra) prima che Jinki apparisse sulla soglia della camera da letto. L'altro con i suoi gesti aveva perciò, unicamente, accentuato ciò che già c'era.
"Avanti, hyung. Non rimanertene lì impalato con la bocca aperta, toccami!".
Jinki non se lo fece ripetere due volte e prima che Kibum potesse comprendere ciò che stava per accadere, posò le sue mani -ancora fredde a causa dell'acqua gelida- su di lui.
Kibum gemette e Jinki si abbassò per prenderlo totalmente in bocca, il più piccolo che si lasciava andare a quelle attenzioni aprendo per bene le gambe per lui.
Jinki iniziò a succhiarlo premendo appena sulla punta sapendo bene quanto quella cosa facesse gemere a lungo e con voce sonora il suo piccolo Kibum. Aveva poi roteato la lingua più e più volte, proprio come la prima volta Kibum gli aveva chiesto di fare, ed il più piccolo si era lasciato andare ad un mugolio di puro apprezzamento segno che tutto ciò gli stava piacendo, e pure parecchio.
Jinki continuò quel trattamento per un po', almeno finché Kibum, con una certa nota d'urgenza nella voce, non gli aveva chiesto di prenderlo.
"A-avanti hyung…"
Il più grande gli fece leccare due dita e mentre ancora gli succhiava la punta del membro duro ed eretto per distrarlo, gliele infilò -ancora grondanti di saliva- nella sua apertura rosea e fin troppo stretta viste tutte le volte che era stata usata.
Non che Jinki l'avesse preso così tante volte, chiariamoci! Ma Kibum aveva già avuto un ragazzo nella scuola da cui proveniva. Era uno di quelli “usa e getta”. A Kibum serviva solo sapere come si faceva sesso -nella pratica, almeno- in attesa del ragazzo giusto.
E per fortuna che l'aveva avuto o con Jinki, la sera, avrebbe giocato a Monopoli, altro che giochini decisamente più divertenti e stuzzicanti!
"Ah… ah… bravo. Vedi che non era così difficile? Ora riesci a farlo persino da solo."
Eh sì, perché Jinki la prima volta -e anche un paio di quelle seguenti- non era riuscito ad infilargliele da solo per prepararlo e Kibum si era visto costretto a farlo da solo, davanti a lui per mostrargli come si faceva.
Sicuramente l'esperienza più imbarazzante, ma anche più eccitante della sua vita fino a quel momento.
Jinki, nel frattempo, si stava concentrando a ruotare le dita a fondo dentro di lui, di modo da poterlo preparare a prendere qualcosa di decisamente più largo e più lungo. Le sue dita non erano niente in confronto al suo membro.
"O-ora sono pronto".
Glielo aveva detto dopo svariati minuti di quella straziante tortura e Jinki lo aveva penetrato baciandolo.
Il più grande non durava mai molto. Di solito era una sequenza di grugniti e gemiti non meglio identificati. La fortuna di Kibum era che Jinki ce l'aveva dannatamente grosso, e questo gli bastava a procurargli un orgasmo quantomeno accettabile nonostante l'amplesso -per via dell'evidente inesperienza di Jinki- non lo fosse poi granché.
Neppure quella volta fu diversa dalle precedenti -che si potevano contare sulle dita di una mano visto che erano solamente cinque-, e Jinki dopo essere venuto mantenne fede a sé stesso scappando prontamente in bagno.
Secondo Kibum per svuotare la sua vescica visto che era incontinente, in realtà a punirsi per essersi lasciato andare a quel modo al peccato.
"Nemmeno si gode l'orgasmo vicino a me. Devo proprio costringerlo ad andare in ospedale a controllare la sua vescica."
Certo, sarebbe stato bello se fosse stato quello il motivo delle continue sparizioni del più grande.
Purtroppo la realtà era ben diversa e Jinki pativa le pene dell'inferno ogni volta.
Jinki si era rifugiato nel bagno velocemente, aprì il cassetto dove lui e Kibum avevano riposto la cassetta del pronto soccorso ed estrasse circa una dozzina di aghi. Li teneva lì, insieme agli elastici di diverse misure, perché sapeva che Kibum non avrebbe fatto domande avendo creduto alla sua storia: "Mi intendo di ago-terapia, non te l'avevo detto?".
Ed in effetti Jinki aveva letto parecchio sull'argomento, peccato che ciò che praticava non era un antidolorifico naturale al mal di testa -cosa che sapeva effettuare, comunque-, ma una vera e propria abominevole punizione su sé stesso.
Ancora ricordava la volta in cui il più piccolo l'aveva colto in flagrante: si erano appena trasferiti in quell'appartamento e Jinki si sentiva così felice che aveva dovuto punirsi.
Peccato che si era dimenticato di chiudere la porta e Kibum l'aveva visto con cinque aghi infilati nel polpaccio della gamba sinistra.
Lo shock che aveva provocato nel più piccolo era stato tale da fargli dimenticare il motivo per cui era entrato nel bagno, a cercare chissà cosa.
Solo dopo che Jinki gli aveva spiegato dell'ago-terapia si era calmato ricordandosi che era andato lì alla ricerca di un pettine. I suoi capelli, a causa del trasloco, si erano tutti afflosciati e lui aveva bisogno di sistemarseli!
Quella sera non era diversa da quando Kibum l'aveva beccato.
Si era infilato nella tenera carne una dozzina di aghi mugolando appena per il dolore. Visto che questa volta era il suo pene a dover essere punito, se li era infilati nella coscia mentre con un paio di elastici era andato ad avvolgere il proprio membro.
Resistette per circa cinque minuti, finché il dolore non fu tale da farlo quasi svenire. Solo in quel momento si fermò, guardando il suo operato con una malcelata soddisfazione: il suo membro era ormai diventato di un orribile color violaceo, ed era gonfio e dolorante. Le cosce stillavano gocce di sangue di un color rosso cupo, così scuro da non sembrare nemmeno sano.
"Ora va decisamente meglio."
Lo disse con un sorriso sul volto prima di andare a sciacquarsi velocemente, non solo per togliere di dosso il sangue che ancora gli incrostava buona parte della gamba, ma anche per eliminare del tutto l'impurità di cui si era macchiato quella sera.
Si era poi bendato la coscia, si era rimesso boxer e pantaloni lunghi del pigiama ed era tornato da Kibum come se nulla fosse mai successo.
Jinki non era poi così abile a non farsi vedere mentre si puniva -non era così furbo- e quindi Kibum notava sempre più spesso tutto ciò. Certo, il più grande continuava a ripetergli la cavolata per cui tutto ciò che si faceva era solamente per scacciare i suoi continui mal di testa, dovuti al troppo studio, ma Kibum non era così stupido da credergli senza fargli nemmeno una domanda. Per questo aveva richiesto al più grande una prova per accertarsi che gli stesse dicendo la verità. Che il suo operato fosse davvero per scopi benevoli.
Un giorno era tornato a casa con il mal di testa ed aveva chiesto a Jinki di farglielo passare grazie all'utilizzo della sua maledettissima ago-terapia: forse un ragazzo più stupido di Jinki non si sarebbe preparato sull'argomento delle sue bugie, ma lui non era così.
Lui era intelligente e per questo era riuscito a premere, grazie agli aghi, proprio i punti giusti atti a far star meglio il suo ragazzo e, come per magia, aveva superato la prova.
Kibum, da quel giorno, si era fidato ciecamente di Jinki, non sapendo quanto in verità si stesse sbagliando perché, così facendo, lasciava cadere il suo ragazzo in uno stato di completa oscurità, sempre di più, sempre più a fondo.