Lo spazio e il tempo si comportano stranamente e ciò mi inquieta

Feb 07, 2006 10:36

Ho passato l’infanzia a sentirmi dire che ero stronzo perché facevo le cose come mi girava e mai come andavano fatte, la mia maestra ne aveva fato una crociata. Di farmele notare tutte, intendo. Le mie mattine erano una lunga sequenza sul come non ci si appollaiasse sulla sedia o non si disegnasse sul banco. In realtà quelli che mi sono mancati spesso sono stati gli argomenti per supportare certe abitudini, voglio dire, spesso le cose le faccio con un motivo, dico davvero. Perché in realtà sono molto metodico ed abitudinario, a scavare bene. Se la gente si interessasse a indagare sulle motivazioni dei bambini, dico io, il mondo sarebbe un grosso pacioccoso luna-park. I bambini ci prendono quasi sempre. Ma dato che nemmeno io li ascolto così spesso non posso rimproverare nessuno se invece di ascoltare mocciosi bombarda paesini mediorientali.
Anyway, sto vergognosamente divagando.
Ci sono abitudini con cui convivo da sempre. L’ordine di indossamento dei vestiti, ad esempio, segue una prassi che non potrei violare nemmeno sotto tortura. Mutande, calzoni, calze, scarpe e poi tutto quello che va sopra. Anche d’inverno, non girerei mai vestito di tutto punto ma senza scarpe. Questo non lo so spiegare, lo ammetto, ma so che è giusto, fidatevi.
Una delle cose che mi è sempre stata rimproverata, ad esempio, è il tempo smisurato che mi occorre per portare a termine una doccia. Ci ho sempre messo tanto, anche da piccolo. Tre case fa, quando stavo praticamente da solo con mia sorella, in due avevamo totalizzato il consumo massimo di acqua su quarantadue famiglie del condominio. Ma non si tratta di eccesso di pulizia - sempre che esista qualcosa del genere - il fatto è che, a voler semplificare, mi piace l’acqua e raramente riesco a rinunciare a qualcosa che mi piace. In pratica metto la doccia a fianco al bere e al fumare, solo che non fa male se non nel gorno in cui arriva la bolletta.
Ecco, uno dei tanti lati positivi del lavorare in casa è fare la doccia al mattino e non alla sera.
Quando stavo in ufficio mi svegliavo pochi secondi prima del dover balzare in macchina bestemmiando, e dato che dormire mi è sempre piaciuto più del farmi la doccia non sarei mai stato capace di anticipare la sveglia di un’ora solo per lavarmi.
Anche se, a dover analizzare la cosa, la doccia mattutina non ha niente a che fare col lavarsi. E’ più qualcosa che ha a che fare col battesimo, anzi, con la resurrezione, col miracolo del risvegliarsi dopo che, per l’ennesima volta, la vita ci ha fornito instancabile ancora quel piccolo suggerimento sul nostro destino finale. Immergersi nell’acqua appena aperti gli occhi è un omaggio al nostro retaggio, è un ripercorrere l’intera creazione nello spazio di una misera cinquantina di minuti.
Al mattino l’acqua sulla pelle è la pioggia continua e gravida di vita del cretaceo, niente di meno.
Con la presenza di spirito appena sufficiente a muovere qualche incerto passo - il passo di chi è rimasto folgorato dal prodigio di essere vivo - gli occhi chiusi come se non li avessi mai aperti, tendo il braccio e miracolosamente il flusso mi avvolge, una liquida cortina protettiva ll’interno della quale risalgo faticosamente tutti i gradini della mia evoluzione.
Uno ad uno vengono lavati via i veli d’incoscienza che mi gravano sulle spalle, riscopro l’uso degli organi visivi - ah! La luce! - delle mani, del pollice - hei si oppone! - penso al fuoco, al segreto del ferro, al vociare di uomini in battaglia, a pianeti ed elettroni, fino a dire con voce matura e trionfale IO - SONO - UN - UOMO. Solo a quel punto posso cominciare l’effettiva procedura di lavaggio che, come dicevo, segue una prassi ordinata e immutabile da anni. Prassi motivata da un’infinità di tentativi e sperimentazioni, sino ad essere giunta alla cristallina essenzialità del Metodo Perfetto. Per fare un esempio chiarificatore, nel Metodo Perfetto non ci si lava mai la faccia dopo essere passati dal sedere, ci ho messo molto per capirlo.
Al di là della cortina liquida il mondo spinge e sbraita ma sotto la doccia sono quasi invulnerabile, rimane tutto lontano ed ovattato e molto più facile da osservare obbiettivamente. Niente bollette, convenzioni sociali, appuntamenti, piani da seguire. Solo elementare acqua ed elementare pensiero. Le mie idee migliori mi sono venute sotto la doccia.
O sul water, ma di questo ne parlerò un’altra volta.
Capirete quindi che, da sempre, la frase “dai muoviti cristodio che devo andare in bagno” , seguita da pugni furiosi contro il legno della porta, ha sempre assunto i connotati di un sacrilegio, di un’insopportabile blasfemìa perpetrata nel tempio liquido e gorgogliante in cui si celebra il miracolo dell’Universo che crea osservatori di sé stesso.
La doccia è importante, per dio. Oggi mi sono svegliato un po’ prima, ero gelato e volevo farmi una bella doccia e contemporaneamente cominciare a lavorare un po’ prima.
Il risultato è che ho cominciato prima e ho finito dopo. Non me lo sono spiegato, credevo di averci messo pochi minuti. Forse sono diventato Gran Maestro e sono finalmente riuscito a creare una distorsione spazio-temporale in cui nessuno mi può toccare. Che ha come unico inconveniente il fatto per cui quando per me passano cinque minuti per voi sono passati cinque milioni di anni. Bah, ho controllato, asphalto c’è ancora, e chi l’ammazza quello.
Potrebbe anche essere che mi sono addormentato sotto l’acqua ma riconoscerete che la cosa è singolare.
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