Autore: nakashima
Fandom: supernatural
Pairing: Destiel
Rating: PG-13
Parte: 2/2Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Sam Winchester, Bobby, Crowley, Balthazar, Evil!Dean
Contesto: AU!post quinta stagione
Genere: angst, malinconico, introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: pre-slash
Parole: 9552
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, quanto descritto è frutto della mia fantasia e non ci guadagno assolutamente niente.
Leggi la
prima parte.
Quando un angelo piange - seconda parte.
«Cosa fa un demone appena nasce?» sospirò l'uomo trangugiando una generosa dose di whiskey.
«All'inferno comincia a mangiare le anime, si nutre, un po' come i vampiri appena creati.»
Sbuffò sconcertato, nutrirsi, come avrebbe fatto a dirlo a quell'idiota di Dean?
«Cosa farà lui quando lo diventerà?»
L'uomo vestito di nero lo guardò ghignando «è un evento così straordinario. Non è mai successo prima, sarà spettacolare.»
«Tieni per te i tuoi macabri filmini mentali -lo richiamò il cacciatore- voglio solo sapere cosa farà Dean.»
L'altrò sorrise alzando le spalle «non è mai successo, non so cosa potrebbe accadere. Per quanto ne so potrebbe andare in giro a fare stragi e a mangiare anime, a divorarle. La sua fame sarà implacabile. Potrebbe essere l'inizio di una nuova era, l'inizio di un Testamento ancora non scritto.»
Bobby lo guardò disgustato «che significa?»
«Che dopo l'Apocalisse tutte le scritture dovrebbero essere state compiute. Ora inizia una nuova era, Dio non è più al suo posto e i suoi angeli sono distrutti, sterminati dalla guerra. Lucifero è imprigionato e non uscirà più dalla gabbia ed io... io sono il nuovo Dio. E Dean è il primo demone di questa era.»
«Figlio di puttana, come sarebbe a dire?» si alzò il vecchio cacciatore urlando sconvolto.
«Dico che per quanto ne sappiamo, potrebbe diventare una creatura leggendaria, il nuovo male.» ghignò Crowley accavallando le gambe e bevendo un sorso di liquore dal suo bicchiere.
«Devi fare qualcosa! Devi impedirlo. Ti darò la mia anima, ti darò tutto quello che vuoi, prendi quello che ti pare ma salvalo.» grugnì Bobby stringendo i pugni con forza.
«Mi stai chiedendo di rinunciare a ciò che Dean sta per diventare? Mi dispiace caro, non vali tanto.»
Il demone si volatilizzò e Bobby rimase a fissare il vuoto, prima che un Castiel sconvolto entrasse nella stanza.
«Dove è andato?»
[...]
Come stesse rivivendo un dejà-vu continuò a correre, ancora una volta la meta era indefinita, ma stavolta non gli importava. Sentiva la volontà scemare poco alla volta e lasciare spazio all'impulsività, all'istinto, voleva solo seguire ciò che il suo corpo gli stava ordinando, senza pensare.
Dopo così tanto tempo si sentiva di nuovo forte, di nuovo padrone del proprio corpo, si sentiva di nuovo il vecchio Dean, il cacciatore che era stato prima di tutta quella storia, l'uomo che aveva sventato l'Apocalisse, che aveva combattuto contro i demoni, contro gli angeli, contro i vampiri e qualsiasi altra creatura sovrannaturale. E non gli importava di nulla, voleva solo sentirsi di nuovo vivo, percepire il respiro entrare con forza nei polmoni e bruciare come carburante per la macchina che era il suo corpo, voleva sentire ancora suo ogni muscolo, ogni tendine, ogni singolo osso: voleva essere di nuovo padrone di se stesso.
Scappando dalla finestra non aveva avuto tempo per prendere un'auto dalla rimessa di Bobby, ma ne avrebbe sicuramente trovata una sulla strada, non aveva tempo da perdere, di certo sia Bobby che Cas avevano già scoperto la sua fuga o comunque l'avrebbero scoperta a breve e gli sarebbero stati dietro come avvoltoi.
La strada che conduceva alla città era ancora lunga, ma non era stanco, dentro di sè percepiva la potenza scorrere come fosse adrenalina, era carico e forte ed era bello potersi sentire ancora così dopo tutti quei giorni chiuso in casa a subire le torture del veleno che gli scorreva dentro.
Dinanzi a sé scorse una figura, al centro di un incrocio.
Imprecò mentalmente rendendosi conto di chi avesse davanti «e tu che vuoi?»
L'uomo lo guardò soddisfatto «ciao anche a te, che ci fai qui fuori? Non dovresti stare a letto a farti accudire da bravo bambino?»
Dean ignorò la provocazione «beh, cosa vuoi?»
L'uomo in nero ridacchiò avvicinandoglisi lentamente «cosa voglio, mi chiedi? Oh niente. Volevo solo scambiare quattro chiacchiere con te.»
«Certo, come se potessi credere che un figlio di puttana come te sia venuto a farmi una visita di cortesia.»
«Oh Dean, non dovresti comportarti sempre da spaccone, questo tuo comportamento a lungo andare stufa.»
Dean piegò il capo «per il momento riesce ancora a farmi tirare avanti, quindi grazie ma me lo tengo.»
L'altro sospirò alzando gli occhi al cielo «che ragazzo difficile, sarà dura farti rigare diritto.»
Il cacciatore lo fissò accigliato «che vuoi dire?»
L'altro si limitò a fare spallucce sorridendo sadico.
«Andiamo Crowley, cosa vuoi una richiesta scritta? Che diavolo sei venuto a dirmi?»
Il demone sorrise mostrando i denti bianchi.
«Davvero mi sorprende, Dean. Il fatto che il tuo angioletto non ti abbia detto niente, e nemmeno il tuo paparino.»
Dean non rispose continuando ad ascoltarlo «Sai, molto probabilmente hanno paura di te, di quello che stai diventando. Perché tu sei ingestibile. Molto probabilmente vogliono ucciderti al momento giusto.»
«Uccidermi? Di che cazzo stai parlando?»
«Ma come, non dirmi che non l'hai capito? Non stai avendo gli incubi ultimamente? Non senti di nuovo l'odore dell'Inferno? Le anime torturate, le urla di dolore. Non stai rivedendo tutto chiaramente, come se lo stessi rivivendo?»
Il cacciatore grugnì «e tu come fai a saperlo? Cosa, sei diventato anche un medium ora?»
«Oh no. Era solo una supposizione, non ci vuole molto ad immaginare come sta cambiando il tuo corpo e come sta morendo la tua anima.» sorrise Crowley infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni dal taglio elegante «Sai, Dean, quello che nessuno riesce a dirti è che ti si sta risvegliando dentro la parte demoniaca che hai creato all'Inferno. Ricordi quel misto di dolore, rabbia, rancore e appagamento mentre torturavi anime? E' diventata reale, ti si è attaccata dentro, ti ha seguito fin qui.»
Il cacciatore sgranò le palpebre, un demone? Aveva pensato al veleno infernale come una malattia che lo avrebbe ucciso, come un virus incurabile che lo avrebbe consumato ma non...
Ricordò le lacrime di Castiel. Lui sapeva.
Gli aveva di nuovo mentito.
«Non diventerò come te, figlio di puttana.»
Crowley rise divertito «e come pensi di evitarlo? Dean, non c'è più niente di buono in te, hai distrutto tutto quando hai perso anche Sam dopo l'Apocalisse. Non puoi difenderti, è inutile lottare, è quello che sei. Quello che tu stesso hai creato.»
«Stai mentendo.»
«Oh no, non mi dispiace dirti che non sono mai stato tanto serio quanto ora.»
«Voi brutti pezzi di merda mentite sempre, non diventerò come voi. Io non sono come voi!» urlò alla creatura dallo sguardo compiaciuto.
«Tornerò a prenderti Dean, quando sarai pronto per essere iniziato a questa nuova vita. Goditi l'addio, perché tutti quelli che ora ami, non saranno altro che carne in scatola per te.»
Lo sguardo corrucciato si dissolse nel momento in cui il demone sparì.
La terra mancò sotto i suoi piedi, il mondo intero sembrò crollargli addosso. Un demone.
Stava diventando una creatura dell'Inferno.
Non poteva essere vero, non poteva essere così; e se pure fosse stato avrebbe dovuto trovare un modo per impedirlo.
Si voltò per tornare a casa di Bobby, ma le parole di Crowley gli ritornarono in mente bloccandolo al centro dell'incrocio, loro lo sapevano: Bobby e Castiel. Loro gli avevano mentito, lo avevano tenuto all'oscuro di ciò che gli stava accadendo. Sentì un dolore salirgli dentro, seppur meno forte di quello che lo aveva colpito nei giorni precedenti, lo scosse smorzandogli il respiro. Castiel era un angelo, lo avrebbe ucciso? Ripensò agli occhi in cui si era perso giorni prima, alle sue lacrime, era stato tutto finto? Un senso di fastidio gli si propagò nel petto e si decise a scacciarlo, doveva scappare di lì. Andare lontano e cercare per conto suo una soluzione.
[...]
Sbattè la lampada contro il muro, in un gesto adirato. Non ce la faceva più, non riusciva a trovarlo.
«Vuoi distruggermi casa?» lo rimbeccò una voce alle sue spalle e girandosi vide Bobby guardarlo preoccupato. Gli rivolse uno sguardo frustrato, gli occhi piegati all'ingiù così come gli angoli delle sue labbra serrate, tenute strette una all'altra per evitarsi di urlare, per impedirsi di bestemmiare. Perché in quel momento aveva abbandonato dietro di sé tutti i suoi innumerevoli anni di vita e sentiva solo un'enorme frustrazione ed un senso di impotenza che lo piegavano in due nell'anima. La sua Grazia soffriva e la sentiva giorno dopo giorno perdere la sua intensità. Stava soggiornando da troppo tempo sulla terra, sarebbe dovuto tornare in Paradiso, ma non voleva, non gli importava niente, voleva solamente Dean. Voleva trovarlo, solo per urlargli quanto fosse stato stupido e per riportarlo a casa, per ricondurlo a sé e confortarlo. Erano i suoi ultimi giorni e nonostante avesse chiesto l'aiuto di Balthazar non aveva trovato niente che potesse impedire il processo di trasformazione, nessuna scrittura parlava di un evento del genere e le parole di Bobby su cosa gli avesse detto il nuovo re degli inferi, non facevano altro che prendere consistenza nella mente e diventare un'idea concreta.
Una nuova era? Un nuovo primo demone? Dean?
Ringhiò irritato «Non so più dove cercare. Ho provato in tutti i luoghi in cui l'ho visto soggiornare in questi anni, sono andato da Lisa e Ben, ma ha solo preso l'auto ed è andato via.»
Bobby sbuffò «Proprio non vuole separarsi dall'Impala.» uno sguardo malinconico ad accarezzare le sue parole.
Castiel era un angelo, il suo compito era quello di portare pace e conforto, e nonostante fosse tentato di aiutare l'anima di quello stanco uomo non riusciva a non pensare ad altro che a Dean, e ad un modo per ritrovarlo.
«Non c'è niente in quell'auto che possa farti percepire i suoi spostamenti?»
Castiel negò «Dean sta diventando un demone. Non posso più sentirlo, non posso più vederlo nella mente. Non posso percepirlo.» ammise desolato. il servo del Signore.
Un battito d'ali richiamò l'attenzione dei due che si voltarono verso la figura sorridente accanto a loro «dovreste avere più fede nell'angelo Balthazar.» ammise questi avvicinandosi frettolosamente al tavolo e svuotando dei sacchetti.
«Cosa sono quelli?» chiese Bobby mentre sia lui che Castiel si avvicinavano incuriositi.
«Sangue di vergine, ossa di demone e un potente amuleto. Datemi qualcosa di Dean e potrò trovarlo.»
«Dove hai preso il sangue?» sbottò Bobby non convinto.
«Vuoi ritrovare il tuo pupillo ora? Bene, non fare storie e dammi qualcosa di suo.»
Castiel mise una mano nella tasca del trench «Questa è sua.»
«Hai la collana di Dean?» chiese Bobby confuso.
«Me l'aveva data per trovare mio Padre, quando gliel'ho ridata l'ha gettata via. Ma io l'ho ripresa.»
Balthazar si intromise smorzando l'aria tesa tra i due «passiamo dopo alle spiegazioni, o quell'idiota continuerà a scorrazzare libero. E sinceramente proprio non voglio immaginare cosa farà se riuscirà a risvegliare l'essere che ha dentro.»
Immergendo gli ingredienti in una ciotola vi accese una candela gettandola all'interno, un fumo denso si propagò dal contenitore inabissando completamente la stanza e circondando le tre figure.
«So dov'è!» annunciò Castiel prima di scomparire e lasciare i due ancora immersi nel fumo.
[...]
Continuava ad osservare con un cipiglio esausto la casa di fronte a sé. Di nuovo in quella foresta, di nuovo quelle fronde imponenti che lo nascondevano dalla luce del sole. Aveva provato a cercare suo fratello ma di lui nessuna traccia. Era già stato lì prima di allora, prima di ritrovare Sam, non sapeva come ma sentiva di essere già stato di fronte quella casupola di legno del tutto abbandonata e che sembrava cadere in rovina. Il suo corpo non bruciava, riusciva a muoversi e il senso di oppressione che lo aveva invaso la volta prima sembrava essere del tutto scomparso.
Tentò di ricordare se davvero la sensazione di essere già stato lì fosse vera o meno, ma non riusciva a ritornare indietro con la mente, poteva ricordare poco. Si avvicinò con passo esitante alla struttura, salì le scale che lo condussero su una veranda quasi del tutto distrutta, le colonne erano crollate e il pavimento di legno era consumato, in alcuni punti poteva vedere persino dei buchi, stava cedendo.
Entrò all'interno della casa e notò come sembrasse simile a quella di Bobby, lo stesso salotto privo però di libri, le stesse poltrone però impolverate e dalle tonalità smorte, grigie. La carta da parati era stata tirata via, strappata in alcuni punti e le mura erano state conquistate da spessi strati di muffa. Camminò verso la cucina, anch'essa simile a quella di Bobby, senza molti mobili, solo delle dispense montate alle mura e un lavello, il tavolo di legno era rovesciato al contrario e le sedie erano sparse per tutta la stanza come se fossero state lanciate via. Qualcuno aveva lottato lì dentro.
Sentì un rumore provenire dal piano di sopra, alzò di scatto la testa puntando lo sguardo sul soffitto malandato, era caduto completamente l'intonaco dalle pareti; si diresse verso le scale nel salotto e le percorse facendo scorrere la mano sulla balaustra instabile, sarebbe crollata a breve.
Si trovò in un corridoio, e se non fosse stato certo che quella casa si trovasse nel bel mezzo di un bosco avrebbe detto sicuramente che fosse quella del vecchio cacciatore, era malandata e dei piccoli particolari non combaciavano, come la disposizione delle stanze, ma era simile in tutto il resto. Il rumore indefinito attirò di nuovo la sua attenzione e camminò in direzione di quella che sapeva, e non capiva come fosse possibile, essere la camera da letto.
Si affacciò e si sentì completamente nudo quando si accorse di non avere con sè neppure un'arma e di non era l'unico ad occupare la camera.
Suo fratello era di nuovo davanti a sé.
«Ciao, Dean.» sorrise il ragazzo incrociando le braccia al petto.
«Sammy.» sussurrò il maggiore dei due «Come-»si bloccò, valeva davvero il concetto di salute in quel momento?
«Sei di nuovo qui, devo quindi immaginare che tu non sia cambiato per nulla dall'ultima volta.» affermò suo fratello continuando a sorridergli sornione, e Dean odiava quel sorriso da saccente, ma non glielo avrebbe mai detto, Sam gli andava bene così come era, non avrebbe voluto cambiarlo per nulla al mondo.
«Che significa che non sono cambiato?» chiese invece, crucciato.
«Quello che sei Dean, quello che stai diventando. Non sei più diverso da me.»
«Tu sai quello che mi sta succedendo? Ma dove siamo? E' l'Inferno per caso?»
Sam rise sguaiatamente «Non è l'Inferno, fratello. E' la tua mente.»
Il maggiore lo guardò confuso, seppure ora un vago ricordo cominciasse a prendere vita dentro sé. Lui ci era già stato lì, poco prima di finire all'Inferno, quella casa, quella sensazione, ma il suo interlocutore era stato se stesso, ciò che sarebbe diventato.
Tremò al ricordo del demone che aveva visto, il mostro con le sue sembianze.
«Quindi tu non sei reale?» affermò deluso. Cosa si aspettava? Suo fratello non sarebbe tornato in vita, non lo avrebbe liberato dalla gabbia di Lucifero che molto probabilmente lo stava ancora possedendo.
«Questo non significa che io non esista, sono sempre Sam, sempre tuo fratello, la persona che tu conosci così bene -il minore gli si avvicinò a grandi falcate ghignando come una iena impazzita- lo stesso fratello a cui hai dato del mostro per tanti anni. E ora tu, tu sei quel mostro! Sei proprio come me» gli occhi verdi si offuscarono, le ombre riempirono le iridi del colore smeraldo così simili alle sue e il vuoto vi si propagò all'interno rendendoli completamente neri; gli occhi di un demone.
Scattò all'indietro senza riuscire a capire cosa intendesse il fratello «Io non sono come te. Non sono un demone.»
«Oh, si che lo sei. E' solo questione di tempo perché la tua umanità venga assorbita, e vuoi sapere la cosa divertente di tutta questa storia?»
Il maggiore dei due deglutì pesantemente «Che sei stato tu stesso a creare il demone dentro di te. Modellando il male a tua immagine e somiglianza.»
«Smettila! Non è come dici, non l'ho creato io, non sono un mostro!» ringhiò Dean contro l'altro mentre sentiva di nuovo le membra appesantirsi e il suo involucro bruciare dall'interno.
«Si che lo sei.» intervenne un'ulteriore voce tra loro, girò il capo e rivide lo stesso essere che aveva già incontrato in quel posto: Dean.
«Ti avevo ucciso.» sibilò a denti stretti.
«Come se potessi distruggere il male, sei davvero arrogante, ma non mi dispiace. Lo sono anch'io.» ghignò il se stesso dagli occhi scuri girandogli intorno e guardandolo con aria famelica.
«Presto prenderò possesso del tuo corpo, e tu non sarai niente. Morirai, Dean. La tua umanità verrà mangiata interamente, non che sia molta.»
Basta, voleva svegliarsi, evitare quella conversazione senza senso, doveva ritornare alla realtà.
Quella in cui era un cacciatore e i demoni li combatteva, li distruggeva.
«Andiamo Dean, svegliati» sussurrò a bassa voce.
«Hahah, stai davvero tentando di tornare alla realtà? E' impossibile, questo non è un sogno, è la tua coscienza. Non puoi svegliarti se non lo vuoi.»
Il corpo che continuava a infiammarsi dopo ogni singola parola fuoriuscita dalle labbra del demone «svegliati, andiamo!» sussurrò ancora, mentre uno spasmo lo faceva piegare sulle ginocchia.
«Sai, Dean, sei davvero uno spasso. Non capisci che alla fine tutto quello che ti sta accadendo lo hai voluto tu, lo hai bramato. Così come bramavi quelle anime che crocifiggevi su quella ruota e che torturavi, ti piacevano le loro urla, le amavi. Era meglio di un orgasmo, non è così?»
«Svegliati!» si incitò tentando di non ascoltare quelle parole maligne, rancorose, crudeli. Un altro spasmo e le spalle sembrarono slogarsi.
«E pensare che hai avuto la possibilità di scegliere, eppure hai preferito non sentire dolore piuttosto che non infliggerlo. Tu sei nato per essere questo, quante volte hai messo la tua vita davanti a quella degli altri?»
Gemette sentendo il respiro farsi più debole e il petto dolere come se una scarica di proiettili lo stesse trapassando da parte a parte «dannazione!» imprecò sfinito.
«Hai preferito lasciar morire così tanti innocenti, e se le cose non fossero andate bene pur di non sacrificarti per Michele avresti lasciato morire tuo fratello sotto il tocco di Lucifero, e tutto il globo. Sei così malefico, così egoista» sussurrò l'altro inginocchiandoglisi di fronte.
Dean lo guardò accigliato, rabbrividendo di fronte agli occhi intrisi di male che incorniciavano il suo stesso volto, il petto continuò a bruciare, sentiva le fiamme ardere e il dolore dei muscoli tirati, del cuore che sembrava stesse per essere strappato via, la testa era la parte peggiore come fosse stata riempita con numerose schegge di vetro che la stessero tagliuzzando in tutti i suoi spazi.
«E che diciamo di Jo ed Ellen? Hanno dato la vita per te, e di Lisa e Ben, quante volte stando con loro hai rischiato di metterli in pericolo? Tu sei maledetto Dean, e questa è la nostra benedizione. Tu sei nato per essere il male.»
Il cacciatore inspirò, seppur con fatica, serrando la mascella, le labbra tremarono dallo sforzo di non gridare, stava per scoppiare carico di male che pulsava in ogni parte di sé.
«Dean, non puoi opporti.» aggiunse Sam ancora in piedi di fronte a lui.
Alzò uno sguardo sul fratello ma lo distolse in pochi secondi, non ce la faceva a vedere quegli occhi privi del loro verde naturale, quegli occhi che tanto amava, gli occhi della sua famiglia.
«Ti sei giocato tutto Dean. Alla fine ti sei giocato anche tuo fratello, lo hai dato in pasto nientemeno che a Satana -rise se stesso- e ora stai ritirando il tuo premio. Tu vuoi essere questo, lo so. Sono te.»
Dean ansimò non riuscendo più a contenere il dolore «Basta! Smettila! Tu non sei niente, non sei reale, non esisti!» ululò avvicinando di più il volto all'altro come guardandosi allo specchio.
Il sorriso comparve così sadico e familiare sul viso del demone, così diverso da quello che gli aveva ornato le labbra fino a quel momento, era freddo, cattivo, malefico in ogni sua minima parte «tu mi vuoi, stupido cacciatore. Mi vuoi da quando tuo padre ti ha parlato del male, mi brami da quando combatti contro le forze sovrannaturali, vuoi che io ti possegga in ogni tuo aspetto. Vuoi che io sia te, e lo vuoi perché ti piace essere così, speri di essere me da tutta la vita.»
Il maggiore dei Winchester ansimò ancora mentre un brivido di dolore gli scuoteva il corpo e lo sfiniva «va all'Inferno figlio di puttana.»
«Ci andremo insieme Dean. Perché ti stai arrendendo, tu mi vuoi» il demone gli tirò su la testa strattonandogli i capelli «e sarà un piacere possederti. Ci divertiremo piccolo cacciatore, sarai felice con me.» ringhiò prima di avventarsi sulle sue labbra e baciarlo infilandogli la lingua in bocca.
Il cacciatore rimase interdetto, il corpo stanco, completamente sfinito, non aveva la forza per ribellarsi da quella ferrea morsa, le labbra dell'altro erano amare, salate, avevano il gusto dell'Inferno.
«Lascialo stare!» urlò qualcun altro mentre il vento cominciò ad agitare le fronde degli alberi al di fuori della casa.
Il demone si allontanò dal suo viso e Dean poté vedere Castiel sbattere con un gesto della mano Sam contro una parete.
«Cas» ansimò sollevato.
«Ma guarda, il tuo principino è venuto a salvarti. Troppo tardi angioletto, Dean Winchester è tutto mio, ora. Ti consiglio di lasciare la sua mente perché ne rimarrai intrappolato se resti ancora qui.» ghignò l'altro Dean svanendo nel nulla.
La camera si svuotò e il cacciatore si sentì meno addolorato dalle fiamme dentro sé «Cas fammi uscire.» lo guardò implorante.
L'angelo gli si inginocchiò accanto, ma i suoi occhi non avevano la stessa espressione combattiva di prima, erano tristi, delusi, abbattuti.
«Come faccio ad andarmene?»
Castiel continuò a guardarlo mentre la sua espressione mutava, il suo sguardo scioccato.
«Dean io...mi, mi dispiace. Dean» sussurrò l'amico mentre una mano gli accarezzava la guancia.
«Che significa? Fammi uscire figlio di puttana! Portami fuori di qui.» tentò di sollevarsi ma l'intero corpo sembrava di piombo.
«Cas.»
«Non voglio perderti» ammise l'angelo scuotendo il capo «sono anni che tento di capire cosa sia quello che sento dentro quando sono con te. E solo ora riesco chiaramente a capirlo, non voglio perderti Dean.»
Il cacciatore lo guardò confuso «io... ma ti pare il caso di farmi una dichiarazione in un momento del genere?»
Castiel annuì disperato «mi hai chiuso fuori, Dean. Hai chiuso fuori tutti, hai chiuso tutto il bene del mondo fuori da te stesso, ma io non voglio che tu rimanga barricato dentro te.»
«Ma si può sapere che stai dicendo?» il vento si intensificò diventando più potente, le finestre vibrarono sotto la potenza dell'aria e la casa venne scossa come se potesse essere scaraventava via da un secondo all'altro.
Castiel gemette frustrato alzando il capo al cielo «perché gli hai fatto questo? Padre, perché?»
Il vento aumentò la propria furia e le finestre scoppiarono in tanti piccoli pezzi di vetro all'interno, colpendo i due.
«Cas che stai dicendo?»
«E' amore Dean. Io provo amore per te, se c'è anche solo un minimo di amore dentro te, un minimo sentimento buono, una sola sensazione positiva, cercala. Liberati.»
«Ma liberarmi da cosa?» Dean urlò adirato, non capiva le parole dell'angelo, la testa gli scoppiava voleva tornare indietro.
«Fallo» mormorò abbattuto l'angelo guardandolo come non aveva mai fatto prima.
Dean non capiva, continuava a guardarlo spaesato.
«Non posso salvarti io. Non posso più fare niente.» confessò abbattuto.
«Cosa significa?» una fitta al capo lo fece urlare e chinare in avanti, in pochi secondi tutto divenne nero, si portò le mani agli occhi strizzando le palpebre con i polpastrelli, non vedeva più nulla.
«Cas? Cas! Che succede?»
Nessuna risposta.
Il cuore sembrò venir strappato via del tutto, accompagnato da un ulteriore urlo straziato «Cas!»
Il vento lo colpì, schiaffeggiandolo con mille pugnali di corrente d'aria, ogni tocco un taglio, stava per essere del tutto fatto a pezzi, lo stava facendo a brandelli.
Si dimenò cercando di portarsi in piedi, ma non si mosse, si percepì come una massa informe raggomitolata in un angolo.
E quello che non riuscì a capire, era che un corpo, non lo possedeva più.
una settimana dopo
Non sapeva più dove cercare. Lo aveva perso del tutto, non aveva fatto in tempo a ritrovarlo che aveva dovuto dirgli addio.
Si poggiò stancamente sul cofano dell'Impala che aveva portato da Bobby, l'uomo ormai immerso nel dolore aveva smesso persino di parlargli; avevano perso. Dean era diventato un demone, una creatura malefica, qualcosa di perverso che non aveva più nulla di umano, aveva perso tutta la sua coscienza, tutta la sua umanità. Guardò le stelle che brillavano in cielo, tante volte si era fermato ad ammirare lo spettacolo di quella natura che suo Padre aveva creato in principio, ma ora non lo sorprendeva più, non lo rendeva più fiero; aveva perso tutto anche lui, tutto quello che gli facesse apprezzare il fatto di essere stato creato e di aver vissuto così a lungo. Non era servito a nulla, non aveva potuto fare niente. Suo Padre lo aveva abbandonato, e Dean era scomparso, rapito dal male puro. Cosa poteva fare ora? Tornare in Paradiso? Provare a mettere le cose a posto?
«Ho fatto tutto -sussurrò guardando ancora il cielo scuro- dal principio ho fatto sempre quello che mi ordinavi. Ti ho giurato fedeltà, Ti ho dato me stesso, ho vissuto solo per Te, solo per servirti Padre.» di nuovo le emozioni umane di Jimmy presero il sopravvento, la pena, l'angoscia, il rancore vivi dentro lui.
«Non ho mai chiesto perché, non ho mai dubitato delle Tue scelte. Ero una creatura senza coscienza» alzò lo voce mentre una lacrima sfuggiva via da una palpebra «e non ho mai voluto ribellarmi, sono stato un figlio devoto! Ho apprezzato le Tue opere e Ti ho amato come nessun altro dei Tuoi figli» urlò ancora, allontanandosi dall'Impala e inveendo contro il cielo «e ora dimmi Padre. Dove sei? Cosa ne hai fatto del Tuo amore per me? Per cosa ho dovuto vivere in tutti questi anni? Per cosa Ti ho giurato fedeltà? A cosa sono servite le mie preghiere? A cosa Padre! Non ho più niente, niente!» urlò con quanto fiato avesse in gola mentre altre lacrime cadevano dai suoi occhi blu «Ti ho pregato! Ti ho chiesto solo di salvare qualcosa di importante per me! E non mi hai sentito! Se ci sei, se ci sei, se ancora provi amore per i Tuoi figli, se ancora sei lì per noi, aiutami! Riportamelo, dimmi cosa posso fare per farlo tornare da me! Ti prego, ti sto pregando, sono davanti a te e ti sto chiedendo di dirmi cosa fare, non lo so più, non so più cosa dire o cosa provare. Sto cadendo Padre, sto crollando, e Tu sei l'unico che mi resta.» aprì le braccia verso il cielo aspettandosi una risposta dalle stelle luminose.
«Aiutami.» sussurrò sfinito mentre altre lacrime seguirono la discesa delle gemelle nate prima.
Ma fu solo il solo il vuoto a rispondergli.
Solo il vuoto, e il silenzio del nulla.
Nessuno sarebbe arrivato quella notte, nessuno avrebbe risposto al suo pianto, nessuno avrebbe ascoltato le sue urla strazianti.
E solo le stelle poterono avere lo stesso privilegio di Dean Winchester: quello di vedere un angelo piangere.